Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2011-01-13, n. 201100165

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2011-01-13, n. 201100165
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201100165
Data del deposito : 13 gennaio 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08558/2010 REG.RIC.

N. 00165/2011 REG.SEN.

N. 08558/2010 REG.RIC.

N. 08669/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8558 del 2010, proposto da:
G G, rappresentato e difeso dall'avv. C M, con domicilio eletto presso l’avv. C M in Roma, via Montecervialto n. 165;

contro

Movimento Difesa del Cittadino (MDC) ed A L, rappresentati e difesi dall'avv. G P, con domicilio eletto presso l’avv. G P in Roma, corso del Rinascimento n. 11;

nei confronti di

Regione Lazio;
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato e domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
G S, rappresentato e difeso dagli avv. Giovanni Pitruzzella e Fabrizio P, con domicilio eletto presso l’avv. Fabrizio P in Roma, piazza Orazio Marucchi n. 5;
E D S, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Claudia I, con domicilio eletto presso l’avv. Maria Claudia I in Roma, via Maria Adelaide n. 12;
A B, rappresentato e difeso dall'avv. Luca D R, con domicilio eletto presso l’avv. Luca D R in Roma, via della Consulta n. 50;
Ivano Peduzzi;
Fabio Nobile;
Giuseppe Rossodivita;
Rocco Berardo;
P P, rappresentato e difeso dagli avv. F S e F M, con domicilio eletto presso l’avv. F M in Roma, via G.B. Martini n. 2;
A S, rappresentato e difeso dagli avv. Ignazio A, Luigi M, Carlo Prozzo e Giuliano Bologna, con domicilio eletto presso l’avv. Luigi M in Roma, via Panama n. 58;



sul ricorso numero di registro generale 8669 del 2010, proposto da:
E D S, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Claudia I, con domicilio eletto presso l’avv. Maria Claudia I in Roma, via Maria Adelaide n. 12;

contro

Movimento Difesa del Cittadino (MDC) ed A L, rappresentati e difesi dall'avv. G P, con domicilio eletto presso l’avv. G P in Roma, corso del Rinascimento n. 11;

nei confronti di

Regione Lazio, rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Saverio M, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco Saverio M in Roma, via dei Monti Parioli n. 48;
Ministero dell'Interno;
G S;
Ivano Peduzzi;
Fabio Nobile;
Giuseppe Rossodivita;
Rocco Berardo;A S;
G Gnelli, rappresentato e difeso dall'avv. C M, con domicilio eletto presso l’avv. C M in Roma, via Montecervialto n. 165;
A B, rappresentato e difeso dall'avv. Luca D R, con domicilio eletto presso l’avv. Luca D R in Roma, via della Consulta n. 50;
P P, rappresentato e difeso dagli avv. F S e F M, con domicilio eletto presso l’avv. F M in Roma, via G.B. Martini n. 2;

entrambi per la riforma

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione II Bis n. 32495/2010, resa tra le parti, concernente

PROCLAMAZIONE ELETTI CONSIGLIO REGIONALE LAZIO

28 E 29

MARZO

2010


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno, Movimento Difesa del Cittadino (MDC) ed A L, G S, E D S, A B, P P, A S, Regione Lazio e G Gnelli;

Visti gli appelli incidentali di G S e di MDC ed A L;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2010 il Cons. Angelica Dell'Utri e uditi per le parti gli avvocati M, P, P, I, D R, A, M, C, su delega dell'avv. M, e l'avv. dello Stato Venturini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I.- Nei giorni 28 e 29 marzo 2010 si sono svolte le consultazioni per il rinnovo del Consiglio regionale del Lazio, per il quale l’art. 3 della l.r. n. 2 del 2005 prevede la composizione in 70 membri oltre al Presidente della Regione e l’elezione di 56 consiglieri sulla base di liste circoscrizionali, nonché dei restanti 14 con sistema maggioritario insieme al Presidente. Proclamati su base proporzionale da parte degli Uffici centrali circoscrizionali 44 candidati su 56, l’Ufficio centrale regionale ha assegnato alle diverse liste provinciali i 12 ulteriori seggi da attribuire su base proporzionale ed ha proclamato eletti il Presidente ed i 14 candidati della relativa lista regionale. Peraltro, constatato che i seggi assegnati alla lista regionale ed alle collegate liste provinciali non raggiungeva la percentuale del 60% dei totale dei seggi del Consiglio regionale, ritenuta l’applicabilità dell’art. 15, co. 13, n. 8, della legge 17 febbraio 1968 n. 108 (come modificato dall’art. 3 della legge 23 febbraio 1995 n. 43) “per effetto del richiamo di cui alla legge regionale 2/2005”, ha individuato in 3 i seggi aggiuntivi occorrenti per raggiungere l’anzidetta quota del 60%, assegnandone due al gruppo di liste “R P Presidente”, di cui uno alla circoscrizione di Latina e l’altro alla circoscrizione di Frosinone, ed uno al gruppo di liste “Il Popolo delle Libertà”, circoscrizione di Viterbo. Sono risultati eletti per tali seggi rispettivamente i signori G S (circoscrizione di Latina), Enzo di Stefano (circoscrizione di Frosinone) e G G (circoscrizione di Viterbo).

