Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-01-04, n. 202300128

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-01-04, n. 202300128
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202300128
Data del deposito : 4 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/01/2023

N. 00128/2023REG.PROV.COLL.

N. 00461/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 461 del 2020, proposto dal prof.
-OSIS-, rappresentato e difeso dagli avv.ti G L e G T e con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Polibio, n. 15;

contro

Università degli Studi di Napoli “ P ”, in persona del Rettore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata ex lege presso gli Uffici della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per l’annullamento e/o la riforma,

previa sospensione cautelare,

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, Sezione Seconda, n. -OSIS-, resa tra le parti, con cui è stato respinto il ricorso R.G. n. -OSIS-.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista l’istanza di sospensione della sentenza appellata e preso atto del suo rinvio al merito disposto con ordinanza n. -OSIS-;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Napoli “ P ”;

Visti le memorie, i documenti e le note d’udienza delle parti;

Viste le ordinanze collegiali della Sezione VI n. -OSIS- e n. -OSIS- (resa sul ricorso connesso R.G. n. -OSIS-);

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2022 il Cons. Pietro De Berardinis e udito per l’appellante l’avv. G L;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO

Con l’appello in epigrafe il prof. -OSIS- ha impugnato la sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, n. -OSIS-, chiedendone l’annullamento e/o la riforma, previa sospensione cautelare.

La sentenza appellata ha respinto il ricorso presentato dal prof. -OSIS- per ottenere:

I) l’annullamento della nota dell’Università degli Studi di Napoli “ P ” prot. n. 2546 del 13 febbraio 2015, mediante cui è stata rigettata l’istanza con cui il docente aveva chiesto: a) la revoca o l’annullamento d’ufficio del D.R. n. 13 del 12 gennaio 2005 e del D.R. n. 348 del 23 giugno 2008; b) il riconoscimento dello status di professore con regime d’impegno a tempo definito dal 12 gennaio 2005 al 1° novembre 2011;

II) la declaratoria di nullità parziale del decreto rettorale (D.R.) n. 13 del 12 gennaio 2005 e del D.R. n. 348 del 23 giugno 2008, nella parte in cui i due decreti assegnano il docente stesso al regime di impegno a tempo pieno, anziché a quello di impegno a tempo definito;

III) l’accertamento del suo diritto al riconoscimento dello status di professore con regime d’impegno a tempo definito dal 12 gennaio 2005 al 1° novembre 2011, con ogni conseguenza di legge;

IV) la condanna dell’Università al risarcimento dei danni.

In fatto il prof. -OSIS- espone di essere stato dal 1999 al 2004 professore associato di Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università del Molise con impegno a tempo definito. Nel 2004 è stato chiamato come professore di II^ fascia presso l’Università “ P ”, conservando l’impegno a tempo definito (decreto n. 535 del 30 ottobre 2004), il che gli permetteva di affiancare all’attività di docente universitario quella di libero professionista (dottore commercialista).

Nel gennaio del 2005, all’esito di una procedura valutativa, il prof. -OSIS- conseguiva l’idoneità come professore straordinario sempre nello stesso S.S.D. (Economia e Gestione delle Imprese) presso l’Università “ P ”, che, tuttavia, questa volta lo inquadrava con decreto n. 13 del 12 gennaio 2005 come docente (di I^ fascia) con impegno a tempo pieno.

Sul punto l’appellante precisa:

- di non avere depositato, al momento dell’inquadramento a professore straordinario, alcuna opzione, ritenendo ciò non necessario, stante l’opzione per il tempo definito operata all’atto della chiamata e a quello dell’inquadramento come professore di ruolo di II^ fascia;

- che il giorno dopo la pubblicazione del D.R. n. 13/2005 gli Uffici dell’Ateneo gli sottoponevano per la firma una serie di moduli a mezzo fax , tra cui un modello di opzione per il tempo pieno, ciò che dimostrerebbe che nessuna opzione era stata da lui effettuata in epoca antecedente al D.R. n. 13 cit.;
tale modello veniva sottoscritto per mero malinteso dal docente, ma gli Uffici ne avrebbero constatato l’inefficacia e, quindi, non l’avrebbero considerato.

Infine, il docente veniva nominato dalla predetta Università con decreto n. 348 del 23 giugno 2008 professore ordinario (I^ fascia) per il S.S.D. in esame (con decorrenza giuridica dal 12 gennaio 2008 ed economica dal 13 gennaio 2008), ancora con impegno a tempo pieno.

A questo punto, però, l’Università – in adempimento ai propri compiti – comunicava all’Ordine dei Dottori Commercialisti che il prof. -OSIS- era inquadrato con impegno a tempo pieno e l’Ordine segnalava al docente l’irregolarità della sua posizione, avendo egli per tutto il periodo dal 2005 in poi continuato ad affiancare all’insegnamento universitario la libera professione, nonostante ciò gli fosse precluso dal regime di impegno a tempo pieno.

