Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-03-28, n. 202402930

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-03-28, n. 202402930
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202402930
Data del deposito : 28 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/03/2024

N. 02930/2024REG.PROV.COLL.

N. 07736/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7736 del 2023, proposto dal Ministero della Cultura - Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Avellino e Salerno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

la Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la società Grupotec Solar Italia 6 s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato G Mzzei, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) n. 01556/2023, resa tra le parti.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania e della società Grupotec Solar Italia 6 s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 febbraio 2024 il consigliere Silvia Martino;

Viste le conclusioni delle parti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso articolato in primo grado innanzi al T.a.r. per la Campania, Sezione staccata di Salerno, il Ministero della Cultura impugnava il decreto n. 2 del 3 gennaio 2023, col quale la Regione Campania, in accoglimento dell’istanza presentata il 19 aprile 2021 dalla Grupotec Solar Italia 6 s.r.l., aveva rilasciato il provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) ex art. 27 bis del d.lgs. n. 152/2006, in riferimento al progetto di realizzazione di un impianto fotovoltaico con potenza di picco pari a 19,64 MWp sull’area ubicata in Scampitella e Lacedonia, località Migliano, e censita in catasto al foglio 14, particelle 23, 164, 167, 263.

Venivano impugnati, altresì, gli atti presupposti tra cui il verbale del 17 novembre 2022, recante la positiva conclusione della Conferenza di servizi decisoria ex art. 14 ter della l. n. 241/1990.

1.1. Il progetto prevede la realizzazione di un impianto fotovoltaico “a terra” con potenza di picco pari a 19,64 MWp su un’area di circa mq 310.000, nonché delle relative opere di connessione alla Rete elettrica di trasmissione nazionale e di servizio, indispensabili per il suo funzionamento.

1.2. Nel corso del procedimento, la Soprintendenza statale di Salerno e Avellino, nelle note del 10 ottobre 2022, prot. n. 21980-P, e del 21 ottobre 2022, prot. n. 23058-P (trasmesse, in relazione alle riunioni della Conferenza di servizi dell’11 ottobre 2022 e del 28 ottobre 2022), rappresentava la sussistenza di vincoli paesaggistici di fascia di rispetto fluviale, di ordine boschivo e di interesse archeologico ex art. 142, comma 1, lett. c), g) ed m) del d.lgs. n. 42/2004, atteso che sia le fasce ripariali del torrente Calaggio, del vallone della Scafa e del vallone Migliano (classificabili anche a guisa di “aree contermini” ai sensi del D.M.10 settembre 2010), sia la rete stradale di epoca romana risulterebbero attraversate dal cavidotto di collegamento del parco fotovoltaico alla cabina di consegna AT/MT di Lacedonia;
inoltre, a sud ed a est del parco fotovoltaico è rinvenibile un’area boscata (parimenti classificabile anche a guisa di “area contermine” ai sensi del suddetto D.M. 10 settembre 2010).

Le carenze della documentazione esibita dal proponente non avrebbero consentito di escludere la sussistenza di “ aree assegnate alle università agrarie ” e “ zone gravate da usi civici ”, salvaguardate dall’art. 142, comma 1, lett. h) del d.lgs. n. 42/2004;

I ragguagli forniti dai Comuni di Lacedonia e Scampitelli non erano stati sufficientemente dettagliati, essendosi gli stessi limitati a segnalare che la realizzazione del cavidotto interrato sarebbe sottratta al regime abilitativo dell’autorizzazione paesaggistica, siccome riconducibile alla categoria A.15 dell’Allegato A al D.P.R. n. 31/2017.

La Soprintendenza faceva notare, altresì, che l’impianto fotovoltaico, ubicato nelle aree interne della valle dell’Ufita, è complessivamente previsto in un contesto prettamente rurale il quale risulta essere nel suo insieme di pregio, risultando preservati i caratteri geo-morfologici originari e l’assetto agricolo del suolo, mediante colture tipiche frammezzate da aree boscate e solcate da più corsi d’acqua ed un rapporto ancora equilibrato tra il costruito ed i territori scoperti, con presenza cospicua e diffusa di immobili ed elementi di pregio archeologico (strade, tratturi, manufatti) unitamente a quella altrettanto significativa di masserie isolate e/o di nuclei rurali tradizionali.

L’ambito territoriale in questione, inoltre, è ubicato in una zona archeologicamente importante, oggetto di frequentazione antropica dalle fasi più antiche, ed alquanto significativa per gli aspetti paesaggistici e per il pregio della viabilità storica e degli insediamenti architettonici tuttora esistenti.