Avverso i relativi atti (paragrafo 15 del verbale 30 marzo-15 aprile 2010 dell’Ufficio centrale regionale;
verbale del 16 aprile 2010 dell’Ufficio centrale circoscrizionale di Frosinone;
verbale del 19 aprile 2010 dell’Ufficio centrale circoscrizionale di Latina;
verbale del 16 aprile 2010 dell’Ufficio centrale circoscrizionale di Viterbo) sono insorti avanti al TAR per il Lazio il Movimento Difesa del Cittadino (MDC), associazione di promozione sociale iscritta nell’elenco ex art. 137 del d.lgs. n. 206 del 2005, ed il signor A L, cittadini elettore. I signori S, D S e G hanno proposto ricorso incidentale. Il signor A S, elettore e presentatore della lista “R P Presidente”, è intervenuto in giudizio ad opponendum ed ha poi anch’esso proposto ricorso incidentale.

Con sentenza 27 settembre 2010 n. 32495 è stato accolto il ricorso principale e dichiarati in parte inammissibili ed in parte respinti i ricorsi incidentali;
di conseguenza, sono stati annullati in parte qua i verbali impugnati.

II.- Con atto notificato i giorni 6, 7 ed 8 ottobre 2010 e depositato il 14 seguente il signor G G ha appellato detta pronuncia, all’uopo deducendo:

1.- Sull’infondatezza del ricorso principale e illegittimità della sentenza di accoglimento.

Il TAR si è basato essenzialmente su due ordini di argomentazioni: secondo la prima, la fissazione del numero dei consiglieri regionali sarebbe compresa, ai sensi dell’art. 123 Cost., nelle materie della forma di governo e dei principi di funzionamento riservate alla potestà statutaria, sicché l’art. 3 della l.r. n. 2 del 2005 si sarebbe limitato a riprodurre la norma statutaria, non potendo disporre diversamente;
secondo l’altra, il meccanismo della quota aggiuntiva dei seggi prevista dal c.d. “tatarellum” non sarebbe comunque applicabile al sistema di elezione laziale in quanto sostituito da quello, introdotto dal menzionato art. 3, co. 1, della legge regionale, relativo all’elezione, insieme al Presidente e con sistema maggioritario, dei 14 candidati della rispettiva lista regionale, il quale rispetterebbe anche il primo principio della legge-cornice n. 165 del 2004 della stabilità della maggioranza in uno a quello della rappresentanza delle minoranze. Ha poi concluso nel senso che, anche nell’ipotesi di antinomia tra statuto e legge regionale, prevarrebbe la norma del primo perché presidiata da riserva di competenza e quindi “svincolata” dalla legislazione statale e regionale.

1.1.- In tal modo il primo giudice ha omesso di motivare in ordine alla pretesa inerenza del numero dei consiglieri alla “forma di governo” e ai “principi fondamentali di organizzazione e funzionamento”. In realtà, il detto numero non attiene alla “consistenza rappresentativa” (del Consiglio regionale), tale concetto-istituto essendo collegato al corpo elettorale;
neppure è utile il richiamo alla pronunzia n. 3 del 2006 della Corte cost. ed all’assenza nel vigente testo dell’art. 122, co. 1, Cost. della parola “numero” (dei consiglieri regionali), poiché la pronuncia non ha affrontato il nodo della riconducibilità del numero dei consiglieri regionali alla riserva statutaria e l’assenza del termine “numero” non implica automatica ed implicita devoluzione della corrispondente competenza alla potestà statutaria. Più semplicemente, il legislatore costituzionale ha ritenuto la composizione numerica del consiglio regionale rientrante nella macro-materia della legislazione elettorale attribuita alla potestà legislativa regionale, in ordine alla quale ha inteso evitare una inutile duplicazione. Inoltre, all’affermazione dell’inerenza del numero dei consiglieri alla forma di governo ed ai principi di organizzazione e funzionamento ostano la mancanza di espressa previsione in tal senso del cit. art. 123 Cost., la natura ontologicamente indefinita ed indefinibile sul piano del diritto positivo dell’espressione “forma di governo”, il rapporto osmotico tra meccanismo elettorale e forma di governo, il principio di inderogabile distribuzione orizzontale della competenza normativa tra statuto e legge regionale, l’incompatibilità assoluta tra norma di dettaglio di fissazione del numero dei componenti del consiglio regionale e principi di organizzazione e funzionamento. Difatti l’antinomia tra statuto, legge statale di principio e legge regionale elettorale di cui ha trattato il primo giudice non muove dall’interpretazione dell’art. 3 della l.r. n. 2 del 2005, bensì dal legame tra sistema elettorale e forma di governo, quindi tra art. 122 e art. 123 Cost.. Errate sono anche le argomentazioni basate sull’omessa introduzione del numero dei consiglieri tra i principi della legge-cornice n. 165 del 2004, deputata a formulare solo principi fondamentali e non norme di dettaglio, e la ricezione da parte del legislatore regionale del principio di stabilità della maggioranza mediante la previsione di 56 seggi circoscrizionali e 14 seggi maggioritari, poiché tale meccanismo non è sufficiente a garantire detta stabilità e, in carenza di espressa disciplina, è evidente che il legislatore regionale non ha voluto – né avrebbe potuto – surrogarsi al congegno suppletivo disciplinato dall’art. 15, co. 13, nn. 6, 7 e 8 della legge n. 108 del 1968, avendo piuttosto optato per un rinvio secco all’istituto incrementativo dei seggi col rinvio in limine previsto dall’art. 1.

