Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-12-10, n. 202007850

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-12-10, n. 202007850
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202007850
Data del deposito : 10 dicembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/12/2020

N. 07850/2020REG.PROV.COLL.

N. 10644/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10644 del 2019, proposto da Prima Gli Ultimi - Associazione di Promozione Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati F T e G D L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato F T in Brescia, via delle Battaglie, n.50;

contro

Comune di Parma, in Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocato A R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Milizie, n. 1;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, sezione staccata di Parma (Sezione Prima), n. 132/2019, resa tra le parti, concernente l’annullamento della DCC n. 72 del 30/07/2018 avente ad oggetto il Regolamento per il sostegno economico ai progetti di vita a favore delle persone con disabilità, nonché degli atti preordinati, conseguenti e comunque connessi.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Parma;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 novembre 2020, svoltasi in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25, comma 1, d.l. 28 ottobre 2020, n. 37, il Consigliere Paola Alba Aurora Puliatti e presenti, ai sensi di legge, mediante deposito di note di udienza, gli Avvocati F T e G D L, per la parte appellante, e l’Avvocato A R per il Comune appellato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Con ricorso al TAR per l’Emilia Romagna, Sezione di Parma, r.g.n. 277/2018, l’associazione “Prima gli Ultimi”, costituitasi ex D.lgs. n. 117/2017 in data 27.6.2018, ha chiesto l’annullamento del regolamento n. 72 del 30 luglio 2018, con cui il Comune di Parma ha disciplinato le modalità di sostegno economico ai “progetti di vita” in favore delle persone con disabilità residenti nel Distretto di Parma.

Il Regolamento definisce “Progetto di vita” il documento programmatico a medio-lungo termine che pianifica la piena realizzazione esistenziale della persona con disabilità;
per la sua attuazione operativa fa riferimento al “budget di progetto” che definisce “l’insieme di tutte le risorse umane, economiche, strumentali, da poter utilizzare in maniera flessibile, dinamica e integrata, messe in campo dalla persona con disabilità, dalla sua famiglia, dalle istituzioni, dal privato sociale e dai soggetti attivi del territorio in generale.”.

2.- L’associazione ricorrente ha dedotto l’illegittimità dell’atto impugnato in quanto avrebbe imposto le componenti economiche degli interventi a carico dell’utente non solo sulla base e in proporzione al suo ISEE socio-sanitario, ma anche ponendo a fondamento un criterio economico aggiuntivo, individuato nelle “entrate effettivamente disponibili”.

3.- Con la sentenza in epigrafe, il TAR ha ritenuto fondate le eccezioni in rito sollevate dal Comune dichiarando inammissibile il ricorso, con condanna alle spese dell’associazione ricorrente.

In particolare, il TAR ha ritenuto carente la legittimazione ad agire dell’associazione per difetto del requisito di rappresentatività e perché non dimostrato alcun interesse generale, attuale e concreto ad evitare un pregiudizio per l’intera categoria che vorrebbe rappresentare.

4.- Con l’appello in esame, la ricorrente denuncia l’erroneità e ingiustizia della sentenza, di cui chiede la riforma, e ripropone le censure non esaminate in primo grado.

5.- Si è costituito in giudizio il Comune intimato che insiste per la declaratoria di inammissibilità e infondatezza dell’appello.

6.- Alla pubblica udienza del 19 novembre 2020, la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

1.- L’appello merita accoglimento.

2.- E’ fondato il motivo con cui l’associazione ricorrente censura la sentenza per aver dichiarato carente la legittimazione attiva.

2.1.- Il Tar ha ritenuto che la legittimazione ad agire delle associazioni come quella ricorrente – “che è un ente esponenziale spontaneo che si qualifica motu proprio come difensore di alcuni valori” - presuppone la rappresentatività, la stabilità e la continuità dell’attività svolta, al momento della presentazione del ricorso.

