Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-02-27, n. 201801211

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-02-27, n. 201801211
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201801211
Data del deposito : 27 febbraio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/02/2018

N. 01211/2018REG.PROV.COLL.

N. 02370/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2370 del 2011, proposto da:
G L, rappresentato e difeso dall'Avvocato P F, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Nomentana, n. 316;

contro

A.T.S. - Azienda per la Tutela della Salute Sardegna (successore dell'Azienda U.s.l. n.5 di Oristano), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocato U C, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato M S M in Roma, via Antonio Gramsci n.24;
Regione Sardegna, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avvocati A C e S T, con domicilio eletto presso l’Ufficio di rappresentanza regionale della Sardegna in Roma, via Lucullo n. 24;
Assessorato regionale dell'Igiene - Sanità e Assistenza sociale e Direttore Generale presso l'Assessorato predetto, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la SARDEGNA – Sede di CAGLIARI: SEZIONE I n. 5/2010, resa tra le parti, concernente il diniego di inquadramento nel primo livello dirigenziale;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’A.T.S. - Azienda per la Tutela della Salute Sardegna (successore dell'Azienda U.s.l. n.5 di Oristano) e della Regione Sardegna;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 11 gennaio 2018 il Cons. Solveig Cogliani e uditi per le parti gli Avvocati Carlo Castelli su delega dichiarata dell’Avvocato P F, U C e Mattia Pani su delega dell’Avvocato A C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I – Con il ricorso in appello indicato in epigrafe, l’istante censura la sentenza emessa dal primo giudice, con cui erano rigettati i ricorsi riuniti nn. 644 dl 1998 e 1664 del 1998, proposti dal medesimo per ottenere l’annullamento, quanto al primo, del provvedimento d.g. ASL 5 d Oristano prot. 3515 del 2008 di rigetto dell’istanza di immissione nei ruoli ASL e degli atti presupposti (tra i quali anche la delibera dello stesso d.g. n. 2744 del 1997, avente a d oggetto la revoca dell’incarico di veterinario coadiutore conferito con delibera del 1992 e gli atti del responsabile del servizio veterinario n. 884 del 1998 e 1234 del 1998);
quanto al secondo, del provvedimento del coordinatore generale dell’Assessorato igiene e sanità prot. n. 20655/1.4 del 1998, nella parte in cui era negato all’istante l’inquadramento nel 1° livello dirigenziale ai sensi dell’art. 34, l. n. 449 del 1997 e la declaratoria di illegittimità dell’inerzia protratta circa i provvedimenti di attuazione della medesima legge, con conseguente dovere per la Regione Sardegna di individuare le specifiche aree di attività specialistica.

Assume il dott. L i seguenti fatti:

- con delibera del 29 febbraio 1992 era nominato veterinario coadiutore per la vigilanza e l’ispezione veterinaria dei macelli avicoli nel territorio della ex U.S.L. 13 (poi A.S.L. 5) , ai sensi degli artt. 6 e 7, d.P.R. n. 264 dell’11 febbraio 1961, svolgendo l’attività per 38 ore a settimana;

- con delibera n. 2744 dell’1 dicembre 1997, la A.S.L. 5 disponeva la revoca dell’incarico in virtù della nuova pianta organica della ASL;

- tuttavia, lo stesso proseguiva la propria attività sino alla comunicazione degli atti di esecuzione intervenuti solo in data 30 gennaio 1998 (nota prot. n. 694 del 27 gennaio 1998 contenente l’invito a partecipare alla riunione per le nuove modalità di espletamento del servizio;
nota prot. 760 del 30 gennaio e pervenuta il 3 febbraio, con la quale era comunicato che le attività sarebbero state garantite dal 2 febbraio 1998 dal personale veterinario neoassunto;
passaggio delle consegne in data 6 febbraio 1998, data in cui il dott. L consegnava le chiavi dell’Ufficio veterinario);

- il 15 gennaio 1998, mentre dunque, asseritamente, prestava ancora servizio, il dott. L, avendo appreso della possibilità di cui all’art. 34 l. 27 dicembre 1997 per il personale convenzionato al 31 dicembre 1997, presentava richiesta per essere inquadrato a livello dirigenziale.

Di talché, erroneamente l’amministrazione avrebbe ritenuto cessato l’incarico alla data dell’1 dicembre 1997 (data di adozione della delibera n. 2744 del 1997 - nota del 9 febbraio 1998 prot. 3515), ai fini di ritenere non sussistenti i presupposti per l’applicazione della l. n. 449 del 1997 ed, altresì, illegittimamente il responsabile del servizio avrebbe affermato che la collaborazione doveva intendersi come riferita all’attività dei colleghi dei macelli privati e estranea al servizio veterinario pubblico (nota 380 del 30 gennaio 1998).

Il Tribunale di prime cure, tuttavia, riteneva che il rapporto di lavoro – a seguito della delibera n. 2744 dell’1 dicembre 1997 - si era protratto al di fuori della convenzione.