Palese è la contraddittorietà tra la statuizione circa l’affermazione della riserva statutaria in ordine alla determinazione del numero dei consiglieri e quella, successiva, della inapplicabilità della quota aggiuntiva in quanto “sostituita” dall’art. 3 della l.r. n. 2 del 2005, in tal modo dubitando proprio il TAR della competenza statutaria esclusiva in ordine a tale determinazione.

1.2.- Nel disattendere il ragionamento dell’Ufficio centrale regionale perché la legge regionale non avrebbe recepito il meccanismo in parola, oltre che per contrasto con lo Statuto regionale, il primo giudice non ha tenuto conto del tenore letterale della legge regionale stessa e della sua struttura: l’art. 1, co. 2, che recepisce le leggi n. 108 del 1968 e n. 43 del 1995 “per quanto non espressamente previsto”, detta i principi cardine del sistema elettorale della Regione Lazio e l’art. 4 sostituisce espressamente commi specifici della legge nazionale n. 108 del 1968 con proprie specifiche disposizioni, ma non anche il sistema dei seggi aggiuntivi di cui all’art. 15, sicché esso è automaticamente sussunto nella legislazione regionale.

Né vale l’argomentazione secondo cui il legislatore regionale avrebbe optato per un numero fisso di componenti, dal momento che comprova il contrario l’art. 2, ultimo periodo, relativo all’eventuale seggio aggiuntivo spettante al candidato alla carica di Presidente della coalizione perdente.

Pertanto, la legge regionale risulta in contrasto con lo statuto regionale, avendo fatto propri i meccanismi di eventuale aumento dei seggi consiliari;
né il giudice può spingersi sino a individuare i limiti entro cui far valere il richiamo ricettizio che, invece, vanno desunti direttamente dal tenore letterale della legge, pena altrimenti un conflitto tra fonti da devolvere alla Corte costituzionale. E neppure può disapplicare la legge regionale se non sollevando questione di legittimità costituzionale. Se mai, la legge regionale, applicativa del meccanismo previsto a livello nazionale in quanto non toccato dalle espresse modifiche di cui all’art. 6, avrebbe dovuto essere interpretata in senso “statutariamente” orientato, cioè tale meccanismo applicato nell’ambito dei 71 seggi consiliari previsti, come dedotto in uno dei motivi dei ricorsi incidentali.

1.3.- Il TAR ha errato anche nel ravvisare il carattere di immodificabilità del numero dei consiglieri stabilito in via statutaria, stante la non vincolatività dell’art. 19 dello Statuto in grado di superare le evidenti aporie e antinomie conseguenti al convincimento del TAR e, in particolare, il potenziale conflitto tra artt. 122, co. 1, e 123 Cost..

2.- In subordine, illegittimità costituzionale dell’art. 19 Statuto Regione Lazio per violazione dell’art. 4 Legge-Cornice n. 165/2004 e quindi dell’art. 122, 1° comma, Cost..

Il carattere fisso della previsione statutaria inibirebbe alla legge elettorale di adeguarsi al canone della governabilità delineato dalla legge-cornice, non potendosi provvedere alla distribuzione dei seggi secondo il rapporto 40-60%.

3.- Ammissibilità e fondatezza del ricorso incidentale proposto dal controinteressato G in primo grado.

Il ricorso incidentale è stato notificato e depositato nei termini prescritti dalla legge allora applicabile e le notifiche sono state effettuate nei confronti dei soggetti che a quella data si riteneva fossero ultimi eletti mentre solo dopo, a seguito della rinuncia di alcuni, altro è stato proclamato eletto. Successivamente il Collegio ha disposto la notifica per pubblici proclami all’intero Consiglio regionale, e ciò ha sanato ogni necessaria integrazione del contraddittorio. Pertanto il ricorso incidentale era ammissibile ed altresì fondato, sia nella parte in cui, nel caso di annullamento dell’assegnazione dei tre seggi aggiuntivi, si sosteneva l’esigenza di operare il bilanciamento dei seggi (40-60%) in sede di assegnazione proporzionale dei seggi su base circoscrizionale mediante riduzione dei seggi spettanti alla minoranza fino al raggiungimento della percentuale di legge;
sia nella parte, anch’essa intesa – diversamente da quanto ritenuto dal TAR - a neutralizzare o limitare l’incidenza dell’eventuale accoglimento del ricorso principale mediante la conservazione della posizione di vantaggio attribuita dal provvedimento impugnato in via principale, diretta a far valere il principio fondamentale della garanzia della rappresentanza in Consiglio a ciascuna provincia, come dal riparto dei 56 seggi effettuato con i decreti 17-18 del 2010.

