Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-08-27, n. 201404372
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N. 04372/2014REG.PROV.COLL.
N. 08657/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8657 del 2013, proposto dalla s.p.a. Fastweb, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avvocato A G, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Borghese, n. 3;
contro
La s.p.a. Telecom Italia, in persona del legale rappresentante, in proprio e quale mandataria del Raggruppamento temporaneo di imprese, rappresentato e difeso dall'avvocato A R, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato R F in Roma, corso Vittorio Emanuele n. 18;
Technomind S.p.a.-Sirti S.p.a. non costituita;
Soc. International Trading Device S.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanni Leone, con domicilio eletto presso il signor Paolo Leone in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;
nei confronti di
Regione Campania, non costituita;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE III, n. 5965/2013 e del dispositivo di sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE III n. 5367/2013, resa tra le parti, concernente l’affidamento del servizio di gestione e di manutenzione delle reti telematiche e dei sistemi di elaborazione del sistema informatico regionale della Giunta Regionale della Campania;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della s.p.a. Telecom Italia, in proprio e quale mandataria R.t.i. e della s.r.l. International Trading Device;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 aprile 2014 il Cons. L M T e uditi per le parti gli avvocati Guarino, Rallo e Leone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L’odierna controversia trae origine dal ricorso proposto al TAR per la Campania dalla s.p.a. Telecom Italia, in proprio e nella qualità di mandataria del RTI Telecom Italia s.p.a. Technomind s.p.a. — Sirti s.p.a. Quest’ultimo raggruppamento aveva partecipato alla procedura aperta pubblicata sulla G.U.U.E. n. 132 del 12 luglio 2012, per l'affidamento del servizio di gestione e manutenzione delle reti telematiche e dei sistemi di elaborazione del sistema informatico regionale della Giunta Regionale della Campania, collocandosi al secondo posto.
2. Il primo Giudice, ritenendo fondato il motivo di ricorso con il quale la società ricorrente principale poneva in luce l’oggettiva insufficienza del contratto di avvalimento con la società ausiliaria Tecnonet e quello con il quale evidenziava l’incompletezza e incongruità dell’offerta dell’aggiudicataria in relazione ai costi per il personale, annullava gli atti impugnati con il ricorso principale.
Al contrario, il TAR riteneva infondato il ricorso incidentale, non rilevando alcuna violazione dell’art. 38, d.lgs. 163 del 2006 da parte della ricorrente principale.
3. L’originaria controinteressata ha proposto appello dapprima avverso il dispositivo del TAR Campania indicato in epigrafe, quindi contro la motivazione. Trattandosi di un unico appello costituito da una fattispecie a formazione progressiva, come chiarito dalla sentenza n. 8 del 2014 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, deve darsi conto di entrambi.
3.1. Con il primo gravame l’appellante principale sottolinea che:
a) Cisco e Juniper non sono enti certificatori, bensì, produttori di apparecchiature, sicché la certificazione Cisco, come quella di Juniper, è l’attestazione di un privato circa il possesso di determinati requisiti tecnici. Pertanto, sarebbe errato ritenere che le stesse non possano formare oggetto di avvalimento. L’art. 6.1. del disciplinare non potrebbe contenere l’elenco tassativo dei requisiti per i quali si può utilizzare l’avvalimento, che è invece istituto di carattere generale, sempre utilizzabile con il solo limite dei requisiti di onorabilità. Congruo sarebbe il corrispettivo perché a Fastweb servirebbero unicamente le ‘credenziali informatiche’ di Tecnonet, ed inoltre il contratto rispetterebbe l’accordo quadro tra le due società che già prevedrebbe un corrispettivo rispetto al quale quello indicato sarebbe solo aggiuntivo;
b) adeguate sarebbero le referenze di esperienza pregressa depositate da SELCOM, atteso che quanto all’importo sarebbe irrilevante il contratto con Circumvesuviana, mentre il contratto stipulato con il Comune di Volla avrebbe ad oggetto l’installazione e la manutenzione del servizio di video vigilanza, comunque gestito da un computer, quindi potrebbe essere pienamente utilizzato;
c) corretta e congrua sarebbe l’indicazione dei costi per il personale;
d) i contenuti dell’offerta tecnica sarebbero diversi da quelli che la commissione ha ritenuto esistenti;
e) l’originaria ricorrente sarebbe dovuta essere esclusa, per non avere reso le dichiarazioni ai sensi dell’art. 38, d.lgs. 163 del 2006:
e1) l’ing. O e l’ing. C, in quanto direttori tecnici di Telecom;
e2) gli amministratori di I.T.D., cessionaria del ramo di azienda della Technomind;
e3) il Sig. Benito B, nella qualità di Presidente del consiglio di amministrazione della Progetto Grano socio unico della Technomind, dovendo ritenersi che l’art. 38, comma 1, lett. c) d.lgs. 163 del 2006, debba applicarsi anche nel caso in cui il socio unico sia una persona giuridica, poiché diversamente opinando si dovrebbe ritenere questa previsione incostituzionale per violazione dell’art. 3 cost.;
e4) il dott. Andrea Balzarini, presidente del consiglio di amministrazione della SAIAT incorporata da Telecom in data 1° agosto 2012, mentre le misure di dissociazione adottate dalla Technomind nei confronti del sig. Riccardo B non sarebbero sufficienti. Inoltre, l’offerta Telecom contrasterebbe con i limiti massimi di ricorso al lavoro straordinario ex l. 183/2010. Gli oneri di sicurezza, infine, indicati da Telecom non sarebbero congrui.
3.2. Con l’appello avverso la motivazione della sentenza indicata in epigrafe, la s.p.a. Fastweb sostiene l’erroneità della pronuncia di prime cure, evidenziando che:
a) il TAR avrebbe non condivisibilmente avuto un approccio formale, mentre avrebbe dovuto dare spazio ad un approccio di tipo sostanziale, nel valutare il rapporto di avvalimento tra Fastweb e Tecnonet, ritenendo che non si possa tenere conto dell’accordo quadro intercorrente tra le due società, perché non esibito alla stazione appaltante. Se avesse scelto la seconda corretta soluzione, il TAR non avrebbe potuto concludere per la non adeguatezza del corrispettivo di 1.000,00 euro indicato dall’odierna appellante. Del resto, l’art. 88, d.P.R. n. 207 del 2010 non indicherebbe il corrispettivo tra gli elementi necessari per assicurare la serietà ed adeguatezza del contratto di avvalimento. Inoltre, contraddittoria sarebbe la pronuncia, laddove, pur escludendo che il contratto di avvalimento abbia natura giuridica di contratto di garanzia, avrebbe poi affermato che la mancata produzione del suddetto accordo quadro non contribuirebbe alla garanzia offerta alla stazione appaltante, mentre la garanzia offerta a quest’ultima dovrebbe rinvenirsi nella responsabilità solidale che grava sull’offerente e sull’impresa ausiliaria. Dell’accordo quadro il primo giudice avrebbe dovuto comunque tenere conto stante il collegamento negoziale che lo lega al contratto di avvalimento. Non potrebbe, inoltre, essere condivisa la conclusione del giudice di primo grado, laddove sostiene che Tecnonet - in quanto impresa che dispone delle certificazioni Cisco e Juniper - debba necessariamente eseguire essa stessa le operazioni di gestione, manutenzione e sviluppo reti, come se le certificazioni aziendali abbiano natura di qualificazioni tecniche e non piuttosto di partnership commerciale. La certificazione in questione, infatti, dà accesso al servizio di consulenza e di assistenza di Cisco e Juniper ai tecnici in possesso della certificazione individuale, sicché le capacità tecniche discendono dalla certificazione individuale, mentre la certificazione aziendale consente unicamente di avere a disposizione le chiavi di accesso ai sistemi Cisco Sistem e Juniper Network;
b) non sarebbero condivisibili le conclusioni raggiunte dal primo giudice in ordine alla congruità dell’offerta in relazione al costo del personale, considerato che lo stesso sarebbe stato ripartito in due macrovoci, quella del “costo del personale”, che terrebbe conto del personale mantenuto costantemente in forza alla commessa e della macrovoce “servizi di assistenza e manutenzione”, normalmente impiegato in altre commesse e che all’occorrenza sarebbe stato attribuito a quella oggetto di gara, trattandosi di personale che interverrebbe in caso di guasti o malfunzionamenti o in sostituzione del personale adibito in modo fisso.