La Soprintendenza, pertanto, valutava sfavorevolmente l’incidenza complessiva dell’impianto fotovoltaico sul patrimonio culturale e paesaggistico proprio del contesto territoriale di relativa localizzazione.

1.3. Al contrario, nelle riunioni della Conferenza di servizi del 28 ottobre 2022 e del 17 novembre 2022, il Rappresentante unico delle amministrazioni statali (RUAS) si pronunciava favorevolmente sull’intervento proposto dalla società odierna appellata, superando il parere negativo della Soprintendenza di Salerno e Avellino.

Analogo parere favorevole veniva espresso sulla VIA – VI dal Rappresentante unico della Regione Campania.

La Conferenza di servizi si concludeva quindi positivamente.

1.5. Con decreto dirigenziale n. 2 del 3 gennaio 2023, la Regione Campania adottava il PAUR relativamente al progetto di cui trattasi.

1.6. Avverso siffatta determinazione, unitamente agli atti presupposti, il Ministero della Cultura, con il ricorso di primo grado, ha svolto un complesso mezzo di gravame (esteso da pag. 9 a pag. 37).

2. Con la sentenza in forma semplificata oggetto dell’odierna impugnativa il T.a.r. ha respinto il ricorso e compensato tra le parti le spese di lite.

3. L’appello del Ministero della Cultura è affidato ai motivi che vengono di seguito sintetizzati.

I. Il T.a.r. avrebbe considerato prevalente l’interesse all’installazione dell’impianto fotovoltaico, rispetto alla presenza dei vincoli rilevati dal Ministero, in maniera del tutto astratta.

L’affermazione secondo cui il vincolo può essere superato dalla valutazione discrezionale dell’Autorità regionale in sede di Conferenza di servizi comporterebbe in ogni caso la violazione della disciplina di tutela dei beni culturali e paesaggistici affidata allo Stato.

II. L’appellante ritiene applicabile alla fattispecie in esame l’art. 26, comma 2, del d.lgs. n. 42 del 2004, secondo cui qualora risulti che il progetto non è in alcun modo compatibile con le esigenze di protezione dei beni culturali sui quali è destinato ad incidere, il Ministero della cultura si pronuncia negativamente e, in tal caso, il procedimento di valutazione di impatto ambientale “ si conclude negativamente ”.

L’appellante richiama altresì l’art. 30, comma 2, primo periodo del d.l. n. 77 del 2021 il quale prevede che “ nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, localizzati in aree contermini a quelle sottoposte a tutela paesaggistica, il Ministero della Cultura si esprime nell’ambito della Conferenza di servizi con parere obbligatorio non vincolante ”.

Da tale disposizione dovrebbe dedursi , a contrario , che nelle aree sottoposto a vincolo paesaggistico, il parere del MIC sia sempre vincolante.

III. La tipologia del procedimento adottato dall’Amministrazione non può di per sé inficiare il carattere vincolante del parere della Soprintendenza quale configurato dall’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004.

Al fine di evitare che la Conferenza di servizi abbia un esito inesorabilmente negativo ai sensi dell’art. 26 del d.lgs. n. 42/2004, deve ritenersi che alla remissione della risoluzione del conflitto alla Presidenza del Consiglio debba provvedere la stessa Amministrazione procedente, in via sostitutiva, considerato che l’art. 14 quinquies della legge n. 241/1990 si esprime in termini di “possibilità” e non anche di obbligatorietà per l’Amministrazione preposta alla tutela di interessi sensibili di adire il Consiglio dei Ministri.

IV. Il T.a.r. ha ritenuto non sindacabile la valutazione da parte della Regione, e financo del privato, della sufficienza delle opere di mitigazione dell’impatto ambientale previste, esautorando del tutto la valutazione della Soprintendenza, quale organo deputato per legge a tal fine.

Il T.a.r. sarebbe poi entrato nel merito, ritenendo che le opere di mitigazione proposte dal privato fossero idonee a contenere l’impatto ambientale, con ciò “by-passando” le competenze della Soprintendenza.

3. Si sono costituite, per resistere, la Regione Campania e la società appellata.

4. Quest’ultima ha depositato una memoria conclusionale in vista della pubblica udienza del 1° febbraio 2024 alla quale l’appello è stato trattenuto per la decisione.

5. L’appello è infondato e deve essere respinto.

Al riguardo, si osserva quanto segue.

6. In via preliminare giova sottolineare che l’appello si presenta incentrato sulla rivendicazione astratta della primazia dei poteri esercitati dal Ministero della cultura in seno al procedimento di autorizzazione degli impianti FER.

