Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-03-01, n. 202302141

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-03-01, n. 202302141
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202302141
Data del deposito : 1 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/03/2023

N. 02141/2023REG.PROV.COLL.

N. 04811/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4811 del 2021, proposto dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del direttore pro tempore , e dal Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del ministro pro tempore , rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi 12;

contro

S B, rappresentato e difeso dall’avvocato S F, con domicilio digitale p.e.c. in registri di giustizia;

nei confronti

M F, M S, rappresentati e difesi dall’avvocato Livia Grazzini, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Leopoldo Serra 32;
De Rossi Maria Paola, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio - sede di Roma (sezione seconda) n. 3345/2021


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di S B, e di M F e M S;

Viste le memorie e tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 31 gennaio 2023 il consigliere F F, sulle istanze di passaggio in decisione delle parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio - sede di Roma, integrato da motivi aggiunti, il signor S B impugnava la nota di prot. n. 3278 del 14 gennaio 2016 dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli - ufficio dei monopoli per il Lazio, con cui in riscontro alla sua istanza del 4 aprile 2015 per l’istituzione di una rivendita di generi di monopolio nel Comune di Roma, nel quartiere Tuscolano, in un locale sito in via Fabio Rulliano 13, gli era stata comunicata l’archiviazione della pratica, « per la carenza del requisito della redditività di zona », ed inoltre perché l’ubicazione prescelta era « situata in un quartiere già ampiamente dotato di rivendite per la distribuzione di generi di monopolio ».

2. In accoglimento del ricorso, con la sentenza indicata in epigrafe veniva giudicata fondata la censura dedotta in ricorso di carenza di istruttoria e motivazione in ordine alle ragioni per le quali era stato « ritenuto in concreto insussistente il requisito della redditività minima di legge e che avrebbe giustificato nel 2015 l’archiviazione della richiesta di istituire la rivendita ordinaria ».

3. Per la sentenza le carenze da cui era affetto il provvedimento non erano state superate nemmeno dall’istruttoria svolta nel giudizio di primo grado (con ordinanza 23 novembre 2020, n. 12382). A questo specifico riguardo veniva statuito che con la relazione depositata in ottemperanza all’ordine istruttorio l’amministrazione si era « limitata a ribadire quanto aveva già affermato nel provvedimento », senza « dimostrare in concreto in che modo è pervenuta ad accertare l’assenza del requisito sulla redditività di zona », ed in particolare senza « indicare quale fosse all’epoca il reddito prodotto dalle tre rivendite più vicine a quella istituenda dal ricorrente e poi confrontarlo con il reddito di zona all’epoca vigente ».

4. Per la riforma della sentenza di primo grado hanno quindi proposto appello collettivo l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del direttore pro tempore e il Ministero dell’economia e delle finanze.

5. L’originario ricorrente si è costituito in resistenza.

6. Aderiscono invece all’appello delle amministrazioni intimate i controinteressati M F, M S, titolari di rivendite situate nelle vicinanze di quella per cui è stata chiesta l’istituzione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo d’appello si censura la sentenza nella parte in cui è stata respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione dell’atto presupposto, consistente nel piano semestrale per l’istituzione di rivendita ordinaria, di cui alla nota di prot. n. 83344 del 29 dicembre 2015 dell’Ufficio dei monopoli per il Lazio, depositata nel giudizio di primo grado dalle amministrazioni resistenti (in allegato alla memoria difensiva del 20 gennaio 2021).

2. Con il secondo motivo viene censurata la statuizione di accoglimento del ricorso per carenza di istruttoria e motivazione del provvedimento di archiviazione dell’istanza di istituzione di una rivendita ordinaria. In contrario si deduce che sulla base di quanto risultante dall’istruttoria svolta nel giudizio di primo grado risulterebbe accertato il difetto del requisito di redditività della zona, inderogabilmente richiesto dall’art. 5, comma 2, del decreto 21 febbraio 2013, n. 38 ( Regolamento recante la disciplina della distribuzione e vendita dei prodotti da fumo ), nella versione applicabile ratione temporis .