Questa suddivisione corrisponderebbe a quella tra costi fissi e costi variabili. Una simile strutturazione sarebbe stata giudicata dal TAR come contraria alle previsioni della lex specialis e tale da incidere sulla completezza e sulla congruità dell’offerta.
Questa affermazione, però, non potrebbe essere accolta in considerazione del fatto che il bando di gara non prevedrebbe alcuna disposizione vincolante circa l’utilizzo del personale a tempo pieno.
Ancora, le giustificazioni fornite dall’appellante sarebbero - secondo il giudice di prime cure -- non verificabili, tanto che l’offerta stessa si sarebbe dovuta ritenere inammissibile, perché inidonea a definire precisi impegni contrattuali, ma una censura sull’attendibilità dell’offerta non sarebbe mai stata proposta da alcuna delle concorrenti. In ogni caso le conclusioni alle quali giunge il primo giudice sarebbero erronee, perché le giustificazioni di una commessa che dovrà essere eseguita in futuro si fondano necessariamente su di una valutazione prognostica, che presenta necessariamente una connotazione soggettiva. Né sarebbe condivisibile la critica portata dal TAR, perché in questo modo si consentirebbe di ‘spalmare’ i costi su di una molteplicità di commesse, in quanto ogni concorrente disporrebbe di un monte ore di disponibilità del personale già adibito ad altre commesse ed il costo afferente ad una nuova commessa aggiuntiva del personale part time corrisponderebbe soltanto al numero di ore in cui esso verrà utilizzato per la nuova commessa. Tutto il costo eccedente derivante da altre commesse verrebbe infatti remunerato da quest’ultime.
La stessa valutazione dell’amministrazione appaltante in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta si sarebbe tradotta, secondo il TAR, in un’inammissibile richiesta di modificazione dell’offerta presentata in gara, ma questa conclusione sarebbe il risultato di un vero e proprio travisamento da parte del primo giudice.
Posto, infatti, che non sarebbe necessaria una motivazione analitica circa la decisione di accogliere le giustificazioni di congruità dell’offerta, anche nel caso in cui la stessa si ritenesse carente, presenterebbe un deficit non rilevante come nel caso in questione, nel quale l’impresa avrebbe dimostrato la congruità della propria offerta.
In ordine a quest’aspetto dovrebbe considerarsi che i conteggi formulati dalla ricorrente per i servizi NOC e SIS sarebbero sbagliati, fondando sulla tariffa giornaliera indicata in offerta, quindi sui prezzi e non sui costi. Inoltre, sommando i costi e i ricavi complessivi dei tre servizi SPOC, SIS e NOC, potrebbe constatarsi che la commessa sarebbe in grado di generare un margine largamente positivo di profitto. Al riguardo, le giustificazioni sarebbero incompatibili con l’offerta soltanto se quest’ultima avesse indicato che la copertura dei turni sarebbe avvenuta con personale impiegato a tempo pieno o per un numero di giorni o ore superiore a quello contemplato dalle giustificazioni;
c) quanto al rapporto tra il ricorso principale e il ricorso incidentale, il TAR erroneamente avrebbe ritenuto che il secondo non possa mai essere esaminato per primo. Questo convincimento sarebbe erroneo anche alla luce della sentenza della Corte di Giustizia, 4 luglio 2013, in C-100/12.
Pertanto, in ragione del ‘difetto di simmetria’ tra i motivi del ricorso incidentale e i motivi del ricorso principali, i primi dovrebbero essere esaminati prioritariamente, al fine di appurare la sussistenza della legittimazione a ricorrere della ricorrente principale, sicché, il TAR avrebbe dovuto esaminare prioritariamente il motivo già enunciato supra al punto 3.1. in ordine alla violazione dell’art. 38, d.lgs. 163 del 2006, ed accoglierlo.
Sotto questo profilo, non sarebbe condivisibile quanto argomentato nella pronuncia gravata, circa i valori tutelati dal citato art. 38, quanto all’assetto societario e decisionale di Technomind, ed alle misura di dissociazione da quest’ultima poste in essere, quanto alla sussistenza di un obbligo dichiarativo anche in capo al legale rappresentante del socio unico persona giuridica, nella fattispecie al legale rappresentante della Progetto Grano, socio unico di Technomind.
Diversamente opinando, infatti, la norma sarebbe incostituzionale per irragionevolezza. Né rileverebbe l’assenza nel bando di gara di un simile obbligo, dovendosi applicare l’insegnamento della pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 12 del 2012.
Ancora erronea sarebbe la pronuncia gravata, laddove non ha rilevato la violazione dell’art. 38, d.lgs. 163 del 2006, ritenendo sufficiente la comunicazione in data 14 gennaio 2013 di avvenuta cessione del ramo d’azienda a favore della ITD da parte della Technomind.
Del pari erronea sarebbe la sentenza impugnata, nella parte in cui non ha rilevato la violazione dell’art. 38, d.lgs. 163 del 2006, non avendo gli amministratori della SAIAT, incorporata dalla Telecom, reso le necessarie dichiarazioni, in contrasto con quanto statuito dalle sentenze n. 10 del 2012 e n. 21 del 2012 dell’Adunanza Plenaria.
In un ulteriore errore sarebbe incorso il TAR nel ritenere che l’ing. O non dovesse rendere le dichiarazioni di cui al citato art. 38, perché mero funzionario e non direttore tecnico.