Il prof. -OSIS- dichiarava di avere avviato l’ iter per il passaggio a tempo definito (chiesto, secondo la sua ricostruzione, sin dal 2008) e detto iter si concludeva con D.R. n. 66 del 31 gennaio 2011, che lo inquadrava sì nel regime a tempo definito, ma con decorrenza dal 1° novembre 2011 (data di inizio del nuovo anno accademico, disposta ai sensi dell’art. 11 del d.P.R. n. 382/1980). Tale decorrenza, dunque, non sanava le irregolarità pregresse contestate al docente, per le quali venivano avviati un giudizio di responsabilità erariale innanzi alla Corte dei conti (conclusosi con la sua assoluzione per mancanza dell’elemento soggettivo della colpa grave) e un procedimento disciplinare, conclusosi con l’irrogazione al docente della sospensione per un anno dall’ufficio e dallo stipendio, che però veniva annullata in sede giurisdizionale. Successivamente veniva promosso nei suoi confronti un ulteriore procedimento disciplinare, che si concludeva con l’irrogazione della censura (che forma oggetto di distinta impugnazione).

Inoltre, l’Università avviava nei confronti dell’interessato un procedimento di recupero dei compensi per incarichi extraistituzionali non autorizzati ai sensi dell’art. 53, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001, che si concludeva con l’adozione di un’ingiunzione fiscale, la quale forma a sua volta oggetto di un giudizio autonomo.

Dal canto suo, il prof. -OSIS- presentava in data 15 gennaio 2015 istanza di autotutela, con cui chiedeva all’Università la revoca e/o l’annullamento d’ufficio dei decreti del Rettore n. 13/2005 e n. 348/2008 e il riconoscimento del suo status di professore con regime di impegno a tempo definito dal 12 gennaio 2005 al 1° novembre 2011.

La predetta istanza veniva rigettata con provvedimento dell’Università “ P ” prot. n. 2546 del 13 febbraio 2015, impugnato dal docente innanzi al T.A.R. Campania, Napoli, che, come detto, con la sentenza appellata ha respinto il ricorso.

Nel gravame l’appellante ha contestato le motivazioni e le conclusioni della sentenza di primo grado, formulando i seguenti motivi:

1) errore in fatto e in diritto, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 del d.P.R. n. 382/1980, dell’art. 1 della l. n. 725/1982 e dell’art. 21- nonies della l. n. 241/1990, nonché eccesso di potere per insussistenza dei presupposti, travisamento dei fatti, manifesta irragionevolezza e illogicità, carenza di motivazione, contraddittorietà intrinseca ed estrinseca, sviamento di potere, giacché la sentenza impugnata avrebbe travisato i fatti oggetto di causa ritenendo legittima la deroga all’art. 11 del d.P.R. n. 382/1980 che sarebbe stata operata dall’Università “ P ” e, per conseguenza, ragionevole il diniego di autotutela opposto illegittimamente dall’Ateneo all’appellante;

2) omessa pronuncia: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 del d.P.R. n. 382/1980, dell’art. 1 della l. n. 725/1982 e dell’art. 1- nonies della l. n. 241/1990, eccesso di potere per insussistenza dei presupposti, travisamento dei fatti, manifesta irragionevolezza ed illogicità, carenza di motivazione, contraddittorietà intrinseca ed estrinseca, sviamento di potere, in quanto la sentenza impugnata non avrebbe colto l’illogicità della motivazione del provvedimento impugnato, che si sforzerebbe, da un lato, di rintracciare un’opzione mai esercitata dall’appellante all’atto dell’inquadramento, dall’altro rifiuterebbe irragionevolmente di considerare l’opzione (per il tempo definito) operata dal docente al momento della chiamata o comunque prima dell’avvio dell’anno accademico;

3) omessa pronuncia: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 del d.P.R. n. 382/1980, dell’art. 1 della l. n. 725/1982 e degli artt. 21- quinquies e 21- nonies della l. n. 241/1990, eccesso di potere per insussistenza dei presupposti, travisamento dei fatti, manifesta irragionevolezza ed illogicità, carenza di motivazione, contraddittorietà intrinseca ed estrinseca, sviamento di potere, poiché con l’istanza di autotutela rigettata dal provvedimento impugnato il docente avrebbe evidenziato, altresì, la necessità di riesame del D.R. n. 66 del 31 gennaio 2011 (che gli ha attribuito l’impegno a tempo definito dal 1° novembre 2011, anziché dal deposito nel novembre del 2008 dell’istanza di opzione per il nuovo biennio), ma il T.A.R. avrebbe omesso di pronunciarsi sul punto;

4) errore in fatto ed in diritto: conflitto di interesse, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21- quinquies della l. n. 241/1990, dell’art. 11 del d.P.R. n. 382/1980 e dell’art. 97 Cost., nonché carenza di istruttoria, manifesta irragionevolezza, contraddittorietà, carenza e contraddittorietà di motivazione e sviamento di potere, in quanto la sentenza appellata sarebbe errata nella parte in cui ha escluso che fossero ravvisabili le ragioni di interesse pubblico decisive per configurare il dovere di intervento in autotutela sui riferiti decreti del Rettore, nonostante le irregolarità e imperizie in cui sarebbe incorsa la P.A.. La sentenza avrebbe, inoltre, trascurato la situazione di fatto generata dai gravi inadempimenti dell’Ateneo, che avrebbero reso necessaria e opportuna la revoca dei decreti stessi, anche in ragione di sopravvenuti motivi di pubblico interesse;

