Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2017-02-20, n. 201700748

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2017-02-20, n. 201700748
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201700748
Data del deposito : 20 febbraio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/02/2017

N. 00748/2017REG.PROV.COLL.

N. 03936/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 3936 del 2016, proposto da:
Gesa Spa, in persona del legale rappresentante pro-tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A N e R P, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, n. 2;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Generale del Personale dei Servizi, non costituito in giudizio;
Direzione per la Razionalizzazione degli Immobili degli Acquisti del Ministero dell'Economia e delle Finanze, non costituita in giudizio;

nei confronti di

Ivs, Italia S.p.a. non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II n. 3756/2016, resa tra le parti, concernente l’affidamento in concessione del servizio di ristorazione, installazione e gestione di n. 41 distributori automatici di bevande e prodotti alimentari presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2017 il Cons. R P e uditi per le parti gli avvocati Attilio Biava, su delega degli avv. Netti e Perticarari, e l’avvocato dello Stato Bruno Dettori;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Il 6 ottobre 2015 il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato un bando di gara avente ad oggetto la selezione “ex art. 20 e 30 del d.lgs. 163/2006, per l’affidamento in concessione del servizio di ristorazione, mediante installazione e gestione di n. 41 distributori automatici di bevande e prodotti alimentari preconfezionati per le sedi di via XX Settembre n. 97, piazza Dalmazia n. 1, via di Villa Ada n. 55 e via Casilina 1/3”.

2. Il 12 ottobre 2015 la Ge.S.A. s.p.a. ha presentato una richiesta di chiarimenti che, a suo avviso, non sarebbe stato completamente e soddisfacentemente evasa e che l’avrebbe quindi costretta all’impugnativa immediata innanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio.

Sulle premesse che un operatore economico può stimare l’investimento che sarà in grado di sopportare per aggiudicarsi una concessione, quale quella in questione, solo in presenza dell’indicazione da parte dell’amministrazione appaltante del fatturato generato dalla concessione, a sostegno dell’impugnativa ha dedotto i seguenti motivi:

a. Interesse ad agire: per l’impossibilità di formulare un’offerta consapevole e per la natura immediatamente escludente delle clausole del bando;

b.Violazione dei principi di buon andamento, trasparenza, par condicio , degli artt. 29 e 30 D. Lgs. 163 del 2006, per la mancanza del reale valore dell’affidamento, dell’art. 8 della direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione. Eccesso di potere per illogicità, irrazionalità, perplessità, illogicità e sviamento. Difetto d’istruttoria. Preclusione alla realizzazione dell’utile d’impresa. Impossibilità di formulare un’offerta consapevole che consenta il rientro dell’investimento. Contraddittorietà dell’azione amministrativa.

c. Violazione dei principi di buon andamento, trasparenza, par condicio e dell’art. 83, comma 5, del D. Lgs. n. 163 del 2006. Eccesso di potere per illogicità, irrazionalità e sviamento. Difetto d’istruttoria.

d. Violazione degli artt. 1, 2, 3, 22, commi 1 lett. b) e 6, 24, comma 7, della L. 7 agosto 1990, n. 241, degli artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione e dei principi di trasparenza, ragionevolezza, imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per manifesta contraddittorietà. Difetto d’istruttoria e travisamento dei fatti.

E’ stata proposta anche domanda di risarcimento del danno per perdita di chance .

3. L’adito tribunale, nella resistenza dell’intimata amministrazione, con la sentenza segnata in epigrafe, ha respinto il ricorso, ritenendo infondate tutte le censure formulate.

Premessi i punti salienti (in relazione alla controversia in esame) del bando (in particolare i paragrafi I/5, sull’obbligo del sopralluogo di ricognizione;
I/7, sul valore della concessione ragguagliato al rimborso spese;
II/7, sull’obbligo del gestore di una puntuale attività di reportistica sul numero delle erogazioni e sugli incassi) e ricordato che l’affidamento del servizio de qua è ricondotto dalla giurisprudenza prevalente alla concessione di servizi (che sono escluse in generale dall’applicazione delle disposizioni di cui ai contratti pubblici, ma sono comunque assoggettate, ex art. 27 del D. Lgs. n. 163 del 2006, al rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità), il predetto tribunale, pur dando atto della necessità in linea generale di ragguagliare il valore stimato della concessione al fatturato presunto derivante dalla gestione del servizio (come sottolineato anche dall’ANAC), ha rilevato che tale principio deve essere applicato tenendo conto della concreta realtà dei fatti, quando per esempio si tratti di un servizio che venga affidato per la prima volta ovvero l’amministrazione non disponga del dato relativo al fatturato generato dalla concessione, qual è il caso di specie, nel quale è stato inserito per la prima volta nella lex specialis il dato sulla reportistica precedentemente assente, così che l’amministrazione non possiede alcun dato sul fatturato generato dalla precedente concessione ed ha, per altro verso, anche in sede di chiarimenti fornito tutte le notizie e le informazioni di cui era in possesso per consentire un’adeguata, completa e consapevole formulazione dell’offerta. E’ stata respinta anche l’istanza istruttoria nonché la censura concernente la asserita illegittimità della ripartizione dei punteggi tra la parte tecnica e quella economica dell’offerta.