Avverso siffatta determinazione ha, dunque, proposto appello il L per contestare i seguenti profili:

1 – la sentenza sarebbe viziata per omessa pronunzia in ordine alla censura contenuta nel ricorso in primo grado, con cui si deduceva l’affissione della delibera n. 2744 del 1997 per soli dieci giorni anziché 15;
sicché nel momento dell’adozione della delibera prot. 3515 del 9 febbraio 1998 di reiezione dell’istanza di immissione in ruolo, la prima delibera non sarebbe stata efficace perché non pubblicata per il tempo minimo previsto dalla legge;
peraltro, tale principio si dedurrebbe anche da quanto espresso dalla Corte Suprema di Cassazione in relazione agli artt. 124 e 134 T.U.E.L. in riferimento agli atti non soggetti a controllo preventivo di legittimità;

2 – il richiamo all’art. 56, l. reg. n. 5 del 1995 sarebbe inconferente in quanto, anche nel caso di completo decorso del tempo di pubblicazione prescritto, la delibera di revoca della convenzione non avrebbe assunto efficacia se non successivamente all’esecuzione espressamente collegata all’adozione dei successivi atti da parte dei responsabili dei servizi AA.GG. e veterinario (ciò sarebbe confermato dal compimento degli atti successivi sopra citati) e, dunque, non prima del 6 febbraio 1998;

3 – la sentenza sarebbe erronea nella parte in cui stravolgerebbe il contenuto della sentenza n. 7500 del Tribunale di Oristano, affermando che il lavoro sarebbe proseguito al d fuori del rapporto convenzionale, in quanto al contrario tale pronunzia avrebbe affermato che l’azienda si era avvalsa della collaborazione in maniera consapevole e dunque che il rapporto sarebbe cessato solo in data 3 febbraio 1998;

4 – la sentenza sarebbe altresì viziata per omessa pronunzia in ordine agli altri motivi di ricorso:

- violazione della l. n. 241 del 1990, del principio del giusto procedimento, difetto di istruttoria e motivazione;
infatti, con riferimento alla richiesta di inquadramento, il direttore rispondeva solo con una nota senza compiere alcuna istruttoria;

- violazione dell’art. 5 dello Statuto dell’Azienda, poiché nel caso di specie avrebbe dovuto essere adottata una delibera secondo il procedimento previsto (delibera d.g. previo parere del direttore sanitario e del direttore amministrativo), anziché quanto disposto dall’art. 6 dello Statuto per le determine interne che presuppongono l’esistenza di un rapporto organico con l’azienda;

- eccesso di potere per perplessità, carenza di istruttoria, sviamento e contraddittorietà con riguardo alle spiegazione offerte al diniego di inquadramento;

- errore di presupposti e contraddittorietà;

- violazione dell’art. 48, l. n. 833 del 1978 e 34 l. n. 449 del 1997 ed eccesso di potere per irragionevolezza;

5 – con riferimento al secondo dei ricorsi promossi in primo grado, la sentenza sarebbe anche viziata per omessa pronunzia in ordine all’interpretazione dell’art. 34, l. n. 449 del 1997 ed eccesso di potere per irragionevolezza, avendo il provvedimento affermato che l’art. 34 menzionato si applicherebbe solo agli specialisti;
e con riferimento all’inerzia della R.A.S. nell’individuare le aree di attività specialistica ai sensi del menzionato art. 34, avendo la R.A.S. affermato che la mancata individuazione deriverebbe dal apposita direttiva ministeriale.

Si sono costituite la Regione autonoma della Sardegna e la A.T.S. - Azienda per la tutela della salute Sardegna (quale successore della A.S.L. 5 di Oristano) per resistere.

In particolare, la ATS ha evidenziato: 1 – l’irrilevanza della regolarità del termine di pubblicazione della delibera di revoca dell’incarico, in quanto, essa, assunta in data 1 dicembre 1997, era portata a conoscenza dell’interessato in data 10 dicembre 1997 (come affermato nella sentenza del Tribunale di Oristano n. 75 del 2000 e nel ricorso di primo grado) e dunque, avrebbe dovuto essere impugnata nel termine decadenziale di 60 giorni, mentre il ricorso era notificato solo in data 1 aprile 1998 (eccezione già svolta in primo grado);

- quanto all’efficacia della delibera, essa non potrebbe connettersi all’ultimo giorno di pubblicazione;

- quanto al disposto della sentenza del giudice ordinario, in disparte la non vincolatività come giudicato per il giudice amministrativo, essa non avrebbe accolto la domanda di disapplicazione della delibera gravata;

- quanto alla riproposizione dei vizi dedotti in primo grado, con riferimento alla determina del d.g., essi semmai sarebbero mere irregolarità, mentre non sarebbe comunque invocabile l’art. 34, l. n. 449 del 1997, per la mancanza del rapporto convenzionale presupposto dalla norma e non avendo la Regione Sardegna provveduto ad individuare le attività specialistiche destinate all’incremento di operatori la norma presupporrebbe;

- la statuizione di rigetto rimarrebbe, dunque, valida, rendendo irrilevante l’ulteriore censura ed anche inammissibile il ricorso avverso la delibera n. 3515 del 1998.