5) errore in fatto e in diritto: conflitto tra giudicati, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21-quinquies della l. n. 241/1990, manifesta irragionevole, contraddittorietà, carenza e contraddittorietà della motivazione, sviamento di potere, perché il diniego impugnato e la sentenza di primo grado si porrebbero in aperto contrasto con l’accertamento operato dalla Corte dei conti in ordine alle vicende oggetto dell’appello;

6) difetto di motivazione, eccesso di potere, difetto di istruttoria, incertezza, sospensione del giudizio ex art. 77 c.p.a., poiché la sentenza sarebbe errata per non aver ritenuto pregiudiziale alla risoluzione della controversia la definizione del giudizio per querela di falso instaurato dall’odierno appellante nei confronti del D.R. n. 13 del 12 gennaio 2005 e del D.R. n. 348 del 23 giugno 2008.

Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi di Napoli “ P ”, depositando di seguito una memoria e documenti sui fatti di causa e resistendo all’appello di controparte.

Su richiesta di parte, l’istanza cautelare è stata rinviata al merito con ordinanza della Sezione VI n. -OSIS-.

Con successiva ordinanza n. -OSIS- del 22 marzo 2021 la Sezione VI ha disposto la trattazione congiunta del ricorso con quella del ricorso connesso R.G. n. -OSIS- (relativo all’ingiunzione di restituzione dei compensi percepiti dal docente per gli incarichi extraistituzionali).

Ancora, con ordinanza n. -OSIS- la Sezione VI ha sospeso il giudizio, in ragione della pendenza del giudizio innanzi alla Corte di Appello di Napoli relativo all’impugnazione della sentenza che aveva respinto la querela di falso proposta dal docente avverso i succitati decreti rettorali n. 13/2005 e n. 348/2008. Quindi, con ordinanza n. -OSIS-, resa sul connesso ricorso R.G. n. -OSIS-, la Sezione VI ha disposto che a cura della parte più diligente si provvedesse entro il 30 giugno 2022 al deposito di documentazione comprovante lo stato del giudizio per querela di falso, fissando per il prosieguo della trattazione della causa l’udienza pubblica del 27 ottobre 2022 (modificata, con il passaggio della causa alla cognizione di questa Sezione, nella data del 25 ottobre 2022).

In vista dell’udienza di merito le parti hanno depositato documentazione attestante la reiezione, da parte della Corte d’Appello di Napoli con sentenza n. 3944/2022 del 23 settembre 2022, dell’appello proposto dal prof. -OSIS- contro la decisione di primo grado che aveva respinto la querela di falso da lui presentata, nonché la proposizione, ad opera del medesimo docente, di ricorso per cassazione avverso la sentenza ora citata. L’appellante ha depositato, altresì, una memoria finale, insistendo per la riforma della sentenza gravata.

All’udienza pubblica del 25 ottobre 2022 è comparso il difensore dell’appellante, quindi la causa è stata trattenuta in decisione.

DRITTO

Viene in decisione l’appello promosso dal prof. -OSIS- contro la sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, n. -OSIS-, che ha respinto il ricorso da lui proposto avverso il provvedimento dell’Università degli Studi di Napoli “ P ” recante rigetto dell’istanza di autotutela presentata dal citato docente per ottenere l’annullamento o la revoca dei decreti rettorali n. 13 del 2005 e n. 348 del 2008 (tramite i quali era stato inquadrato quale professore universitario a tempo pieno, anziché a tempo definito).

In via preliminare, va esaminata la questione degli effetti sul presente giudizio della proposizione, da parte del docente, di un ricorso in cassazione nel giudizio per querela di falso da lui instaurato avverso i decreti rettorali nn. 13 e 348 citt., alla luce del fatto che, come già detto, con ordinanza n. -OSIS- questo giudizio era stato sospeso, in attesa della previa definizione del giudizio per querela di falso. Con ordinanza n. -OSIS-, pronunciata sul connesso ricorso R.G. n. -OSIS-, è stata poi fissata l’udienza pubblica per il prosieguo del giudizio, riguardante sia il presente appello, sia quello di cui al ricorso R.G. n. -OSIS-, vista la trattazione congiunta degli stessi disposta per motivi d’economia e di omogeneità dei giudizi dall’ordinanza n. -OSIS-.

O, anche a non voler considerare che l’ordinanza n. -OSIS- cit., avendo fissato l’udienza per il prosieguo del giudizio, abbia superato l’ordinanza di sospensione del processo, determinandone la ripresa e la prosecuzione, ritiene il Collegio che la suddetta sospensione non abbia ragion d’essere e che, perciò, l’ordinanza n. -OSIS-, che l’aveva disposta, debba essere revocata. Ciò, in quanto ad avviso del Collegio vi sono in atti elementi sufficienti per decidere la causa a prescindere dall’esito del giudizio per querela di falso.