L’associazione “Prima gli Ultimi” è stata costituita subito prima della presentazione del ricorso, con la finalità di fatto di proporre l’impugnazione e non risulta avere svolto nel tempo alcuna attività significativa da cui dedurre l’esistenza di un’azione stabile e continuativa prima della presentazione del ricorso stesso.

Sotto altro, concorrente profilo, il TAR ricorda come la legittimazione attiva delle associazioni nel processo amministrativo richiede che l'interesse tutelato sia comune a tutti gli associati;
l’associazione ricorrente non avrebbe dimostrato di avere alcun interesse generale, attuale e concreto, ad evitare un pregiudizio per l’intera categoria che vorrebbe rappresentare.

2.2.- La ricorrente denuncia la motivazione carente e contraddittoria della sentenza sui richiamati profili, la violazione degli artt. 24 Cost., 9 L. 241/90, 39 c.p.a. e 100 c.p.c., l’errata applicazione dei principi giurisprudenziali in ordine alla legitimatio ad causam .sui requisiti di rappresentatività, stabilità e continuità.

L’associazione afferma la sussistenza di un adeguato grado di rappresentatività e stabilità con riguardo alla categoria degli interessi di cui è portatrice, richiamando l’orientamento giurisprudenziale in materia di tutela di interessi collettivi che ha attribuito la legittimazione ad agire finanche ad un comitato spontaneo di cittadini appena costituito, pur non potendo dimostrare un suo radicamento storico con il territorio interessato ed una propria rappresentatività (C.d.S., Sez. I, parere 29.5.2019 n. 1601;
Sez. VI, 23 maggio 2011 n. 3107).

L’associazione ricorrente, benché costituitasi poco prima della proposizione del ricorso, perseguendo statutariamente la difesa dei diritti e degli interessi dei soggetti disabili e, in special modo, la tutela del loro diritto costituzionalmente garantito alla salute ed all’assistenza sociale ed essendo, peraltro, radicata nel territorio del Distretto di Parma, ove i propri associati usufruiscono dei servizi regolati dall’impugnato provvedimento, possiede tutti i requisiti richiesti per poter promuovere il ricorso (cfr. art. 2 Statuto).

Sotto altro profilo, la sentenza violerebbe gli artt. 39 c.p.a e 100 c.p.c. in quanto erroneamente ritiene non sussistere un interesse collettivo ed omogeneo riferibile all’intera categoria rappresentata;
al contrario, dall’accoglimento delle doglianze formulate non si produrrebbe alcun pregiudizio per taluni soggetti appartenenti alla categoria rappresentata.

2.3.- Il Comune resistente eccepisce che l’associazione non dimostra di essere titolare di un interesse diffuso: al momento della proposizione del ricorso, non era rappresentativa di alcun interesse “alla tutela dei disabili”, perché non presentava una compagine associativa idonea ad indentificare un gruppo sufficientemente numeroso e “qualitativamente” caratterizzato, non aveva identificato un territorio di riferimento e non aveva svolto con continuità alcuna attività.

La sede dell’associazione o il luogo di nascita e/o di residenza di sette persone, pur animate da uno scopo più che meritevole, non può essere considerato un collegamento stabile con una “zona di riferimento” non identificata.

3.- Il Collegio ritiene sussistere la legittimazione attiva dell’associazione ricorrente.

3.1.- Va, innanzitutto, sgombrato il campo dai dubbi circa la natura collettiva dell’interesse fatto valere.

Sul tema del riconoscimento della legittimazione attiva dinanzi al giudice amministrativo degli enti esponenziali di interessi collettivi, sui presupposti di tale legittimazione e sulla stessa nozione di interesse collettivo, si è di recente pronunciata l’Adunanza Plenaria n. 6 del 20 febbraio 2020, che, nello specifico, ha riaffermato una giurisprudenza ben risalente di oltre cinquant’anni, ribadendo, innanzitutto, la non necessità, ai fini dell’impugnazione dell’atto amministrativo, di una legittimazione straordinaria conferita dal legislatore, ben potendo il giudice, all’esito di una verifica concreta della rappresentatività, ammettere l’esercizio dell’azione anche al di fuori di casi tassativamente indicati ex lege .