In data 21 ottobre 2010 si è costituito in giudizio il signor E D S.

III.- Con atto notificato in date 14, 16, 18 e 22 ottobre 2010 e depositato il giorno 19 dello stesso mese anche il signor E D S ha appellato la detta sentenza, formulando doglianze sostanzialmente analoghe all’appello del signor G, cos’ articolate:

1.- Erroneità della sentenza. Errata interpretazione degli artt. 122 e 123 Costituzione. Violazione dell’art. 4 n. 1 lett. a della legge 165/04. Errata interpretazione e/o violazione dell’art. 19 dello Statuto della Regione Lazio. Errata interpretazione e/o violazione degli artt. 1, II comma e 6 della legge elettorale regionale n. 2/05. Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 15 tredicesimo comma n. 8 della legge n. 108/68 e s.m.i.

2.- Erroneità della sentenza. Ammissibilità e fondatezza del ricorso incidentale.

2.1.- Fondatezza del primo motivo del ricorso incidentale. Violazione del principio di governabilità di cui all’art. 15 n. 8 della legge n. 108/1968, modificato dalla legge n. 43/1995 e recepito dalla L.R. n. 2/2005.

2.2.- Ammissibilità e fondatezza del secondo motivo incidentale. Violazione del principio di rappresentatività delle Province.

IV.- In data 26 ottobre 2010 si è costituito in giudizio in entrambi gli appelli il signor A B, il quale ha chiesto il rigetto degli appelli stessi ribadendo l’inammissibilità dei ricorsi incidentali di primo grado sia per mancata notifica nel termine perentorio di 15 giorni dalla notifica del ricorso principale - non sanabile dalla successiva integrazione del contraddittorio – nei confronti del reale controinteressato, sia per carenza di interesse in relazione al principio del rispetto della volontà popolare ex artt. 1, 49 e 67 Cost., tenuto conto che, se anche fosse condivisa l’interpretazione proposta dai ricorrenti incidentali circa la riassegnazione dei due seggi provinciali di Roma, non ne trarrebbero alcun vantaggio poiché la minoranza perderebbe un seggio che certamente non verrebbe assegnato ai medesimi. Ha altresì svolto controdeduzioni.

In data 28 ottobre 2010 si sono costituiti il Ministero dell’Interno nel primo appello il 28 ottobre 2010 ed in entrambi il signor P P.

V.- Con atto inviato per la notifica il 25 ottobre 2010 e depositato il 28 seguente il signor G S ha proposto appello incidentale nel primo appello per i seguenti motivi:

1.- Erroneità ed illegittimità della sentenza n. 32494/2010 del TAR Lazio, sez II bis. Erroneità della motivazione. Violazione e falsa applicazione dello Statuto della Regione Lazio approvato con l.r. n. 1/2004;
degli artt. 1, 3 e 6 della l.r. n. 2/2005;
dell’art. 15 della legge 17 febbraio 1968 n. 108 “norme per la elezione dei consigli regionali delle regioni a statuto normale”;
della legge 23 febbraio 1995 n. 43 “nuove norme per la elezione dei consigli delle regioni a statuto ordinario” e ss.mm. e ii.;
violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della l. n. 165/2004. Violazione e falsa applicazione degli artt. 117. 122 e 123 della Costituzione come modificati dalla legge cost. n. 1/1999. Infondatezza del ricorso introduttivo del giudizio.

2.- In subordine: Erroneità ed illegittimità della sentenza n. 32495/2010 del TAR Lazio, sez II bis, nella parte in cui ha rigettato il ricorso incidentale dell’odierno appellante. Erroneità della motivazione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 della legge 17 febbraio 1968 n. 108 “norme per la elezione dei consigli regionali delle regioni a statuto normale”.

VI.- Con atto inviato per la notifica il 2 novembre seguente e depositato lo stesso giorno i ricorrenti principali in primo grado hanno proposto appelli incidentali, con i quali, nell’ipotesi di adesione alla tesi avversaria secondo cui il rinvio della legge regionale dovrebbe intendersi per la sua portata testuale necessariamente relativo anche al sistema di aumento dei seggi, è stata riproposta la questione, formulata in primo grado in via subordinata e da ritenersi rilevante e non manifestamente infondata, di illegittimità costituzionale della norma regionale, in quanto violativa dello Statuto, e della sottostante, previgente disciplina nazionale, in quanto abnorme tanto da rendere conveniente ottenere meno voti al fine di ottenere più seggi, con conseguente stravolgimento dell’esito del voto popolare. Hanno inoltre riproposto le ulteriori gradate censure assorbite dal TAR, secondo cui le operazioni gravate sarebbero illegittime anche se si applicasse l’art. 15, co. 13, n. 8, poiché per calcolare le percentuali del 40-60% non è stato tenuto conto del seggio del Presidente;
del resto, la superficialità dell’operato dell’Ufficio centrale emerge dalla semplice lettura dei dati numerici riportati nel paragrafo 15 del verbale, dove i seggi riportati dalla coalizione vincente sono indicati in 27 anziché in 41 e la percentuale del 60% dei 70 seggi assegnati in 28 anziché in 42.

