Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-06-08, n. 201003589

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-06-08, n. 201003589
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201003589
Data del deposito : 8 giugno 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08802/2003 REG.RIC.

N. 03589/2010 REG.DEC.

N. 08802/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 8802 del 2003, proposto da:
Comune di Desenzano del Garda, rappresentato e difeso dagli avv.ti G B, G R e D B, con domicilio eletto presso G R, in Roma, via Marcello Prestinari, 13;

contro

Bingo Rosso S.r.l., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall'avv. G Mnconico, con domicilio eletto presso G Mnconico, in Roma, via delle Tre Madonne, 20;

nei confronti di

Regione Lombardia e Ministero dell'Economia e delle Finanze, costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Condominio Augello, Immobiliare Carducci S.r.l., Nembrini Marco in Q. di Amm. Un. e L.R. Immobiliare Carducci, non costituitisi in giudizio.

e con l'intervento di

ad opponendum:
Società Tom e Co Srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti Alberto Luppi e Guido Romanelli, con domicilio eletto presso Guido Romanelli, in Roma, via Pacuvio, 34;

per la riforma della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA n. 00314/2003, resa tra le parti, concernente RILASCIO CONCESSIONE EDILIZIA PER RISTRUTTURAZIONE A SALA BINGO.


Visto il ricorso, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellata società;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lombardia e del Ministero dell’Economia e delle Finanze;

Visto che non si sono costituiti in giudizio gli altri soggetti intimati;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive domande e difese;

Vista l’Ordinanza n. 5606/2003, pronunciata nella Camera di Consiglio del giorno 16 dicembre 2003, di reiezione della domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata;

Visti gli atti tutti della causa;

Data per letta, alla pubblica udienza del 9 aprile 2010, la relazione del Consigliere Salvatore Cacace;

Uditi, alla stessa udienza, l’avv. Fausto Buccellato, in sostituzione dell’avv. G R, per il Comune di Desenzano del Garda, l’avv. Isabella Corsini dello Stato per il Ministero dell’Economia e delle Finanze e per la Regione Lombardia e l’avv. Guido Romanelli per l’interveniente ad opponendum, nessuno essendo comparso per l’appellata;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. – In data 24 settembre 2001 l’odierna appellata chiedeva al Comune di Desenzano del Garda il rilascio di concessione edilizia per la ristrutturazione di un immobile da essa condotto in locazione, ubicato all’interno della zona omogenea « B », da adibirsi a sala gioco ( bingo ) e ristorazione per un numero di 376 posti.

Il procedimento amministrativo per il rilascio del titolo concessorio è stato caratterizzato, fra il 5.11.2001 ed il 26.11.2001, da una serie di esami del progetto da parte della Commissione Edilizia Comunale, con richieste di integrazione documentale e relativi adempimenti da parte della Società richiedente.

Con deliberazione n. 132 in data 20 dicembre 2001, dopo che in data 17 dicembre 2001 l’istante aveva provveduto alla integrazione documentale richiestale con nota del Responsabile dell’Ufficio Tecnico in data 6 dicembre 2001 e dopo che lo stesso Responsabile con nota in data 20 dicembre 2001 aveva rilevato la perdurante carenza della documentazione presentata anche in virtù della nuova soluzione delle sistemazioni superficiali da ultimo individuata dall’istante, il Consiglio Comunale provvedeva all’interpretazione autentica ( ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. b), della L.R. n. 23/1997 ) degli artt. 17 e 18 delle NN.TT.A. del P.R.G., prevedendo in particolare, per quanto riguarda la zona “B” residenziale di completamento nella quale si colloca il fabbricato oggetto dell’indicata istanza, l’esclusione, tra le altre, di attività quali “discoteche, sale musicali, disco bar, sale bingo e sale da gioco”.

Avverso tale deliberazione, nonché avverso la successiva nota del Responsabile dell’Ufficio Tecnico in data 3 gennaio 2002 con la quale si comunicava alla società interessata l’esigenza di risottoporre la pratica all’esame della Commissione edilizia ai fini della rivalutazione della conformità dell’intervento alla normativa urbanistico-edilizia alla luce della sopravvenuta deliberazione interpretativa, l’interessata insorgeva con ricorso proposto dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Sezione staccata di Brescia, chiedendone l’annullamento e chiedendo altresì sia l’accertamento dell’intervenuto rilascio della concessione edilizia sulla base della comunicazione del Responsabile dell’Ufficio Tecnico in data 6 dicembre 2001, sia il risarcimento dei danni subiti.

Il Comune di Desenzano del Garda, con successive deliberazioni di Consiglio Comunale n. 29 del 22.2.2002 e n. 32 del 25.2.2002 disponeva, rispettivamente, la revoca della deliberazione interpretativa n. 132/2001 ( delib. nr. 29 ) e l’adozione di variante semplificata al PRG individuando, ai sensi dell’art. 1 della L.R. n. 1/2001, le destinazioni d’uso non ammissibili nelle zone omogenee A e B e nelle zone comprese all’interno del centro storico ( delib. nr. 32 ).

