Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-11-28, n. 202310240

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-11-28, n. 202310240
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202310240
Data del deposito : 28 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/11/2023

N. 10240/2023REG.PROV.COLL.

N. 01190/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1190 del 2020, proposto da
C C, rappresentato e difeso dall'avvocato C M, con domicilio digitale di pec come da registri di giustizia;

contro

Comune di Pompei, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato L M, con domicilio digitale di pec come da registri di giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Terza) n. 03161/2019, resa tra le parti, concernente un diniego di condono edilizio.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pompei;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2023 il Cons. Alessandro Maggio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso al T.A.R. Campania – Napoli, il sig. C C, ha impugnato l’atto con cui il Comune di Pompei ha negato il condono edilizio, chiesto, ai sensi del D.L. 30/9/2003, n. 269, per la sanatoria di un box auto abusivamente realizzato in area soggetta a vincolo paesaggistico.

Il diniego si basa sulla tardiva presentazione della domanda di condono e sulla insanabilità dell’opera, in quanto ubicata in area vincolata da epoca precedente all’edificazione.

L’adito Tribunale, con sentenza 11/6/2019, n. 3161, ha respinto il gravame.

Avverso la sentenza ha proposto appello il sig. Cesarano.

Per resistere al ricorso si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, la quale, con successiva memoria, ha meglio illustrato le proprie tesi difensive.

Alla pubblica udienza del 16/11/2023 la causa è passata in decisione.

Col primo motivo si lamenta che il Tribunale avrebbe errato a respingere la censura con cui era stata dedotta l’illegittimità dell’avversato diniego in quanto non preceduto dal preavviso di rigetto. Quest’ultimo, infatti, non sarebbe stato comunicato all’appellante, ma, esclusivamente, agli eredi del suo dante causa, che aveva, a suo tempo, presentato l’istanza di condono.

E invero, diversamente da quanto sostenuto dal giudice di prime cure, la partecipazione al procedimento avrebbe dovuto essere garantita anche nei confronti del soggetto interessato al conseguimento della sanatoria, ovvero l’odierno istante.

Col secondo motivo si denuncia l’errore commesso dal giudice di prime cure nell’escludere, senza adeguata motivazione, l’applicabilità alla fattispecie, dell’art. 32 della L. 28/2/1985, n. 47.

Ai sensi di tale disposizione, esplicitamente richiamata dall’art. 32, comma 27, lett. d), del D.L. n. 269/2003, la sanabilità dell’opera abusiva sarebbe, infatti, subordinata alla previa acquisizione del parere favorevole

dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.

In definitiva, non sarebbe ostativa alla sanabilità degli interventi edilizi illeciti, né l’esistenza di un pregresso vincolo di inedificabilità relativa, né quella di un vincolo postumo di inedificabilità assoluta.

Il Tribunale non avrebbe, inoltre, rilevato il difetto di motivazione da cui sarebbe affetto l’impugnato provvedimento di diniego il quale non spiegherebbe le ragioni del ritenuto contrasto delle opere realizzate alle norme urbanistiche e al vigente piano regolatore, opere che, invece, rispetterebbero tanto la detta normativa, quanto il menzionato strumento urbanistico.

Col terzo motivo si censura l’appellata sentenza per aver escluso che, prima di pronunciarsi sulla domanda di condono, il Comune dovesse acquisire, ai sensi degli artt. 32 della L. n. 47/1985 e 32, comma 43, del D.L. n. 269/2003, il parere dell’autorità paesaggistica.

Al contrario, la mancata acquisizione del suddetto parere, avrebbe determinato la violazione della citata normativa, che qualificherebbe l’intervento della Soprintendenza come obbligatorio e vincolante e vizierebbe, altresì, di incompetenza il provvedimento di diniego, in quanto le valutazioni paesaggistiche sull’opera risulterebbero compiute dal comune.