Tuttavia non risultano censurate le plurime statuizioni con cui il T.a.r. ha richiamato la giurisprudenza costituzionale in materia secondo cui:

- i principi fondamentali fissati dalla legislazione dello Stato costituiscono attuazione delle direttive europee che manifestano un favor per le fonti energetiche rinnovabili, ponendo le condizioni per un’adeguata diffusione dei relativi impianti (cfr., ex plurimis , Corte Costituzionale, sentenza n. 106 del 2020);

- il sistema delineato nell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 (e nello specifico nel comma 10, fondato sulla approvazione in Conferenza unificata delle linee guida e sul riconoscimento alle Regioni del potere di « procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti ») è espressivo di una norma fondamentale di principio nella materia “energia”, vincolante anche per le Regioni a statuto speciale;
e, nel contempo, costituisce un punto di equilibrio rispettoso di tutte le competenze, statali e regionali, che confluiscono nella disciplina della localizzazione degli impianti eolici (sentenze n. 275 del 2011 e n. 224 del 2012);

- il medesimo art. 12 - nel prevedere che l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili sia rilasciata nell'ambito di un procedimento unico, cui partecipano tutte le amministrazioni interessate - esprime parimenti un principio fondamentale della materia. Esso è “ funzionale al raggiungimento degli obiettivi di massima diffusione delle fonti energetiche rinnovabili sancito dalla normativa europea» (sentenza n. 46 del 2021) ed è volto a bilanciare l'esigenza di potenziare le fonti rinnovabili con quella di tutelare il territorio nella dimensione paesaggistica, storico-culturale e della biodiversità ” (sentenza n. 121 del 2022);

- il procedimento unico è l’unica sede in cui “ può e deve avvenire la valutazione sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela, a confronto sia con l'interesse del soggetto privato operatore economico, sia ancora (e non da ultimo) con ulteriori interessi di cui sono titolari singoli cittadini e comunità, e che trovano nei principi costituzionali la loro previsione e tutela. La struttura del procedimento amministrativo, infatti, rende possibili l’emersione di tali interessi, la loro adeguata prospettazione, nonché la pubblicità e la trasparenza della loro valutazione ” (così la sentenza della Corte n. 221 del 2022 che richiama le sentenze n. 69 del 2018 e n. 177 del 2021).

6.1. Alla luce della richiamata giurisprudenza costituzionale, deve convenirsi con il T.a.r. che non ha adeguato fondamento la tesi dell’appellante incentrata sulla primazia dell’interesse alla tutela dei valori paesaggistici e per converso sulla subvalenza degli altri interessi pubblici potenzialmente antagonistici , ivi compreso quello ambientale alla produzione energetica in termini ecosostenibili, essendo la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili un’attività di interesse pubblico che contribuisce anch’essa non solo alla salvaguardia degli interessi ambientali, ma, sia pure indirettamente, anche a quella dei valori paesaggistici (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez, IV, sentenza n. 2983 del 2021).

6.2. Del pari incontestato è il rilievo della sentenza impugnata secondo cui il procedimento autorizzatorio di cui trattasi debba necessariamente transitare per il modulo della Conferenza di servizi, espressamente richiamato sia dall’art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 387/2003 sia dall’art. 27 bis , comma 7, del d.lgs. n. 152/2006 e debba quindi soggiacere alla disciplina dettata dall’art. 14 - ter della l. n. 241/1990.

L’esegesi, letterale e sistematica di tali disposizioni – come peraltro ben colto in seno alla Conferenza di servizi in esame dal Rappresentante unico delle Amministrazioni statali – porta alla conclusione che l’eventuale parere negativo della Soprintendenza in merito all’aspetto paesaggistico dell’intervento soggiace alle specifiche norme che regolano i lavori della Conferenza medesima, costituendo non già l’espressione di un potere di veto, bensì un “dissenso” qualificato che in base alla disciplina recata dagli articoli 14 – ter e 14 – quinquies della l. n. 241/90, forma unicamente oggetto della valutazione ponderale delle posizioni prevalenti espresse dalle Amministrazioni partecipanti tramite i rispettivi rappresentanti, preordinata all’adozione della determinazione conclusiva.

Sarà poi quest’ultima che, eventualmente, potrà formare oggetto di opposizione dinanzi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri da parte dell’Autorità dissenziente preposta alla tutela di interessi sensibili.