L’Adunanza Plenaria ha rilevato l’attualità dell’orientamento giurisprudenziale del c.d. criterio del doppio binario di accertamento, secondo il quale gli enti collettivi e in primo luogo le associazioni, ove presentino determinati requisiti da accertare caso per caso (effettiva rappresentatività, finalità statutaria, stabilità e non occasionalità e, in talune circostanze, anche collegamento con il territorio), sono legittimati all’impugnazione a tutela di interessi collettivi, a prescindere da una specifica disposizione legislativa.

L’Adunanza Plenaria sottolinea l’evoluzione dell’ordinamento e il percorso compiuto dal legislatore (a partire dalla storica disposizione di cui all’art. 18, comma 5 della l. 349 del 1986 che riconosceva la legittimazione ad agire alle associazioni ambientaliste ricomprese in apposito elenco presso il Ministero dell’ambiente) che riconosce oggi largamente la tutela di interessi collettivi e diffusi, ad es. l’interesse dei consumatori “anche in forma collettiva e associata” (art. 2 del codice del consumo), la legittimazione delle associazioni di categoria “maggiormente rappresentative” (art. 4, comma 2, dello Statuto delle imprese L. 180/2011) edi “associazioni e comitati portatori di interessi diffusi” legittimati, in via generale, ad intervenire nel procedimento amministrativo (art. 9 della legge n. 241/1990).

Il percorso compiuto dal Legislatore, scrive l’Adunanza plenaria, è stato “ contraddistinto dall’esistenza di un diritto vivente che secondo una linea di progressivo innalzamento di tutela ha dato protezione giuridica ad interessi sostanziali diffusi (ossia condivisi e non esclusivi) riconoscendone il rilievo per il tramite di un ente esponenziale che se ne assume statutariamente e non occasionalmente la rappresentanza” .

L’emersione positiva dell’esigenza di protezione giuridica di interessi diffusi è in linea con il ruolo che l’art. 2 Cost. assegna alle formazioni sociali, oltre che con la più evoluta impostazione del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118 Cost..

La legittimazione attiva si ricava, dunque, in via generale, dal possesso dei requisiti a tal fine individuati dalla giurisprudenza.

La natura collettiva dell’interesse è connotata dal fatto che un interesse originariamente diffuso, quindi adesposta, che attiene a beni a fruizione collettiva, si “personalizza” in capo a un ente esponenziale, munito di dati caratteri (stabilità, continuità, rappresentatività) e diviene per tale via un interesse legittimo proprio dell’ente (il che esclude la sostituzione processuale vietata dall’art. 81 c.p.c.).

L’interesse diffuso è un interesse sostanziale che eccede la sfera dei singoli per assumere una connotazione condivisa e non esclusiva, quale interesse di “tutti” in relazione ad un bene dal cui godimento individuale nessuno può essere escluso ed il cui godimento non esclude quello di tutti gli altri.

La mera rilevanza indiretta per la generalità degli appartenenti alla categoria di una controversia relativa a singoli associati non potrebbe, in altri termini, essere idonea a trasformare la controversia da individuale a collettiva (C.d.S. V 12.3.2019, n. 1640).

In altri termini, la giurisprudenza individua il fondamento della legittimazione ad causam delle associazioni non nella rappresentanza di interessi individuali “seriali”, ovvero plurimi interessi legittimi individuali di uguale tenore, ma nella titolarità di un interesse "collettivo" geneticamente derivante da un processo di impersonificazione di interessi c.d. "diffusi", ossia interessi omogeneamente distribuiti nella collettività o nella categoria di riferimento, sebbene giuridicamente latenti, in quanto non dotati, a livello individuale, di rilievo giuridico immediato in ragione dell'insussistenza del requisito della differenziazione che tradizionalmente qualifica la situazione giuridica dell'interesse legittimo (cfr. A.P. n. 6/2020 cit;
Consiglio di Stato, sez. III, 02/03/2020, n. 1467, che richiama C.d.S., Sez. V, 9.3.1973, n. 253; Cass., S.U., 8.5.1978, n. 2207;
Consiglio di Stato, A.P., 19.11.1979, n. 24).

