Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-08-29, n. 201204643

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-08-29, n. 201204643
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201204643
Data del deposito : 29 agosto 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02191/2012 REG.RIC.

N. 04643/2012REG.PROV.COLL.

N. 02191/2012 REG.RIC.

N. 02979/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2191 del 2012, proposto da:
Alfa International S.r.l. in persona dell’amministratore p.t., rappresentato e difeso dagli avv. A D E, M N, con domicilio eletto presso Villata Studio Legale Degli Esposti in Roma, via Bissolati, 76;

contro

M Z, K G, R F, M F;

nei confronti di

Comune di Monza in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Guido Alberto Inzaghi, con domicilio eletto presso Guido Alberto Inzaghi in Roma, via dei Due Macelli, 66;
Condominio Montesanto, rappresentato e difeso dall'avv. Claudio Colombo, con domicilio eletto presso Giulia Greco in Roma, via F. Cesi 21;



sul ricorso numero di registro generale 2979 del 2012, proposto da:
Comune di Monza in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Guido Alberto Inzaghi, con domicilio eletto presso Guido Alberto Inzaghi in Roma, via dei Due Macelli, 66;

contro

Condominio Montesanto in persona dell’amministratore p.t., , M F, Nardelli Lucia, rappresentati e difesi dall'avv. Claudio Colombo, con domicilio eletto presso Giulia Greco in Roma, via F. Cesi 21;

nei confronti di

Alfa International S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. A D E, M N, con domicilio eletto presso A D E in Roma, via Bissolati, 76;

Entrambi per la riforma

della sentenza del T.a.r. Lombardia – Milano - Sezione II n. 00623/2012, resa tra le parti, concernente un permesso di costruire


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Monza, del Condominio Montesanto e dei sigg.ri F e Nardelli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 luglio 2012 il Cons. G V e uditi per le parti gli avvocati Vincenzo Greco su delega di Claudio Colombo, Fabio Elefante su delega di Guido Alberto Inzaghi e Riccardo Villata su delega di A D E Vincenzo Greco su delega di Claudio Colombo, Fabio Elefante su delega di Guido Alberto Inzaghi e Riccardo Villata su delega di A D E;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Alfa International s.r.l. chiedeva ed otteneva dal Comune di Monza, in data 23 marzo 2011, un permesso avente ad oggetto la costruzione di un edificio ad uso residenziale su suolo di proprietà, contraddistinto in catasto al foglio 118, mappali 312,313 e 315.

Il condominio “Montesanto” ed alcuni proprietari dello stabile insistente nell’area confinante – sigg.ri Z, G, F e F – impugnavano il permesso sostenendo che l’area su cui era prevista l’ubicazione del costruendo edificio fosse in parte asservita al proprio stabile mediante cessione di cubatura. In particolare l’asservimento risalerebbe al 1963, anche se non è stato trascritto né si evince dal certificato di destinazione urbanistica. Il permesso di costruire, avendo computato come pienamente edificabile anche l’area asservita, avrebbe autorizzato una volumetria superiore.

Superate le questioni preliminari (legittimazione dell’amministratore del condominio ed interesse a ricorrere dei singoli proprietari) il TAR ha accolto il ricorso, nel merito sostenendo che: a) l’asservimento ha natura reale ed è opponibile ai terzi a prescindere dalla trascrizione e dalla certificazione urbanistica;
b) non rileva il successivo frazionamento dell’area asservita;
c) quanto all’ulteriore circostanza che la destinazione urbanistica dell’area asservita è mutata dapprima in verde pubblico e poi in Zona B edificabile, ha affermato che l’asservimento è una condizione del fondo che permane anche se mutano le destinazione di zona;
nel caso di specie, la destinazione a Zona B ha determinato il risorgere dell’asservimento, precedentemente in stato di quiescenza.

