Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-11-06, n. 201705115
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Testo completo
Pubblicato il 06/11/2017
N. 05115/2017REG.PROV.COLL.
N. 01079/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1079 del 2017, proposto da:
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale. dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
C M, rappresentato e difeso dall'avvocato P C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, largo Messico, 7;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZ. I BIS n. 09598/2016, resa tra le parti, concernente applicazione della misura di sospensione facoltativa
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Massimo Cuneo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2017 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Natale (avv. Stato) e P. Conticiani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con l’appello in esame, il Ministero della Difesa impugna la sentenza 8 settembre 2016 n. 9598, con la quale il TAR per il Lazio, sez. I-bis, ha accolto il ricorso proposto dal Capitano dei Carabinieri Massimo Cuneo avverso il decreto con il quale è stata disposta la sua sospensione cautelare dall’impiego, annullando tale atto.
L’appellato è stato destinatario di una ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emessa nell’ambito di indagini svolte nei suoi confronti per i reati di peculato e rivelazione di segreti d’ufficio.
Disposta, a seguito di ciò, la sospensione precauzionale obbligatoria dall’impiego, quest’ultima – sopravvenuta l’ordinanza del GIP presso il Tribunale di Viterbo 20 marzo 2015, di revoca della misura cautelare - veniva commutata, con il decreto 28 aprile 2015 n. 177/I - 3/2015 (oggetto del ricorso instaurativo del giudizio di I grado), in sospensione precauzionale a titolo facoltativo, dichiarando l’amministrazione di agire in applicazione degli artt. 915, co. 2 e 916 del d. lgs. n. 66/2010.
1.1. La sentenza impugnata, richiamando la propria precedente giurisprudenza ed effettuato un excursus storico sulla disciplina previgente al Codice dell’ordinamento militare:
- innanzi tutto, rileva che tale ultima fonte (ed in particolare, l’art. 916) ha riunificato in un’unica disposizione le norme (diversificate) previste per le differenti figure professionali del settore militare;
- conclude affermando che il provvedimento impugnato è stato assunto (e la sospensione facoltativa disposta) “in erronea applicazione dell’artt. 916 del codice dell’ordinamento militare . . . in assenza del prescritto presupposto dell’assunzione della qualità di imputato”, poiché “l’essere solo indagato rispetto ai reati ascritti non costituisce condizione sufficiente per l’adozione del provvedimento di sospensione precauzionale facoltativa dall’impiego”.
1.2. Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di appello (come desumibili dalle pagg. 3 – 10 ric.):
a) error in iudicando , poiché “il combinato disposto degli articoli 915, co. 2, e 916 del Codice dell’ordinamento militare prevede che è consentita l’adozione di un provvedimento di sospensione precauzionale dall’impiego a titolo facoltativo”; ciò in quanto la disposizione richiamata “è applicabile nei confronti del militare sottoposto a procedimento penale anche in assenza dell’esercizio dell’azione penale da parte dell’Autorità Giudiziaria, sempre che esso, come nel caso di specie, sia stato raggiunto da un provvedimento limitativo della libertà personale per reati particolarmente gravi, il cui quadro probatorio sia supportato da gravi indizi di colpevolezza”.
Peraltro, “la misura penale degli arresti domiciliari è stata revocata dal giudice penale proprio in considerazione del fatto che il militare era stato sospeso dalle sue funzioni, circostanza che faceva venir meno le esigenze cautelari, per l’appunto in quanto i reati contestati sono attinenti al servizio”.
Inoltre, il Ministero appellante sottolinea (pag. 3 appello) che, successivamente, “nei confronti dell’ufficiale è stata esercitata l’azione penale per i reati di cui all’art. 81 cpv., 326, co. 1 e 3, 314, 640 co. 1 e 2, 479 e 323 c.p.”.
1.3. Si è costituito in giudizio il capitano Cuneo, che ha innanzi tutto concluso richiedendo il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.
Inoltre, l’appellato ha riproposto (pagg. 9 – 17 memoria del 24 marzo 2017), i motivi assorbiti dalla sentenza impugnata, e precisamente:
a1) violazione e falsa applicazione artt. 915, 916 e 866 d. lgs. n. 66/2010, anche in relazione all’art. 166 c.p.; eccesso di potere per difetto dei presupposti per l’adozione della misura della sospensione precauzionale dall’impiego a titolo facoltativo; eccesso di potere per ingiustizia manifesta; ciò in quanto, in ogni caso, “gli illeciti penali contestati non possono astrattamente comportare la perdita del grado, come invece richiesto dall’art. 916 d. lgs. n. 66/2010, in combinato disposto con l’art. 866 del medesimo decreto”, dato che i fatti contestati “sulla base di un giudizio prognostico, consentono, nella denegata ipotesi in cui l’appellato venga condannato con sentenza definitiva,