Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-03-30, n. 202303284

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-03-30, n. 202303284
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202303284
Data del deposito : 30 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/03/2023

N. 03284/2023REG.PROV.COLL.

N. 06546/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6546 del 2015, proposto da Dialysis S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A M e A D A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L T in Roma, Circonvallazione Trionfale, n. 123,

contro

- la Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato E B e con lo stesso domiciliato presso l’Avvocatura Regionale in Napoli, via S. Lucia n. 81 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
- la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
- l’Azienda Sanitaria Locale Avellino e il Comune di Avellino, non costituiti in giudizio;

nei confronti

della Diagnostica Medica S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Ceceri, Antonio Nardone e Valentina Comella, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Stefano Gagliardi in Roma, via Francesco Saverio Nitti, n. 11,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Prima) n. 2638/2015, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della società Diagnostica Medica S.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 16 febbraio 2023, il Cons. Antonio Massimo Marra e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’odierna appellata società Diagnostica Medica S.p.a. – di qui in poi per brevità soltanto Diagnostica –, erogante prestazioni di dialisi ambulatoriale nel territorio di competenza dell’ASL Avellino, ha agito dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania (anche mediante la proposizione di motivi aggiunti), lamentando l’illegittimità degli infra indicati atti gravati, inerenti alle procedure di accreditamento istituzionale della sua struttura e di altre due strutture gestite dal centro Dialysis S.r.l. (ambulatorio Dialysis ed ambulatorio Capodicasa).

Nello specifico sono stati impugnati, con ricorso introduttivo avanti al primo giudice, i seguenti atti emanati dal Direttore generale dell’ASL di Avellino e precisamente: la delibera n. 2202 del 27 dicembre 2013 (ambulatorio del centro ricorrente), la delibera n. 2203 del 27 dicembre 2013 (ambulatorio Capodicasa), la delibera n. 666 del 7 maggio 2013 (ambulatorio Dialysis), oltre alla delibera del Commissario straordinario dell’ASL Avellino n. 331 del 23 marzo 2011 (ambulatorio Dialysis: accreditamento istituzionale provvisorio o con riserva di verifica).

Successivamente Diagnostica ha notificato plurimi motivi aggiunti, censurando anzitutto il decreto del Commissario ad acta n. 118 del 27 settembre 2012, recante la rideterminazione del fabbisogno della dialisi ambulatoriale;
con un secondo ricorso per motivi aggiunti è stato ancora richiesto l’annullamento della deliberazione del direttore generale dell'ASL Avellino n. 666 del 7 maggio 2013, a mezzo della quale è stato rilasciato alla controinteressata l’accreditamento istituzionale definitivo per 10 posti tecnici di dialisi ambulatoriale;
con il terzo ricorso per motivi aggiunti la ricorrente in primo grado ha chiesto l’annullamento della deliberazione del direttore generale dell’ASL di Avellino 27 dicembre 2013, n. 2202, avente ad oggetto il rilascio alla società Dialysis dell’accreditamento istituzionale per 17 posti tecnici dialisi ambulatoriale con riguardo all’ambulatorio Capodicasa;
con il quarto ed il quinto ricorso per motivi aggiunti sempre la società Diagnostica Medica ha infine chiesto l’annullamento dell’autorizzazione sanitaria per struttura ambulatoriale n. 62 del 2007 rilasciata dal Comune di Avellino al centro di analisi per l’ambulatorio Capodicasa.

2. Con la sentenza impugnata n. 2638 del 2015 il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, ha in parte dichiarato inammissibile, in parte improcedibile, in parte accolto e, per il resto, respinto il ricorso proposto dalla società Diagnostica.

Più in particolare, il primo giudice ha:

i. respinto il primo motivo di ricorso (con cui Diagnostica Medica ha contestato un allegato contrasto tra l’art. 4, co. 5, del Reg. reg. n. 3/2006 e l’art. 27, co. 1, del Codice dei contratti pubblici vigente ratione temporis ) e il primo ricorso per motivi aggiunti (con cui è stato censurato il DCA n. 118/2021 con il quale la struttura commissariale ha rideterminato il fabbisogno per le prestazioni di dialisi ambulatoriale);

ii. accolto i motivi di ricorso proposti per l’annullamento dei provvedimenti, a mezzo dei quali è stata dedotta la violazione degli artt. 4 e 5 del Reg. reg. n. 3/2006 con specifico riferimento all’errata applicazione del criterio cronologico nell’esame delle istanze di accreditamento nell’ambito delle procedure di ‘accreditamento istituzionale’ e di ‘accreditamento con riserva di verifica’, nonché l’incompetenza dell’ASL a rilasciare l’accreditamento istituzionale definitivo;

iii. assorbito le restanti doglianze (in questa sede riproposte ex artt. 46 e 101 c.p.a.).