Del pari sarebbe stata violata la stessa norma poiché, a seguito della nomina a direttore tecnico dell’ing. C, lo stesso non avrebbe reso le necessarie dichiarazioni, non risultando convincente l’argomentazione del TAR secondo la quale, poiché la nomina sarebbe avvenuta in corso di gara, un simile obbligo scatterebbe solo al momento della stipula del contratto;
d) ulteriore motivo di esclusione dell’originaria ricorrente principale risiederebbe nell’erronea stima degli oneri di sicurezza, stimati in soli 3.500,00 euro, non rispondendo al vero che i beni contenuti nella tabella presente nel ricorso incidentale siano a carico dell’amministrazione e che la censura stessa sia generica;
e) erronea sarebbe la sentenza gravata, laddove non avrebbe rilevato che l’offerta del RTI Telecom superebbe i tetti massimi di lavoro straordinario consentiti dalla l. n. 183 del 2010, non considerando che le ore di straordinario necessarie per coprire le 4 ore giornaliere residue rispetto a ciascuna delle sette unità dichiarate da Telecom, pari a 142,85 ore annue e quelle pari a 165 ore annue per coprire le assenze per ferie e malattie, vanno sommate;
f) non corretta sarebbe l’attribuzione relativa al punteggio tecnico attribuito per la voce relativa al personale.
4. Costituitasi in giudizio, l’originaria controinteressata chiede la conferma della sentenza impugnata, evidenziando tra l’altro che il punto 4.2., pag. 16, del capitolato speciale richiederebbe la qualificazione Cisco e Juniper sia per l’azienda che per il personale NOC ( network operations center ).
4.1. Con appello incidentale, la s.p.a. Telecom Italia. censura la sentenza di prime cure:
a) nella parte in cui avrebbe erroneamente ritenuto che a fronte di una lex specialis , non impugnata dall’originaria controinteressata, quest’ultima potesse dimostrare con avvalimento il possesso dei requisiti aziendali personali e non trasmissibili;
b) laddove avrebbe non correttamente concluso che ai fini della qualificazione Selcom per servizio analogo sarebbe irrilevante che la quota residua per l’altro servizio fosse sufficiente ai fini della qualificazione, perché un simile giudizio di merito si sarebbe dovuto rimettere alla stazione appaltante.
5. Costituitasi in giudizio, l’appellata s.r.l. International Trading Device chiede la conferma dell’impugnata sentenza, opponendo alle argomentazioni dell’appellante principale che:
a) l’accordo quadro tra Fastweb e Tecnonet non sarebbe stata depositato al momento della domanda di partecipazione e quindi non sarebbe potuto essere valutato dalla stazione appaltante, ed inoltre non avrebbe data certa e non verrebbe menzionato nel contratto di avvalimento. La tesi volta a giustificare l’esiguità dell’importo, in violazione dell’art. 88 d.P.R. n. 207 del 2010, da parte di Fastweb, affermando di avere il personale specializzato, sarebbe smentito dalla circostanza che nel contratto di avvalimento Tecnonet assumerebbe un simile obbligo.
Inammissibile sarebbe il deposito dei documenti in sede di appello da parte di Fastweb per violazione 104, comma 2, c.p.a.
Inoltre, l’accordo quadro prevedrebbe un corrispettivo fisso mensile più uno variabile in base agli interventi effettuati, che non potrebbero non rientrare nell’offerta.
L’offerta di Fatsweb doveva comunque essere esclusa, perché la stessa non avrebbe posseduto quei requisiti soggettivi rappresentati dalla certificazioni Cisco e Juniper, che sarebbero intrasmissibili;b) circa le valutazioni di congruità dei giustificativi forniti in relazione al costo del personale, in sede di giustificazione dell’anomalia dell’offerta quest’ultima l’avrebbe rimodulata, come si evincerebbe dal verbale n. 31 del 2013 della commissione, dalla risposta del 31 maggio 2013 di Fastweb e dal verbale n. 32 del 2013 in cui si sarebbero accettate le giustificazioni di Fastweb con mere formule di rito. Quest’ultima, non potendo modificare l’offerta economica relativamente al costo del personale, avrebbe imputato i maggiori costi, ritenendoli assorbiti nella voce di offerta riguardante i servizi di “assistenza e manutenzione”. Vi sarebbe stato un indebito soccorso istruttorio in sede di verifica dell’anomalia;
c) non vi sarebbe interesse alla questione relativa al rapporto intercorrente tra il ricorso incidentale e quello principale, visto che è stato accolto il secondo e respinto il primo;
d) quanto alle misure di dissociazione da parte di Technomind dalla condotta del sig. Riccardo B, lo stesso si sarebbe dimesso dal ruolo di amministratore delegato e di consigliere di amministrazione ed in data 21 dicembre 2010 gli sarebbero stati revocati i poteri di direttore generale, inoltre non sarebbe più socio di maggioranza. Inoltre, pur essendo trascorso l’anno indicato dall’art. 38, d.lgs. 163 del 2006, pur non essendovi obbligata Technomind avrebbe comunque prodotto la dichiarazione. Quanto alla sua quota in Progetto Grano sarebbe solo del 20%;
e) il signor Benito B, nella qualità di presidente del c.d.a. di Progetto Grano, socio unico di Technomind, non avrebbe dovuto presentare la dichiarazione, perché legale rappresentante della società e non socio unico di Technomind o socio titolare di una quota maggiore del 50%. Inoltre, ove si fosse ritenuto esistente un simile obbligo, l’amministrazione avrebbe dovuto fare ricorso al potere di soccorso istruttorio;
f) non esisterebbero obblighi che impongono alla cessionaria di azienda di comunicare alla stazione appaltante la cessione dopo la presentazione dell’offerta.
6. Con successiva memoria, l’appellante principale ribadisce le proprie conclusioni sulla base dei seguenti motivi:
a) in coerenza con i principi enunciati dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 9 del 2014, le censure formulate dai ricorrenti principali atterrebbero alla seconda ed alla terza categoria, così come quelle del ricorso incidentale di Fastweb, quindi andrebbero esaminate congiuntamente;
b) Telecom avrebbe proposto in primo grado una censura con il terzo motivo di ricorso - come anche I.T.D. - inerente la mancata verificazione da parte della commissione di gara circa l’appartenenza del personale dipendente al R.t.i. Fastweb ovvero il rispetto del limite del 30%. Il TAR non si sarebbe pronunciato su questa censura, mentre I.T.D. l’avrebbe abbandonata, Telecom la riproporrebbe senza però offrire elementi dai quali desumere che una simile contingenza si sarebbe verificata, quindi il motivo sarebbe inammissibile per la sua genericità.
L’appellante principale, peraltro, avrebbe più di 2.500 dipendenti, sicché la scelta del subappalto deriverebbe solo da convenienza economica;
c) quanto alla censura relativa al costo del personale, Fastweb avrebbe individuato due macrovoci: il costo del personale e i servizi di assistenza e di manutenzione. Nella prima sarebbero stati inclusi i costi del personale a tempo pieno, nella seconda i costi del personale normalmente adibito ad altre commesse, secondo una ripartizione che risponderebbe alla distinzione tra costi fissi e variabili e che non inciderebbe sul contenuto dell’offerta. I.T.D. sosterrebbe al riguardo l’assenza di una simile voce nell’offerta, ma ciò sarebbe irrilevante, perché in questo modo Fastweb non avrebbe comunque occultato una voce di costo.