Con quest’ultima deliberazione venivano in particolare modificati gli artt. 17 e 18 delle NTA del PRG, prevedendo, nelle zone A e B, alcune destinazioni d’uso non ammissibili, fra le quali “Discoteche, sale da ballo, sale giochi a tema (tipo Bingo), incompatibili con la residenza in quanto attività di forte richiamo e concentrazione di utenza che si svolgono in zone non idonee e non attrezzate per tali funzioni extra residenziali”.

Avverso tali deliberazioni, nonché avverso la nota del Responsabile dell’Ufficio Tecnico in data 5 marzo 2002 con la quale si comunicava all’interessata che la pratica sarebbe stata nuovamente sottoposta all’esame della Commissione Edilizia per acquisirne il parere in ordine alla necessità di applicazione della misura di salvaguardia di cui all’art. 1 della legge n. 1902/1952 per contrasto dell’istanza di concessione con la variante da ultimo adottata, la stessa insorgeva con motivi aggiunti al ricorso originario, deducendone l’illegittimità ed insistendo sulle domande già proposte di accertamento e risarcimento dei danni.

Il T.A.R., con la sentenza indicata in epigrafe:

- ha dichiarato la cessazione della materia del contendere quanto all’impugnazione della deliberazione consiliare n. 132/2001, recante interpretazione autentica degli artt. 17 e 18 delle NN.TT.A. del P.R.G., stante la sopravvenuta revoca della deliberazione stessa ad opera della successiva deliberazione consiliare n. 29/2002;

- ha dichiarato nulla, per indeterminatezza dell’oggetto del ricorso, l’azione di annullamento della deliberazione n. 29/2002 anzidetta;

- ha dichiarato la sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione della nota del Responsabile dell’Ufficio Tecnico in data 3 gennaio 2002, trattandosi di “atto endo procedimentale i cui effetti sono cessati con gli sviluppi successivi del procedimento amministrativo” ( pag. 10 sent. );

- ha respinto l’istanza rivolta all’accertamento della sussistenza dei caratteri di provvedimento di rilascio della concessione edilizia nella nota del Responsabile dell’Ufficio Tecnico in data 6 dicembre 2001;

- ha accolto il ricorso sia nella parte impugnatoria diretta avverso la deliberazione del Consiglio Comnunale n. 32/2002 recante adozione di variante semplificata al P.R.G., sia quanto alla pretesa risarcitoria.

Contro tali ultime statuizioni è insorto, con l’atto di appello all’esame, il Comune di Desenzano del Garda, deducendo preliminarmente l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso originario e l’inammissibilità dell’impugnazione della variante in toto, e contestando poi la sussistenza sia dei motivi ( di sviamento di potere, carenza e contraddittorietà della motivazione ) ritenuti fondati dal T.A.R., sia dei presupposti per l’accoglimento della domanda risarcitoria.

Si è costituita in giudizio, per resistere, l’appellata.

Si sono altresì costituiti la Regione Lombardia ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Non si sono costituiti i soggetti privati intimati.

E’ intervenuta e si è costituita nel presente grado d’appello la società cessionaria del credito vantato dall’appellata nei confronti del Comune di Desenzano in relazione alla dispiegata azione risarcitòria.

2. – Con Ordinanza n. 5606/2003, pronunciata nella Camera di Consiglio del giorno 16 dicembre 2003, è stata respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata.

Con memoria in data 29 marzo 2010 l’appellante adduce ulteriori argomenti a sostegno del proposto appello.

La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 9 aprile 2010.

3. – Quanto, preliminarmente, all’intervento a sostegno della posizione dell’appellata dispiegato nel presente grado di giudizio dalla società cessionaria del credito vantato da questa nei confronti del Comune per effetto della sentenza impugnata, lo stesso è suscettibile di trovare disciplina nelle disposizioni dettate dal codice di procedura all’art. 111, che, com'è noto, attribuisce rilievo processuale alla successione a titolo particolare nel diritto controverso avvenuta in causa, tanto da legittimare l'intervento del cessionario anche in appello.

Giova precisare che, secondo l'autorevole orientamento della giurisprudenza, il rilievo processuale e sostanziale della cessione del credito è ammesso espressamente dalla legge con l'art. 111 cod. proc. civ., anche quando la cessione intervenga nelle successive fasi del giudizio.

Invero, secondo il disposto dell'art. 111 c.p.c., nel cui paradigma la vicenda deve essere collocata, se durante il processo si verifica successione nel diritto controverso a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie, salva la facoltà attribuita al successore a titolo particolare d'intervenire nel processo a mente del comma 3 della suddetta disposizione processuale ( Cass. Civ., sez. I, 22 ottobre 2009, n. 22424 ).