3. Avverso tale decisione ha proposto appello Dialysis chiedendone la riforma e contestando in parte l’esito dell’istruttoria disposta.

4. Si è costituita in giudizio la Regione Campania, per chiedere la reiezione dell’appello, di cui ha eccepito la infondatezza.

5. Si è altresì costituita con atto di stile la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

6. Si è costituita in giudizio anche Diagnostica Medica, eccependo anzitutto l’inammissibilità dell’appello in parte qua per non avere l’appellante formulato specifiche censure sul vizio di incompetenza rilevato dal primo giudice, in ordine ad alcuni dei provvedimenti impugnati, lamentando in sostanza l’omessa pronuncia sulle altre censure ritenute dal Tar assorbite.

La stessa Diagnostica Medica ha altresì proposto appello incidentale avverso i capi di decisione che la hanno vista soccombente.

7. Nella udienza pubblica - smaltimento arretrato - del 12 ottobre 2022, il Collegio ha disposto incombenti istruttori, con ordinanza collegiale n. 2165 del 2022.

8. Infine nell’udienza pubblica del 16 febbraio 2023 il Collegio ha trattenuto la causa in decisione.

9. L’appello principale di Dialysis deve essere respinto.

9.1. Imprendendo le mosse dal primo motivo di appello, con cui la società Dialysis ha contestato la sentenza nella parte in cui il primo giudice, nel dichiarare l’incompetenza avrebbe erroneamente assorbito le ulteriori censure formulate dall’originaria ricorrente avverso i medesimi provvedimenti, con tale doglianza si tende ad acclarare - secondo la tesi dell’appellante – la irrilevanza della censura accolta dal primo giudice, sul rilievo che, se tali provvedimenti fossero stati rinnovati dall’Autorità competente, ossia dalla Regione Campania, i medesimi atti non avrebbero potuto che avere il medesimo contenuto.

Ne sarebbe derivata, sulla scorta di siffatta prospettazione, una sorta di allegata inutilità per Diagnostica Medica, originaria ricorrente, in merito all’accertamento concernente la dichiarazione d’incompetenza.

9.2. Diagnostica Medica contesta, tuttavia, questa conclusione perché rileva, in senso contrario, che la assenza di specifiche censure sul vizio di incompetenza, rilevato dal primo giudice, in ordine ad alcuni dei provvedimenti impugnati, avrebbe comportato l’inammissibilità dell’appello in parte qua .

9.3. L’eccezione dell’appellata non è destituita di giuridico fondamento, dovendo in ogni caso evidenziarsi quanto segue in ordine alla prospettazione di parte appellante principale.

9.3.1. Innanzi tutto, va rilevato che, in disparte le critiche alla statuizione d’incompetenza del Tribunale, per la quale risulta per vero incontestata dalla stessa appellante principale la competenza regionale (anziché della ASL), nel merito Dialysis si limita essenzialmente ad insistere sul fatto che l’articolo 1, comma 237- octies, bis , della l.r. n. 15 marzo 2011, n. 4, avrebbe richiamato le “ specifiche modalità per l’accreditamento istituzionale ”, stabilite dal decreto del Commissario ad acta n. 5/2010 per le strutture di dialisi ambulatoriale, senza, tuttavia, spiegare le ragioni per le quali queste avrebbero dovuto comportare una deroga al passaggio di competenze dalle AA.SS.LL. alla Regione disposto, in via generale, dal successivo comma 2.

9.3.2. Analogamente non è fondato ancora il primo motivo d’appello, anche nella sua seconda parte, là dove Dialysis contesta l’assorbimento delle ulteriori censure operate dal primo giudice, a seguito dell’accoglimento della censura di incompetenza.

In proposito va, anzitutto, evidenziato che il riscontrato vizio di incompetenza nei provvedimenti impugnati preclude al giudice, per il suo carattere assorbente, l’esame delle altre censure dedotte, perché un siffatto esame finirebbe per rappresentare una sorta di giudizio anticipato sui futuri provvedimenti dell’Autorità riconosciuta competente ed un vincolo per vero ingiustificato all’attività dell’Autorità stessa.

Sul punto specifico, a seguito dell’entrata in vigore del codice processo amministrativo, è intervenuta anche l’Adunanza plenaria (n. 5 del 27 aprile 2015), che ha chiarito che in siffatte ipotesi si tratta di un assorbimento financo doveroso.

Ed invero, la regola prevista dall’art. 34, comma 2, del c.p.a. – in base alla quale “ in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati ” – rappresenta espressione del principio costituzionale fondamentale di separazione dei poteri, nonché di riserva di amministrazione che, storicamente, nell’architettura costituzionale, hanno giustificato il sistema della giustizia amministrativa.

