Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-01-15, n. 201300175

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-01-15, n. 201300175
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201300175
Data del deposito : 15 gennaio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06534/2012 REG.RIC.

N. 00175/2013REG.PROV.COLL.

N. 06534/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6534 del 2012, proposto dalla Regione Piemonte, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dall'avv. A C, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, via Principessa Clotilde 2;

contro

M B e L S P, rappresentate e difese dagli avv. M C, Nicolo' Paoletti ed E P, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via Barnaba Tortolini 34;

nei confronti di

Ministero dell'Interno, in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ufficio Centrale Regionale presso la Corte di Appello di Torino, Uffici centrali circoscrizionali presso i Tribunali di Alessandria, Cuneo, Asti, Novara, Vercelli, Torino, Biella e Verbania, Barbara Bonino, Franco Maria Botta, Marco Botta, Cristiano Bussola, Daniele Cantore, Valerio Cattaneo, Fabrizio Comba, Ugo Cavallera, Alberto Cirio, Michele Coppola, Alberto Cortopassi, Raffaele Costa, Rosa Anna Costa, Caterina Ferrero, Lorenzo Leardi, Angiolino Mastrullo, Augusta Montaruli, Massimiliano Motta, Luca Pedrale, Claudia Porchietto, Roberto Ravello, Carla Spagnuolo, Alfredo Roberto Tentoni, Pietro Francesco Toselli, Rosanna Valle, Gian Luca Vignale, M G, S F, Maurizio Lupi, Riccardo Molinari, Angelo Burzi;
Antonello Angeleri, Mario Carossa, Roberto De Magistris, Massimo Giordano, Federico Gregorio, Elena Maccanti, Michele Marinello, Gianfranco Novero, Paolo Tiramani e Claudio Sacchetto, rappresentati e difesi dall’avv. Paolo Forno, ed elettivamente domiciliati presso la cancelleria del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro n. 13;

per la revocazione

della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. V n. 4395/2012, resa tra le parti, concernente verbale proclamazione degli eletti relativo alle elezioni per il Consiglio della Regione Piemonte del 28/29 marzo 2010.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di M B e L S P, del Ministero dell'Interno, nonché di Antonello Angeleri e degli altri signori suindicati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2012 il Cons. N Go e uditi per le parti gli avvocati Clarizia, Paoletti, Forno e Piovano, e l'avvocato dello Stato Urbani Neri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, con la sentenza n. 3196 del 6 agosto 2010, si pronunciava in forma non definitiva sul ricorso, integrato da motivi aggiunti, proposto da M B, in proprio e nella qualità di candidato presidente alle elezioni regionali del Piemonte del 28/29 marzo 2010 e di capolista del listino regionale “Uniti per Bresso”, ed altresì da L S P, in proprio e quale coordinatrice del partito “Pensionati e invalidi”, per l’annullamento dell’atto di proclamazione degli eletti al Consiglio Regionale e alla presidenza della Giunta Regionale del Piemonte, nonché dell’ammissione della lista “Pensionati per Cota”, collegata con il candidato alla carica di Presidente della Giunta Roberto Cota.

Il T.A.R. adìto reputava priva di fondamento la tesi, avanzata da parte ricorrente, circa la possibilità di un diretto accertamento da parte del Giudice amministrativo della falsità delle dichiarazioni e delle relative sottoscrizioni di accettazione delle candidature alla carica di consigliere regionale della lista “Pensionati per Cota”, sicché con la sua decisione –appunto- interlocutoria assegnava alle ricorrenti il termine di sessanta giorni per la proposizione dinanzi al competente Tribunale della pertinente querela di falso, relativamente all’autenticità delle dichiarazioni di accettazione delle candidature di quest’ultima lista e delle autenticazioni delle relative sottoscrizioni, ai sensi dell’art. 41 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642 e degli artt. 221 e ss. c.p.c..

Avverso tale sentenza proponevano appello M B e L S P.

Questa Sezione, con la sentenza n. 999 del 16 febbraio 2011, a sua volta non definitivamente pronunciando sull’appello, dichiarati preliminarmente inammissibili i ricorsi incidentali spiegati da M G e S F, e respinte le altre eccezioni preliminari, sospendeva il proprio giudizio, disponendo la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Tanto per aver ritenuto, con la coeva ordinanza n. 1000, rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme del codice del processo amministrativo, e delle previgenti disposizioni, che precludevano al Giudice amministrativo la possibilità di accertare incidentalmente eventuali falsità di atti del procedimento elettorale, in relazione agli articoli 24, 76, 97, 103, 111, 113 e 117 della Carta.

La questione di legittimità costituzionale così sollevata veniva però dichiarata non fondata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 304, depositata l’11 novembre 2011.