Inoltre, in sede di giustificazioni il concorrente non sarebbe vincolato al rispetto del formato dell’offerta. Telecom, invece, sosterrebbe che nella propria offerta tecnica Fastweb non avrebbe indicato alcuna limitazione di orario con riguardo alle “figure professionali”, per le quali invece in sede di giustificazioni preciserebbe che sarebbero adibite solo per una parte del loro orario di lavoro. Anche questa critica sarebbe infondata, perché Fastweb avrebbe sempre indicato quante risorse avrebbero assicurato la presenza per il periodo indicato, quindi la mancata menzione nell’offerta tecnica dell’impiego a tempo parziale di una determinata figura professionale non darebbe indicazioni né in un senso né in un altro.
La seconda conclusione è che non si avrebbe alcuna simmetria tra la figura professionale e la risorsa umana. Inoltre erronea sarebbe la sentenza nella parte in cui il TAR non si sarebbe reso conto che qualunque giustificazione di congruità dell’offerta sarebbe fondata su di una valutazione prognostica soggettiva;
d) ulteriore errore del primo giudice andrebbe individuato in quella parte della sentenza gravata secondo la quale l’appellante avrebbe presentato un’offerta che non chiarirebbe gli impegni assunti in relazione al costo del personale. In realtà il costo del personale non sarebbe un elemento dell’offerta, perché oggetto del contratto sarebbe la prestazione del servizio assicurando il dimensionamento del personale, perché per la stazione appaltante sarebbe irrilevante se il servizio è assicurato dalle stesse 14 persone o facendo ruotare un numero maggiore di persone.
Al contrario, Fastweb avrebbe constatato che l’offerta Telecom supererebbe il monte di 250 ore consentito per il lavoro straordinario in violazione della l. 183 del 2010. Il TAR non si sarebbe reso conto che i conteggi proposti da Telecom per sostenere che tale limite non sia stato superato non sono attendibili, perché Telecom affermerebbe di aver offerto per il servizio SIS 7 unità, e specificherebbe che il presidio sarebbe assicurato da 5 unità. Il presidio verrebbe offerto per 12 ore al giorno, il che comporterebbe che per la prestazione offerta occorrerebbero 60 ore giornaliere, mentre il monte ore disponibile sarebbe di 56 ore. Si dovrebbe, quindi, ricorrere a 4 ore di straordinario, che per 253 giornate lavorative comporterebbe un monte orario di straordinario complessivo di 1,012 ore, quindi 144 ore e 30 minuti a persona, ma se si facesse il calcolo, considerando le ferie che sarebbero di almeno 15 giorni all’anno, sarebbe necessario ricorrere per ogni lavoratore ad almeno altre 120 ore all’anno con il superamento del limite de quo .
Inoltre il capitolato speciale richiederebbe che il servizio sia svolto rispetto ai 253 giorni per altri 10 giorni, il che farebbe aumentare di ulteriori 68 ore e 30 minuti annui a persona l’orario di lavoro straordinario;
e) le certificazioni Cisco e Juniper non sarebbero ‘certificazioni di qualità’, ma mere partnership commerciali, che si otterrebbero sulla base di un cero fatturato, e comporterebbero un servizio di assistenza on line . Quindi, l’avvalimento si risolverebbe nel mettere a disposizione di Fastweb una chiavetta ed una password , mentre Fastweb disporrebbe di singoli operatori dotati della qualificazione per i suddetti sistemi. Inoltre, l’avvalimento rientrerebbe all’interno di un più ampio accordo tra Fastweb e Tecnonet.
7. Nelle sue ultime difese, l’appellante principale precisa che l’attività di manutenzione sarebbe affidata ai singoli tecnici, che sono dipendenti di Fastweb, mentre Tecnonet si dovrebbe solo occupare di consentire a Fastweb di accedere al servizio on line e questo sarebbe il solo oggetto del contratto di avvalimento, limitato alla messa a disposizione della chiavetta e della password di accesso. Il servizio analogo di Selcom sarebbe adeguato perché supporrebbe l’utilizzo di un computer ed un sistema a rete.
Sulla carenza delle dichiarazioni del Sig. O, il deposito nel giudizio d’appello della procura speciale rilasciata allo stesso non violerebbe l’art. 104 c.p.a., perché Fastweb ne sarebbe venuta in possesso solo in seguito.
O ricoprirebbe la posizione apicale della divisione Technology di Telecom Italia. L’ordine di servizio n. 558 del 9 febbraio 2012 dell’amministratore delegato Telecom indicherebbe i dirigenti che sono alle sue dipendenze. Inoltre egli avrebbe procura speciale per concludere contratti nel limite di 25 milioni e senza limiti joint venture e di collaborazione commerciale tecnica e industriale. Quindi, dovrebbe qualificarsi come ‘direttore tecnico’, anche se ciò non risulta dal certificato camerale. La figura del direttore tecnico andrebbe individuata prescindendo da quanto dispone il comma 2 dell’art. 87 d.p.r. 207 del 2010, che rileverebbe solo per i lavori, mentre sarebbe irrilevante che dal certificato camerale risultino come direttori tecnici altri due.
Lo stesso dicasi per il signor B, condannato per dichiarazione fraudolenta mediante uso di fattura, fino ad un mese prima della pubblicazione del bando socio di maggioranza di Technomind mandante del R.t.i. Telecom, e nella stessa data la società viene acquistata dalla progetto Grano di cui è socio e consigliere di amministrazione il B.
Non si ravviserebbe, però, la necessaria dissociazione, perché attraverso la progetto Grano il signor B sarebbe in grado di influire sulla Technomind per i legami familiari e personali che vi sono tra gli azionisti della progetto Grano. Il signor B, infatti, è consigliere di amministrazione della progetto Grano ed ai sensi dell’art. 12 dello statuto della progetto Grano le delibere aventi ad oggetto la dismissione di partecipazioni, cessioni di rami d’azienda sarebbero subordinate all’85% del capitale sociale, mentre ciascuno dei soci ha il 20% del capitale sociale.
8. All’udienza del 29 aprile 2014, la causa veniva trattenuta in decisione, sia per la definizione del merito che per quella dell’incidente cautelare (a seguito del suo cd abbinamento al merito, disposto in precedenza).
DIRITTO
1. L’appello è infondato e va respinto.
2. Preliminarmente occorre rilevare che la sentenza di prime cure ha provveduto ad esaminare tutti i motivi esposti nel ricorso incidentale, ritenendoli infondati, mentre ha ritenuto fondato iil ricorso principale delle odierne appellate “ per l’assorbente fondatezza dei motivi inerenti l’inadeguata dimostrazione, da parte del raggruppamento vincitore, dell’effettività dell’avvalimento del requisito delle certificazioni “ad alto livello” di partnership per le tecnologie Cisco System e Juniper Networks, nonché della sostenibilità economica dei costi del personale, in relazione al ribasso proposto ”.