3. Entrambe le censure sono infondate.

4. In primo luogo, come statuito dalla sentenza appellata, rispetto al diniego di istituzione di una rivendita ordinaria di generi di monopolio impugnato nel presente giudizio, il piano semestrale per l’istituzione delle rivendite ordinarie, ai sensi dell’art. 3 del citato regolamento ministeriale, non costituisce atto presupposto, ma l’« atto conclusivo del procedimento istruttorio volto ad individuare le rivendite da affidare mediante le procedure di legge » (così la sentenza di primo grado). Secondo la disposizione del citato regolamento ministeriale da ultimo richiamata, esso è infatti formato con cadenza semestrale, sulla base delle istanze presentate, onde assicurare una verifica complessiva sul rispetto dei requisiti normativamente previsti per l’equilibrata distribuzione territoriale dei punti ordinari di vendita dei generi di monopolio. Conseguentemente, nessuna preclusione può essere nel caso di specie tratta dalla mancata impugnazione del piano.

5. Anche con riguardo al fondamento del diniego impugnato, incentrato sulla carenza del requisito di redditività in allora previsto per l’apertura di rivendite ordinarie, deve essere confermata la statuizione di accoglimento del ricorso resa in primo grado. Ciò avuto riguardo al fatto che il provvedimento impugnato si limita ad opporre la « carenza del requisito della redditività di zona », non ulteriormente precisata, con l’aggiunta che essa è « situata in un quartiere già ampiamente dotato di rivendite per la distribuzione di generi di monopolio ».

6. Come statuito dalla sentenza di primo grado, la carenza motivazionale originaria non è stata poi superata dall’istruttoria svolta in primo grado. I Monopoli di Stato hanno infatti ottemperato all’ordine istruttorio del Tribunale amministrativo con una nota, datata 4 gennaio 2021, allegata alla memoria conclusionale depositata il 20 gennaio 2021, che lungi dal fornire i chiarimenti necessari a sostegno dell’archiviazione dell’istanza del ricorrente, è in sostanza consistita in una memoria difensiva rispetto alle censure da quest’ultimo formulate, poi sostanzialmente riprodotta in quella dell’Avvocatura generale dello Stato. Nello specifico la nota si è limitata a ribadire la carenza del parametro della redditività media minima di zona, con la specificazione che « la somma dei redditi conseguiti dalla (sic) tre più vicine rivendite ordinarie, divisa per quattro, risultava inferiore al suindicato parametro di 39.825,00 ». Sennonché, al riguardo è sufficiente richiamare le sopra richiamate statuizioni della sentenza appellata, la quale non ha potuto che prendere atto che è mancata la dimostrazione in concreto della carenza del requisito necessario all’accoglimento dell’istanza, ed in particolare dei dati sulla cui base è stato ricostruito il criterio reddituale, considerato nel caso di specie ostativo.

Tali carenze (di istruttoria e di motivazione) non possono pertanto ritenersi sanate con i dati forniti nel giudizio di appello dall’amministrazione appellante, che ha (tardivamente) indicato nel dettaglio gli aggi delle rivendite più vicine prese in considerazione e il criterio di calcolo seguito per l’adozione del provvedimento impugnato;
è, infatti, principio pacifico quello secondo cui la (carente) motivazione dei provvedimenti impugnati non può essere integrata in sede di giudizio (peraltro di appello) con atti processuali, tanto più nel caso di specie, in cui, come in precedenza evidenziato, i dati in questione sono stati meramente esposti in una relazione prodotta a seguito dell’istruttoria disposta dal Tar e nella sostanza finalizzata alla difesa rispetto al ricorso ex adverso proposto.

7. L’appello deve pertanto essere respinto, per cui va confermata la sentenza di primo grado. In ragione della peculiarità delle questioni controverse, e della loro riferibilità a questioni oggetto di recente intervento normativo inteso ad adeguare la disciplina nazionale a quella europea, e di cui si dovrà tenere conto in sede di riesercizio del potere, le spese di causa possono nondimeno essere compensate.

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