Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-07-21, n. 201004779

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-07-21, n. 201004779
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201004779
Data del deposito : 21 luglio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04395/2005 REG.RIC.

N. 04779/2010 REG.DEC.

N. 04395/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 4395 del 2005, proposto da:
A F, rappresentato e difeso dagli avvocati S D M e P F, con domicilio eletto presso lo studio legale del primo in Roma, via G. Pisanelli, 2;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro e legale rappresentante pt, nonché il Capo Dipartimento dei Vigili del Fuoco, rappresentati e difesi in giudizio dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. SARDEGNA - CAGLIARI n. 566/2004, resa tra le parti, concernente DINIEGO STIPULAZIONE CONTRATTO INDIVIDUALE DI LAVORO.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2010 il consigliere di Stato G C S e uditi per le parti gli avvocati Di Meo e l’avv. dello Stato Urbani Neri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

E’ impugnata la sentenza n.566 del 4 maggio 2004 con la quale il Tar della Sardegna ha respinto il ricorso proposto dal signor Francesco Atzori avverso la determinazione del Ministero dell’Interno – dipartimento dei Vigili del Fuoco – con la quale si comunicava all’interessato che, in relazione all’esito del concorso (positivamente conclusosi per l’appellante) a 173 posti di Vigile del Fuoco nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, non si sarebbe proceduto alla stipula del contratto individuale di lavoro in attesa della definizione del procedimento penale avviato su impulso della Procura della Repubblica di Oristano per due distinti episodi delittuosi ascritti all’odierno appellante.

Deduce il ricorrente la erroneità della gravata pronuncia per aver la stessa ritenuto congruo e comunque non irragionevole sul piano della cautela il gravato provvedimento soprassessorio, nonché la inerenza (insussistente a dire del ricorrente) dei fatti contestati in sede penale con le funzioni proprie dei Vigili del fuoco;
inoltre, il ricorrente assume la erroneità sotto altro profilo della sentenza, per non aver i primi giudici sospeso preliminarmente il giudizio amministrativo in attesa degli esiti di quello penale, nel quale ultimo il ricorrente avrebbe riportato una pronuncia assolutoria da parte della Corte d’appello ( quantomeno per il più grave dei reati contestatigli, e cioè per il tentativo di minacce in danno di pubblici ufficiali) ed una di condanna (gravata con ricorso per cassazione) per il reato di minacce in danno della parte privata.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione.

All’udienza del 4 giugno 2010 il ricorso in appello è stato trattenuto per la decisione.

L’appello è infondato e non merita di essere accolto.

L’art. 2 del bando di concorso per cui è giudizio prescrive tra i requisiti essenziali per la stessa partecipazione alla sessione concorsuale il possesso delle qualità morali e di condotta, in conformità all’art. 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165.

L’odierno appellante, nei cui confronti all’epoca della scadenza dei termini di presentazione della domanda di partecipazione al concorso era in corso un procedimento penale per i reati di minaccia tentata e consumata in danno di distinti soggetti ( in ragione del quale egli era stato ammesso con riserva a sostenere le prove concorsuali), ha subito condanna in primo grado per entrambe le fattispecie delittuose ascrittegli. In sede di appello è venuta meno la imputazione relativa al delitto tentato, sull’assunto della insussistenza dell’elemento psicologico del reato: infatti, la lettera minatoria inviata dal ricorrente ad un soggetto privato con la finalità di indurlo a sottrarsi dal servizio volontario antincendio da questi prestato in favore del Comune di Paulilatino, non è stata ritenuta sufficiente dal giudice penale di secondo grado a sorreggere l’accusa di minacce tentate in danno del sindaco e dell’assessore di quella Amministrazione comunale. Nondimeno, come detto, è rimasta confermata in appello la condanna per il reato di minacce in danno della parte privata.

A fronte di tale situazione l’Amministrazione dell’Interno ha ritenuto di soprassedere, a mezzo dell’atto in primo grado impugnato, dalla stipula del contratto di lavoro con l’odierno appellante, in attesa degli esiti definitivi della vicenda penale, dovendo essere compiutamente dimostrato il possesso inerente il possesso dei requisiti di qualità morale del signor Atzori.

Il Tar ha condivisibilmente ritenuto immune da vizi il suindicato atto amministrativo, senza attendere gli esiti del giudizio penale di secondo grado.

L’appellante contesta la correttezza di tale sentenza, dato che a suo dire il giudice di primo grado avrebbe dovuto sospendere il processo o comunque attendere l’esito del giudizio penale di secondo grado.