La Sezione fissava indi la nuova udienza di discussione della controversia, al cui esito, con la sentenza n. 4395/2012 in epigrafe, l’appello veniva respinto.

Veniva infatti rilevato, in sintesi:

- che l’oggetto del procedimento di appello concerneva esclusivamente la possibilità di un accertamento diretto, da parte del Giudice amministrativo, della falsità delle sottoscrizioni e delle autenticazioni delle firme inerenti alla lista “Pensionati per Cota”;

- che poiché la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 304/2011, aveva disatteso la questione di costituzionalità sollevata dalla Sezione rispetto alle norme processuali precludenti al Giudice amministrativo di accertare incidentalmente la falsità degli atti pubblici nel giudizio elettorale, al Giudice adìto doveva ritenersi interdetto l’accertamento in via diretta della dedotta falsità delle firme di presentazione delle liste e delle candidature relative alla lista “Pensionati per Cota”;

- che, pertanto, risultava fondata la tesi delle parti appellate secondo la quale l’intervenuta pronuncia della Corte Costituzionale postulava il rigetto dell’appello.

Il tutto non senza ricordare, peraltro, che sul petitum del ricorso introduttivo di primo grado (annullamento della proclamazione degli eletti per illegittima ammissione alla consultazione della lista “Pensionati per Cota”, a causa delle falsità che ne avevano caratterizzato la formazione e la presentazione) il Giudice locale non si era ancora pronunciato.

Da qui l’avvertenza della Sezione che spettava al T.A.R. stabilire se effettivamente il giudizio civile di querela di falso si fosse estinto, come prospettava la Regione Piemonte. E che il medesimo T.A.R., nell’ambito delle valutazioni di propria competenza, avrebbe potuto autonomamente apprezzare anche le risultanze del processo penale a carico di M G e C G, spettando in definitiva a tale Giudice “ ogni decisione sul merito della questione, non solo in relazione alla proposta querela di falso in sede civile, ma anche sulla eventualità di sospensione del processo in attesa della formazione del giudicato sul processo penale .” Ciò anche sulla scorta della contestuale osservazione della Sezione che il giudizio civile di falso ed il procedimento penale di falso, ancorché differenti tra di loro, conducono in via di principio entrambi, tuttavia, all’eliminazione dell’efficacia rappresentativa del documento risultato falso, onde non potrebbe negarsi l’equivalenza tra l’accertamento civile e quello penale del documento falso.

Con il ricorso ora in esame la decisione n. 4395/2012 in epigrafe viene impugnata dalla Regione Piemonte per revocazione per errore di fatto, ai sensi dell’art. 395, n. 4, cod.proc.civ..

La Regione premette che nella nozione di errore di fatto revocatorio rientra anche la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato espresso dall’art. 112 cod.proc.civ..

Ciò posto, si deduce che la questione di diritto dell’equivalenza tra l’accertamento civile e quello penale del documento falso, quanto alla relativa efficacia probatoria, e dunque la tematica della rilevanza per il Giudice amministrativo anche della res giudicata penale in materia, non era stata posta da alcuna domanda di parte, né sarebbe stata rinvenibile in alcuno degli atti di causa. Donde la violazione del canone del ne eat judex ultra petita partium .

Su queste basi viene pertanto domandata la revocazione della sentenza in parte qua , nella parte in cui, cioè, questa non ha disposto il rigetto tout court dell’appello, ma ha espresso le ulteriori osservazioni, sopra sunteggiate, leggibili nel suo paragr. 8.

Resistono al ricorso per revocazione le originarie appellanti, che ne deducono l’inammissibilità per difetto di legittimazione attiva e per carenza di interesse della Regione sotto più profili, e comunque l’infondatezza nel merito.

Le posizioni delle parti contrapposte sono state riprese anche mediante scritti di replica.

L’Avvocatura Generale dello Stato si è costituita in giudizio per le Amministrazioni statali intimate con atto di stile.

Il 12 dicembre 2012, vale a dire, lo si rileva sin d’ora, tardivamente (cfr. gli artt. 38, 73, comma 1, e 131, comma 2, C.P.A.), si sono costituiti in giudizio anche Antonello Angeleri e gli altri signori suindicati, chiedendo l’accoglimento del ricorso per revocazione.

Alla pubblica udienza del 14 dicembre 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è inammissibile.

