Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-04-30, n. 202103451
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Testo completo
Pubblicato il 30/04/2021
N. 03451/2021REG.PROV.COLL.
N. 03480/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3480 del 2020, proposto da
Tfor S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati V A, C M, F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio F C in Roma, via Vittoria Colonna, 32;
contro
Comune di San Donato Milanese, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati M C C, G C S e M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G C S in Roma, via di Porta Pinciana, 6;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione quarta, n. 313 del 2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di San Donato Milanese;
Viste le memorie delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 marzo 2021, tenuta con le modalità di cui agli artt. 25 d.l. n. 137 del 2020, 84, comma 6, d.l. n. 18 del 2020 e 4, comma 1, d.l. n. 28 del 2020 come da verbale, il Cons. E Q e preso atto del deposito delle note, formulate ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137/2020, convertito in l. 176/2020, e del d.l. 183/2020, dagli avvocati Aliberti, Merani, Cintioli, Colombo e Casati;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Tfor S.r.l. partecipava ad una procedura ad evidenza pubblica indetta dal comune di San Donato Milanese per l’assegnazione in concessione per la valorizzazione e gestione di un impianto sportivo polifunzionale denominato “Parco Enrico Mattei”.
Al termine della procedura, che si svolgeva mediante dialogo competitivo ai sensi dell’art. 64 del d.lgs. n. 50 del 2016, la concessione veniva aggiudicata con determinazione dirigenziale n. 257 del 2017 alla società Tfor, che risultava aver presentato la migliore proposta progettuale. Contrariamente a quanto previsto dalle disposizioni di gara, non faceva seguito la sottoscrizione del contratto, bensì aveva inizio un diverbio fra le parti, caratterizzato da un fitto scambio epistolare a cui facevano seguito diversi incontri, che trovavano conclusione con la determinazione dirigenziale n. 89 del 2019, con la quale il dirigente dell’area gestione territorio e opere pubbliche del Comune dava atto dell’impossibilità, per fatto di Tfor, di giungere alla sottoscrizione del contratto sopracitato;per l’effetto, l’amministrazione disponeva il ritiro della relativa procedura concorsuale.
La società ha impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia la suddetta determinazione n. 89 del 2019, chiedendo il suo annullamento.
L’adito Tribunale ha respinto il ricorso con la sentenza n. 313 del 2020, che è stata appellata dal Consorzio per i seguenti motivi:
I) violazione di legge con riferimento al principio di tipicità degli atti amministrativi;violazione di legge con riferimento all’art. 21- quinquies della legge n. 241/1990;violazione di legge con riferimento alle disposizioni in materia di dialogo competitivo e, in generale, di svolgimento delle procedure ad evidenza pubblica;violazione di legge con riferimento all’art. 165 del d.lgs. n. 50/2016;genericità;travisamento dei fatti;errore sui presupposti;contraddittorietà;omissione di pronuncia;difetto di motivazione;perplessità;
II) errore di fatto;travisamento;difetto di motivazione;contraddittorietà;
III) errore di fatto;travisamento;difetto di motivazione;
IV) violazione di legge con riferimento all’art. 21- quinquies della legge n. 241/1990;errore di fatto;travisamento dei fatti;difetto di motivazione;contraddittorietà.
Si è costituito in giudizio per resistere all’appello il comune di San Donato Milanese.
Successivamente le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.
All’udienza del 30 marzo 2021, tenuta con le modalità di cui agli artt. 25 d.l. n. 137 del 2020, 84, comma 6, d.l. n. 18 del 2020 e 4, comma 1, d.l. n. 28 del 2020 come da verbale, l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Giunge in decisione l’appello contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione quarta, n. 313 del 2020, che ha respinto il ricorso proposto da Tfor S.r.l. avente ad oggetto i provvedimenti assunti dal comune di San Donato Milanese che hanno dato atto dell’impossibilità, per fatto di Tfor, di giungere alla sottoscrizione del contratto di concessione per la valorizzazione del complesso sportivo denominato “Parco Mattei” e, per l’effetto, hanno disposto il ritiro della relativa procedura concorsuale.
Deve darsi atto, per completezza, che l’appellante, che sostiene l’illegittimità della motivazione posta a fondamento del “ritiro” della procedura e consistente nel “fatto dell’aggiudicatario”, ha, altresì, instaurato davanti al Giudice ordinario un giudizio risarcitorio per responsabilità precontrattuale, e che, su segnalazione di un consigliere del comune di San Donato Milanese e di alcuni cittadini, è stato avviato davanti all’Anac un procedimento ispettivo che ha posto in evidenza una serie di criticità in ordine alla procedura di specie.