A seguito di ulteriori memorie, la causa è venuta in discussione all’udienza dell’11 gennaio 2018 ed è stata trattenuta in decisione.

II – La controversia in argomento si incentra sulla spettanza, vantata da parte appellante, dell’inquadramento nei ruoli della ex A.S.L. 5 in forza dell’attività convenzionale svolta ai sensi dell’art. 34, l. n. 449 del 1997, a mente del quale “ 1. Entro il 31 marzo 1998 le regioni individuano aree di attività specialistica con riferimento alle quali, ai fini del miglioramento del servizio, inquadrano, con decorrenza dal 1 luglio 1998, a domanda ed anche in soprannumero, nel primo livello dirigenziale, con il trattamento giuridico ed economico previsto dal contratto collettivo nazionale, gli specialisti ambulatoriali a rapporto convenzionale, medici e delle altre professionalità sanitarie, che alla data del 31 dicembre 1997 svolgano esclusivamente attività ambulatoriale con incarico non inferiore a ventinove ore settimanali nell'ambito del sanitario nazionale e che a tale data non abbiano superato i 55 anni di età” .

Presupposto imprescindibile per l’inquadramento suddetto – tra gli altri – è, dunque, la sussistenza di un incarico non inferiore a ventinove ore a settimana alla data del 31 dicembre 1997. Di qui sorge la contestazione dell’appellante in ordine alla efficacia della delibera di revoca dell’incarico in convenzione.

Dispone l’art.56, l. reg. n. 5 del 1995 che “ Gli atti delle aziende-USL e delle aziende ospedaliere non soggetti al controllo preventivo di cui all’articolo 54 sono esecutivi dal giorno della pubblicazione”.

III - Osserva il Collegio che l’assunto di parte appellante si fonda sulla confusione tra efficacia ed esecutorietà della delibera. In vero, in relazione ai provvedimenti si suole distinguere l'efficacia in senso stretto dall'esecutività, essendo la prima la suscettibilità a produrre effetti giuridici e la seconda la possibilità di porre in essere le attività materiali che danno esecuzione al provvedimento. L'esecutività presuppone l'efficacia ma può non coincidere con essa, laddove lo preveda la legge o lo stesso provvedimento. A mente dell'art. 21 ter della l. n. 241 del 1990, infatti, il requisito dell'esecutorietà non appartiene automaticamente a tutti i provvedimenti amministrativi costitutivi di obblighi nei confronti dei destinatari. Il citato articolo prevede, infatti, che la pubblica amministrazione può solo nei casi e nei modi previsti dalla legge, imporre coattivamente l'adempimento di obblighi nei suoi confronti in caso di mancato spontaneo adempimento da parte del destinatario e previa, comunque, diffida nei suoi confronti.

Orbene, nella specie, la legge regionale imponeva la pubblicazione - in disparte la disquisizione svolta in atti in ordine alla necessità del decorso dell’ultimo giorno di pubblicazione o meno - per l’esecutività della delibera.

Ed, infatti, come riferito dallo stesso istante, l’Amministrazione ha posto in essere, a seguito dell’assunzione dell’esecutività da parte del provvedimento, tutta una serie di atti tesi a rendere ‘materialmente’ effettive le conseguenze del provvedimento assunto.

Ciò non comporta, tuttavia, che il provvedimento fosse già prima efficace ovvero suscettibile di produrre effetti giuridici. Così, dunque, anche ai fini di quanto disposto dall’art. 34, l. n. 449 del 1997.

IV - Rispetto a tale rilievo risulta inconferente anche ogni diversa ed ulteriore determinazione del giudice del lavoro che si è pronunziato semmai sul periodo relativo alla mancata ‘esecuzione’ del provvedimento di revoca dell’incarico e per profili del tutto diversi ed estranei alla presente controversia.

V - Ne consegue che, mancando il presupposto ‘minimo’ per l’applicabilità dell’art. 34 evocato, risultano irrilevanti tutte le altre censure relative ai provvedimenti impugnati per difetto di interesse in capo all’istante.

VI - Per completezza – oltre ai rilevati profili di carenza di interesse, in ragione di quanto sin qui evidenziato, quanto alla forma della delibera n. 2744 del 1997, devono condividersi le conclusioni in ordine alla riconducibilità alla categoria dell’irregolarità delle deduzioni di parte appellante.

Ne consegue che l’appello deve essere respinto, rimanendo in tutto valida la conclusione del primo giudice in ordine alla non sussistenza del presupposto per l’applicazione della norma invocata da parte del ricorrente in primo grado e, dunque, alla legittimità della motivazione del provvedimento di diniego dell’inquadramento, pur se con l’ulteriore precisazione in motivazione sopra svolta al punto III.

VII - Spese del presente grado di giudizio compensate in ragione della particolarità della fattispecie esaminata e della natura della controversia.

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