Col quarto mezzo di gravame, prospettato subordinatamente all’accoglimento delle tre censure che precedono, l’appellante ripropone il primo motivo del ricorso di primo grado, non affrontato dal Tribunale, col quale era stata dedotta l’illegittimità dell’impugnato diniego nella parte in cui aveva ritenuto tardiva la domanda di condono presentata.

E invero, quest’ultima, presentata in data 6/7/2004, sarebbe stata fatta salva dall’art. 5 del D.L. 12/7/2004, n. 168, conv. in L. 30/7/2004, n. 191.

Nessuna delle quattro doglianze, che si prestano a una trattazione congiunta, è meritevole di accoglimento.

Per consolidata giurisprudenza, il condono edilizio di cui all’art. 32, commi 25, e segg. del citato D.L. n. 269/2003, non consente di sanare la realizzazione di nuove volumetrie in aree soggette, come nella specie, a vincolo paesaggistico, sia esso assoluto o relativo, indipendentemente da quando il medesimo sia stato apposto e, quindi, tanto ove preesistente all’opera abusiva, quanto se successivo a essa ( ex plurimis Cons. Stato, Sez. VI, 7/11/2023, n. 9580;
12/5/2023, n. 4812;
3/2/2023, n. 1182;
15/11/2022, n. 9986;
29/7/2022, n. 6684;
22/4/2022, n. 3088;
17/3/2020, n. 1902;
2/5/2016, n. 1664;
18/1/2019, n. 467;
Sez. II, 13/11/2020, n. 7014;
15/10/2019, n. 703;
Sez. IV, 27/4/2017, n. 1935;
21/2/2017, n. 813;
Cass. Pen., Sez. III, 20/5/2016, n. 40676;
29/4/2011, n. 16707).

Peraltro, giova soggiungere come, dall’impugnato diniego di condono, sul punto non contestato, si ricavi che l’area d’intervento fosse già vincolata all’epoca di edificazione del manufatto per cui è causa.

Orbene, nelle condizioni date, l’avversato diniego si poneva come atto vincolato, per la evidente assenza dei presupposti di condonabilità, con la conseguente insussistenza di un obbligo di comunicare all’interessato le ragioni ostative all’accoglimento della domanda e di acquisire il parere dell’autorità paesaggistica, atteso che il provvedimento, comunque, non avrebbe potuto avere alcun altro contenuto (Cons. Stato, Sez. VI, 7/12/2022, n. 10709;
10/2/2020, n. 1029;
Sez. V, 5/7/2021, n. 5114;
Sez. VII, 2/11/2023, n. 9467).

Avendo gli interventi nella specie eseguiti comportato realizzazione di nuova cubatura in zona vincolata, i medesimi non erano in nessun caso condonabili, indipendentemente da eventuali profili di contrasto con la normativa urbanistica di riferimento. Il che esclude la rilevanza di possibili deficit motivazionali nello specificare le ragioni del rilevato contrasto con la disciplina urbanistica applicabile alla fattispecie.

La reiezione delle doglianze sin qui esaminate rende superfluo l’esame dell’ulteriore mezzo di gravame non esaminato dal Tribunale, e qui riproposto, rivolto contro l’ulteriore ragione di diniego, concernente la ritenuta tardività della domanda di condono.

Difatti, quando, come nella fattispecie, la determinazione amministrativa gravata si basa su una pluralità di motivi indipendenti e autonomi gli uni dagli altri è sufficiente, ai fini del rigetto dell’impugnazione proposta contro la stessa, che uno soltanto di essi risulti esente dai vizi dedotti (cfr., fra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 17/11/2022, n. 10109;
20/4/2021, n. 3208;
11/6/2019, n. 3900;
Sez. V, 19/7/2018, n. 4383;
12/9/2017, n. 4297;
27/7/2016, n. 3402;
31/3/2016, n. 1274 e 17/9/2010, n. 6946;
Sez. IV, 12/5/2016, n. 1917;
Sez. III, 5/12/2017 n. 5739;
e 26/2/2016, n. 795).

L’appello va, in definitiva, respinto.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi o eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Spese e onorari del giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.

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