Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2020-04-02, n. 202002214

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2020-04-02, n. 202002214
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202002214
Data del deposito : 2 aprile 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/04/2020

N. 02214/2020REG.PROV.COLL.

N. 00716/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 716 del 2019, proposto da
Il Varco 23 s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati P C e G R, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Agenzia del Demanio, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Agenzia dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

C S, rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanna De Santis, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II TER n. 06481/2018, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Agenzia del Demanio e del Ministero dell'Economia e delle Finanze nonchè di Sebastian C e dell’Agenzia dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2019 il Cons. S F e uditi per le parti gli avvocati Moscuzza, in sostituzione dell'avv. Rossitto, De Santis e l’avvocato dello Stato Elefante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- La società Il Varco 23 s.r.l. ha interposto appello nei confronti della sentenza 12 giugno 2018, n. 6481 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. II ter , che ha respinto il suo ricorso (principale) avverso la determina n. 71 in data 5 ottobre 2016 dell’Agenzia del Demanio, Servizi del Patrimonio, con la quale è stata disposta l’aggiudicazione in favore del sig. C S della “concessione di valorizzazione nell’ambito del progetto Valore Paese”, relativamente al lotto n. 4, concernente il faro di Capo Murro di Porco a Siracusa, ed accolto, ai fini del riesame, il ricorso incidentale dello stesso sig. C avverso l’ammissione alla gara della società Il Varco 23.

L’Agenzia del Demanio con avviso del 5 ottobre 2015 ha indetto la procedura di gara (secondo il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa) per l’affidamento in concessione di valorizzazione di sette fari di proprietà dello Stato;
in particolare viene in rilievo in questa sede il lotto 4, concernente il faro di Murro di Porco.

Il concorrente C S, dapprima escluso e poi riammesso alla procedura di gara, è divenuto poi aggiudicatario con la determina n. 71 del 5 ottobre 2016, avendo conseguito un punteggio totale di 96,34, mentre la società appellante, risultata seconda graduata, ha conseguito punti 91,85.

Con il ricorso in primo grado la società Il Varco 23 s.r.l. ha impugnato l’aggiudicazione deducendo la violazione dell’art. 3, punti A3 e A4, del bando di gara (che fissano quali requisiti di partecipazione l’iscrizione al registro delle imprese presso la C.C.I.A.A. e le referenze bancarie), la violazione degli artt. 1 e 3 della legge n. 241 del 1990, la violazione del principio di imparzialità, la violazione delle lett. C e C2 del bando, prescriventi l’asseverazione bancaria a corredo del PEF, nonché la stessa lex specialis di gara.

Il controinteressato C S, nel costituirsi in giudizio, ha esperito ricorso incidentale avverso l’ammissione alla gara della ricorrente principale, chiedendone l’esclusione nella considerazione che il socio di maggioranza risulta condannato in sede penale per reati di rilievo ambientale (di cui all’art. 53 bis della legge n. 22 del 1997), condanna non dichiarata in sede di gara, e che non sarebbe in possesso di adeguati requisiti di capacità economico-finanziaria, avendo un capitale sociale di soli euro 19.537, un’esposizione debitoria pari ad euro 268.245,00 ed una disponibilità liquida di euro 19.774, dati risultanti dall’analisi del bilancio 2014, con conseguente inadeguatezza a sostenere l’intervento offerto, implicante il pagamento di un canone annuo di euro 25.000,00 ed un costo di ristrutturazione dell’immobile pari ad euro 420.000,00.

2. - La sentenza appellata ha respinto i tre motivi del ricorso principale, ed accolto il ricorso incidentale statuendo che « il Seggio di gara dovrà dunque riesaminare la posizione della ricorrente motivatamente valutando circa il rapporto tra la sentenza di condanna rilevata dal controinteressato in capo al socio della ricorrente e la sua permanenza in gara »;
analogamente, ha invitato il seggio di gara a valutare l’effettiva affidabilità economica e patrimoniale della società Il Varco 23;
in definitiva, in accoglimento del ricorso incidentale, ha sancito l’obbligo della S.A. « di motivata rideterminazione in ordine al mantenimento in gara della ricorrente ».