Appella ora la Alfa International s.r.l. (RG n. 2191 del 2012) riproponendo le questioni di rito e contestando le affermazioni in diritto. In particolare, secondo l’appellante, la deliberazione con la quale il Condominio ha autorizzato la proposizione del ricorso sarebbe nulla per mancato raggiungimento del quorum costitutivo;
la lesione subita dai singoli condomini ricorrenti, nonché il connesso interesse ad impugnare non risulterebbero provati;
per converso risulterebbe per tabulas la tardività del ricorso, non essendo stato impugnato il Piano di Governo del Territorio nella parte in cui restituisce al suolo (in precedenza asservito) capacità edificatoria;
nel merito, il Giudice di Prime cure non avrebbe considerato la natura dirimente del certificato urbanistico ai fini dell’opponibilità del vincolo non aedificandi;
né lo scorporo del lotto di proprietà Alfa Iinternational s.r.l. dal più ampio compendio originariamente asservito;
non avrebbe altresì riconosciuto la significatività del comportamento del Condominio Montesanto, che nel 1965 chiedeva una licenza “in sanatoria” proprio in ragione della cessazione del vincolo predetto;
non avrebbe attribuito la giusta e dirimente rilevanza al “Piano Piccinato” del 1964 che ha posto l’area oggi di proprietà di Alfa International in zona M “Verde pubblico” determinando la cessazione del vincolo, circostanza – quest’ultima – comprovata dal fatto che l’elaborato allegato alla licenza in sanatoria del 1965 (per la realizzazione di una sesto piano f.t. dello stabile condominiale) escludeva l’area di Alfa International dal novero di quelle asservite;
in ogni caso la decadenza del vincolo avrebbe dovuto farsi discendere al frazionamento del 1965 che ha diviso anche catastalmente l’area (innanzi unica) di proprietà di Alfa da quelle di proprietà del Condominio.

Propone inoltre appello il Comune di Monza (RG n. 2979 del 2012). I profili di censura sono i medesimi.

Nell’appello RG n. 2979 del 2012 si è costituito il Condominio Montesanto. Nell’appello RG 2191/2012 si sono inoltre costituiti i sigg.ri F e Nardelli (quest’ultima erede del sig. Z Michele).

I resistenti, oltre a difendere le statuizioni di prime cure, hanno altresì riproposto i motivi rimasti assorbiti, aventi ad oggetto: a) la violazione dell’art. 2 del piano delle regole del PGT ad opera del permesso di costruire, nella parte in cui non calcola, nella superficie lorda di pavimento, lo spazio denominato “atrio di ingresso” (75,35 mq) ed i sottotetti al 4° piano (102 mq);
b) il travisamento dei fatti per avere, il permesso di costruire, considerato pubblica, la strada privata “Natale Lucca”.

Entrambe le cause sono state chiamate per la discussione alla pubblica udienza del 10 luglio 2012 ed all’esito, trattenute in decisione.

DIRITTO

La riunione degli appelli si impone trattandosi della medesima sentenza.

Gli stessi risultano entrambi infondati.

Tutte le questioni preliminari, esaminate anche alla luce delle censure svolte a mezzo del gravame, risultano correttamente decise dal Giudice di prime cure.

In particolare quanto all’idoneità e sufficienza del criterio della vicinitas, a fondare, in materia edilizia, una posizione giuridica legittimante, è sufficiente richiamare la costante giurisprudenza della Sezione, secondo la quale “il possesso del titolo di legittimazione alla proposizione del ricorso per l'annullamento di una concessione edilizia, che discende dalla c.d. vicinitas , cioè da una situazione di stabile collegamento giuridico con il terreno oggetto dell'intervento costruttivo autorizzato, esime da qualsiasi indagine al fine di accertare, in concreto, se i lavori assentiti dall'atto impugnato comportino o meno un effettivo pregiudizio per il soggetto che propone l'impugnazione” (tra le tante, Sez IV, 12 maggio 2009, n. 2908)

Per quanto concerne la legittimazione dell’amministratore del Condominio Montesanto – questione assorbita dal Giudice di prime cure in ragione dell’acclarata legittimazione degli altri singoli condomini ricorrenti – può in questa sede rilevarsi che i vizi di regolare costituzione dell’assemblea, rilevando in termini di annullabilità, sono sottoposti innanzi al giudice ordinario a regime decadenziale (Cfr., recentemente, Cassazione civile sez. II, 23 novembre 2009, n. 24658 secondo la quale debbono qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea) con la conseguenza che, in mancanza di tempestivo gravame avverso la deliberazione, la legittimazione dell’amministratore non può che considerarsi valida.

Quanto, infine, alla tardività del ricorso originario, è agevole osservare che i ricorrenti non avevano l’onere di impugnare il P.G.T. e le relative previsioni di zona, duolendosi esclusivamente del mancato computo, in sede di rilascio del contestato permesso di costruire, dei volumi edificatori definitivamente ceduti, ovviamente sull’implicito assunto che la strumentazione urbanistica sopravvenuta non potesse cancellare l’esistenza e la validità della cessione.