Rispetto alla statuizione del giudice di prime cure, il Collegio non rileva alcuna violazione dei principi espressi dalla pronuncia n. 9 del 2014 dell’Adunanza Plenaria, né di quelli formulati dalla sentenza della Corte di Giustizia, 4 luglio 2013, in C-100/2012.
Infatti, l’andamento del processo di prime cure ha salvaguardato il principio di parità delle parti del ricorrente incidentale, posto che tutti i suoi motivi sono stati esaminati.
Né sussiste un interesse giuridicamente rilevante all’ordine nel quale sono stati esaminati i motivi contenuti nel ricorso principale e nel ricorso incidentale da parte del ricorrente incidentale, nel caso in cui tutti i motivi da quest’ultimo proposti siano stati comunque esaminati.
Infatti, se a differenza di quanto fatto dal primo giudice, questi avesse esaminato, valutandoli infondati, i motivi di ricorso incidentale e solo in seguito avesse esaminato i motivi del ricorso principale, nessuna utilità avrebbe tratto l’odierno appellante principale dalla suddetta inversione.
3. In questa sede appare nondimeno opportuno ristabilire il corretto ordine di esame delle questioni, secondo le indicazioni offerte dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 9 del 2014, sicché è necessario esaminare dapprima le doglianze contenute nell’appello principale, con le quali viene censurata l’attività dell’amministrazione nella parte in cui essa non avrebbe rilevato la presenza di plurime ragioni per le quali escludere la ricorrente principale dalla procedura di gara per difetto dei requisiti soggettivi.
3.1. L’appellante principale ha contestato dedotto , in particolare, la presenza di plurime violazioni dell’art. 38, d.lgs. 163 del 2006.
3.1.1. Una prima doglianza concerne la mancata dichiarazione ai sensi del citato art. 38, da parte dell’ing. O, pur essendo quest’ultimo direttore tecnico della s.p.a. Telecom Italia, come si desumerebbe dalla procura speciale rilasciata allo stesso depositata in appello.
Sul punto può prescindersi dall’eccezione sollevata da Telecom Italia S.p.a. in ordine alla irrituale produzione documentale sopra indicata per contrasto con quanto disposto dall’art. 104 c.p.a., attesa la manifesta infondatezza della censura in esame.
Va in questa sede, infatti, rilevato che dal certificato camerale non risulta che l’ing. O sia in possesso della qualifica di direttore tecnico: la circostanza di rivestire la posizione apicale della divisione Technology di Telecom Italia non comporta l’attribuzione a quest’ultimo di una simile qualifica, considerato che la figura del " direttore tecnico " vale a richiamare anche la condizione di coloro che rivestano una posizione simile rispetto al settore operativo nel quale la commessa si iscrive, ma non anche tutti i preposti tecnici ai settori di attività implicate solo del tutto marginalmente (o per nulla) nell'attività esecutiva dell'appalto.
Infatti, secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza di questo Consiglio (Cons. St., Sez. V, 21 novembre 2011, n. 6136), il direttore tecnico tenuto a rilasciare la dichiarazione sostitutiva prevista dall'art. 38 D.L.vo 12 aprile 2006, n. 163, è colui che riveste tale posizione rispetto al settore operativo nel quale la commessa si iscrive, e non anche tutti i preposti tecnici ai settori di attività in qualsiasi modo implicate nell'attività esecutiva dell'appalto. Né una simile condizione si ricava dalla procura speciale rilasciata a suo favore.
3.1.2. Allo stesso modo non può essere accolta la doglianza relativa alla mancata dichiarazione da parte dell’ing. C, nominato direttore tecnico in data 21 febbraio 2013 in sostituzione di del signor Michele Riela, nella stessa data cessato dalla carica.
Infatti, incontestata la circostanza dell’inesistenza di cause di esclusione ex art. 38, d.lgs. 163 del 2006, in capo al signor C, non vi era l’obbligo per quest’ultimo di produrre la dichiarazione, se non prima che la stazione appaltante procedesse all’eventuale stipulazione del contratto, poiché il mutamento in questione si è determinato ‘a valle’ della fase procedimentale relativa alla presentazione delle offerte.
Ma una simile ipotesi non si è in concreto verificata, posto che la gara è risultata aggiudicata all’odierna appellante principale. In questo senso milita anche il dettato dell’art. 15 del disciplinare di gara.
3.1.3. Del pari, va respinta la doglianza con la quale l’appellante principale deduce l’erroneità della sentenza per non aver rilevato che la ricorrente principale di primo grado doveva essere esclusa, perché gli amministratori di I.T.D., cessionaria del ramo di azienda della Technomind, non avrebbero prodotto la dichiarazione ai sensi dell’art. 38, d.lgs. 163 del 2006.
Anche in questo caso deve rilevarsi, infatti, che si tratta di un mutamento soggettivo posto in essere all’indomani della data di scadenza per la presentazione delle offerte, sicché - a fronte della comunicazione della modifica soggettiva da parte della società I.T.D. cessionaria del ramo di azienda, in data 11 gennaio 2013 - non vi era un obbligo di depositare la dichiarazione ex art. 38, d.lgs. 163 del 2006, se non prima dell’eventuale stipulazione del contratto.
L’art. 51 del d.lgs. 163 del 2006, infatti, ha effettivamente inserito nel sistema di regolazione delle pubbliche gare, anche per l’influenza del diritto comunitario, un deciso ridimensionamento del principio dell’immodificabilità soggettiva della persona dell’offerente, per cui le cessioni di azienda o le trasformazioni, fusioni o scissioni di società non possono provocare esclusioni, se non per l’assenza nei nuovi soggetti di requisiti generali oppure speciali, oppure ancora di requisiti necessari in base ai criteri selettivi utilizzati dalla stazione appaltante.
3.1.4. Neppure può essere condivisa la critica portata alla sentenza di prime cure, che ha respinto la doglianza circa la mancata esclusione di Telecom Italia S.p.a. per la mancata dichiarazione ex art. 38, d.lgs. 163 del 2006 da parte degli amministratori dell’incorporata S.A.I.A.T.
Al riguardo, non è stato smentito dall’appellante principale il rilievo in fatto per cui il contratto di incorporazione risulta stipulato in data 18 ottobre 2012 per notar M in Milano (rep. n. 9318, racc. 4854), con effettiva decorrenza dal 1° novembre 2012, e dunque in data successiva al termine del 5 ottobre 2012, fissato per la presentazione delle domande di partecipazione alla gara.