L’"l'interesse collettivo è una "derivazione" dell'interesse diffuso, non già una "superfetazione" o una "posizione parallela" di un interesse legittimo comunque ascrivibile in capo ai singoli componenti della collettività", pur essendo ben possibile che un provvedimento amministrativo incida al contempo anche su interessi individuali, autonomamente azionabili (C.d.S. Sez. III, 1467/2020).

3.2.- Alla luce di tali premesse, ritiene il Collegio che possa affermarsi che l’associazione ricorrente sia portatrice di un interesse collettivo, nel senso chiarito dalla giurisprudenza.

L’interesse di cui si afferma ente esponenziale l’Associazione ricorrente è un interesse sostanziale non meramente coincidente con la somma degli interessi individuali dei fruitori dei servizi socioassitenziali del Comune di Parma e, men che mai, con una parte soltanto degli stessi.

Si tratta, infatti, a ben vedere, di un interesse collettivo nel senso definito dalla giurisprudenza richiamata, ovvero collegato ad un “bene a godimento diffuso e non esclusivo”, riferibile alla collettività di un determinato territorio oggetto della regolamentazione impugnata e in questa dimensione collettiva non tutelabile se non per il tramite dell’ente che ne assume la rappresentanza, in quanto proprio dell'intera categoria presso la quale la diffusione del bene è omogeneamente riscontrabile.

Vanno considerate, a tal fine, infatti, le finalità statutarie dell’Associazione.

L’Associazione ricorrente è una associazione di promozione sociale ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. n. 117 del 3 luglio 2017 (Codice del Terzo settore), in quanto tale non ha scopo di lucro e persegue finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, mediante lo svolgimento in favore dei propri associati, di loro familiari o di terzi di una o più attività di interesse generale, avvalendosi in modo prevalente dell’attività di volontariato dei propri associati.

Scopi statutari sono la tutela dei diritti e bisogni delle persone disabili e genericamente “deboli” e delle loro famiglie, nei rapporti con le Pubbliche Istituzioni e in particolare: la tutela degli standard dei servizi socio-sanitari territoriali;
la garanzia, il rispetto e l’attuazione delle leggi a tutela dei disabili (legge n. 104, legge n. 112 e il “Dopo di Noi”);
la rappresentanza della “voce” degli “ultimi”, affrontando i nuovi problemi delle realtà sociali;
l’organizzazione di iniziative e progetti di lavoro e culturali per aiutare lo sviluppo e la crescita armonica delle persone più deboli;
il divenire parte attiva nell’instaurare un dialogo tra cittadini e istituzioni al fine di portare all’attenzione degli Organi Amministrativi Comunali, Regionali e Nazionali le realtà delle persone più fragili;
l’organizzazione di eventi sociali, culturali e qualsiasi altra attività utile al raggiungimento delle finalità associative;
la promozione di azioni giudiziali e di contrasto ai fenomeni di discriminazione, per poter garantire agli associati una maggiore tutela dei diritti (art. 2 dello Statuto- doc 3 prodotto in I grado).

Lo statuto rende evidente che l’Associazione si fa portatrice di un interesse “meta-individuale”, di carattere diffuso, ovvero dell’interesse alla protezione della dignità e pari opportunità delle persone più fragili ed esposte, disabili e non solo, interesse questo appartenente alla c.d. parte “debole” della comunità territoriale, ma, in definitiva, a tutte le persone della società civile che condividono una visione contributiva di “umanità” e l’aspirazione ad una cittadinanza concretamente democratica, egualitaria e solidaristica.

