Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-02-06, n. 202401199

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-02-06, n. 202401199
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202401199
Data del deposito : 6 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/02/2024

N. 01199/2024REG.PROV.COLL.

N. 00082/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 82 del 2022, proposto da
Futuro Immobil Italia S.r.l. e Arcadia 2007 S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati R I, A V O, L C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio R I in Roma, via Boezio n. 2;

contro

Ministero della Cultura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 06595/2021, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Cultura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1° febbraio 2024 il Cons. S L V e udito l’avvocato R I;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso introduttivo del primo grado del giudizio le odierne appellanti hanno impugnato la delibera del Consiglio regionale della Regione Lazio n. 5 del 2 agosto 2019, recante l’approvazione del PTPR, nella qualità di proprietarie, presso la località “Divino Amore” nel Comune di Marino, di lotti inclusi nella pianificazione territoriale.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti è stato poi censurato il decreto MIBACT dell’11 marzo 2020, con il quale (con atto destinato a confluire nel PTPR) si è imposta, ai sensi dell’art. 138, comma 3, del D.lgs. n. 42 del 2004, la dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area denominata “Campagna romana”, sita tra la “via Nettunense e l'agro romano (tenuta storica di Palaverta, Quarti di S. Fumia, Casette, S. Maria in Fornarolo e Laghetto)", includente i fondi delle ricorrenti.

2. In ordine al ricorso principale, il giudice di primo grado, con la pronuncia ora impugnata, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere in considerazione della sopravvenuta sentenza n. 240 del 2020 della Corte costituzionale che ha annullato il PTPR impugnato in sede di conflitto di attribuzione intersoggettivo promosso dallo Stato nei confronti della Regione Lazio.

Il ricorso per motivi aggiunti, invece, è stato rigettato dal Tar in quanto infondato.

In particolare, il giudice di primo grado ha rigettato il primo motivo del ricorso per motivi aggiunti con cui le odierne appellanti hanno contestato la legittimità del vincolo che riguarderebbe un’area largamente degradata, a forte urbanizzazione, nonché segnata dalla compromissione dell’originaria identità degli edifici rurali. Il Tar, richiamando il proprio precedente rappresentato dalla sentenza n. 3238 del 2021 (riguardante un’impugnativa del medesimo provvedimento proposta dal Comune di Castel Gandolfo) e la sentenza della Corte costituzionale n. 276 del 2020 (originata da una controversia analoga all’attuale e concernente l’inclusione delle odierne parti ricorrenti nel parco dell’Appia antica), ha al riguardo evidenziato che “il tratto nel quale si esprime con maggiore nettezza la discrezionalità amministrativa sottesa al vincolo, e che va esente da vizi logici, consiste nella dichiarata volontà di ricucire in un unico tessuto un'area, storicamente a vocazione agricola, che, prima dell'atto oggi impugnato, era invece consegnata ad una tutela a macchia di leopardo, poiché inframmezzata dal territorio, al quale si è infine estesa la finalità conservatrice”.

Altresì, sono state riconosciute infondate le censure, sempre articolate con il primo motivo del ricorso per motivi aggiunti, con cui si lamentava una “valenza pianificatoria” del vincolo apposto: il Tar ha sul punto ritenuto ammissibile, ai sensi dell’art. 140, comma 2, D.lgs. n. 42 del 2004, l’adozione di un “vincolo vestito”, contenente prescrizioni specifiche circa l’utilizzo dei beni sottoposti a tutela.

Altresì, sulla scorta della considerazione per cui il potere esercitato è attribuito all’autorità statale e spetta alla Regione un potere consultivo di natura non vincolante, il Tar ha giudicato non fondata la censura con cui le ricorrenti in prime cure evidenziavano come il Ministero avesse disatteso il parere espresso dalla Regione.

Infine, considerando prevalenti gli interessi pubblicistici sottesi al governo del territorio, il Tar ha ritenuto infondato il secondo mezzo articolato con i motivi aggiunti, escludendo che possa sussistere un affidamento meritevole di tutela in capo alle odierne appellanti che lamentavano l’impossibilità di dare esecuzione al programma integrato di intervento denominato

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