Con memorie dello stesso giorno 2 novembre 2010 hanno poi ampiamente insistito sull’infondatezza degli appelli avversari.

VII.- In data 9 novembre 2010 si sono costituiti in giudizio nel primo appello il signor A S e nel secondo il signor G G e la Regione Lazio.

Quest’ultima con memoria del 17 novembre 2010 ha svolto argomentazioni in adesione all’appellante principale.

Infine, con memorie del 22 seguente l’MDC ed il signor L hanno sostenuto che la manifesta infondatezza degli appelli ne consente la definizione in forma semplificata e senza che debba disporsi l’integrazione del contraddittorio;
altrimenti occorrerebbe provvedervi poiché gli atti in parola non sono stati notificati nei confronti di larga parte dei soggetti in causa in primo grado.

VIII.- All’odierna udienza pubblica gli appelli sono stati introitati in decisione

DIRITTO

1.- In via preliminare, ai sensi dell’art. 96, co. 1, del codice del processo amministrativo va disposta la riunione dei due appelli riassunti nella narrativa che precede, in quanto riguardanti la stessa sentenza.

2.- La tesi di base degli appellanti principali consiste nel sostenere la legittimità dell’applicazione nel procedimento elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale del Lazio, nella specie operata dall’Ufficio centrale regionale, del meccanismo di aumento dei seggi assegnati al consiglio previsto dall’art. 15, co. 13, n. 8 della legge statale 17 febbraio 1968 n. 108 (come modificata dalla legge 23 febbraio 1995 n. 43), secondo cui (in correlazione con i nn. 6 e 7 ivi richiamati), qualora la cifra elettorale conseguita dalla lista regionale che ha ottenuto la maggioranza dei voti sia pari o superiore al 40% del totale dei voti conseguiti da tutte le liste regionali, va verificato se detta lista ed i gruppi di liste provinciali ad essa collegate abbiano ottenuto un totale di seggi pari o superiore al 60% dei seggi assegnati al consiglio, in caso negativo assegnandosi alla medesima lista una quota aggiuntiva di seggi che le consenta di raggiungere il 60% dei seggi del consiglio nella composizione così integrata, con arrotondamento all’unità inferiore.

Nel contestare il contrario avviso del primo giudice, essi muovono, in estrema sintesi, dall’assunto della prevalenza sullo statuto regionale (il quale all’art. 19, co. 1, stabilisce che del Consiglio regionale “fanno parte settanta consiglieri e il Presidente della Regione”) della legge elettorale regionale 13 gennaio 2005 n. 2, che all’art. 1, co. 2, rinvia “per quanto non espressamente previsto” alla cit. legge statale n. 108 del 1968 n. 108 ed alle relative modifiche di cui alla legge 23 febbraio 1995 n. 43.

2.1.- Le pur suggestive argomentazioni svolte al riguardo non convincono.

Come ritenuto dal primo giudice, non è infatti dubitabile che la composizione del consiglio regionale rientri nel quadro della “forma di governo” la cui disciplina è riservata dall’art. 123, co. 1, Cost. (come sostituito dall’art. 3, co. 1, della l. cost. 22 novembre 1999 n. 1) alla potestà statutaria regionale;
e, nel contempo, esuli dalla disciplina del “sistema di elezione” del Presidente, degli altri componenti della Giunta regionale e dei consiglieri regionali, invece affidata, unitamente alle cause di ineleggibilità ed incompatibilità e “nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge nazionale”, dal precedente art. 122, co. 1 (come sostituito dall’art. 1, co. 1, della l. cost. n. 1 del 1999) alla potestà legislativa regionale. In altri termini, alla stregua del combinato disposto dei citt. artt. 122, co. 1, e 123, co. 1, Cost., il “sistema di elezione” attiene alla competenza legislativa statale, quanto ai principi fondamentali (ed alla durata degli organi elettivi), ed a quella regionale quanto alla normativa di dettaglio, restando la fissazione della composizione del consiglio attratta nella “forma di governo” quale contenuto necessario dello statuto.

2.2.- Sotto il profilo letterale ne è prova, in primo luogo, la diversa formulazione del novellato art. 122 Cost. rispetto al previgente testo, il quale rimetteva la regolamentazione del “numero” dei consiglieri a legge della Repubblica;
tematica, questa del “numero”, che nel detto, previgente testo era peraltro elencata separatamente da quella del “sistema di elezione” al pari di quella relativa ai “casi di ineleggibilità e di incompatibilità”, dunque da intendersi concettualmente ben distinta da quella concernente il ridetto “sistema” d’elezione.