Pertanto, a fronte del principio di diritto enunciato dalla pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 21 del 2012, secondo il quale “ l'art. 38 comma 2 D.L.vo n. 163 del 2006, sia prima che dopo l'entrata in vigore del decreto legge n. 70 del 2011, impone la presentazione di una dichiarazione sostitutiva completa, a pena di esclusione, e tale dichiarazione sostitutiva deve essere riferita, quanto all'art. 38 comma 1 lett. c), anche agli amministratori delle società che partecipano ad un procedimento di incorporazione o di fusione, nel limite temporale ivi indicato ”, deve ritenersi che l’amministrazione non avrebbe potuto comunque procedere all’esclusione dell’originaria ricorrente principale senza esercitare il dovere di soccorso istruttorio in ragione dell’assenza nella lex specialis di un simile obbligo, del recente affermarsi dell’orientamento di cui alla citata sentenza dell’Adunanza Plenaria pubblicata appena in data 7 giugno 2012.
In questo senso, infatti, deve farsi applicazione anche delle indicazioni contenute nella sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 9 del 2014, che - in assenza di una previsione chiara che comporti l’esclusione del concorrente - onerano la stazione appaltante di emanare atti in attuazione del principio sul ‘soccorso istruttorio’.
Inoltre, va rilevato come non vi sia la prova dell’assenza del requisito in questione da parte dei suddetti amministratori, sicché la censura in questione va disattesa.
3.1.5. Ulteriore difetto dei requisiti soggettivi vi sarebbe in capo alla mandante Technomind -cui subentrava I.T.F.-, del R.t.i. ricorrente principale in primo grado, non avendo il presidente e legale rappresentante della Progetto Grano S.p.a. - socio giuridico unico della Techomind - resa la dichiarazione ex art. 38, d.lgs. 163 del 2006.
LLa censura non è stata accolta dal TAR, sulla base dell’assenza del dedotto intento elusivo della disciplina dettata in tema di requisiti generali dal codice dei contratti pubblici.
In seconde cure, l’appellante estende la sua critica anche ad una possibile illegittimità costituzionale del citato art. 38 per violazione del principio di ragionevolezza, laddove si dovesse ritenere che un simile obbligo gravi soltanto sul socio unico persona fisica e non, invece, sul legale rappresentante del socio unico persona giuridica.
La critica alla ricostruzione offerta dal primo giudice, come la paventata illegittimità costituzionale fondano su tesi non condivisibili. Come chiarito dalla pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 24 del 2013, scopo della norma è consentire che le stazioni appaltanti possano verificare l'affidabilità morale delle società concorrenti. Pertanto, è facilmente comprensibile come un simile obbligo ricada sul socio unico persona fisica, essendo questi in grado di esercitare una influenza effettiva sulla gestione della società. La stessa disposizione si ispira, altresì, al principio della tassatività e di tipizzazione delle cause di esclusione, posto con l'art. 46, comma 1 bis, d.lgs. 163 del 2006.
Pertanto, se pure si dovesse accedere all’interpretazione più estensiva indicata dall’appellante principale, non c’è dubbio che sarebbe spettato all’amministrazione aggiudicatrice - in assenza di un chiaro obbligo discendente dalla legge o dalla lex specialis - richiedere una simile integrazione al concorrente.
Ne consegue che l’odierna censura si sarebbe al più potuta far valere in caso di assenza del requisito in questione, che non appare, però, in questa sede dimostrato, al pari del paventato intento elusivo.
A tal fine difetta di rilevanza la questione di legittimità costituzionale proposta, ed in ogni caso la stessa appare anche manifestamente infondata posto che non appare in alcun modo equiparabile la posizione del socio unico persona fisica a quella del legale rappresentante di socio unico persona giuridica, restando indimostrato che la gestione effettiva sia traslata dagli amministratori e legali rappresentati della mandante agli amministratori e legali rappresentanti del socio unico persona giuridica.
Tale principio si desume anche dalla richiamata sentenza n. 24 del 2013 dell’Adunanza Plenaria, che ha indicato quale criterio risolutore della questione relativa al socio di maggioranza quello dell’idoneità del socio ad influenzare, in termini decisivi e ineludibili, le decisioni societarie.
Questa ipotesi nel caso in esame non è né in astratto, né in concreto individuabile.
3.1.6. Va respinta anche l’ultima doglianza relativa all’erroneità della sentenza per il mancato accertamento delle insufficienti le misure di dissociazione attuate dalla società mandante Technomind riguardo al sig. Riccardo B.
Questi rendeva la dichiarazione ex art. 38, d.lgs. 163 del 2006, in qualità di socio di maggioranza della mandante Technomind sino al 25 giugno 2012, risultando aver riportato la sentenza di condanna ex 444 c.p.p. per il reato di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti).
Il primo giudice - con una ricostruzione in fatto non contestata - poneva in luce che la nomina del sig Ruggero B ad amministratore unico della Technomind s.p.a. risaliva al 19 novembre 2008, ossia a circa quattro anni prima della pubblicazione del bando di gara da parte della Regione Campania (10 luglio 2012) e il sig. Riccardo B aveva rassegnato le dimissioni da consigliere d'amministrazione ed amministratore unico della Technomind già nell'assemblea del 19 novembre 2008, a seguito della sentenza del Tribunale di Milano n. 1937 del 15 ottobre 2008.
In data 21 dicembre 2010 la Technomind aveva inoltre revocato al signor Riccardo B i poteri di direttore generale, con ciò pervenendo a una dissociazione piena e totale.
Inoltre quest’ultimo aveva ceduto le sue azioni in data 25 giugno 2012.
A fronte di questi accadimenti, il TAR ha attribuito rilievo al principio di proporzionalità ed ha ravvisato la sussistenza di idonee misure di dissociazione, in ragione del fatto che:
a) il potere di gestione della società Technomind è affidato al fratello del signor B;
b) il 25 giugno 2012 la società Technomind è stata acquistata dalla Progetto Grano s.p.a. nella quale il signor Riccardo B riveste la qualifica di consigliere di amministrazione e di proprietario e la cui gestione sarebbe riconducibile al nucleo famigliare del medesimo B, proprietario della Progetto Grano per il 20%.
In questa sede deve rammentarsi come la prova dell’avvenuta dissociazione da una condotta penalmente sanzionata di un amministratore cessato dalla carica deve risultare da una tempestiva e inequivoca dichiarazione e va apprezzata in concreto in ragione della condotta penalmente rilevante posta in essere dall’amministratore e dalla possibilità di quest’ultimo di incidere sull’effettiva gestione del concorrente. Sotto questo profilo, a fronte della natura del reato commesso e della progressiva fuoriuscita dalla gestione del signor B della Technomind attraverso atti anche risalenti nel tempo, può ritenersi sussistente la suddetta dissociazione.
3.2. Occorre a questo punto passare al vaglio delle doglianze avverso i capi della sentenza impugnata che disattendono le censure relative agli elementi essenziali dell’offerta dell’originario ricorrente principale.
3.2.1. Secondo l’odierno appellante principale, sarebbe erronea la sentenza gravata nella parte in cui ritiene che l’importo di 3.500,00 euro per gli oneri di sicurezza interna ben poteva essere considerato congruo e sufficiente, in considerazione del fatto che i costi per i beni indicati nel ricorso incidentale (estintori, pronto soccorso, etc.) sono a carico dell’amministrazione, costituendo la dotazione di sicurezza delle sedi regionali ove andrà svolto il servizio, restando effettivamente troppo generica la tesi di Fatsweb secondo cui tali oneri non sarebbero potuti essere di importo pari a 7.500,00 euro.