In particolare, il Collegio ritiene che i motivi di appello siano destituiti di fondamento per le ragioni che di seguito si espongono.

Invero, la sentenza appellata ha giustamente sottolineato (al par. 3.2) che il prof. -OSIS-, nell’arco di tempo decorrente dalla sua nomina a professore straordinario, non poteva nutrire alcun affidamento sulla propria posizione di docente con impegno a tempo definito, anziché a tempo pieno, avendo egli inviato all’Università “ P ” in data 13 gennaio 2005, a mezzo fax , due moduli manoscritti e sottoscritti con l’opzione per il regime a tempo pieno.

Tali due moduli, presenti in atti come allegato n. 6 dell’Università, hanno un tenore inequivocabile e risultano compilati parzialmente a mano e sottoscritti dal docente. Nel primo di essi si legge che il prof. -OSIS- dichiara di optare, dal 13 gennaio 2005, per la qualifica di professore straordinario “ A Tempo Pieno ” presso la Facoltà di Economia. Nel secondo si legge che il prof. -OSIS- dichiara, ai sensi e per gli effetti dell’art. 11 del d.P.R. n. 382/1980, di optare per il regime di impegno a tempo pieno, ritenendosi obbligato al rispetto di tale impegno per il biennio accademico “ 2005-07 ”, e che lo stesso dichiarante si impegna ad osservare le norme in materia di tempo pieno e di incompatibilità previste dal d.P.R. n. 382/1980. E va precisato sul punto che le parti dei moduli compilate a mano dal docente riguardano proprio l’inserimento dell’opzione per il tempo pieno, di tal ché non è possibile avere dubbi sul contenuto e sul valore delle predette dichiarazioni.

La difesa erariale osserva, in proposito, che i suddetti moduli non sono mai stati contestati dal docente mediante disconoscimento della propria firma e che gli stessi valgono come prova della sua volontà di confermare l’opzione espressa oralmente per il tempo pieno e di cui aveva dato atto il decreto del Rettore n. 13 del 12 gennaio 2005. L’osservazione va senz’altro condivisa, non essendo credibili le giustificazioni fornite sul punto dall’appellante: la qualità della parte, invero, non consente di aderire alla tesi dell’errore del docente, non essendo verosimile che egli non si sia reso conto del significato e del valore dei moduli, che andava a compilare in forma autografa.

Vi è da aggiungere, in argomento, che l’interessato, anche dopo che erano insorti i contrasti in ordine alla sua opzione o meno per il tempo pieno, non risulta aver mai impugnato in parte qua né il D.R. n. 13/2005 e neppure il D.R. n. 348/2008, sebbene questo avesse confermato il suo inquadramento nel regime a tempo pieno. Solo nel 2015, quindi a distanza di dieci anni dal primo decreto e di sette anni dal secondo, egli ha presentato l’istanza di autotutela rigettata dall’Università con il provvedimento impugnato.

A tale ultimo riguardo occorre precisare che, nel rapporto tra privato e Amministrazione, l’obbligo di rispettare le norme generali dell’ordinamento civile, che impongono di agire con lealtà e correttezza, incombe non solo sull’Amministrazione, che ai sensi dell’art. 97 Cost. deve agire con imparzialità e in ossequio al principio del buon andamento, ma grava parimenti sulla parte privata (cfr., ex multis , C.d.S., Sez. IV, 14 aprile 2021, n. 3058;
Sez. II, 1° luglio 2020, n. 4191;
Sez. V, 15 novembre 2012, n. 5772).

Da quanto finora esposto emerge, tuttavia, che il comportamento del docente non è stato conforme ai suindicati doveri di lealtà e correttezza. Egli rimprovera all’Ateneo di aver tenuto nei suoi confronti una condotta caratterizzata, a suo dire, da ripetute irregolarità e imperizie e da gravi inadempimenti, ma poi pretende che i moduli da lui sottoscritti e trasmessi all’Università il 13 gennaio 2005 (data di effettiva assunzione in servizio), recanti l’opzione per il tempo pieno da lui compilata personalmente, fossero privi di valore giuridico e che addirittura la stessa Università li abbia considerati “ tamquam non esset ”, senza peraltro offrire alcun elemento che suffraghi una simile tesi, la quale, per vero, trova smentita in tutti gli atti di causa: non può certo dirsi che la tesi ora esposta sia suffragata dal ritardo dell’Università nel comunicare all’Ordine dei Dottori Commercialisti il passaggio del professore al regime di impegno a tempo pieno.

Né può concordarsi con l’affermazione dell’appellante che la dichiarazione di opzione per il regime a tempo definito, da lui presentata in data imprecisata, possa intendersi quale “ rettifica del regime di impegno erroneamente indicato dal D.R. 13 del 2005 ”. Sul punto va aggiunto come la relazione sui fatti di causa trasmessa dall’Università per il giudizio innanzi al T.A.R. e prodotta dalla difesa erariale anche in appello (all. 1) contenga un’efficace confutazione della ricostruzione dei fatti operata dalla parte appellante, mettendone in evidenza le molteplici contraddizioni e in particolare dimostrando le incongruenze tra la ricostruzione dei fatti contenuta nell’istanza di autotutela del docente e quella da lui effettuata in sede giudiziale (v. pagg. 6 e segg. della relazione).