In secondo luogo v’è la continuità del legislatore costituzionale nel menzionare non la “legislazione” elettorale, ma il “sistema di elezione” (demandato prima a legge della Repubblica ed ora a legge regionale), laddove appare chiaro che la “legislazione” elettorale comprende il “sistema” di elezione il quale, dunque, va inteso in senso restrittivo come costituito dai profili che riguardano immediatamente il momento elettorale, quali, sotto l’aspetto formale, il relativo procedimento e, sotto quello sostanziale, la delimitazione delle circoscrizioni, le modalità di espressione del voto, il metodo elettorale, i meccanismi di trasformazione dei voti in seggi.

E’di conseguenza altrettanto chiaro che della prima fanno tra l’altro parte, accanto al “sistema” di elezione, materie contigue quali le incompatibilità ed ineleggibilità, la durata degli organi elettivi e, per quanto qui rileva, il numero dei componenti del consiglio. Al riguardo, la scelta del legislatore costituzionale è stata quella di ripartire tali profili, estranei – si ribadisce – al “sistema” elettorale in senso stretto ancorché incidenti indirettamente sull’elezione, tra legislazione nazionale, legislazione regionale e potestà statutaria regionale, evidentemente a seconda del grado di essenzialità a ciascuno riconosciuto. In particolare, ferma restando l’attribuzione alla legislazione statale dei principi fondamentali del sistema d’elezione, alla stessa assegna la disciplina della durata degli organi, alla legislazione regionale quella dei casi di incompatibilità ed ineggibilità in aggiunta alla definizione in dettaglio del sistema d’elezione, nonché alla potestà statutaria regionale la determinazione del “numero” dei consiglieri nel contesto della “forma di governo”.

In terzo ed ultimo luogo, che la “forma di governo” di cui all’art. 123, co. 1, Cost. debba necessariamente essere letta in correlazione con l’assenza della composizione numerica del consiglio tra i profili oggetto dell’art. 122, co. 1, Cost., è ulteriormente comprovato dallo stesso legislatore statale, il quale con la legge-quadro 2 luglio 2004 n. 165, attuativa del disposto dello stesso art. 122, co. 1, non ha individuato alcun principio fondamentale avente ad oggetto il numero dei consiglieri, il quale era invece disciplinato proprio dalla legge n. 108 del 1968 ss.mm.ii., ovviamente nell’ambito del pregresso regime anteriore alla riforma del titolo V della parte seconda Cost., nel quale le materie della “forma di governo” e del “sistema di elezione” erano entrambe affidate alla normazione statale, sicché ben potevano essere contenute in un’unica fonte.

2.3.- In linea teorica, poi, è ben vero che la dizione “forma di governo” corrisponde ad un’ampia nozione del sistema istituzionale regionale, in cui vanno sussunti vari aspetti, come la strutturazione degli organi elettivi, l’assetto istituzionale interno dei medesimi ed i rapporti tra di essi, dai quali tutti scaturisce l’indirizzo politico regionale;
“forma di governo” sulla quale incide peraltro l’intera materia elettorale, come la durata degli organi elettivi, il complesso delle incompatibilità ed ineleggibilità e lo stesso sistema di elezione, ma, reciprocamente, capace di influenzare a sua volta tale materia (si pensi, ad esempio, alla scelta tra elezione diretta ed elezione consiliare del Presidente, tra nomina degli assessori da parte del Presidente e loro elezione da parte del Consiglio), sicché può affermarsi che in astratto non sia possibile circoscriverne nettamente l’ambito.

Tuttavia, tale ambito risulta ben chiaro sul piano concreto proprio in virtù del quadro che si ricava dalle indicate norme costituzionali: per “forma di governo” quale intesa dall’art. 123, co. 1, Cost., rimessa all’autonomia statutaria regionale, non può che intendersi quanto, attinente all’ampia nozione predetta, residua da ciò che o è già fissato dalla Carta fondamentale o è rimesso testualmente vuoi alla legislazione statale, vuoi a quella regionale.

2.4.- Anche per questa via, pertanto, appare palese che la composizione numerica del consiglio regionale ricade nella riserva statutaria, non rientrando nel “sistema d’elezione”, come sopra definito in senso stretto, e non essendo oggetto di deroga, necessariamente espressa (sicché il mantenimento della dizione “il numero” nell’art. 122, co. 1, non sarebbe stato di certo un’inutile duplicazione), al criterio generale della rimessione allo statuto della determinazione della “forma di governo”. Se ne deve pertanto dedurre che non può essere oggetto della legge regionale di cui allo stesso art. 122, co. 1, Cost. e, d’altro canto, non essendo dubitabile la preclusione di uno scambio di ruoli tra l’una e l’altra fonte.

In questo senso, ben si attaglia il richiamo del TAR alla nota Corte cost. 13 gennaio 2004 n. 2, secondo cui lo statuto non può invadere la sfera riservata alla legge elettorale regionale di dettaglio;
ciò prova infatti che, stante la diversità formale di fonti e la corrispondente (sostanziale) separazione di materie, evidenziate dal medesimo TAR, neppure tale legge, né ovviamente una legge statale, può disciplinare argomenti rimessi alla competenza riservata e specializzata statutaria. Competenza, questa, tra cui v’è appunto, come detto, la fissazione del numero dei consiglieri, mediante la quale viene “legittimamente” esercitata dal legislatore statutario “la propria competenza in ordine alla scelta politica sottesa alla determinazione della ‘forma di governo’ della Regione” (cfr. Corte cost. 13 gennaio 2006 n. 3).