Ne deriva che siccome nelle situazioni di incompetenza, carenza di proposta o parere obbligatorio, si versa nella situazione in cui il potere amministrativo non è stato ancora esercitato, in siffatte circostanze il giudice deve rilevare, ove acclarato, il relativo vizio ed assorbire le ulteriori censure, non potendo certamente dettare le regole dell’azione amministrativa nei riguardi di un organo che non ha ancora esercitato il suo munus .

Nel processo amministrativo, pertanto, il vizio formale d’incompetenza deve essere sempre scrutinato per primo poiché, se fosse fondato, la valutazione nel merito della controversia alla stregua delle altre censure sostanziali proposte sarebbe impedita, e finirebbe per risolversi in un giudizio meramente ipotetico sull’ulteriore attività amministrativa dell’organo competente, cui spetta l’effettiva valutazione della vicenda e che potrebbe emanare, o non, l’atto in questione e, comunque, provvedere con un contenuto diverso.

La decisione di accoglimento del ricorso, fondata sul vizio d’incompetenza, esaurisce pertanto l’oggetto stesso del giudizio, rendendo vincolante l’assorbimento delle eventuali censure sostanziali.

Si tratta di un principio, come puntualmente rilevato dalla difesa delle odierne appellate, che riveste oggi carattere assoluto, non potendo farsi distinzioni sulla scorta di una giurisprudenza risalente – e comunque anteriore all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo - pacificamente superata dall’indirizzo appena richiamato.

10. La reiezione dell’appello principale, per le ragioni fin qui esposte, esonera dunque il Collegio dall’esame dei motivi assorbiti in primo grado, riproposti dall’originaria ricorrente con l’appello incidentale, ma che in ogni caso sarebbero potuti essere riproposti ai sensi dell’articolo 101, comma 2, c.p.a..

11. Venendo all’esame all’appello incidentale proposto da Diagnostica Medica, infondato risulta anzitutto il suo primo motivo, a mezzo del quale l’odierna appellante incidentale ripropone la questione dell’applicabilità della disciplina in materia di contratti pubblici alle procedure di autorizzazione per l’esercizio delle attività sanitarie, con conseguente violazione dell’articolo 27, comma 1, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

Sul punto specifico, in senso contrario, è sufficiente far richiamo, oltre che alla giurisprudenza della Sezione (cfr. Cons. Stato, sez. III, 10 marzo 2022, n. 3183;
id., 19 marzo 2018, n. 1739), anche alla recente pronuncia dell’ANAC che, con le Linee guida n. 17 del 27 luglio 2022 (in materia di affidamento dei servizi sociali), ha avuto modo di precisare che è “… esclusa dall’applicazione del codice dei contratti pubblici l’erogazione di servizi sanitari e socio sanitari , contemplati dai livelli essenziali di assistenza del servizio sanitario nazionale ”, effettuata da soggetti esterni accreditati, in forza di convenzioni o accordi contrattuali sottoscritti ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.

La censura deve essere quindi respinta.

12. Anche il secondo motivo di appello incidentale, con il quale si contesta l’uso da parte dell’Amministrazione dei dati forniti dalla Società Italiana di Nefrologia (S.I.N.) al fine di determinare il fabbisogno per le strutture di dialisi, deve essere, parimenti, respinto.

Al riguardo, è dirimente richiamare anzitutto l’articolo 3 della l.r. 6 dicembre 2011, n. 20, che individua, proprio nei dati forniti dalla S.I.N., quelli su cui devono essere valutati i “ bisogni ” ai sensi del precedente articolo 1, comma 1, lettera c ), della medesima legge.

In ogni caso, poiché la determinazione dei fabbisogni costituisce attività ampiamente discrezionale, in quanto afferente alla programmazione sanitaria regionale (cfr. Cons. Stato, sez. III, 15 aprile 2013, n. 2117), deve ritenersi che il sindacato giurisdizionale avverso di essa possa esplicarsi solo entro limiti alquanto ristretti e, segnatamente, in caso di sussistenza di macroscopici profili di erroneità o illogicità della scelte compiute;
ipotesi che, con ogni evidenza, non ricorre nel caso di specie, laddove, come si è visto, il ricorso ai dati forniti dalla S.I.N. era addirittura imposto da una norma di legge.

13. In conclusione, per tutte le ragioni esposte, sia l’appello principale che quello incidentale devono essere entrambi respinti, con integrale conferma della sentenza appellata.

14. Le spese del presente grado del giudizio, considerata la peculiarità della vicenda afferente alla valutazione di questioni caratterizzate da orientamenti giurisprudenziali difformi, possono essere interamente compensate tra le parti.

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