La condotta dell’odierno appellante, oltre a non risultare conforme ai doveri di lealtà e correttezza, si rivela altresì carente sotto il profilo della diligenza, poiché, se effettivamente egli non avesse prestato la dovuta attenzione alle dichiarazioni che andava compilando, sottoscrivendo e trasmettendo via fax in data 13 gennaio 2005, ciò dimostrerebbe un’inaccettabile negligenza da parte di un soggetto che rivestiva una posizione quale la sua. Né può tacersi che il docente avrebbe potuto e dovuto accorgersi del suo assoggettamento al tempo pieno già sulla base del trattamento stipendiale più elevato da lui percepito: le spiegazioni che egli offre sul punto, sostenendo di aver attribuito il migliore trattamento al passaggio di grado (da professore associato a straordinario) sono del tutto inattendibili, salvo, anche per questo aspetto, riconnettervi un grado di negligenza inaccettabile in un soggetto del suo livello intellettuale.

In conclusione, sono vane tutte le giustificazioni che l’appellante dà alla sua condotta, con il cercare di riversare sull’Ateneo le responsabilità dell’“ equivoco ”.

Ad abundantiam , si sottolinea che il prof. -OSIS- ha instaurato (ancora nel 2015) innanzi al G.O. giudizio per querela di falso avverso i succitati decreti del Rettore nn. 13/2005 e 348/2008, inteso a dimostrare la falsità di detti decreti nella parte in cui hanno affermato il suo assoggettamento al regime a tempo definito, ma tale giudizio si è concluso in primo grado e in appello con esito sfavorevole al ricorrente, poiché il G.O. ha ritenuto veritiera l’affermazione contenuta in detti decreti, fondando il proprio convincimento sul fatto che l’unico documento presente in atti, la dichiarazione del docente del 13 gennaio 2005, attesta la sua opzione per il tempo pieno.

Da quanto finora detto emerge, dunque, l’infondatezza dei motivi di gravame.

Anzitutto, sono infondati il primo e il secondo motivo, che vanno trattati congiuntamente, attesa la comunanza delle rispettive argomentazioni. Si è già dimostrata, infatti, l’impossibilità di considerare “ tamquam non esset ” l’opzione per il tempo pieno effettuata liberamente e consapevolmente dal prof. -OSIS- nelle dichiarazioni contenute nei moduli da lui inviati il 13 gennaio 2005: queste, pur se posteriori di un giorno alla data di adozione del D.R. n. 13/2005, indicano inequivocabilmente quale fosse la volontà del docente, della cui comunicazione, in un primo tempo solo verbale ma confermata il giorno dopo per iscritto, il predetto decreto rettorale ha dato atto.

Né – contrariamente a quanto sostiene con i motivi in esame – l’appellante ha fornito alcuna prova di avere effettuato l’opzione per il tempo definito prima dell’avvio dell’anno accademico 2005/2006. A tale scopo non può valere, infatti, il D.R. n. 535 del 30 ottobre 2004, perché questo ha ad oggetto il trasferimento del prof. -OSIS-, quale professore associato a tempo definito inquadrato nel S.S.D. “Economia e Gestione delle Imprese”, dall’Università degli Studi del Molise alla Facoltà di Economia dell’Università “ P ”: pertanto, è del tutto irrilevante ai fini che qui interessano che l’art. 2 di detto decreto dia atto della spettanza al docente della retribuzione relativa alla classe iniziale dei professori di II^ fascia con impegno a tempo definito.

L’inadempienza dell’Università all’obbligo di comunicare tempestivamente all’Ordine dei Dottori Commercialisti il passaggio del professore dal regime a tempo definito di cui al D.R. n. 535/2004 a quello a tempo pieno previsto dal D.R. n. 13/2005, se anche in ipotesi potrebbe attenuare il grado di colpa del docente (ma cfr. infra ), non può comunque infirmare il significato dei moduli dallo stesso compilati, sottoscritti e inviati il 13 gennaio 2005.

Vero è che, ai sensi dell’art. 11 del d.P.R. n. 382/1980, l’opzione tra tempo pieno e tempo definito, valevole per un biennio, va esercitata almeno sei prima dell’inizio dell’anno accademico. A sua volta la l. n. 725/1982 dispone che la suddetta opzione venga esercitata all’atto della domanda di chiamata o di inquadramento. Nel caso di specie, quindi, il trasferimento del docente dall’Università del Molise all’Università “ P ”, comportando il mantenimento per questi dell’inquadramento in essere presso l’Ateneo di provenienza, ha determinato, come correttamente eccepito dalla difesa erariale, la traslazione automatica, altresì, dell’opzione per il tempo definito da lui effettuata presso l’Università del Molise. Viceversa, all’atto dell’inquadramento come professore straordinario – che ha comportato l’instaurazione di un nuovo rapporto, in un diverso ruolo organico e con decorrenza giuridica dal 12 gennaio 2005 ed economica del giorno successivo – era necessario che il docente esercitasse di nuovo l’opzione ex art. 11 del d.P.R. n. 382 cit., cosa che l’appellante ha fatto verbalmente e poi per iscritto con i moduli trasmessi il 13 gennaio 2005, scegliendo il regime a tempo pieno.