Tant’è vero che, come nota parte appellata, volendo introdurre la flessibilità della consistenza numerica del proprio Consiglio a termine dell’art. 15, co. 13, nn. 6, 7 e 8, della legge n. 108 del 1968, la Regione Calabria ha adottato nelle prescritte forme un’apposita modifica statutaria.

2.5.- Ed è partendo dal dato indicato appena sopra che il senso del rinvio dell’art. 1, co. 2, della l.r. 13 gennaio 2005 n. 2 “per quanto non espressamente previsto” alla legge n. 108 del 1968 ss.mm.ii. non può ritenersi esteso al congegno previsto dal detto art. 15, co. 13, nn. 6, 7 e 8, della stessa legge n. 108 del 1968, di cui si controverte, avendo il legislatore statutario optato per un numero fisso di componenti del Consiglio regionale pari a 70 oltre al Presidente;
o, in altri termini, essendo già stato previsto diversamente quanto alla possibilità di incrementare il numero dei consiglieri.

Al riguardo si osserva, innanzitutto, che in linea con lo Statuto il primo comma del successivo art. 3 ribadisce: “Oltre al Presidente della Regione, il Consiglio regionale è composto da 70 membri”;
inoltre, l’incremento nascente dall’applicazione dei citt. nn. 7 e 8 del co. 13 è riferito dallo stesso art. 15, co. 14, ai “seggi assegnati al consiglio ai sensi dell’articolo 2”, ossia, nella specie, al differente numero di sessanta seggi previsti per le regioni, quali il Lazio, con popolazione tra i 4 ed i 6 milioni di abitanti. Infine, come meglio si chiarirà in prosieguo, risulta puntualmente previsto in via autonoma dalla Regione anche il numero dei consiglieri da eleggere su base proporzionale e quello dei consiglieri da assicurare ulteriormente alla coalizione vincente, eletto su base maggioritaria. Pertanto, stanti i ripetuti limiti a “quanto non espressamente previsto” del rinvio in parola e l’esaustività della disciplina regionale, sotto ogni aspetto emerge l’inoperatività della normativa statale di cui trattasi non in quanto incompatibile, bensì in presenza di autonoma disciplina regionale.

2.6.- Ciò rende irrilevante la circostanza che l’art. 6 della l.r. abbia espressamente sostituito il testo dei nn. 3, primo periodo, e 4 del co. 13 dell’art. 15 l. n. 108/1968;
circostanza che, ad avviso degli appellanti principali, proverebbe il recepimento delle restanti disposizioni non oggetto dell’intervento del legislatore regionale.

2.7.- Va poi notato come, proprio per il disposto dell’art. 3, co. 2, della l.r., con riguardo all’argomento ora in parola non sia configurabile antinomia tra Statuto e legge regionale di dettaglio, nonché, tramite questa, con la citata legge statale per come recepita nei predetti limiti.

Con riguardo allo stesso argomento, del pari irrilevante, in quanto norma che non trova applicazione nel caso di specie, è il disposto del precedente art. 2, co. 5, ultima parte, secondo cui, in ordine al candidato Presidente che abbia conseguito un numero di voti validi immediatamente inferiore a quello del proclamato eletto Presidente e nel caso di assegnazione con quoziente intero in sede circoscrizionale di tutti i seggi spettanti alle liste collegate a detto candidato, si “procede all’attribuzione di un seggio aggiuntivo”, del quale peraltro “si tiene conto per la determinazione della conseguente quota percentuale dei seggi spettanti alle liste di maggioranza in seno al Consiglio regionale”. Come detto, tale ipotesi residuale non si è verificata, sicché priva di rilevanza sarebbe un’eventuale questione di legittimità costituzionale del detto art. 2, co. 5.

2.8.- Da ultimo, non corrobora la tesi degli appellanti principali neppure il tenore dell’art. 3, co. 1, ultima parte della legge regionale n. 2 del 2005, con cui, nel disporre che dei 70 consiglieri 56 siano eletti sulla base delle liste circoscrizionali concorrenti e 14 lo siano con sistema maggioritario, insieme al presidente, sulla base di liste regionali, aggiunge “nei modi previsti dalle disposizioni vigenti della L. n. 43/1995”.

Appare infatti evidente che tali “modi” si riferiscono al sistema proporzionale ovvero maggioritario ivi delineati, non anche ad un incremento dei 71 seggi di cui la stessa norma invece ribadisce – giova risottolinearlo – la fissità.

2.9.- Per le considerazioni sin qui esposte, deve convenirsi con il primo giudice che la normativa regionale di dettaglio non abbia recepito il meccanismo in controversia: il primo giudice, dunque, non l’ha disapplicata, ma l’ha interpretata correttamente . Con l’ulteriore conseguenza dell’inapplicabilità del medesimo meccanismo, in un contesto interpretativo “statutariamente orientato”, nell’ambito dei 71 seggi.