Sul punto la censura dell’appellante principale non incisiva risulta fondata, dal momento che, a fronte di una costo significativo di dispositivi antinfortunistici in capo all’amministrazione, non si ravvisa una difformità tale nell’indicazione operata dall’originaria ricorrente da qualificare l’offerta della stessa come incongrua.
3.2.2. Con un ultimo motivo escludente, l’originario ricorrente incidentale aveva censurato la scelta dell’amministrazione di non escludere l’offerta tecnica di Telecom, che sarebbe insufficiente e inadeguata rispetto a quanto richiesto dal capitolato speciale d'appalto in ordine ai requisiti richiesti al personale del SIS.
In particolare, il TAR aderiva alla ricostruzione offerta dall’odierna appellata: “ Secondo i calcoli – che appaiono esatti – forniti nella memoria di replica da Telecom, con 7 unità offerte, di cui 5 di presidio, la prestazione richiesta sarebbe soddisfatta senza superare il limite delle 250 ore per anno di straordinario per ciascun lavoratore, posto che 8 ore/giorno per 5 unità = 40 ore/giorno di presidio;su 7 unità disponibili per turnazione (7 x 8 = 56 ore/giorno) si rendono necessarie 4 ore/giorno di straordinario per giungere alle 60 ore/giorno necessarie;moltiplicando le 4 ore di straordinario necessarie per 250 giorni annui si avrà un totale di 1000 ore di straordinario che, diviso tra le 7 unità a disposizione (sulle 5 in servizio), dà un totale di 142,85 ore di straordinario per ciascun lavoratore, inferiore al limite delle 250 ore fissato dalla legge n. 183 del 2010. Secondo i calcoli di parte ricorrente – si ripete, non implausibili, salva l’eventuale valutazione tecnica dell’amministrazione, rilevando in questa sede tale esame ai soli fini interni al processo di respingimento dell’azione paralizzante di ricorso incidentale – il limite delle 250 ore annue di straordinario a persona non sarebbe travalicato neppure se si aggiungessero i 30 giorni di ferie e i 10 giorni aggiuntivi (80 ore imposte dal disciplinare), poiché si arriverebbe a un totale di 290 giorni lavorativi x 4 ore di straordinario = 1160 ore straordinario per le 7 unità a disposizione. ”
La critica contenuta nell’appello principale sostiene che i conti in questione sarebbero corretti, ma risulterebbe comunque superato il monte ore per lo straordinario previsto dalla legge, in quanto le ore di straordinario necessarie per coprire il turno 8:00 – 20:00 andrebbero sommate a quelle necessarie per coprire le assenze per ferie e malattie, sicché per garantire la presenza di almeno cinque ore di presidio, sarebbe necessario che ciascuna delle sette unità dichiarate da Telecom garantisca 383 ore di lavoro straordinario all’anno e ad esse andrebbero poi sommate le 80 ore di disponibilità addizionale all’anno per ciascuna risorsa richieste dal capitolato per un totale di 463 ore annue, che supererebbe la soglia massima di lavoro straordinario stabilità dalla legge.
Tale doglianza va respinta, atteso che, a differenza di quanto sostenuto dall’appellante principale, l’originaria ricorrente dimostra che per coprire il turno 8:00 – 20:00 sono necessarie 4 ore/giorno di straordinario per 250 giorni annui, con un totale di 1000 ore di straordinario che, diviso tra le 7 unità a disposizione (sulle 5 in servizio), dà un totale di 142,85 ore di straordinario per ciascun lavoratore, inferiore al limite delle 250 ore fissato dalla legge n. 183 del 2010.
A questa cifra non va sommata quella di 165 ore all’anno a risorsa, ma quella ottenuta dalla necessità di assicurare 30 giorni di ferie e i 10 giorni aggiuntivi (80 ore imposte dal disciplinare), sicché devono aggiungersi altri 40 giorni lavorativi, giungendo al totale di 290 giorni lavorativi x 4 ore di straordinario = 1160 ore straordinario per le 7 unità a disposizione.
La cifra che ne deriva è comunque inferiore al limite legale fissato dalla disciplina contenuta nel comma 3 dell’art. 5 del d.lgs. 66 del 2003, secondo il quale “ In difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore per un periodo che non superi le duecentocinquanta ore annuali ”.
4. Esaminate le censure ai capi della sentenza aventi ad oggetto i motivi escludenti contenuti nel ricorso incidentale di prime cure, si può passare all’esame delle doglianze mosse contro quei capi della sentenza che hanno accolto due motivi contenuti nel ricorso principale.
5. Entrambi i capi in questione vanno confermati, con ciò che ne consegue in termini di inammissibilità per difetto di interesse dell’esame dell’appello incidentale, stante la natura pienamente satisfattiva dei motivi di censura accolti dal giudice di prime cure.
Alla conferma della sentenza di primo grado consegue l’impossibilità di esaminare la censura riproposta in sede di appello principale dall’originaria controinteressata in ordine all’erronea attribuzione del punteggio tecnico attribuito per la voce relativa al personale all’originaria ricorrente.
5.1. Il TAR riteneva fondato il motivo inerente l’inadeguata dimostrazione, da parte del raggruppamento vincitore, dell’effettività dell’avvalimento del requisito delle certificazioni.
In particolare, il primo giudice, stante il livello di partnership per le tecnologie Cisco System e Juniper Networks, ha ritenuto oggettivamente insufficiente il contratto di avvalimento con la società ausiliaria Tecnonet, non poggiando esso su basi contrattuali ‘solide e certe’, oggettivamente idonee a dimostrare la serietà e l’efficacia dell’impegno dell’ausiliaria.
Tanto, secondo la sentenza gravata, è comprovato dal corrispettivo pattuito tra la ausiliata Fastweb e l’ausiliaria Tecnonet, pari a soli mille euro.
Sul punto il TAR respingeva le difese dell’originaria controinteressata, rilevando che l’accordo quadro intercorrente tra le due società non potesse garantire la stazione appaltante, perché mai dedotto in gara e che la qualificazione dell’azienda e la qualificazione dei singoli operatori costituissero due elementi concorrenti e integrantisi tra loro.
A fonte della doglianza articolata dall’appellante principale, occorre chiarire che ai sensi dell'art. 49 d.lgs. n. 163 del 2006 è onere del concorrente dimostrare che l'impresa ausiliaria non si impegna semplicemente a prestare il requisito soggettivo richiesto, quale mero valore astratto, ma assume l'obbligazione di mettere a disposizione dell'impresa ausiliata, in relazione all'esecuzione dell'appalto, le proprie risorse ed il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che giustificano l'attribuzione del requisito di qualità e, quindi, a seconda dei casi, mezzi, personale, prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti, in relazione all'oggetto dell'appalto;pertanto, l'oggetto dell'avvalimento non può essere una mera condizione soggettiva, del tutto disancorata dalla messa a disposizione di risorse materiali, economiche o gestionali.