Priva di pregio è, perciò, l’argomentazione secondo cui il docente, avendo già preso servizio nel 1999 in sede di prima nomina presso l’Università del Molise quale professore associato, ed avendo in tale occasione espresso la preferenza per l’impegno a tempo definito, non avesse l’obbligo di esercitare nuovamente l’opzione al momento dell’inquadramento in II^ fascia presso l’Università “ P ” di Napoli: l’obbligo, infatti, è sorto con il passaggio a professore di I^ fascia.

In altre parole, la pretesa dell’odierno appellante di considerare valida ed efficace anche per l’incarico di professore straordinario l’opzione per il tempo definito da lui effettuata all’atto dell’inquadramento presso l’Ateneo di provenienza (Università del Molise) non tiene conto: a) sul piano sostanziale, del fatto che una cosa è l’inquadramento quale professore associato, tutt’altra quello come professore straordinario di I^ fascia; b) sul piano processuale, della circostanza che comunque mai il docente ha impugnato il D.R. n. 13/2005, nella parte in cui lo assoggettava esplicitamente al regime di impegno a tempo pieno, limitandosi a chiederne all’Università appellata la rimozione in autotutela nel 2015, a distanza di dieci anni e, perciò, a termine di impugnativa ampiamente decorso.

Né, da ultimo, è possibile eludere il suddetto termine decadenziale di impugnativa sostenendo, come fa l’interessato, che il citato decreto rettorale sarebbe viziato da difetto assoluto di attribuzione, non potendo la P.A. decidere in luogo del professore il regime di impegno da opzionare, e quindi sarebbe in parte qua nullo. L’odierno appellante invoca a supporto delle sue tesi anche la sentenza del T.A.R. Campania – Napoli, Sez. II, n. -OSIS-, che ha accolto il ricorso da lui promosso nei confronti della sanzione della sospensione per un anno inflittagli dall’Università “ P ”: ma questa sentenza, pur annullando l’ora riferita sanzione disciplinare, ha confutato l’affermazione del ricorrente secondo cui egli avrebbe ritenuto in buona fede che il regime a tempo definito, di cui aveva goduto quando era professore associato, gli si fosse automaticamente esteso al passaggio alla qualifica di professore di I^ fascia, e ciò in quanto tale affermazione “ è smentita dalla dichiarazione sottoscritta dal -OSIS- in data 13 gennaio 2005, con la quale il professore ha espressamente dichiarato di optare per il regime di impiego a tempo pieno, “ritenendosi obbligato al rispetto di tale impegno per il biennio accademico 2005-2007” ed impegnandosi “ad osservare le norme in materia di tempo pieno e di incompatibilità previste dal D.P.R. n. 382/80” ”.

Parimenti infondato è il terzo motivo, in quanto il docente lamenta che il D.R. n. 66 del 31 gennaio 2011 gli abbia attribuito il regime di impegno a tempo definito solo a far data dal 1° novembre 2011, anziché dal deposito della richiesta di opzione per il nuovo biennio, ma non fornisce nessuna prova idonea della data di presentazione della suddetta richiesta.

In particolare, egli sostiene di aver presentato l’istanza di opzione per il tempo definito nel novembre del 2008, desumendo tale indicazione cronologica dal D.R. n. 66/2011, dove si menziona un’istanza presentata il 5 novembre 2008. Senonché, l’Ateneo eccepisce che detta indicazione sarebbe frutto di un mero errore materiale e tale eccezione trova conferma nei seguenti fatti:

I) il docente, nel riscontrare con missiva del 14 aprile 2008 la nota del 18 marzo 2008 dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Roma che gli aveva segnalato l’incompatibilità tra il regime di impiego a tempo pieno e l’esercizio da parte sua della professione, ha affermato che era stato già avviato l’ iter per il suo passaggio al regime di professore a tempo definito. O, detta affermazione, poi ribadita nell’istanza di autotutela del 12 gennaio 2015, contraddice la tesi della presentazione della richiesta di opzione per il tempo definito alla data del 5 novembre 2008, perché presuppone la formalizzazione dell’opzione stessa in un momento anteriore a tale data. Peraltro, in atti non vi è alcun documento che dimostri l’effettiva presentazione della richiesta di opzione da parte del prof. -OSIS- nel mese di aprile o in quello di novembre del 2008;

II) neppure l’ulteriore missiva inviata dal docente all’Ordine dei Dottori Commercialisti, datata 18 giugno 2010, contiene alcuna informazione circa la data di formalizzazione dell’opzione per il tempo definito, mentre sarebbe stato interesse del docente fornire un’informazione di tal natura, al fine di dimostrare come il ritardo nella conclusione del procedimento fosse da attribuire alla responsabilità esclusiva dell’Ateneo (responsabilità poi sottolineata nel gravame).