6.3. A non diversa esegesi possono condurre le due norme invocate dall’appellante.

6.3.1 Relativamente all’art. 26, comma 2, del d.lgs. n. 42 del 2004 (come sostituito dall’art. 26, comma 3, del d.lgs. 16 giugno 2017, n. 104), secondo cui “ Qualora prima dell'adozione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale risulti che il progetto non è in alcun modo compatibile con le esigenze di protezione dei beni culturali sui quali esso è destinato ad incidere, il Ministero si pronuncia negativamente e, in tal caso, il procedimento di valutazione di impatto ambientale si conclude negativamente ”, in senso contrario alle deduzioni del Ministero soccorre l’interpretazione sistematica.

Il comma 1 del medesimo art. 26 ribadisce infatti che “ Per i progetti da sottoporre a valutazione di impatto ambientale, il Ministero si esprime ai sensi della disciplina di cui agli articoli da 23 a 27-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 D.Lgs. 03/04/2006, n. 152 ”.

Inoltre ai sensi dell’art. 25 del Codice dei beni culturali “1. Nei procedimenti relativi ad opere o lavori incidenti su beni culturali, ove si ricorra alla conferenza di servizi, l'assenso espresso in quella sede dal competente organo del Ministero con dichiarazione motivata, acquisita al verbale della conferenza e contenente le eventuali prescrizioni impartite per la realizzazione del progetto, sostituisce, a tutti gli effetti, l'autorizzazione di cui all'articolo 21 .

2. Qualora l'organo ministeriale esprima motivato dissenso, la decisione conclusiva è assunta ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di procedimento amministrativo .

[...]”.

Il complesso delle richiamate disposizioni effettua pertanto un rinvio dinamico alla disciplina in materia di Conferenza di servizi sincrona ed alle ipotesi di dissenso.

Torna pertanto in rilievo il già richiamato art. 14– quinquies della l. n. 241/90 secondo cui a fronte di opinioni dissenzienti, se non viene raggiunta una soluzione condivisa, l’Ente, purché abbia espresso in modo inequivoco il proprio motivato dissenso, ha la facoltà di proporre opposizione al Presidente del Consiglio dei Ministri avverso la determinazione conclusiva;
il Consiglio dei Ministri potrà o confermare la decisione della Conferenza di servizi, ovvero accogliere (anche parzialmente) l’opposizione.

In materia, si è espressa più volte la Corte di Cassazione, osservando che “ la confluenza della procedura nelle modalità della conferenza di servizi comporta che, nella dialettica degl'interessi coinvolti, il parere negativo opposto da una delle Amministrazioni partecipanti non può produrre l'effetto di impedire la prosecuzione del procedimento, ma svolge una mera funzione di rappresentazione degli interessi affidati alla tutela dell'ente che lo esprime, ed è conseguentemente rimesso alla valutazione discrezionale dell'autorità decidente, la quale rimane libera di recepire o meno quanto osservato nel parere ”;
con la conseguenza che “ il complessivo quadro normativo conduce a ritenere che anche il parere negativo del MIBAC, pur se espresso D.Lgs. n. 42, ex art. 26, comma 2 cit., in quanto confluente nell'ambito procedurale della conferenza di servizi, debba ritenersi superabile o, comunque, non direttamente ostativo, non precludendo, di per sé, il successivo sviluppo del procedimento ” (Cass. civ., Sez. Unite, ordinanza 14 aprile 2023, n. 10054).

Del resto, l’elemento qualificante della disciplina recata dall’art. 27 – bis del Codice dell’ambiente (nonché dall’art. 27 per quanto riguarda il procedimento unico ambientale di competenza statale) è rappresentata dalla circostanza che l’Autorità competente in materia di VIA ha oggi il potere di assumere la determinazione finale e quindi anche quello di risolvere i conflitti interni alla Conferenza, superando gli eventuali dissensi anche delle Amministrazioni preposte alla cura di interessi sensibili.

Una diversa conclusione, per quanto riguarda i beni culturali, avrebbe quindi dovuto formare oggetto di una previsione esplicitamente derogatoria rispetto alla disciplina generale della Conferenza di servizi.

6.3.2. A ciò si aggiunga che la deduzione dell’appellante secondo cui avrebbe dovuto essere la Regione, in qualità di Amministrazione procedente, a farsi carico della promozione del procedimento in seno al Consiglio dei Ministri, è oggi priva di base normativa.