E’ evidente che accanto all’interesse legittimo dei singoli soggetti destinatari del regolamento impugnato alla corretta determinazione della compartecipazione ai “progetti di vita” offerti dal comune di Parma, vi è un interesse collettivo, addirittura così ampio, nei termini descritti, da sfiorare potenzialmente l’intera comunità territoriale, derivante dalla diffusione nella comunità di interessi omogenei, non meramente individuali e azionabili uti singuli , che trovano la loro origine in principi fondamentali di carattere costituzionale (artt. 2, 3 e 32 Cost.).

D’altra parte, sarebbe in contraddizione con lo spirito che ha animato l’art. 5 della legge delega n. 106/2016 e il D.lgs. n. 117 / 2017 (Codice del Terzo settore) sulle attività di volontariato e di promozione sociale, consentire, per un verso, lo svolgimento di attività anche d’impresa per finalità civiche solidaristiche e di utilità sociale, in attuazione dei richiamati principi costituzionali, e per altro verso, non ritenere che le associazioni così costituite possano accedere alla tutela giurisdizionale in quanto titolari di interessi collettivi, perché, diversamente ragionando, si tratterebbe di un riconoscimento per così dire “monco” dell’associazionismo a fini di interesse sociale generale.

Pertanto, il Collegio non condivide la considerazione del primo giudice secondo cui l’associazione ricorrente (“ ente esponenziale spontaneo che si qualifica motu proprio come difensore di alcuni valori ”) non possiede carattere di rappresentatività.

3.3. - Quanto ai requisiti di stabilità e continuità della rappresentatività dell’Associazione ricorrente, il Collegio ritiene di esprimere una valutazione positiva.

Si è già detto che la ricorrente è associazione di persone a fini di promozione sociale regolarmente costituita a norma del codice civile e che esplica per statuto la propria attività di interesse generale, come stigmatizzata dall’art. 5, comma 1 lett. a) del D.lgs. n. 117/2017.

Né può attribuirsi rilevanza decisiva in senso negativo alla circostanza che l’associazione sia stata costituita il 27 giugno 2018, solo qualche mese prima della proposizione del ricorso (depositato l’8 novembre) e che inizialmente siano solo sette i soci che ne fanno parte.

Se l’elemento temporale fosse dirimente si impedirebbe in modo irragionevolmente discriminatorio a formazioni sociali di nuova costituzione, per il cui riconoscimento giuridico ai sensi di legge, tra l’altro, non è richiesto un numero minimo di componenti o di soci costituenti, di accedere agli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione per la tutela di situazioni giuridiche protette, in violazione dei principi espressi dagli artt. 2, 3 e 39 Cost.. Ed ancora, attribuire all’elemento temporale – la più o meno recente costituzione – tale funzione di discrimine, introdurrebbe un indebito elemento discrezionale se non arbitrario la cui delimitazione – in mesi? in giorni? in anni? – o valutazione non è, del resto, in alcun modo dalla legge considerata né, quindi, attribuita a qualsivoglia organismo.

Neppure può fondatamente sostenersi che l’associazione sia “nata in funzione dell’impugnativa di singoli atti e provvedimenti”.

La circostanza che il primo atto concreto compiuto per la realizzazione delle finalità statutarie sia la proposizione dell’impugnazione avverso il regolamento del Comune di Parma non dimostra l’occasionalità della rappresentatività dell’interesse collettivo che l’associazione ha assunto.