L’appellante allega poi, a sostegno della tesi della presentazione da parte sua dell’istanza di opzione per il tempo definito nell’aprile del 2008, un modulo da lui compilato recante la predetta opzione, ma detto modulo è privo di data e dunque non è idoneo a dimostrare alcunché.

Per quanto concerne il certificato emesso dall’Università “ P ” il 6 settembre 2010, esso si limita ad attestare la pendenza, a quella data, della pratica per il passaggio del professore al regime a tempo definito, ma nulla dice sulla data di presentazione della relativa istanza, né dimostra in alcun modo che l’istanza fosse stata presentata nell’aprile o nel novembre del 2008.

Il punto richiede un approfondimento.

Nell’appello si afferma, tra l’altro, che il certificato emesso in data 6 settembre 2010 dall’Università “ P ” conterrebbe l’attestazione “ che, a far data dal 12 gennaio 2005, risultava che il prof. -OSIS- avesse presentato opzione per il tempo definito ”: tale affermazione, tuttavia, è frutto di un palese equivoco.

In realtà detto certificato non attesta per nulla che l’istanza di opzione fosse stata presentata a far data dal 12 gennaio 2005, ma attesta una cosa del tutto diversa e cioè che il prof. -OSIS-, professore di I^ fascia in servizio presso la Facoltà di Economia per il S.S.D. SECS-P/08 (Economia e Gestione delle Imprese) “ a far data dal 12/01/2005 ”, ha presentato richiesta di opzione per il tempo definito.

In altri termini, nel certificato l’espressione “ a far data dal 12/01/ 2005 ” è riferita alla data della presa di servizio dell’appellante quale professore (straordinario) di I^ fascia e non certo – come egli mostra di credere nel gravame – alla data della presentazione, da parte sua, della richiesta di opzione per il tempo definito. La presenza, nel testo del certificato, di una virgola che separa l’espressione “ a far data dal 12/01/2005 ” dalla successiva frase “ ha presentato richiesta di opzione .….” non consente di nutrire dubbi in proposito, spazzando via ogni equivoco e dimostrando nel contempo la pretestuosità dell’assunto dell’appellante.

Non rileva che l’istanza richiamata dall’Università, quella del 5 novembre 2010, riguardi in realtà l’adesione del docente al regime di collocamento a riposo fino al settantesimo anno di età ex art. 1, commi 17 e 19, della l. n. 230/2005 e sia perciò – come si lamenta nell’appello – inidonea a produrre gli effetti giuridici dell’assegnazione al regime a tempo definito: va ribadito, infatti, che non vi sono in atti elementi che dimostrino la pendenza del procedimento di passaggio al tempo definito in epoca anteriore al 6 settembre 2010, l’unica prova addotta al riguardo dal docente – l’avere egli utilizzato modulistica conforme a quella reperibile sul sito web dell’Ateneo fino al 15 marzo 2010 – essendo assai poco significativa.

Va peraltro evidenziato che lo stesso certificato emesso dall’Università “ P ” il 6 settembre 2010, invocato dall’appellante, collega la richiesta dell’opzione per il regime a tempo definito alla disciplina dell’art. 1, commi 17 e 19, della l. n. 230/2005: il che spiega, a ben vedere, perché l’Ateneo abbia considerato l’istanza del 5 novembre 2010 come l’atto del professore contenente l’opzione per il tempo definito, facendo decorrere da questa il termine di sei mesi ex art. 11, secondo comma, del d.P.R. n. 382/1980 (v. subito infra ).

In definitiva, poiché l’appellante non ha fornito alcun idoneo supporto probatorio alle proprie tesi, si deve concludere per la legittimità della decisione dell’Università di far decorrere l’inquadramento del professore nel regime a tempo definito dal 1° novembre 2011, in coincidenza con l’inizio del nuovo anno accademico. Tale decisione è conforme all’art. 11, secondo comma, del d.P.R. n. 382/1980, a tenor del quale l’opzione tra regime a tempo pieno ed a tempo definito “ va esercitata con domanda da presentare al rettore almeno sei mesi prima dell’inizio di ogni anno accademico ”: infatti, è chiaro che, prendendo a riferimento la data del certificato ora citato (6 settembre 2010), la prima data utile per far decorrere l’opzione, ai sensi dell’art. 11, secondo comma, cit., è quella dell’inizio dell’anno accademico successivo (2011/2012), cioè il 1° novembre 2011. Tale conclusione si impone a fortiori ove si prenda a riferimento l’istanza del 5 novembre 2010, come fatto dall’Ateneo.

Ancora, è infondato il quarto motivo di appello, non rinvenendosi nella fattispecie le irregolarità, le imperizie ed i gravi inadempimenti che il docente pretende di addebitare all’Ateneo e che avrebbero, a suo dire, reso non solo opportuno, ma addirittura doveroso l’intervento in autotutela da lui invano richiesto.