Il Collegio non condivide il motivo di censura.

L’atto della cui legittimità si tratta è quello col quale l’Amministrazione si è determinata a non stipulare il contratto di lavoro con l’odierno appellante in attesa che si definisca la situazione processuale di quest’ultimo sul piano penale. Orbene, anche se il Tar avesse atteso l’esito del giudizio di secondo grado, la decisione non avrebbe potuto essere diversa per due evidenti ragioni. a) perché la legittimità di un atto la si valuta con riguardo all’epoca cui lo stesso risale;
b) perché, in ogni caso, in secondo grado l’odierno appellante è stato solo parzialmente assolto dai reati ascrittigli, sicchè resterebbe a tutt’oggi una situazione di incertezza in ordine alla sua colpevolezza penale, che ben giustificherebbe il mantenimento del provvedimento soprassessorio.

Peraltro, in ordine alla censura di carenza motivazionale dell’atto in primo grado impugnato, il Collegio osserva che la verifica dei requisiti di moralità del candidato ai fini dell’accesso al ruolo dei Vigili del fuoco non risulta esercitata, nel caso di specie, a mezzo del ricorso a formule stereotipate ovvero in via di automatica correlazione con la pendenza del procedimento penale a carico del ricorrente. L’Amministrazione dà conto piuttosto nel corpo del gravato provvedimento delle ragioni che suggeriscono la soluzione soprassessoria in ordine alla stipulazione del contratto di lavoro, con elementi che non appaiono implausibili o irragionevoli nella prospettiva della tutela del primario interesse della amministrazione ad assumere nei propri ranghi personale dotato di indiscusse qualità morali e di irreprensibile condotta.

Vero è che secondo un certo orientamento giurisprudenziale, l’Amministrazione non potrebbe sottrarsi in sede di diniego di assunzione dall’evidenziare il carattere oggettivamente ostativo del fatto contestato al soggetto che aspira all’assunzione ed il riverbero negativo che detto fatto riflette sulla stessa immagine della amministrazione datoriale. Nondimeno, non può trascurarsi di considerare, a conforto della legittima posizione assunta nella specie dalla Amministrazone, che quest’ultima non ha adottato una posizione radicalmente negativa circa la possibilità di assumere nei propri ruoli l’odierno appellante, ma soltanto di tipo <attendista>
nella ragionevole convinzione che sia opportuno verificare l’esito del procedimento penale avviato dalla competente Procura della Repubblica per fatti di cui è innegabile l’oggettiva rilevanza penale.

Peraltro, tale corretto modus procedendi della Amministrazione non solo non è stata smentito dall’ulteriore svolgimento processuale, ma è stata piuttosto confermata dalla sentenza di primo e secondo grado l’esigenza che all’esito del processo penale ( attualmente pendente in Cassazione su ricorso dell’imputato) la stessa Amministrazione proceda a nuovo esame della posizione giuridica dell’attuale ricorrente per verificare la sussistenza dei requisiti di moralità necessari all’assunzione. Né da ultimo ha pregio il rilievo della pretesa non inerenza degli addebiti propri della sede penale con la attività di lavoro del ricorrente, impegnato sul fronte della prevenzione degli incendi anche con incarichi a carattere precario, atteso che: a) non è propriamente fondato il rilievo della non inerenza, dato che nella sede penale si è anzi acclarato che il movente delle minacce esercitate sulla parte privata era appunto da riconnettere alla volontà dell’odierno appellante di distogliere indebitamente la vittima delle minacce da iniziative lavorative in qualità di agente volontario nel campo della prevenzione incendi in pro del Comune di Paulilatino, ciò che avrebbe potuto vanificare le concorrenziali aspettative di lavoro del ricorrente;
b) in ogni caso, il requisito della inerenza dei fatti ostativi con le mansioni oggetto della attività lavorativa di cui si tratta non è un predicato necessario per inferirne un giudizio negativo sulla moralità dell’aspirante all’impiego, dato che detta moralità va apprezzata in termini generali, non necessariamente correlati con l’attività di lavoro del dipendente ( o con l’aspirante all’impiego), per quanto la inerenza dei fatti sintomatici di negativa valenza morale con l’attività lavorativa da intraprendere alle dipendenze della amministrazione deponga indubitabilmente per un aggravamento delle condizioni ostative.

In definitiva, alla luce dei rilievi che precedono il ricorso in appello va respinto e va confermata la impugnata sentenza.

Le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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