3.- Con l’appello Il Varco 23 s.r.l., premesso che l’amministrazione ha dato esecuzione alla sentenza ritenendola economicamente e patrimonialmente affidabile, ma escludendola dalla gara in ragione della sentenza di condanna riportata da un socio e non dichiarata nel corso del procedimento, e precisato di avere gravato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, detto provvedimento, ha dedotto l’erroneità delle statuizioni di primo grado, sia di quelle di rigetto del suo ricorso principale, che di quelle di accoglimento del ricorso incidentale del sig. C S.

4. - Si sono costituiti in resistenza il sig. C S e l’Agenzia del Demanio controdeducendo ai motivi di appello e chiedendone la reiezione;
il sig. C ha altresì riproposto, ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., il motivo del ricorso incidentale di primo grado assorbito dalla sentenza appellata e concernente la mancata dichiarazione, da parte de Il Varco 23 s.r.l., della sentenza di condanna passata in giudicato pronunciata nei confronti del suo socio di maggioranza, in violazione anche di quanto disposto dall’art. 4, punto A.3, lett. d), dell’avviso di gara.

5. - All’udienza pubblica del 7 novembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.-Deve essere anzitutto disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso in appello per carenza di interesse, argomentata dall’appellato sig. C nella considerazione che la società Il Varco 23 risulta esclusa dalla gara in forza del provvedimento dell’Agenzia del Demanio in data 31 luglio 2018.

Infatti detto provvedimento è stato adottato dall’amministrazione in ottemperanza della sentenza appellata, ed è dunque destinato a venire meno in virtù del c.d. effetto espansivo esterno della riforma della sentenza, di cui all’art. 336 Cod. proc. civ., norma applicabile anche al processo amministrativo, in quanto espressione di un principio di carattere generale.

Conseguentemente, non sussistono neppure i presupposti per la sospensione necessaria del processo ex art. 295 Cod. proc. civ., non essendo ravvisabile un rapporto di pregiudizialità tra il giudizio proposto avverso l’esclusione ed il presente giudizio di appello. Come noto, la sospensione ha lo scopo di evitare il conflitto di giudicati, sicchè può trovare applicazione solo allorchè in altro giudizio debba essere decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale in senso tecnico-giuridico, non anche qualora oggetto dell’altra controversia sia una questione pregiudiziale solo in senso logico.

2.- Il primo motivo di appello critica la sentenza di primo grado per non avere ritenuto illegittima l’ammissione alla gara del sig. C, ed, a monte, l’avviso di gara ove abbia consentito tale esito, in quanto privo dei requisiti di partecipazione, costituiti dall’iscrizione del concorrente nel registro delle imprese presso la C.C.I.A.A., da comprovare mediante dichiarazione sostitutiva, e dal possesso di idonee referenze bancarie rilasciate da almeno due istituti di credito, attestanti la solidità economica e finanziaria del concorrente. Deduce l’appellante che la partecipazione al procedimento di soggetti privi dei basilari requisiti soggettivi e di capacità patrimoniale si pone in contrasto con il principio di buon andamento, nelle sue varie declinazioni, e di ragionevolezza, oltre che discriminante in favore delle persone fisiche ed in danno delle persone giuridiche.

Il motivo è infondato.

Quanto alla contestata ammissione, non può che rilevarsene la conformità alla lex specialis , come ritenuto dal primo giudice.

Invero l’art. 3, punto A.3, dell’avviso di gara prevede espressamente la dichiarazione sostitutiva di certificazione, attestante « l’insussistenza dell’obbligo di iscrizione alla C.C.I.A.A. e, se del caso, l’indicazione del/i nominativo/i del/i soggetto/i che esercita/no la legale rappresentanza dell’operatore economico ».

In relazione alle referenze bancarie attestanti la solidità economica e finanziaria del concorrente, previste sub lett. A.4) dello stesso avviso, va peraltro ricordato la successiva clausola : « N.B. Se il concorrente non è in grado, per giustificati motivi, ivi compreso quello concernente la costituzione o l’inizio dell’attività da meno di tre anni, di presentare le referenze richieste, può provare la propria capacità economica e finanziaria mediante altri documenti da rimettere all’esame dell’ente concedente ».

Le suindicate prescrizioni dell’avviso di gara escludono dunque che l’iscrizione alla C.C.I.A.A. ed il possesso di referenze bancarie rilasciate da almeno due istituti di credito siano prescritte a pena di esclusione.