La difesa delle precedenti appellanti ha fatto fondatamente notare, invero, come le osservazioni della sentenza delle quali con il presente ricorso ci si duole non integrano un capo di decisione, ma sono delle semplici enunciazioni incidentali, come tali prive di contenuto decisionale e valenza vincolante, e pertanto non sono suscettibili di formare cosa giudicata (nel senso che ogni affermazione eccedente la necessità logico-giuridica della decisione deve considerarsi un obiter dictum , come tale non vincolante;
cfr., fra le tante, Cass. civ., Sez. II, 8 febbraio 2012, n. 1815, nonché 19 marzo 1999, n. 2526;
Sez. Lavoro, 27 maggio 1997, n. 4686).

Secondo la Regione qui ricorrente, l’allegato eccesso di potere giurisdizionale si sarebbe sostanziato nella valutazione enunciata dalla Sezione sulla problematica dell’equivalenza tra l’accertamento civile e quello penale del documento falso quanto alla sua efficacia probatoria: questione che, si allega, non era stata sollevata dalle appellanti, e non avrebbe nemmeno potuto essere sollevata d’ufficio ai sensi dell’art. 73, comma 3, C.P.A..

La stessa Regione, tuttavia, non disconosce che la Sezione abbia correttamente individuato i termini dell’impugnativa delle appellanti (ravvisando l’oggetto del giudizio di appello esclusivamente nella possibilità di un accertamento diretto, da parte del Giudice amministrativo, della falsità delle sottoscrizioni e delle autenticazioni delle firme sopra dette), né che il Collegio sia pervenuto su tale premessa alla conclusione, proprio da essa Regione sollecitata, del rigetto dell’altrui appello.

E’ poi vero che le osservazioni di cui con il presente ricorso ci si lamenta non erano, a stretto rigore, necessarie nell’economia del decisum . Non meno vero, però, è che con la pronuncia in epigrafe non è stata assunta altra decisione se non quella reiettiva dell’appello. Oltre a questa, infatti, la sentenza non reca altre statuizioni, segnalandosi, semmai, la sua sottolineatura sulla titolarità da parte del Giudice locale del compito di decidere i residui profili della controversia, con ogni ulteriore valutazione sul relativo contenzioso.

La stessa ricorrente, nella sua memoria di replica (pag. 7) non nasconde, del resto, che le osservazioni da essa contestate sono prive di attitudine a vincolare il Giudice di primo grado (“ … pacifico che il Tar non è in alcun modo vincolato da tale affermazione …”).

Quanto precede conferma, dunque, che le osservazioni oggetto del presente ricorso hanno natura meramente incidentale, ciò che le sottrae a qualsivoglia possibilità di impugnativa.

Non è peraltro superfluo notare, infine, che la ragione giustificativa del passaggio in contestazione è del tutto evidente.

Nel pregresso giudizio le appellanti sostenevano che la documentazione da loro prodotta avrebbe provato l’effettività delle denunciate falsificazioni, cosa che avrebbe consentito al Giudice amministrativo di accogliere il loro ricorso -assumevano- indipendentemente dalla presentazione di una querela di falso.

Le appellanti, d’altra parte, nel denunciare, a fondamento della loro impugnativa dell’ammissione della lista avversaria e della proclamazione degli eletti, la falsità di particolari atti del procedimento elettorale piemontese, pur non sollevando lo specifico problema dell’equipollenza tra l’accertamento civile e quello penale del falso documentale, avevano pur sempre richiesto che il Giudice adìto valutasse le risultanze del processo penale che era stato avviato in ordine ai fatti, fondando le loro istanze anche sulle risultanze medesime (in tal senso vale richiamare soprattutto i loro motivi aggiunti).

Da qui la ragion d’essere della sottolineatura con cui la Sezione, non potendo esercitare prerogative decisionali che sul limitato thema decidendum devolutole in quella sede, ma resa, nondimeno, documentalmente edotta del grave fatto costituito dai pronunciamenti con cui il Giudice penale aveva accertato anche in sede di appello –sia pure in forma non definitiva- delle falsità inerenti alle operazioni elettorali sub judice , reputava opportuno segnalare al Giudice di prime cure l’astratta possibilità di tenere conto di tutto ciò ai fini della decisione di sua competenza (“ Ciò dunque non esclude che possano ora essere autonomamente valutate dal giudice di prime cure … anche le risultanze del processo penale ”), rimettendo espressamente il thema al suo “ ulteriore approfondimento ”.

Per le ragioni esposte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, potendo rimanere assorbite le residue eccezioni sollevate dalle appellanti.

Le spese processuali vanno poste, secondo soccombenza, a carico della Regione Piemonte ed a favore delle stesse precedenti appellanti, alle quali sono liquidate nella misura complessiva di euro tremila oltre gli accessori di legge. Nei rapporti fra Regione ed Amministrazioni statali intimate le spese processuali possono invece essere equitativamente compensate;
non vi è infine luogo a dettare disposizioni sulle spese per le parti non costituite e per quelle costituite fuori termine.

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