4. Con atto di appello notificato il 10 maggio 2016 la Ge.S.A. ha chiesto la riforma di tale statuizione, riproponendo sostanzialmente le censure sollevate in primo grado, così rubricate: “Violazione e/o falsa applicazione degli artt- 29, 30 del D. Lgs. 163/2006 per l’assenza del reale valore dell’affidamento. Violazione dell’art. 8 della Direttiva 2014/23/CEE del 26 febbraio 2014 sulla “Aggiudicazione dei contratti di concessione”. Eccesso di potere per perplessità, illogicità e sviamento. Preclusioni alla realizzazione dell’utile di impresa. Impossibilità di formulare un’offerta che consenta il rientro dell’investimento. Impossibilità di presentare un’offerta consapevole”;
“Violazione dei principi di buon andamento, trasparenza e par condicio . Eccesso di potere per illogicità, irrazionalità e sviamento. Difetto di istruttoria. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 83, comma 5, del D. Lgs. n. 163/2006 attesa l’errata ed illegittima attribuzione dei punteggi, 70 per l’offerta economica e 30 per l’offerta tecnica”;
“Violazione degli artt. 1, 2, 3, 22, comma 1, lett. b) e 6, e 24, comma 7, della L. n. 241/1990. Violazione degli artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione. Violazione dei principi di trasparenza, ragionevolezza. Imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per manifesta contraddittorietà, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti”.

In l’appellante ha lamentato l’erroneità della motivazione della sentenza impugnata, ribadendo che l’art.29 del D. Lgs. 163 del 2006 ha introdotto l’obbligo di calcolare l’importo dell’affidamento con riferimento al fatturato presunto derivante dalla gestione del servizio e non solo al canone richiesto per l’utilizzo del bene, sottolineando che tale norma non prevede eccezione, anche ai fini di garantire condizioni trasparenza, parità di trattamento e non discriminazione, così come riconosciuto dall’ANAC (e prima anche dall’AVCP).

Per contro l’amministrazione aveva erroneamente fissato in €. 130.000,00 il valore della concessione ed il prezzo a base d’asta, commettendo una ingiustificata commistione: infatti per la stazione appaltante il valore della concessione è corrispondente all’importo del ristorno, così identificando il valore del fatturato con il reale valore della concessione, laddove la stima del valore di una concessione è un elemento fondamentale per il corretto contenuto del bando di gara e per stabilire adeguati requisiti di partecipazione e deve tener conto anche dei flussi di cassa previsti (pagati dagli utenti) accanto al canone minimo da richiedere.

Pertanto per le concessioni nella nozione di importo totale pagabile deve ricomprendersi il flusso dei corrispettivi pagati dagli utenti per i servizi offerti oltre al canone a carico del concessionario ove previsto, così come richiamato dall’ANAC: del resto, secondo l’appellante, la direttiva 2014/23/Ue, nello stabilire la soglia dei metodi di calcolo del valore stimato delle concessioni, ha definitivamente stabilito che il valore della concessione è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto al netto dell’Iva, stimato amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore, quale corrispettivo dei lavori e di servizi oggetto della concessione (…), elementi di cui non vi è tratta nel bando contestato e la cui mancanza lede gravemente il principio della parità di trattamento fra concorrenti: sul punto l’appellante sottolinea anche la eventuale necessità di un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.

Sempre secondo l’appellante, poi non erano aderenti al caso di specie i pur giusti principi in materia di discrezionalità della stazione appaltante nel determinare il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, richiamati dai primi giudici per respingere il relativo motivo di censura, giacché gli stessi non potevano essere utilizzati per conferire legittimità ad una ingiustificata ed ingiustificabile sproporzione dell’equilibrio tra gli elementi da valutare, senza poi sottacere la commessa violazione della L. 241 del 1990 e dei principi di buon andamento dell’azione amministrativa nel respingere l’istanza di accesso/istruttoria al tempo presentata dalla concorrente.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze si è costituito in giudizio, sostenendo l’infondatezza dell’appello.

Le parti hanno illustrato le proprie rispettive tesi difensive con apposite memorie.

All’udienza del 12 gennaio 2017 la causa è passata in decisione.

5. L’appello è fondato.

La controversia riguarda la legittimità della lex specialis di gara nella parte in cui ha commisurato il valore della concessione ai canoni concessori anziché al fatturato generato per tutta la durata del contratto, il che - secondo la società appellante - le avrebbe impedito di formulare un'offerta ponderata e dunque di partecipare alla gara.

La questione, nei suoi identici termini, è stata recentemente affrontata da altra Sezione di questo Consiglio di Stato (Sez. III, 18 ottobre 2016 n. 4343), alle cui convincenti conclusioni la Sezione intende aderire.

5.1. Non può innanzitutto negarsi la sussistenza dell’interesse a ricorrere, dato che, com’è stato ricordato (Cons. Stato, sez. III, 18 ottobre 2016, n. 4343), “l’adeguata ponderazione, in quanto espressione del principio di serietà dell’offerta, costituisce quindi uno degli strumenti posti a tutela dell’esigenza pubblicistica dell’individuazione del “giusto contraente” (Cons. Stato, VI, 1 ottobre 2004 n. 6367);
così che “nel momento in cui la lex specialis della gara presenti caratteristiche tali da rendere oggettivamente difficoltosa un’esatta ponderazione dell’offerta, allora essa assume carattere immediatamente lesivo della sfera delle possibili candidate, venendo a costituire, quindi, oggetto di legittima impugnativa da parte delle stesse” (Cons. Stato, V, 7 settembre 2001 n. 4679).

Posto che il concorrente formula la propria offerta in modo da poter conseguire un utile è del tutto evidente che se la legge di gara non consente la ponderazione dell’offerta non può negarsi l’interesse alla eliminazione della stessa lex specialis o quanto meno di quelle clausole di esse che gli impediscono la adeguata, corretta e consapevole partecipazione alla gara: ciò è quanto accaduto, secondo la non irragionevole prospettazione dell’appellante, nel caso di specie in cui l’erroneità della stima del valore della concessione e del relativo criterio di stima lede la possibilità di formulare un’offerta corretta, completa, consapevole e ponderata, essendo il valore stato ragguagliato solo al canone concessorio e non al fatturato.

V.

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