In relazione all’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso di primo grado per carenza di interesse sollevata dal comune di San Donato Milanese e riproposta ai sensi dell’art. 101 c.p.a., con la stessa si sostiene che Tfor non avrebbe impugnato tempestivamente la determina comunale n. 308 del 3 ottobre 2018, con cui il Comune avrebbe statuito l’inammissibilità della proposta progettuale definitiva di Tfor e avrebbe rilevato che il contratto di concessione avrebbe potuto essere sottoscritto solo alle condizioni emergenti dalla relativa procedura di gara aggiudicata a parte ricorrente. Anche nell’ipotesi di accoglimento dell’appello, restando pienamente valida ed efficace quella delibera, l’appellante non avrebbe alcun interesse all’annullamento della successiva delibera oggetto di impugnazione (la n. 89/2019).
Pur ritenendo l’eccezione degna di considerazione, la sentenza non l’ha accolta, ma ha respinto il ricorso (cfr., altresì, il secondo motivo di appello).
L’eccezione va disattesa, avendo la delibera n. 308 del 2018 mero carattere endoprocedimentale, non suscettibile di provocare alcuna lesione immediata nella sfera giuridica dell’appellante, atteso che, con la stessa, il Comune, pur dichiarando di non condividere la proposta progettuale presentata dalla ricorrente nell’estate del 2018, non interrompeva le trattative pendenti, chiedendo alla società di attivarsi per la presentazione di un nuovo progetto che risultasse coerente con l’offerta presentata nel corso della procedura. Risulta, quindi, chiaramente che la determina in questione non aveva valenza definitiva e dispositiva, poiché si inseriva come mero segmento nel procedimento teso alla sottoscrizione del contratto.
Riguardo, invece, all’ulteriore eccezione di inammissibilità dell’appello, con specifico riferimento al primo ed al terzo motivo, atteso che gli stessi non rispetterebbero il principio di specificità dei motivi di impugnativa ex artt. 40 e 101 c.p.a. e per impossibilità della pretesa avanzata da Tfor nella propria impugnazione, l’anzidetta eccezione è infondata, perché appare evidente la chiarezza e la specificità dei suddetti motivi di impugnazione, con i quali, sostanzialmente, la società ha censurato la sentenza di primo grado, nella parte in cui è stato dato atto “dell’impossibilità di procedere alla sottoscrizione del contratto alle condizioni risultanti dall’aggiudicazione”.
Nel merito, con il primo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza appellata per totale difetto della motivazione in ordine alle difese e alle argomentazioni addotte dall’impresa. Secondo la stessa, la sentenza farebbe proprie le difese comunali, “cadendo” negli stessi errori, contraddittorietà ed omissioni di pronuncia del provvedimento impugnato in primo grado, ponendo in luce l’incapacità del giudice di primo grado di incidere sull’errata motivazione dell’atto di ritiro illegittimamente addebitato al “fatto dell’aggiudicatario”.
La censura così formulata è priva di fondamento, atteso che la sentenza non è carente di motivazione, avendo preso atto del contenuto della determina n. 89/2019, anch’essa motivata in maniera puntuale ed articolata e che risulta aver esaustivamente ricostruito le complessive vicende fattuali della procedura che hanno indotto l’amministrazione comunale a determinarsi nel senso del ritiro, in considerazione dell’impossibilità di sottoscrivere il contratto di concessione a fronte delle risultanze della gara. Per di più, Tfor, nel lamentare l’erroneità della sentenza per non aver correttamente emendato la determina in questione, configura una domanda impossibile, dato che il caso di specie non ricade nell’ipotesi della giurisdizione estesa al merito prevista dall’art 7, comma 6, del c.p.a, che consente al Giudice amministrativo, nei casi tassativamente richiamati dalla legge e dall’art 134 del medesimo c.p.a, di sostituirsi all’amministrazione.