La prova dell’effettiva capacità del concorrente di disporre delle risorse dell’impresa ausiliaria deve essere fornita anche attraverso il deposito del contratto in base al quale l’impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto. L’art. 88, d.P.R. n. 207 del 2010 al comma 1, lett. c), precisa che il contratto deve riportare in modo compiuto, esplicito ed esauriente “ ogni altro utile elemento ai fini dell’avvalimento ”.
Questa previsione impone di evidenziare all’amministrazione il corrispettivo negoziale, che rappresenta un indice di effettività e di serietà dell’obbligo assunto con il contratto di avvalimento. Del resto la stessa appellante principale - con il richiamare la presenza di un accordo quadro intercorrente con la stessa impresa ausiliaria – ha riconosciuto che la sussistenza di un corrispettivo così basso si spiega solo in ragione di questo ulteriore elemento fondamentale per assicurare l’effettività dell’avvalimento, che però non veniva messo a diposizione della stazione appaltante, essendo stato prodotto solo nel corso del giudizio di primo grado.
Una simile conclusione è avvalorata anche dalla lett. g), del comma 2, del citato art. 49, che nel caso di avvalimento dei confronti di un’impresa appartenente al medesimo gruppo prevede la possibilità di rendere una dichiarazione sostitutiva attestante non solo il legame, ma anche quello economico esistente nel gruppo.
Né risulta fondata la critica portata alla sentenza di primo grado, che in modo contraddittorio, pur escludendo che il contratto di avvalimento abbia natura giuridica di contratto di garanzia, avrebbe poi affermato che la mancata produzione del medesimo accordo quadro non contribuirebbe alla garanzia offerta alla stazione appaltante. Il primo Giudice, infatti, sul punto si limitava a rimarcare la necessità che fosse provata l’effettività dell’avvalimento, ossia che l’amministrazione fosse “garantita” in ordine all’effettiva disponibilità dei mezzi per la corretta esecuzione dell’appalto.
Va, ulteriormente, confermato il passaggio motivazionale della sentenza di prime cure che ha distinto la qualificazione dell’azienda dalla qualificazione dei singoli operatori, entrambi elementi necessari e non interscambiabili. Una simile conclusione appare coerente con quanto disposto dal capitolato speciale e non risulta contraddetta dall’appello in esame.
Inoltre, come confermato dalla giurisprudenza costante di questo Consiglio (cfr. ex plurimis Cons. St., Sez. VI, 13 giugno 2013, n. 3310), l’ausiliaria deve contribuire concretamente all’esecuzione dell’appalto, non potendosi impegnare semplicemente a "prestare" il requisito soggettivo richiesto quale mero valore astratto.
In ragione di ciò non si può aderire alla ricostruzione offerta dall’appellante principale in merito al ruolo ‘marginale’ svolto dall’impresa ausiliaria, che giustificherebbe l’importo esiguo previsto quale corrispettivo dell’avvalimento e assicurerebbe in ordine all’effettività dello stesso.
5.2. Il primo giudice riteneva fondato, infine, il motivo proposto dall’originario ricorrente principale che aveva dedotto che l’offerta Fastweb si era discostata dalle previsioni della lex specialis di gara, prevedendo una distinzione del costo del personale tra costi fissi e costi variabili.
Il TAR, rilevato il difetto di motivazione che inficia il verbale n. 32 del 5 giugno 2013, valutava come non superabile il punto della offerta di personale, sotto la voce dei costi “variabili”, destinato all’appalto de quo solo part time , per una percentuale di utilizzo presso la Regione Campania legata ad una valutazione prognostica soggettiva dell’impresa offerente, ma non verificabile in termini oggettivi, sì da qualificare l’offerta come inidonea a definire in termini chiari, precisi e inequivoci gli impegni contrattuali con essa assunti.
Infine, la verifica dell’anomalia, infatti, non poteva tradursi inammissibilmente in una sorta di soccorso istruttorio ex post , allargato al punto da consentire il completamento o la riformulazione dell’offerta stessa.
A fronte dell’argomentazione utilizzata dal TAR l’appellante principale replica che:
a) il bando di gara non prevedrebbe alcuna disposizione vincolante circa l’utilizzo del personale a tempo pieno;
b) una censura sull’attendibilità dell’offerta non sarebbe mai stata proposta da alcuna delle concorrenti;
c) le conclusioni alle quali giunge il primo giudice sarebbero erroneo, perché le giustificazioni di una commessa che dovrà essere eseguita in futuro si fondano necessariamente su di una valutazione prognostica, che presenta necessariamente una connotazione soggettiva;
d) tutto il costo eccedente derivante da altre commesse verrebbe infatti remunerato da quest’ultime.
Preliminarmente, va rilevato che in sede di motivi aggiunti l’a.t.i. ricorrente principale affermava che la rilevata incoerenza, incompletezza e incongruità dell’offerta dell’a.t.i. Fastweb ne avrebbe dovuto provocare l’esclusione in radice dalla gara ed evidenziava che gli aggiustamenti successivi, proposti dall’avversaria in sede di giustificazione dell’anomalia del ribasso, si porrebbero in violazione del principio di immodificabilità dell’offerta.
Quanto al costo del personale, deve escludersi che lo stesso potesse scindersi in due voci (costi fissi e costi variabili), dal momento che l’art. 10.3 del disciplinare di gara dispone che le offerte siano corredate dalle giustificazioni relative alle voci di prezzi che concorrono a formare l’importo complessivo offerto, evidenziando nella loro formulazione anche la congruità delle voci di prezzo relative al costo del lavoro. Una simile previsione contrasta con la scissione del costo del lavoro operata dall’appellante principale tra costi fissi e costi variabili, che non soddisfa quel carattere di prevedibilità che risulta smentito anche in sede processuale dall’appellante principale, ma che non appare consentita dal bando di gara.
Pertanto, i costi imprevisti del personale non potevano essere trasposti nei costi di assistenza e di manutenzione attraverso una ripartizione tra costi fissi e costi variabili, che non trova rispondenza nella legge di gara. Inoltre, la necessità di definire complessivamente in sede di offerta il costo del personale contraddice in sé con la possibilità di attingere il personale da altre commesse, implicitamente riversandone sia pure in parte il costo su quest’ultime.
Tanto a fronte di una chiara richiesta della legge di gara di rappresentare il costo del personale per la commessa oggetto di gara.
Il costo del personale in questo modo non viene previsto preventivamente, sicché non risulta determinato, con ciò che ne consegue in termini di inammissibilità stessa dell’offerta.
6. Alla luce delle considerazioni sopra esposte l’appello principale va respinto.
Tale determinazione del Collegio ha indotto al ‘non luogo a provvedere’ sull’istanza cautelare proposta dall’appellante principale e ‘abbinata al merito’, nonché determina l’improcedibilità dell’appello incidentale per sopravvenuta carenza di interesse.
7. Le spese del secondo grado seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.