Quanto alla lex specialis , la ragionevolezza della medesima è evincibile dalla considerazione per cui non si verte al cospetto di una gara per l’affidamento della gestione di un bene pubblico, ma di un procedimento ad evidenza pubblica per la concessione di valorizzazione di beni immobili di proprietà dello Stato, ai sensi dell’art. 3- bis del d.l. 25 settembre 2001, n. 351, finalizzata dunque alla individuazione di una proposta di valorizzazione, piuttosto che di un soggetto proponente. Detto in altri termini, si è al cospetto di un contratto (in accezione allargata, comprensiva della concessione) attivo e non di un contratto passivo.

Tale essendo il fondamento di razionalità dell’avviso di gara, lo stesso, all’art. 3, contempla tra i “soggetti ammessi” non solo i tradizionali operatori economici con veste imprenditoriale, ma anche le persone fisiche, non iscritte al registro delle imprese detenuto dalla Camera di Commercio, e non necessariamente titolari di una pluralità di rapporti bancari.

A bene considerare, la stessa lex specialis caratterizza in termini imprenditoriali la gestione dei fari in una fase successiva all’aggiudicazione della concessione, prevedendo anche la possibilità di costituzione di una società di scopo, che subentra nella titolarità della concessione stessa.

3. - Il secondo motivo lamenta poi che il PEF-piano economico finanziario del sig. C violerebbe il bando di gara (lettere “C” e “C2”) non essendo corredato dall’asseverazione di una banca, ma di una società di revisione-la UHY Bompani s.r.l. (tanto da essere stato inizialmente escluso dalla procedura);
deduce l’appellante che l’asseverazione non può essere svolta da qualsiasi società iscritta nel registro tenuto dal MEF, ma solo dalle società iscritte nel distinto registro tenuto dal MiSE;
critica pertanto la sentenza che ha inteso il riferimento, contenuto nell’art. 153, comma 9, del d.lgs. n. 163 del 2006, estensibile anche alle società di revisione legale.

Il motivo è infondato.

Occorre premettere che l’avviso di gara, al punto C.2, prevede che il piano economico finanziario di copertura degli investimenti previsti « dovrà essere asseverato da parte di primario istituto di credito »;
successivamente peraltro la stazione appaltante ha chiarito con FAQ del 23 dicembre 2015 l’applicabilità analogica dell’art. 153, comma 9, del d.lgs. n 163 del 2006 (oggi, dell’art. 183, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016).

Detta norma indica, tra i soggetti legittimati ad asseverare il PEF le società di revisione di cui all’art. 1 della legge n. 1966 del 1939, ovvero gli istituti di credito e le società di intermediazione finanziaria.

Ne consegue che nel novero delle società di revisione autorizzate alle asseverazioni dei piani economici e finanziari rientrano sia quelle ancora autorizzate dal MiSE che le società di revisione legale di cui al registro tenuto dal MEF.

Nella specie, il PEF del dott. C è stato validamente asseverato da UHY Bompiani, che è società di revisione regolarmente iscritta nell’elenco MEF.

4. - Il terzo mezzo di gravame muove dall’ Information Memorandum allegato all’avviso di gara, contenente le linee guida per la proposta da presentare al fine di dedurre che il progetto tecnico del C avrebbe dovuto essere esclusa, in quanto contiene interventi (in particolare, un gazebo, una piscina ed un anfiteatro) non conformi agli strumenti di tutela e di pianificazione paesaggistica ed urbanistica vigenti nell’area ove insiste il faro oggetto della concessione;
detta area rientra in zona VN (verde naturalistico), ove non sono ammessi interventi di nuova costruzione, né modificazioni del suolo;
al contempo, Capo Murro di Porco è inserito in una riserva naturale dal decreto 17 luglio 2015 dell’Assessorato al territorio e ambiente della Regione Sicilia (zona A della riserva), ove sono consentiti solamente interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, non dunque l’edificazione e/o modificazione del territorio.

Il motivo, pur nella sua problematicità, è infondato.

La sentenza ha condivisibilmente rilevato che la Commissione di gara era tenuta a verificare la sola compatibilità del programma rispetto alle linee guida ed agli obiettivi indicati, in particolare sottolineando come « atteso che l’effettiva verifica di compatibilità degli interventi con i parametri sin qui esaminati dovrà essere svolta da altre Amministrazioni, le doglianze articolate dalla parte ricorrente, allo stato degli atti, si rivelano rivolte ad anticipare nell’odierna sede un vero e proprio giudizio su poteri amministrativi non ancora esercitati, a ciò ostando il chiaro disposto di cui all’art. 34 c.p.a. ».