Si è visto infatti che il dissenso qualificato manifestato in seno alla Conferenza dall’Autorità preposta alla tutela di interessi sensibili non comporta più la necessaria devoluzione del processo decisionale al Consiglio dei Ministri – come avveniva in base al regime previgente – ed è l’Autorità che ha espresso il dissenso qualificato, semmai, a dovere presentare opposizione avverso la determinazione conclusiva al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi del cit. art. 14- quinquies della l. n. 241/90

6.4. Il Ministero appellante ha poi fatto riferimento all’art. 30 comma 2, primo periodo del d.l. n. 77/2021, convertito in legge, con modificazioni, dalla l. n. 108 del 2021, secondo cui “ nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, localizzati in aree contermini a quelle sottoposte a tutela paesaggistica, il Ministero della Cultura si esprime nell’ambito della Conferenza di servizi con parere obbligatorio non vincolante ”.

L’appellante ritiene che da tale disposizione sia desumibile, a contrario , che relativamente alle aree interessate da vincoli paesaggistici il proprio parere rimanga vincolante anche nei procedimenti che vengono definiti in sede di Conferenza di servizi.

Al riguardo, si osserva che non solo la disposizione risultava già abrogata al momento della proposizione dell’appello (ai sensi dell’art. 47, comma 2, del d.l. 24 febbraio 2023, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla l. 21 aprile 2023, n. 41) ma che la stessa doveva comunque essere interpretata unitamente all’ultimo periodo, secondo cui “ In tutti i casi di cui al presente comma, il rappresentante del Ministero della cultura non può attivare i rimedi per le amministrazioni dissenzienti di cui all'articolo 14- quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241 ”.

Deve pertanto ritenersi che il significato della disposizione – da leggere unitamente all’introduzione del comma 3- bis nel corpo dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 - fosse essenzialmente limitato ad escludere il carattere qualificato del dissenso del MIC espresso in ordine ad aree contermini rispetto a quelle vincolate.

7. Il Ministero appellante ha poi imputato al primo giudice di avere sovrapposto la propria valutazione di merito a quella espressa dalla competente Soprintendenza.

Il Collegio reputa invece che il T.a.r. si sia limitato a verificare la ragionevolezza della determinazione conclusiva della Conferenza di servizi, quale risultante dalla ponderazione dei pareri espressi nel corso del procedimento.

7.1. Occorre innanzitutto ricordare che la conclusione positiva della Conferenza si fonda sulla prevalenza delle posizioni favorevoli sintetizzate dal Rappresentante unico delle Amministrazioni statali, nonché da quelle espresse dai Comuni di Scampitella e Lacedonia e da tutta una serie di Enti e Organi, puntualmente richiamati nella sentenza impugnata, tra cui i vari dipartimenti della Regione Campania preposti alla difesa del suolo e dell’ambiente, i cui pareri sono confluiti nel parere favorevole unico e vincolante del Rappresentante unico delle Regione Campania (cfr. l’allegato alla D.G.R. n. 2 del 3 gennaio 2023).

L’unico parere contrario è appunto quello espresso dalla Soprintendenza nelle note del 10 ottobre 2022, prot. n. 21980-P, e del 21 ottobre 2022, prot. n. 23058-P.

7.2. Non è poi contestato che l’infrastruttura di cui trattasi intercetti zone vincolate esclusivamente nella parte relativa al cavidotto interrato.

Per tale ragione, la stessa è stata valutata dai Comuni di Scampitella e Lacedonia come riconducibile alla categoria A.15 dell’Allegato A (“ Interventi ed opere in aree vincolate esclusi dall'autorizzazione paesaggistica ”) al d.P.R. n. 31 del 2017 e quindi sottratta al regime abilitativo dell’autorizzazione paesaggistica.

7.2.1. Tale valutazione è stata recepita dalla Conferenza e condivisa dal T.a.r. il quale ha sottolineato che, per quanto riguarda la rilevanza archeologica del sito, le considerazioni contrarie espresse dalla Soprintendenza nella nota del 10 ottobre 2022, prot. n. 21980-P, fossero meramente “congetturali” ed “esplorative”.

In sede di appello, relativamente a tale profilo, il Ministero non ha svolto alcuna deduzione critica.

7.3. Analogamente, alcuna specifica critica è stata rivolta avverso i rilievi concernenti i vincoli di ordine boschivo e di salvaguardia delle università agrarie e degli usi civici ex art. 142, comma 1, lett. g) ed h) del d.lgs. n. 42/2004, asseritamente gravanti sull’area di localizzazione del progettato parco fotovoltaico.

Il T.a.r. ha in particolare osservato che “ a fronte della rappresentazione negativa contenuta nell’elaborato

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