La ricorrente ha fornito in giudizio elementi di prova convincenti circa la continuità delle azioni svolte nel territorio in coerenza con gli scopi statutari successivamente alla proposizione del ricorso, che il Collegio ritiene sufficienti a dimostrare la continuità della sua azione (cfr. doc da 3 a 15: il 18.11.2018, presentazione alle scuole medie di iniziative contro il bullismo;
manifesto-film del 2 gennaio 2019 a tutela dei diritti degli anziani e disabili;
presentazione del progetto-osservatorio dei regolamenti comunali, in data 26 e 27 novembre 2018, alla Presidente regionale della Commissione per la Parità e i Diritti delle Persone, al Presidente Commissione regionale per la Salute e Politiche Sociali e ai Sindaci dei comuni dell’Emilia Romagna;
istanze – denuncia al Difensore Civico della Regione in data 28 febbraio e 6 giugno 2019 circa l’illegittima applicazione da parte dei Comuni romagnoli della normativa nazionale concernente l’ISEE;
in data 6 settembre 2019, richiesta di audizione da parte della Commissione Speciale d’inchiesta circa il sistema di tutela dei minori).

3.4.- Quanto al requisito dell’omogeneità degli interessi rappresentati e dell’attualità e concretezza dell’interesse fatto valere, il Collegio non condivide le considerazioni svolte dal TAR, secondo cui il ricorso evidenzia un “conflitto di interessi” per il fatto di avere di mira il ripristino della precedente disciplina regolamentare comunale, in cui la compartecipazione alla quota sociale dei servizi sarebbe distribuita senza distinzione rispetto alle risorse effettivamente disponibili da parte dell’utente e, dunque, sarebbe potenzialmente pregiudizievole per alcuni soggetti astrattamente rappresentati dall’associazione, che, invece, trarrebbero beneficio dalla nuova regolamentazione comunale.

Osserva il Collegio, innanzitutto, che, secondo l’insegnamento dell’A.P. 6/2020 cit., “ la diversità ontologica dell’interesse collettivo accertata esclude in radice la necessità di una indagine in termini di omogeneità (oltre che degli interessi diffusi dal quale quello collettivo promana, anche) degli interessi legittimi individuali eventualmente lesi dall’esercizio del potere contestato. ”.

In ogni caso, va precisato che l’Associazione ricorrente non ha chiesto il ripristino del precedente sistema regolatorio, ma si limita a denunciare l’illegittima applicazione da parte del Comune di Parma col regolamento impugnato della normativa nazionale vigente concernente l’ISEE, unico strumento legittimo per valutare la situazione economica di soggetti non autosufficienti che chiedono l'accesso alle prestazioni sociali agevolate, ad esclusione di altre indennità corrisposte a titolo compensativo della situazione personale di disagio (indennità di accompagnamento, pensione di invalidità), e di altre “disponibilità economiche” proprie o della famiglia, senza che residui in capo al Comune alcuna discrezionalità in proposito.

Tale prospettazione astratta non sembra al Collegio evidenziare alcun potenziale conflitto di interessi all’interno della categoria rappresentata, limitandosi l’associazione ricorrente a dedurre la violazione di norme vigenti a tutela di tutti gli appartenenti alle categorie di fruitori delle prestazioni contemplate dal DPCM n. 159/2013.

Se concretamente un diverso trattamento tra i diversi soggetti disabili deriva dall’applicazione delle norme invocate (e dall’annullamento del regolamento comunale impugnato) ciò si verifica come conseguenza oggettiva e diretta della invocata normativa vigente e delle diverse situazioni economiche soggettive e non a causa della presunta promozione in giudizio di alcuni interessi individuali a discapito di altri.

Dunque, in conclusione, non difetta la rappresentatività in capo all’Associazione ricorrente che si limita a richiedere l’applicazione degli indicatori reddituali stabiliti dalla normativa nazionale per tutti gli appartenenti alla categoria rappresentata, a prescindere dagli effetti concreti che conseguirebbero in caso di accoglimento della pretesa.

4. - Nel merito, la società ricorrente deduce i seguenti vizi:

I.- Violazione degli artt. 2, 3, 4, 6 del D.P.C.M. n. 159/2013, artt. 25, 8, co. 3, lett. g) L. 328/2000, art. 49 L.R. 2/2003, art. 6

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