Venendo al merito della vicenda, possono essere agevolmente risolte mediante il mero richiamo ai precedenti di questo Consiglio le questioni della mancata menzione del vincolo nel certificato urbanistico e quella dell’incidenza del successivo frazionamento sulle sorti del vincolo.

Sul primo versante si è già chiarito che quanto attestato dal certificato di destinazione edilizia sulla base della conformazione giuridica astratta impressa in sede di pianificazione generale non vale ad obliterare l'esigenza di procedere ad una valutazione concreta delle potenzialità edificatorie ancora esprimibili dall'area in forza del computo della cubatura ceduta (Sez. V, 27 giugno 2011, n. 3823);
sul secondo, che il frazionamento catastale dell’area asservita non incide sul pregresso asservimento (Sez. IV. 26 settembre 2008, n. 4647;
20 Lug 2011 , n. 4405 ;
09 luglio 2011, n. 4134;)

Maggiore approfondimento necessita la diversa ed ulteriore questione del rapporto tra asservimento e successiva strumentazione urbanistica. Invero anche in relazione a tale aspetto si è privilegiata la natura reale e definitiva del vincolo inedificandi con conseguente cristallizzazione della situazione tracciata dalle parti nel titolo abilitativo “maggiorato” rilasciato dall’amministrazione, ed inedificabilità assoluta dell’area asserivita, pur a fronte di sopravvenienze urbanistiche più favorevoli (da ultimo, in termini netti, Sez. IV 20 Lug 2011 , n. 4405 ;
09 luglio 2011, n. 4134).

Nel caso di specie, la particolarità sarebbe data dall’esistenza di una precedente parentesi pianificatoria (Piano Piccinato) che ha destinato a verde pubblico l’area, innanzi volontariamente asservita. Dunque l’area asservita sarebbe stata dapprima destinata a verde pubblico e poi nuovamente reintegrata nelle sue potenzialità edificatorie in virtù delle previsione del recente PGT.

Secondo la tesi degli appellanti, la vicenda intermedia dimostrerebbe che il Pianificatore ha deliberatamente e senza equivoci voluto attribuire all’area, in precedenza priva di capacità edificatoria (in forza delle previsioni del Piano Piccinato e non già del vincolo volontario di asservimento), una destinazione compatibile con l’edificazione privata, nei limiti degli indici contestualmente dettati. L’iniziale asservimento residuerebbe sul piano meramente storico, inizialmente doppiato dalla pianificazione intermedia e poi eliso dalla strumentazione più recente.

Il tentativo, pur pregevole, di riportare sull’esclusivo piano della pianificazione il destino edificatorio del suolo, oggetto, nel lontano ’63 del più volte citato asservimento, non è tuttavia compatibile con il rigore del principio, ricordato dalla Sezione anche di recente, a mente del quale l’asservimento è una condizione oggettiva del fondo, impressa dal proprietario e cristallizzata nell’originario titolo abilitativo rilasciato al proprietario del fondo beneficiato in termini volumetrici, la quale permane a tempo indeterminato nonostante le vicende relative alla zonizzazione ed ai relativi indici conformativi.

Nel caso in esame, se l’imposizione di una destinazione a verde pubblico, successiva all’asservimento volontario, ha determinato l’inedificabilità ad altro titolo dell’area – presentandosi quale limite esterno direttamente derivante dalla pianificazione – non per questo ha fatto venir meno il titolo negoziale che, come detto, configurando una condizione oggettiva del fondo, torna a rilevare autonomamente al sopravvenire dell’astratta edificabilità introdotta dalla nuova strumentazione urbanistica. Più che di sospensione dell’efficacia dell’asservimento durante la vigenza del Piano Piccinato (come affermato dal Giudice di Prime cure) può in questa fase parlarsi di irrilevanza del titolo negoziale rispetto all’edificabilità in concreto, inibita direttamente dal pianificatore.

Le medesime ragioni inducono al rigetto del motivo basato sulla valenza indiziaria della vicenda conclusasi con la licenza in sanatoria del 1965: trattasi di argomentazioni che non valgono a negare l’indisponibilità dell’area a fini edificatori, secondo i principi sopra tracciati.

Il rigetto del gravame rende inutile la trattazione dei motivi assorbiti in primo grado e riproposti dall’appellato per la denegata ipotesi di soccombenza.

In ragione della complessità e peculiarità dei temi trattati, appare equo disporre la compensazione delle spese del presente giudizio.

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