Occorre infatti considerare che l’avviso di gara prevedeva, con riguardo alle offerte tecniche, la verifica, a pena di esclusione, della « coerenza del programma di valorizzazione proposto con gli indirizzi e le linee guida del progetto “Valore Paese-FARI” richiamati ed illustrati negli Information Memorandum » (pag. 18). Oggetto di valutazione è dunque soltanto un progetto, che non assurge neppure al livello della progettazione preliminare, come meglio si evince alla pagina 21 dell’avviso stesso. Ne deriva dunque che la proposta progettuale valutata dall’Agenzia del Demanio non tiene conto dei profili paesaggistici ed urbanistici, rimessi all’apprezzamento delle amministrazioni competenti, nella responsabilità e rischio del contraente.

In ogni caso nel progetto C, per quanto è dato inferire dagli scritti difensivi dell’appellato, non è prevista una modificazione del faro, ma una mera ristrutturazione, e le strutture esterne sono realizzate in legno;
si tratta cioè di strutture leggere e rimovibili. Risulta altresì affermato che il Comune di Siracusa ha rilasciato all’appellato il permesso di costruire n. 195 del 2017 riguardante l’intervento di ristrutturazione del Faro.

5. - Il quarto motivo censura poi la statuizione di primo grado di accoglimento del ricorso incidentale del sig. C laddove ha imposto un obbligo di motivazione puntuale in capo alla stazione appaltante circa la rilevanza, ai fini della gara, della condanna penale in materia ambientale (sversamento di rifiuti) riportata dal socio della società Il Varco 23. Assume l’appellante che non sussiste un obbligo di motivazione da parte della stazione appaltante ove ritenga di non escludere un concorrente, rientrando nella discrezionalità amministrativa l’apprezzamento della condanna sulla moralità professionale.

Anche tale motivo è infondato.

La sentenza ha condivisibilmente sottolineato che si tratta di una condanna non immediatamente escludente, precisando peraltro che il seggio di gara avrebbe dovuto comunque esprimere una valutazione di gravità o meno della fattispecie, trattandosi di elemento incidente sulla partecipazione alla gara.

E’ noto che nel procedimento di evidenza pubblica, come paradigmaticamente dimostra la disciplina dei contratti pubblici, le sentenze di condanna rilevano quali requisiti di ordine generale (ovvero, motivi di esclusione, secondo la locuzione dell’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016), che possono determinare in taluni casi un automatismo escludente, in altri casi devono essere apprezzate come indice di moralità professionale, dovendo l’amministrazione dimostrare che il concorrente si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità od affidabilità. Non si tratta qui di dare diretta applicazione all’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016, nel testo novellato, ma di desumere un principio che sia applicabile alla fattispecie controversa al fine di dare evidenza all’apprezzamento di una circostanza rilevante alla stregua di illecito professionale.

Peraltro, nel caso in esame, in esecuzione della sentenza di primo grado, la valutazione si è tradotta infine in un provvedimento di esclusione (prot. n. 2018/10890/DSI in data 31 luglio 2018) richiedente il necessario assolvimento di un più rigoroso onere di motivazione.

6. - Il quinto motivo di appello critica, infine, la statuizione di primo grado che ha accolto il secondo motivo del ricorso incidentale in ordine alla effettiva affidabilità economica e patrimoniale della società Il Varco, chiedendo al seggio di pronunciarsi motivatamente. Deduce l’inammissibilità del motivo incidentale di primo grado in quanto condizionato (all’accoglimento del primo motivo del ricorso principale) e generico e comunque la sua infondatezza, nella considerazione che la lex specialis richiedeva esclusivamente due referenze bancarie che la società ha regolarmente prodotto.

Il motivo, seppure fondato sotto il profilo dell’inammissibilità originaria e nel merito (anche alla stregua dell’istruttoria espletata dall’amministrazione in esecuzione della sentenza), è privo di interesse, risultando comunque accertata l’illegittimità dell’ammissione alla procedura di gara della società Il Varco 23 in relazione alla sentenza di condanna riportata dal suo socio.

7. - In conclusione, l’appello va respinto in quanto infondato;
ciò esime il Collegio dalla disamina del motivo incidentale di primo grado riproposto dalla società Il Varco.

Le spese di giudizio seguono, come per regola, la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

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