E’ pacifico, poi, che l'art. 111 c.p.c. è applicabile anche nel processo amministrativo, in difetto di una specifica disciplina (C. Stato, sez. V, 18 marzo 1998, n. 320;
C. Stato, sez. V, 20 giugno 1994, n. 701;
C. Stato, sez. IV, 1 febbraio 1994, n. 92;
da ultimo, Cons. St., VI, 22 ottobre 2009, n. 6478).

In ogni caso, anche a prescindere dalla disciplina della successione a titolo particolare recata dall’art. 111 anzidetto, nel processo amministrativo è comunque indiscussamente ammesso l’intervento ad adiuvandum, la cui finalità è proprio di sostenere le ragioni del ricorrente, se ed in quanto l’interveniente risulti titolare di un interesse di fatto dipendente da quello azionato in via principale o ad esso accessorio, che gli consente di ritrarre un vantaggio indiretto e riflesso dall'accoglimento del ricorso (Cons. Stato, IV, 28 aprile 2006, n. 2394;
da ultimo, Cons. St., V, 3 dicembre 2009, n. 7589);
ed un tale interesse è innegabilmente riconoscibile in capo all’odierna interveniente.

4. – Proseguendo nell’esame delle questioni preliminari, è da disattendere l’eccezione, formulata dalle resistenti, di inammissibilità dell’appello per asserita intervenuta acquiescenza, che le stesse fondano sulla circostanza della manifestazione, da parte del Comune ed in epoca successiva alla pronuncia di primo grado, dell’intenzione di adempiere l’obbligazione di risarcimento del danno dalla sentenza stessa nascente senza formulazione di alcuna riserva.

Si è ritenuto, invero, da parte di questo Consiglio, che la spontanea esecuzione della pronunzia di primo grado, da parte della Pubblica amministrazione, anche quando la riserva d'impugnazione non venga dalla medesima resa nota, non comporta acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell'impugnazione ai sensi del combinato disposto di cui all'art. 329 del c.p.c. ed all'art. 28 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, trattandosi di mero adempimento di un ordine giudiziale e quindi di un comportamento posto in essere in esecuzione della sentenza di primo grado non sospesa dal Consiglio di Stato e che conserva la sua naturale esecutività ( Consiglio Stato , sez. IV, 18 dicembre 2008 , n. 6368;
v., da ultimo, Cons. St., V, 29 dicembre 2009, n. 8997 ).

Se ciò è stato ritenuto per sancire la possibilità dell'Amministrazione di impugnare sentenze eseguite, a fortiori deve ritenersi che la mera manifestazione di volontà di adeguamento, da parte dell'Amministrazione soccombente, alle statuizioni della sentenza esecutiva non costituisce acquiescenza alla stessa e pertanto non si configura come un comportamento idoneo ad escludere l'ammissibilità dell'impugnazione, salvo che non emergano significativi elementi di una inequivoca volontà di accettare la decisione ( ex plurimis, C.d.S., sez. IV, 19 maggio 2008, n. 2299;
5 settembre 2007, n. 4644;
8 giugno 2007, n. 3028;
sez. V, 31 gennaio 2007, n. 404;
da ultimo, Cons. St., V, 12 giugno 2009, n. 3750 ), non rilevabili, nel caso di specie, dalla attività ricognitiva dalla stessa posta in essere ai fini della acquisizione dei dati necessarii per la determinazione dell’importo dovuto in forza di quanto statuito a pag. 17 della sentenza di primo grado;
una tale attività rappresenta infatti un comportamento necessitato, che può risultare fondato anche sulla mera volontà di evitare le eventuali ulteriori spese di un giudizio di esecuzione della sentenza stessa e le connesse responsabilità, così impedendo un più grave pregiudizio.

5. – Venendo al proposto appello, palesemente infondata è l’eccezione di improcedibilità del ricorso originario per sopravvenuta carenza di interesse, che parte appellante fonda sulla circostanza che “dopo l’adozione della variante al P.R.G. di cui alla deliberazione 25.2.2002 n. 32, recante l’individuazione, nel corpo degli artt. 17 e 18 delle N.T.A., delle destinazioni d’uso non ammissibili nelle zone omogenee A e B ed in quelle comprese all’interno del centro storico, il Consiglio Comunale di Desenzano d/G, con deliberazione 9.4.2002 n. 73 … ha adottato altra variante volta ad adeguare lo strumento urbanistico alla normativa sul commercio … reiterando per le relative zone A, B e centro storico le medesime disposizioni relative alle destinazioni non ammesse già censurate … con il ricorso introduttivo” ( pag. 8 app. );
eccezione poi estesa, in sede di memoria conclusiva, in relazione alla circostanza che “anche il P.R.G. oggi vigente … conferma la preclusione de qua, mentre vale la pena di precisare che, nelle more del giudizio di primo grado, il Consiglio Comunale provvedeva all’approvazione definitiva della deliberazione n. 32/2002” ( pagg.

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