In conclusione, il primo profilo del primo motivo dell’appello principale va disatteso.

3.- Con riguardo allo stesso art. 3, co. 1, gli appellanti principali si dolgono in subordine che quel riparto dei 71 seggi non sia sufficiente a garantire stabilità della maggioranza, in contrasto col principio fondamentale di cui all’art. 4, lett. a), della legge-quadro 2 luglio 2004 n. 165, secondo cui la legge regionale elettorale deve individuare “un sistema elettorale che agevoli la formazione di stabili maggioranze nel Consiglio regionale …”, deducendo l’illegittimità costituzionale di siffatta normativa per contrasto con l’art. 122, co. 1, della Carta costituzionale.

La questione è manifestamente infondata.

In proposito, è facile opporre che lo scopo della legge-quadro, la quale richiede che il sistema elettorale “agevoli” la formazione di una maggioranza stabile, senza dettare rigidi criteri di in ordine al rapporto percentuale maggioranza-minoranza, è stato puntualmente raggiunto dalla legge regionale elettorale di dettaglio con la riserva di tutti o metà dei 14 seggi maggioritari in favore alla lista regionale vincitrice - a seconda se la collegata coalizione abbia ottenuto in sede circoscrizionale una percentuale di seggi inferiore, ovvero pari o superiore, al 50% dei seggi assegnati -, in aggiunta ai seggi già attribuiti alla detta coalizione col sistema proporzionale, ossia con un premio, a cui si aggiunge il Presidente, tale da assicurare alla stessa coalizione un notevole incremento idoneo a garantirle più della mera maggioranza assoluta.

Nella specie, comunque, la coalizione vincente ha ottenuto 27 seggi in sede proporzionale e tutti i 14 seggi maggioritari, quindi in complesso può contare su 41 consiglieri oltre al Presidente, essendosi assicurata in tal modo l’ampia maggioranza già del 60% rispetto ai 71 componenti del Consiglio (e del 58,57% considerando i soli 41 consiglieri rispetto a 70), quando lo stesso meccanismo applicato dall’Ufficio centrale regionale considera già valido ai fini in questione il rapporto 55-45%, sia pure nell’ipotesi in cui la lista regionale di maggioranza abbia ottenuto una cifra elettorale inferiore al 40% del totale dei voti conseguiti da tutte le liste regionali (cfr. n. 7 del co. 13, art. 15 l. 108 del 1968).

4.- Altra doglianza degli appellanti principali si incentra sull’ammissibilità e fondatezza dei ricorsi incidentali di primo grado degli stessi appellanti principali, secondo i quali, in caso di annullamento dell’assegnazione dei tre seggi aggiuntivi, il meccanismo premiale di incremento dei seggi di maggioranza andrebbe applicato all’interno dei 71 seggi statutari e, in subordine, sarebbe illegittimo l’esito dell’assegnazione in sede di CUR dei seggi residui rispetto a quelli a quoziente pieno, in quanto non conforme al riparto tra le singole circoscrizioni provinciali disposto in vista delle consultazioni con i decreti presidenziali nn. 17 e 18 del 2010 ai sensi dell’art. 4 della l.r. n. 2 del 2005 e in violazione del principio di garanzia della rappresentanza in Consiglio di ciascuna provincia del Lazio.

Può prescindersi dall’esame dei profili in rito, dal momento che siffatte censure sono palesemente infondate, sicché chiaramente infondato era il ricorso incidentale ed è la doglianza d’appello qui in trattazione.

Alla prima censura è stata già data risposta innanzi.

Quanto alla seconda, va ricordato l’orientamento già espresso della Sezione in proposito, ancor oggi pienamente condiviso dal Collegio, alla stregua del quale il detto riparto preventivo dei seggi viene in rilievo e vincola l’Ufficio centrale circoscrizionale solo nella prima fase di assegnazione dei seggi a quoziente pieno da parte dello stesso Ufficio, ma non anche nella seconda fase del procedimento, di assegnazione dei seggi residui nel collegio unico regionale da parte dell’Ufficio centrale regionale, mentre non v’è violazione del principio di rappresentatività, il quale esprime il concetto opposto per il quale il consigliere regionale rappresenta l’intera regione e non la sola provincia di provenienza (cfr. Cons. St., sez V, 15 febbraio 2002 n. 915).

5.- Disattesi nel merito per quanto precede gli appelli principali, , il che dispensa il collegio dal disporre l’integrazione del contraddittorio (art. 95 comma 5 cod. proc. amm.), sulla base delle stesse ragioni va respinto l’analogo appello incidentale autonomo o improprio del signor S, mentre gli appelli incidentali subordinati degli originari ricorrenti in primo grado vanno ovviamente dichiarati improcedibili per difetto di interesse. Ne deriva la conferma integrale dell’appellata sentenza in ordine al disposto annullamento in parte qua dei verbali impugnati.

Quanto alle spese del grado, la delicatezza e la complessità delle questioni sottoposte al Collegio ne consigliano la compensazione tra tutte le parti presenti.

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