Per l’appellante, la sentenza impugnata non avrebbe voluto escludere il reale motivo del “ritiro” e cioè l’incapacità del Comune nella gestione della procedura (a cominciare dalla scelta errata del tipo di gara e dalla mancata indicazione della base d’asta). Ciononostante, del tutto contraddittoriamente avrebbe confermato la legittimità del provvedimento di revoca omettendo di espungere dall’atto l’errato addebito al “fatto dell’aggiudicatario”, che, invece, non sarebbe in alcun modo ravvisabile. Risulterebbe conclamato l’eccesso di potere per errore di fatto e sviamento, irragionevolezza e illogicità intrinseca del provvedimento di ritiro impugnato in primo grado, trasparendo il tentativo del Comune di agire strumentalmente, dopo una relazione ispettiva dell’Anac non certo “clemente” nei confronti dell’Amministrazione, e dopo la proposizione in sede civile da parte dell’impresa di un’azione per responsabilità precontrattuale. La controparte, invero, dapprima avrebbe archiviato il procedimento di revoca dell’aggiudicazione, avviato senza addebiti per l’impresa e fondato sull’oggettiva impossibilità di sottoscrivere il contratto, e successivamente ne avrebbe avviato uno nuovo per dichiarare l’impossibilità di dar corso alla sottoscrizione del contratto “per volontà dell’aggiudicatario”. Il Comune, inoltre, ben consapevole dei vizi originari della procedura, avrebbe cercato di imporre condizioni inique, contrastanti con la sua offerta e che avrebbero reso insostenibile la riqualificazione, quali: l’anticipazione della progettazione definitiva anteriormente alla stipula del contratto;il minor valore degli impianti sportivi per euro 1.500.000,00 dovuto alla monetizzazione da parte del Comune (successiva al bando di gara) degli interventi diretti previsti a carico di terzi soggetti attuatori;un maggior costo della riqualificazione per ulteriori euro 1.500.000,00 dovuto ai costi imprevedibili emersi successivamente all’aggiudicazione;il mancato deposito presso gli archivi comunali degli atti di fabbrica;il mancato riconoscimento di una qualche forma di garanzia, compresa la concessione del diritto di superficie espressamente prevista dal Comune nel bando relativo alla seconda fase di gara, per consentire l’iscrizione di ipoteca in favore degli Istituti di credito, oppure il rilascio di una fideiussione. Eppure, Tfor si era già impegnata a farsi carico di investimenti per complessivi euro 8.500.000,00 senza contributi comunali (né in conto investimenti, né in conto gestione), vincolandosi anche al pagamento di un canone e di spese generali a favore dell’Amministrazione.
Il Collegio non ritiene condivisibili le prospettazioni dell’appellante, rivolte ad addossare in capo al Comune l’integrale responsabilità della mancata stipula della convenzione.
Quanto all’anticipazione della progettazione definitiva anteriormente alla stipula del contratto, dall’esame del verbale del primo giugno 2017, versato in atti, si evince che Tfor ha convenuto con l’amministrazione di anticipare la progettazione definitiva, non emergendo alcuna imposizione da parte del Comune. L’appellante ha, dunque, deciso liberamente di procedere in tal senso, probabilmente per facilitare la stipula del contratto, e ciò risulta confermato dal fatto che il verbale non è mai stato contestato.
Con riferimento al minor valore degli impianti sportivi dovuto al venir meno delle risorse provenienti dai terzi soggetti attuatori, come si evince dall’esame della nota del 18 dicembre 2017, versata in atti, l’appellante medesima ha dichiarato che: “ riguardo alle risorse provenienti dalla convenzione Eni di € 1.500.000,000 […] specifichiamo che si trattava di una nostra mera ipotesi che successivamente non ha trovato conferma, ma aveva generato in noi la speranza di poter usufruire di tali risorse ”;ne consegue che la mancanza delle erogazioni in questione non avrebbe mai potuto giustificare una rinegoziazione del PEF.
Riguardo al maggior costo della riqualificazione dovuto ai costi imprevedibili emersi successivamente all’aggiudicazione, tali oneri aggiuntivi erano connessi, maggiormente, ai rilevi della Soprintendenza, essendo Tfor perfettamente consapevole, come risulta dalle sue dichiarazioni contenute nel documento Indagini preliminari e fattibilità ambientale, che la stessa si era espressa solo in via preliminare e che ogni valutazione di dettaglio si sarebbe concretizzata solo nell’ambito dei successivi livelli di progettazione.
Quanto al mancato deposito presso gli archivi comunali degli atti di fabbrica, dalla documentazione versata in atti emerge come Tfor ben conoscesse la carenza di collaudi statici e di certificazioni di agibilità delle strutture, che, dunque, non esistevano, e che non avrebbero potuto essere a disposizione dei concorrenti.
Con riferimento al mancato riconoscimento di una qualche forma di garanzia, dalla documentazione versata in atti si evince che Tfor era perfettamente a conoscenza del fatto che la garanzia fideiussoria non poteva essere rilasciata, altrimenti avrebbe alterato le condizioni di gara, atteso che non vi era alcuna previsione in proposito negli atti di gara. La prestazione della stessa da parte del Comune avrebbe, invero, comportato una sostanziale modifica delle condizioni della procedura, con conseguente necessità di una eventuale nuova gara.
Riguardo all’applicazione dell’art. 165, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, invocato da Tfor in relazione al fatto che la stessa si era già impegnata a farsi carico di investimenti per complessivi euro 8.500.000,00 senza contributi comunali, vincolandosi anche al pagamento di un canone e di spese generali a favore dell’amministrazione, occorre far presente che, proprio in applicazione di tale disposizione normativa, la revisione di un PEF deve garantire il mantenimento del rischio operativo in capo al concessionario, ciò che, per effetto delle proposte di Tfor, non si sarebbe verificato. La norma, attraverso la possibilità di recesso nel caso di mancato accordo sul riequilibrio del PEF, garantisce, comunque, ad entrambe le parti del contratto di concessione adeguata tutela.