In particolare, del tutto inesistente è l’antinomia lamentata dal prof. -OSIS- tra il D.R. n. 535 del 30 ottobre 2004 (che lo inquadra come professore a tempo definito per il biennio 2004/2006) e il D.R. n. 13 del 12 gennaio 2005 (che lo inquadra come professore a tempo pieno per il biennio 2005/2007), in quanto, come già si è sottolineato, nel primo caso si tratta dell’inquadramento quale professore di II^ fascia, conseguente al trasferimento dall’Università del Molise, nel secondo caso si tratta, invece, dell’inquadramento come professore straordinario di I^ fascia.

Il fatto che l’Ateneo non abbia comunicato con tempestività all’Ordine dei Dottori Commercialisti la posizione di docente a tempo pieno dell’odierno appellante nulla toglie alla condotta di costui e, in specie, all’adesione espressa per il regime a tempo pieno nei moduli da lui compilati, sottoscritti ed inviati il 13 gennaio 2005. Che terzi soggetti, confidando nel perdurante inserimento del nominativo del prof. -OSIS- nell’elenco, tenuto dall’Ordine, degli esercenti l’attività professionale, gli abbiano affidato incarichi professionali e si siano avvalsi delle sue prestazioni, è imputabile, a ben vedere, a difetto di diligenza del professionista stesso, il quale, consapevole dell’opzione da lui espressa nelle dichiarazioni contenute nei moduli sopra citati, avrebbe dovuto astenersi dall’assumere gli incarichi o, quantomeno, effettuare le necessarie verifiche prima di assumerli.

Contrariamente a quanto si sostiene nell’appello, inoltre, nel caso ora in esame non sono ravvisabili sopravvenienze tali da giustificare l’intervento in autotutela della P.A. (mediante provvedimento di revoca ex art. 21- quinquies della l. n. 241/1990).

La disponibilità del docente a restituire i compensi indebitamente percepiti, se può rilevare sotto il profilo disciplinare come elemento di contemperamento della misura sanzionatoria da adottare, non rileva, invece, ai fini che qui interessano, non avendo nulla a che vedere con la circostanza che sia il D.R. n. 13/2005, sia il D.R. n. 348/2008 hanno inquadrato il docente con regime a tempo pieno sulla base, come visto più sopra, della scelta da lui effettuata. Si è già detto, anzi, che la stessa sentenza del T.A.R. Campania – Napoli, Sez. II, n. -OSIS-, che ha accolto il ricorso del prof. -OSIS- contro la sanzione della sospensione per un anno, ha ricondotto l’assoggettamento del docente al regime di impegno a tempo pieno all’opzione da lui compiuta.

Né hanno alcun valore, sotto il profilo delle sopravvenienze ex art. 21- quinquies cit., gli sviluppi del giudizio innanzi alla Corte dei conti, conclusosi con sentenza della Sezione Giurisdizionale Centrale di Appello n. 65/2017 del 2 marzo 2017, che, riformando la pronuncia di primo grado, ha riconosciuto l’insussistenza a carico del docente di profili di responsabilità e di danno erariale. Si tratta, infatti, con ogni evidenza, di sviluppi posteriori all’adozione (nel febbraio del 2015) del diniego di autotutela impugnato, i quali perciò, in base al principio tempus regit actum , non possono incidere sulla sua legittimità.

Per costante giurisprudenza, infatti, nei giudizi di impugnazione la legittimità dell’atto impugnato va valutata con riguardo esclusivo alla situazione di fatto e di diritto esistente nel momento in cui esso fu emanato, restando irrilevanti le eventuali sopravvenienze, secondo il principio tempus regit actum (cfr. Corte cost., ord.13 aprile 2018, n. 76 e sent. 22 maggio 2013, n. 90;
C.d.S., Sez. IV, 6 giugno 2022, n. 4587;
id. 3 giugno 2021 n. 4246;
Sez. V, 12 maggio 2016, n. 1900;
Sez. III, 27 aprile 2015, n. 2154;
id., 15 maggio 2012, n. 2801).

Per la medesima ragione, è altresì infondato il quinto motivo di appello, che si basa su un preteso contrasto tra il diniego gravato e la sentenza appellata, da un lato, e la pronuncia dei giudici contabili, dall’altro, senza tenere conto della posteriorità di tale pronuncia rispetto al diniego di autotutela. Non si comprende, quindi, come il T.A.R. avrebbe potuto tenere conto del giudizio della Corte in sede di valutazione della legittimità del diniego e ciò, in disparte la circostanza che – come ben sottolinea la sentenza di prime cure – i giudici contabili hanno accertato la mancanza in capo al prof. -OSIS- della colpa grave, ma non della colpa semplice.

Da ultimo, per quanto detto in premessa è infondato il sesto motivo di appello, non sussistendo un nesso di pregiudizialità rispetto al presente contenzioso del giudizio per querela di falso proposto dal docente avverso i decreti rettorali del 2005 e del 2008.

In conclusione, l’appello è nel suo complesso infondato, attesa l’infondatezza di tutti i motivi con lo stesso proposti, e deve, per conseguenza, essere respinto, meritando la sentenza impugnata di essere confermata.

Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di appello, in virtù della complessità delle questioni affrontate.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi