Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-03-13, n. 201301515

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-03-13, n. 201301515
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201301515
Data del deposito : 13 marzo 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01704/2012 REG.RIC.

N. 01515/2013REG.PROV.COLL.

N. 01704/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1704 del 2012, proposto dalla Commissione nazionale per le societa' e la borsa - Consob, in persona del Presidente e legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati S P, G R e M G D G P, con domicilio eletto presso la sede della Consob in Roma, via G. B. Martini 3;

contro

Pricewaterhousecoopers Spa, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati M S, A B, M L e M R, con domicilio eletto presso l’avvocato M S in Roma, viale Parioli, 180;
il signor G D L, rappresentato e difeso dagli avvocati M R, M S, A B e M L, con domicilio eletto presso l’avvocato M S in Roma, viale Parioli, 180;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 614/2012, resa tra le parti, concernente sanzione amministrativa revisione di bilancio


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della società Pricewaterhousecoopers Spa e del dott. G D L;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2013 il consigliere di Stato G C S e uditi per le parti gli avvocati Di Gaetano, Providenti, Randisi, Longo e Paola Salvatore per delega dell'avvocato Sanino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- La Commissione nazionale per le società e la borsa – d’ora in avanti anche Consob- impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio 19 gennaio 2012 n. 614 che, in accoglimento del ricorso proposto dalla società PricewaterhouseCoopers s.p.a. e dal sig. Di L Gian Paolo, ha annullato la delibera Consob 15 giugno 2010, n. 17377, con cui era stato intimato alla predetta società di non avvalersi, per il periodo di due anni dalla data di notifica della delibera, dell’attività di revisione contabile del dott. Gian Paolo Di L.

La delibera appena citata è conseguente ad alcuni accertamenti eseguiti da Consob sulla attività di revisione eseguita dalla società PricewaterhouseCoopers s.p.a. e, per essa, dal dott. Di L, partner della società suddetta, sui bilanci della Aicon s.p.a (attiva nel settore della nautica di lusso);
tali accertamenti avevano fatto emergere la violazione, da parte del revisore, di alcuni principi di revisione, analiticamente indicati nella delibera in primo grado impugnata, in particolare in relazione all’attività svolta sui bilanci consolidati del gruppo societario Aicon relativi al periodo 31 agosto 2006- 31 agosto 2007 e tale violazione era stata contestata agli odierni appellati con nota della Consob del 1° luglio 2009.

A base della sentenza impugnata il Tar, in accoglimento della corrispondente censura di primo grado, ha posto la questione della violazione, da parte della Consob, del termine procedimentale per la contestazione degli addebiti, così come fissato (in novanta giorni) dall’art. 14 della legge n. 689 del 1981.

L’appellante Consob si duole con il primo motivo di appello della erroneità della gravata sentenza che avrebbe fatto non corretta applicazione nella fattispecie in esame della disciplina procedimentale di cui alla legge di depenalizzazione n. 689 del 1981, senza avvedersi della particolarità della materia trattata e della speciale natura della sanzione irrogata, assimilabile più ad una sanzione disciplinare o interdittiva che ad una ordinaria sanzione amministrativa da assoggettare al paradigma procedimentale della legge suddetta. Assume pertanto l’appellante che la individuazione del termine per la contestazione degli addebiti nel caso in esame si sarebbe dovuta desumere, quantomeno per analogia, dalla previsione dell’art. 195 (ove è stabilito in centottanta giorni) del d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58 (recante il Testo unico in materia di intermediazione finanziaria) e che, in ogni caso, dovendo il termine per la contestazione degli addebiti cominciare a decorrere dall’ accertamento e non dalla materiale acquisizione della documentazione da parte della autorità procedente, non sarebbe tardiva la contestazione del 1° luglio 2009 rispetto all’ultima corposa e rilevante acquisizione documentale del 17 ottobre 2008.

L’appellante Consob torna quindi a ribadire la sussistenza delle circostanze di fatto poste a fondamento della contestazione e della piena legittimità della delibera interdittiva adottata alla luce della comprovata violazione di fondamentali principi (analiticamente indicati nella delibera in primo grado impugnata) in materia di revisione di bilancio. Conclude la Consob per l’accoglimento dell’appello e per l’integrale rigetto del ricorso di primo grado, in riforma della impugnata sentenza.

Si sono costituiti in giudizio la società PricewaterhouseCoopers s.p.a ed il dott. G D L per resistere all’appello e per chiederne la reiezione.

Le parti hanno prodotto ulteriori memorie a sostegno delle proprie tesi difensive.

All’udienza del 29 gennaio 2013 la causa è stata trattenuta per la sentenza.

2.- L’appello è infondato e va respinto nei sensi e limiti di cui appresso.

3.- Deve anzitutto essere precisato che nessun effetto riverbera in questo giudizio la sentenza della Corte costituzionale 27 giugno 2012, n. 162, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale degli articoli 133, comma 1, lettera l), 135, comma 1, lettera c), e 134, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), nella parte in cui attribuiscono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, con cognizione estesa al merito, e alla competenza funzionale del TAR Lazio - sede di Roma, le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), e dell' art. 4, comma 1, numero 19), dell'Allegato numero 4, del medesimo d.lgs. n. 104 del 2010.

Nella recente sentenza 29 gennaio 2013 n. 542, resa in una causa che poneva, sia pure in relazione a sanzioni applicate dalla Banca d’Italia, analoga questione di giurisdizione, questa Sezione, in aggiunta all’argomento della perpetuatio jurisditionis (atteso che, nel caso deciso con la sentenza suindicata, il giudizio dinanzi alla Corte costituzionale era ancora pendente alla data di definizione del giudizio a quo), ha avuto modo di rimarcare che la questione deve ritenersi in ogni caso preclusa quante volte la stessa sia coperta da giudicato implicito;
se la sentenza di primo grado che, nel decidere il merito della causa, ha con ciò implicitamente ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della controversia, non è stata impugnata, né in via principale, né in via incidentale, sotto il profilo della giurisdizione, deve ritenersi che la stessa è divenuta per questa parte intangibile, non essendo consentito, in grado d’appello, che la questione di giurisdizione possa essere sollevata d’ufficio o essere esaminata in assenza di una specifica impugnazione (art. 9 cod. proc. amm.).

Peraltro, neppure la declaratoria di illegittimità costituzionale (disposta, nella materia oggetto della presente controversia, ad opera della sentenza della Corte cost. n. 162 del 2012) della legge che radica la giurisdizione amministrativa in materia di sanzioni irrogate dalla Consob, può sortire conseguenze nell’ambito della presente controversia (in cui, per quanto si è detto, la questione è definitivamente preclusa), dato che la normale applicabilità delle sentenze di accoglimento della Corte costituzionale, anche ai rapporti pendenti, per come desumibile dall’art.30 della legge n. 87 del 1953, incontra un limite nei rapporti giuridici esauriti o coperti da giudicato (in tale categoria giuridica dovendosi evidentemente ricomprendere anche il cosiddetto giudicato interno , fattispecie che ricorre nel caso in esame).

4.- Nel merito appare dirimente, anche in questo grado, la questione, oggetto del decisum di primo grado e del primo motivo d’appello, riguardante la violazione, da parte della Consob, del termine procedimentale per la contestazione delle violazione accertate a carico delle odierne parti appellate.

Ritiene il Collegio che la questione vada risolta, in base alle considerazioni di cui infra , nel senso che la violazione procedimentale, accertata dal giudice di primo grado, sia effettivamente avvenuta, di tal che va confermata, sia pur con motivazione parzialmente diversa, la sentenza di annullamento della delibera Consob 15 giugno 2010 n. 17377, che risulta inficiata da invalidità derivata dalla violazione del termine per la contestazione degli addebiti ai soggetti interessati.

Restano pertanto assorbite, in quanto non rilevanti ai fini decisori, le questioni ulteriori afferenti la fondatezza nel merito della pretesa sanzionatoria azionata da Consob con l’atto in prime cure impugnato, per la cui compiuta esposizione può farsi rinvio alla parte in fatto della sentenza impugnata.

5.- Seguendo la scansione delle fasi del procedimento conclusosi con la diffida alla società appellata dal valersi per un biennio dell’attività professionale del dott. Di L (al quale sono state ascritte le contestate irregolarità), è bene ricordare che le note del 1° luglio 2009, ricevute dalla società PricewaterhouseCoopers s.p.a e dal dott. Di L rispettivamente in data 6 luglio 2009 e 7 luglio 2009, con cui la Consob ha per la prima volta contestato alle odierne parti appellate le irregolarità nello svolgimento della revisione contabile sui bilanci del gruppo Aicon, sono state precedute:

a) da due accertamenti ispettivi svoltisi tra il 17 ed il 21 dicembre 2007 (il primo) e tra il 19 ed il 27 febbraio 2008 (il secondo), in cui la Consob ha tra l’altro acquisito una copiosa mole di materiale documentale fornitole dalla società di revisione PricewaterhouseCoopers spa;

b) da due incontri (del 1° agosto 2008 e del 19 settembre 2008) fra alcuni funzionari della Divisione emittenti (Dem) della Consob ed i revisori, in cui questi ultimi hanno fornito risposte scritte (rispettivamente in data 7 ottobre 2008 e 17 ottobre 2008) ai quesiti posti dall’autorità di vigilanza;
c) infine, una richiesta di documentazione da parte della Divisione emittenti nei confronti della società di revisione, che è stata da quest’ultima evasa con il materiale documentale esibito in data 17 ottobre 2008.

6.- Ciò premesso in punto di fatto, va altresì ricordato che nella sentenza impugnata il Tar, prima di escludere che “nella fattispecie in esame l’arco temporale intercorso tra la conclusione dell’attività preordinata all’acquisizione della documentazione ritenuta rilevante e la comunicazione delle contestazioni nei confronti degli odierni ricorrenti si presti a valutazione di condivisibile congruità ”, ha richiamato il contrasto giurisprudenziale esistente in punto di applicabilità del termine di cui all’art. 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, anche per la violazione delle norme che disciplinano l’attività di intermediazione finanziaria.

Il giudice di primo grado ha poi concluso nel senso che la sperimentata valenza universale del procedimento irrogativo di sanzioni amministrative di cui alla legge di depenalizzazione (legge 24 novembre 1981 n. 689) induce alla sua sicura applicazione ogniqualvolta non sussista – come appunto nel caso di specie - una disciplina normativa di settore che preveda una diversa scansione procedimentale per la contestazione degli addebiti;
e ciò nonostante l’art. 12 della stessa legge di depenalizzazione che ne limita l’applicabilità alla sola materia delle sanzioni amministrative pecuniarie, con espressa esclusione della materia relativa alle sanzioni disciplinari.

7.- L’appellante Consob considera non corretta tale soluzione interpretativa fornita dai giudici di primo grado e ritiene che il termine utile per la verifica dell’accertamento della violazione e la sua contestazione agli interessati non possa essere quello di novanta giorni previsto dall’art. 14 della legge cit., ostandovi la stessa lettera della legge (art. 12 cit.), nonché la natura interdittiva della sanzione irrogata, assimilabile più al genus delle sanzioni disciplinari. Prospetta l’appellante l’applicazione del più lungo termine di centottanta giorni previsto, ancorchè per illeciti diversi da quello contestato nella fattispecie in oggetto, dall’art. 195 del TUF (Testo unico delle norme in materia di intermediazione finanziaria recato dal d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 2008) ed insiste perché in ogni caso (e cioè quale che sia la decisione da assumere riguardo al termine applicabile per la contestazione degli addebiti) la Consob non sia considerata decaduta, alla data del 1° luglio 2009, dal potere di contestare le violazioni accertate, avuto riguardo alla complessità della fattispecie da esaminare riguardante i bilanci (consolidati e di esercizio) del gruppo Aicon .

8.- L’esame del primo motivo di ricorso, con cui si censura la decisione di prime cure riguardo l’applicabilità dell’art. 14 della legge 689/81 e la correlata decadenza dal potere di contestare le violazioni accertate, impone in realtà la soluzione di due distinte questioni: a) la prima riguarda la individuazione del termine da applicare nel caso di specie, in difetto di una espressa previsione contenuta nella disciplina di settore (in particolare, art. 163 TUF);
b) la seconda attiene all’accertamento, nel caso concreto, della violazione o meno del suddetto termine da parte di Consob.

8.1 Sulla prima questione, il Collegio condivide i rilievi censori dell’appellante riguardo alla non corretta applicazione alla fattispecie in esame del termine di novanta giorni di cui all’art. 14 della legge n. 689 del 1981.

Va anzitutto osservato che la carenza, nella sezione sesta del TUF, relativa alla revisione legale dei conti, di una previsione espressa riguardo al termine per la contestazione delle violazioni delle norme poste a presidio dell’attività di revisione, comporta la necessità di una eterointegrazione normativa, non essendo ipotizzabile che la contestazione delle violazioni accertate possa essere rimessa al prudente e ragionevole esercizio dell’autorità investita dei poteri di vigilanza sull’attività di revisione.

In considerazione della stretta connessione che sussiste tra la dovueta manifestazione della pretesa sanzionatoria dell’amministrazione, in un termine perentorio prestabilito, e la effettività del diritto di difesa dei soggetti che vengano a trovarsi in posizione di soggezione rispetto a quella pretesa, prima in alveo procedimentale e poi eventualmente in sede processuale, deve giocoforza ritenersi che un termine, il cui rispetto va ritenuto essenziale in funzione della tutela effettiva di quel diritto, vada necessariamente individuato ad opera dell’interprete;
d’altra parte, a comprova della necessità di un termine per la contestazione e del suo obbligatorio rispetto da parte dell’autorità procedente, pena la illegittimità della sanzione successivamente irrogata, vale richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale che non ha mai dubitato della natura perentoria del suddetto termine di contestazione degli addebiti.

8.2 La soluzione di attingere al termine di novanta giorni previsto dall’art. 14 della legge 24 novembre 1981 n. 689, appare indubbiamente suggestiva, stante la natura di disciplina generale del procedimento amministrativo sanzionatorio che tale legge continua ad assumere nel nostro ordinamento.

In tale prospettiva, non sarebbe di ostacolo, a parer del Collegio, il contenuto proprio dell’art. 12 cit., secondo cui la stessa legge trova applicazione soltanto con riferimento alle sanzioni pecuniarie. L’ambito di applicazione di tale legge è stato, infatti, esteso dal legislatore – in senso conforme, Cass., sezioni unite, n. 9383 del 2001 – sia alle sanzioni amministrative non pecuniarie previste dal Codice della strada (art. 210 e segg.), sia, in generale, alle sanzioni “di natura diversa da quella pecuniaria” (art. 22 bis della legge n. 689 del 1991, introdotto dall’art. 98 del d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 507). Più difficile sarebbe superare il dato testuale della espressa inapplicabilità (contenuta nel richiamato art. 12 l.689/81) della legge di depenalizzazione alle sanzioni di tipo disciplinare, posto che il controllo esercitato da Consob sulle società di revisione iscritte in un albo speciale dalla stessa Commissione tenuto (secondo il modello organizzativo vigente all’epoca dei fatti) ed il correlato potere sanzionatorio potrebbero far pensare ad una assimilazione di siffatti poteri a quelli propri della materia disciplinare, pur mancando nel caso di specie quel vincolo di soggezione speciale – proprio ad esempio del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici - che costituisce l’elemento costitutivo presupposto ad ogni potere disciplinare.

Ma neanche tali considerazioni sarebbero d’ostacolo, a parer del Collegio, al fine di rendere ammissibile, in astratto, l’applicazione del ridetto termine di cui all’art. 14 cit. anche alla materia che ne occupa, afferente l’attività di controllo e vigilanza di Consob sulle società di revisione e l’applicazione, ai sensi dell’art. 163 del d.lgs 24 febbraio 2008, n. 58, di sanzioni anche diverse da quelle di natura pecuniaria.

8.3 L’argomento logico-giuridico più pertinente, a parer del Collegio, per ritenere applicabile alla suddetta materia il termine di cui all’art. 14 della legge n. 689/81 è da ravvisare nella sussistenza di una dettagliata disciplina sanzionatoria nell’ambito dello stesso Testo unico delle norme in materia di intermediazione finanziaria.

Il riferimento è all’art. 195 del TUF il quale, nel testo vigente all’epoca della contestazione degli addebiti alle odierne parti appellate, prevedeva che salvo quanto previsto dall’art. 196, le sanzioni amministrative previste nel presente titolo sono applicate dalla Banca d’Italia e dalla CONSOB, secondo le rispettive competenze, con provvedimento motivato, previa contestazione degli addebiti agli interessati, da effettuarsi entro centottanta giorni dall’accertamento ovvero entro trecentosessanta giorni se l’interessato risiede o ha la sede all’estero, e valutate le deduzioni dagli stessi presentate nei successivi trenta giorni.

Ritiene il Collegio che anche per i provvedimenti Consob da adottare in confronto delle società di revisione ai sensi dell’art. 163 del TUF sussistono i presupposti per applicare in via analogica le regole procedimentali previste dalla disciplina di settore in materia di sanzioni amministrative, in applicazione della regola interpretativa contenuta nell’art. 12 delle disp. att. cod. civ., secondo cui se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe .

L’applicazione in via analogica di un unico modello procedimentale a tutti i provvedimenti lato sensu riconducibili alla funzione sanzionatoria della Consob (e quindi anche i provvedimenti interdittivi del tipo di quello irrogato a mezzo della delibera impugnata in prime cure) risponde evidentemente all’esigenza di dettare una disciplina di settore coerente ed omogenea, evitando gli innesti di disposizioni di carattere generale (o di frammenti di disposizioni) desunti dalla legge generale di depenalizzazione, rispetto alla quale il legislatore del TUF ha voluto dettare una disciplina differenziata proprio in tema di termine per la contestazione degli addebiti ( come è reso evidente dal fatto che anche per le sanzioni pecuniarie previste dal titolo II del TUF il termine per la contestazione degli addebiti è di centottanta giorni e non di novanta giorni, come previsto dall’art. 14 della legge n. 689 del 1981).

In tale prospettiva, la circostanza che la lettera della legge limiti l’applicazione delle regole procedimentali ivi previste alle sanzioni amministrative previste nel presente titolo non appare di ostacolo all’applicazione, per analogia legis , del termine di centottanta giorni anche ai provvedimenti Consob previsti dall’art. 163 TUF, in quanto: a) l’operazione interpretativa da compiere non è tecnicamente quella della interpretazione estensiva, non dubitandosi che l’ intentio legislatoris sia stata quella di limitare le regole procedimentali ivi previste alle sanzioni amministrative previste nel titolo II, ma piuttosto quella della analogia legis (art. 12, secondo comma, disp. att. cod.civ.);
b) in tale ottica, non è di ostacolo che nel campo applicativo della disposizione non rientri il caso non previsto (che anzi costituisce il presupposto stesso per la eterointegrazione in via analogica), quanto piuttosto che la legge, espressamente o comunque inequivocabilmente, non lo abbia voluto escludere (in caso di esclusione, espressa o tacita, infatti, vi sarebbe un ostacolo normativo insuperabile all’applicazione dell’ analogia legis ) ;
c) nel caso in esame, non sussistono ragioni plausibili per ritenere che il legislatore abbia voluto sottrarre l’applicazione dei provvedimenti Consob di cui all’art. 163 TUF dalle speciali garanzie procedimentali dettate sotto la rubrica “ procedura sanzionatoria” nel titolo II, parte V, ( art. 195) per l’applicazione delle sanzioni amministrative vere e proprie, né che abbia voluto prevedere un termine diverso da quello ordinariamente previsto (appunto centottanta giorni) per la contestazione delle violazioni relative a tutte le fattispecie sanzionate nel testo unico (anche a mezzo di sanzione soltanto pecuniaria) ed anche in relazione alle sanzioni applicabili ai promotori finanziari (art. 196 TUF).

9.- L’applicazione alla fattispecie in esame del più lungo termine di centottanta giorni per la contestazione degli addebiti, per come desumibile dalla disciplina di settore, non esclude tuttavia che debba considerarsi in ogni caso tardiva, come ritenuto dai giudici di primo grado, la contestazione delle violazioni compiuta in confronto della società di revisione e del suo partner dott. Di L con il richiamato atto del 1° luglio 2009.

Dal contenuto proprio del suddetto atto di contestazione, come dalla delibera di intimazione indirizzata alla società di revisione in esito al procedimento, emerge infatti che la documentazione ed il materiale istruttorio ritenuto decisivo dalla stessa Consob per attivare il procedimento sanzionatorio in contraddittorio con i soggetti interessati, riguarda essenzialmente atti relativi ai bilanci consolidati al 31 agosto 2006 e al 31 agosto 2007 del Gruppo Aicon: in particolare, si tratta delle relazioni di revisione rilasciate, senza rilievi dal dott. Gian Paolo Di L, il 14 dicembre 2006 ed il 14 dicembre 2007.

Ora, risulta dagli atti, tale documentazione, unitamente a quella relativa ai lavori di revisione sui bilanci di esercizio delle società controllate del Gruppo Aicon, sono state acquisite nel corso delle verifiche ispettive del dicembre 2007 e del febbraio 2008.

Ritiene il Collegio che a fronte di tali inequivoci elementi istruttori desumibili dagli atti citati ( id est , dalla contestazione degli addebiti e dalla intimazione a non valersi della attività del dott. Di L, che compendiano formalmente l’inizio e la fine del procedimento sanzionatorio), non possa farsi a meno di rilevare la tardività dell’atto di contestazione delle violazione, con tutto ciò che consegue in termini di illegittimità dell’atto stesso e della sequela procedimentale che dallo stesso è scaturita.