Con le ultime due censure Tfor contesta, innanzitutto, la correttezza della motivazione della sentenza allorchè, pur riconoscendo che l’Anac aveva espresso valutazioni molto critiche “sulla procedura”, non ne avrebbe fatto conseguire l’assoluta correttezza e buona fede dell’impresa, nonché l’omessa pronuncia sulla richiesta liquidatoria dell’indennizzo, formulata dalla stessa società ai sensi dell’art 21- quinquies della legge n 241 del 1990 nel precedente giudizio di primo grado e riportata all’attenzione del Collegio.
Le censure sono infondate. Riguardo alla seconda, Tfor non ha mai avanzato alcuna domanda di indennizzo nel ricorso di primo grado, ma si è limitata a contestare un’ipotetica illegittimità della determina n. 89/2019 per asserita omessa previsione, in detta determina, di un indennizzo a suo favore. In ogni caso: “ l’omessa previsione dell’indennizzo ex art 21-quinquies, non è di per sé sufficiente ad incidere sulla legittimità del provvedimento di revoca, ma semplicemente consente al privato di azionare la pretesa patrimoniale innanzi alla g.a. ” (cfr. sul punto Cons. Stato, sez. VI, 17 marzo 2010, n. 1554).
Con riferimento alla prima, deve osservarsi che la relazione Anac non ha alcuna rilevanza ai fini dell’odierno giudizio, avente ad oggetto esclusivamente la determina di ritiro della procedura n. 89/2019. Dall’esame della stessa, e in particolare delle sue conclusioni, si evince tuttavia come, nell’ambito dei rilievi dell’Anac, siano state individuate molteplici carenze del bando di gara, oltre all’inadeguatezza della procedura prescelta, data l’assenza dei presupposti necessari; quanto alla selezione dei concorrenti, non sussistevano i requisiti per il ricorso al dialogo competitivo di cui all’art 64 del d.lgs. n. 50 del 2016. Al contempo, si riscontrava un livello eccessivo di negoziazione fra le parti, che avrebbe finito per introdurre nel corso della gara elementi non previsti dal bando, come, ad esempio, la fideiussione, che, non essendo prevista dal bando, non poteva essere introdotta mediante accordo successivo tra le parti (cfr. pagg. 26 e ss. della relazione Anac).
Per la sentenza appellata la determina n. 89/2019 “ finisce per enucleare le ragioni di pubblico interesse che inducono al ritiro integrale degli atti di gara, fra cui – in sintesi – l’impossibilità di accettazione delle modifiche alle condizioni contrattuali avanzate da Tfor e le valutazioni espresse da ANAC sulla procedura di cui è causa (cfr. pag. 5/10 del provvedimento impugnato), molto critiche sulla procedura stessa (cfr. ancora il doc. 50 della ricorrente ed in particolare le “Conclusioni” della relazione dell’Autorità), con la conseguente necessità (cfr. pag. 8 /10 sempre del provvedimento impugnato), di indire una nuova e corretta procedura di gara, che consenta la valorizzazione di una importante struttura del Comune ”.
Il Collegio condivide le sostanziali statuizioni della sentenza appellata. La determina n. 89/2019 ha preso atto che l’interesse perseguito con la gara per l’affidamento del contratto di concessione era ormai disatteso da tempo e che il vincolo derivante dall’aggiudicazione non aveva più alcuna valenza, anche per l’impossibilità di accettazione delle modifiche alle condizioni contrattuali avanzate da Tfor. Nel contempo, la procedura era stata notevolmente carente rispetto agli obiettivi prefissati e il contratto non sarebbe stato, pertanto, stipulabile. Tali carenze, riguardo, in particolare, alla scelta del tipo di procedura e agli altri vizi procedimentali, non erano ascrivibili alla responsabilità di Tfor, ma sono stati dalla stessa di fatto subiti, non avendo la stessa alcuna discrezionalità né competenza al riguardo.
Non si ravvisa, dunque, un’ingiustificata interruzione delle trattative da parte del Comune, ma una doverosa scelta di ritiro della procedura motivata sia dalle plurime criticità della stessa che dalle modifiche alle condizioni contrattuali avanzate dalla società aggiudicataria.
Infine, non rileva in alcun modo, ai fini della decisione, la delibera n. 132 del 26 novembre 2020 adottata dal Comune, contenente il piano strategico per lo sport, che ricomprende anche considerazioni sull’utilizzazione del Parco Mattei, perché successiva al giudizio e, dunque, allo stesso estranea.
Alla luce delle suesposte considerazioni sulla legittimità della scelta di ritirare la procedura, l’appello va respinto.
Sussistono, tuttavia, in considerazione delle peculiarità della presente controversia, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.