10.- Vero è infatti che, seguendo il consolidato e condivisibile orientamento giurisprudenziale formatosi in subjecta materia , soprattutto quando si tratti di accertamenti complessi, come appunto nel caso di specie, deve tenersi conto di un congruo spatium deliberandi , tra l’acquisizione da parte dell’autorità procedente delle emergenze delle indagini e del materiale probatorio raccolto in tale sede e l’”accertamento” delle violazioni, poiché è solo da quest’ultimo momento appare ragionevole che decorra il termine perentorio per la contestazione delle violazioni. In sostanza si richiede che l’autorità disponga di un congruo termine per elaborare il materiale acquisito nel corso delle ispezioni, delle audizioni e degli accertamenti istruttori prima che la stessa possa formulare un’ipotesi di violazione che deve essere poi verificata nel termine occorrente per la contestazione di una vera e propria violazione al soggetto interessato.

Nondimeno, anche a considerare tale spatium deliberandi per la formulazione dell’atto di avvio del procedimento in contraddittorio (i.e. la contestazione degli addebiti), non si perviene alla conclusione, auspicata da Consob, secondo cui l’atto di contestazione sia da ritenere, nel caso in esame, tempestivo.

11.- La tesi prospettata dalla Commissione appellante secondo cui i suoi uffici avrebbero dovuto attentamente valutare le acquisizioni istruttorie del 17 ottobre 2008, perché in esse erano ricompresi i dati di bilancio riesposti secondo gli International Finacial Reporting Standards (IFRS) non appare conduvusubile per due ordini di ragioni : a) perché dallo stesso atto di contestazione del 1° luglio 2009 si evince che le relazioni di revisione redatte dal dott. Di L sui dati di bilancio, inclusi nel prospetto informativo redatto in occasione dell’operazione di offerta pubblica di vendita e sottoscrizione delle azioni della AICON s.p.a. (in vista della loro ammissione a quotazione sulla borsa italiana, avvenuta in data 19 marzo 2007), sono state acquisite agli atti del procedimento dai funzionari Consob in occasione delle visite ispettive del dicembre 2007 e del febbraio 2008 e che, per contro, le note del dott. Di L del 16 settembre 2008 e del 8 ottobre 2008 hanno riguardato soltanto alcuni chiarimenti su limitati aspetti rimasti ancora oscuri in esito alle audizioni dello stesso professionista del 1° agosto 2008 e del 19 settembre 2008;

b) perché a tutto concedere sulla rilevanza, per vero non desumibile dagli atti formali del procedimento sanzionatorio, della documentazione integrativa acquisita da Consob in data 17 ottobre 2008 , resta il fatto che la documentazione essenziale per svolgere i dovuti accertamenti in funzione della contestazione è pervenuta nella disponibilità dei competenti uffici di Consob in data ben antecedente, come si è visto nella elencazione delle scansioni temporali che hanno contraddistinto tale fase procedimentale.

Per conseguenza, il Collegio non può non tener conto, sulla base di una valutazione di congruità e ragionevolezza del termine di cui ha potuto disporre Consob per la formulazione delle contestazioni, che anche a riconoscere un termine intermedio libero di sessanta giorni nella disponibilità di Consob per valutare le ultime acquisizioni istruttorie del 17 ottobre 2008, comunque sarebbe tardiva la contestazione del 1° luglio 2009, in quanto intervenuta ben oltre il termine di centottanta giorni applicabile alla fattispecie oggetto di causa e decorrente dallo spirare (al 16 dicembre 2008) dell’ulteriore periodo libero che potrebbe ragionevolmente concedersi per l’elaborazione dei definitivi elementi chiarificatori riguardo all’”accertamento” delle violazioni oggetto di contestazione.

12.-Per quanto sin qui detto, l’appello va respinto, con assorbimento delle ulteriori questioni, tenuto conto del carattere ex se invalidante della rilevata violazione del termine per la contestazione degli addebiti su tutto l’iter procedimentale e, in definitiva, sul provvedimento conclusivo (delibera Consob n. 17377 del 15 giugno 2010).

Per conseguenza, deve essere confermata, sia pur con motivazione parzialmente differente, la impugnata sentenza di accoglimento resa dal Tar del Lazio in esito al giudizio di primo grado.

13.-In considerazione del particolare tenore della pronuncia, riguardante profili di illegittimità soltanto formale della pretesa sanzionatoria azionata dalla Consob, può farsi luogo alla compensazione tra le parti delle spese di questo grado di giudizio, ricorrendo giusti motivi.

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