Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-08-23, n. 201005897

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-08-23, n. 201005897
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201005897
Data del deposito : 23 agosto 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08800/2009 REG.RIC.

N. 05897/2010 REG.DEC.

N. 08800/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 8800 del 2009, proposto da:
R C, rappresentato e difeso dall'avv. G G, con domicilio eletto presso G G in Roma, via Antonio Nibby N. 7;

contro

Ministero della Giustizia rappresentato e difeso dall'Avv. Gen. dello Stato presso la stessa domiciliata in Roma via dei Portighesi, 12;

per l’esecuzione del giudicato formatosi sul

decreto del CORTE D'APPELLO DI GENOVA - TERZA SEZIONE CIVILE n. 321/2008, reso tra le parti, concernente EQUA RIPARAZIONE EX LEGE n. 89/01 (LEGGE PINTO).


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2010 il Cons. Armando Pozzi e uditi per le parti gli avvocati Vincenzo Alberto Pennisi su delega di G G e l'Avvocato dello Stato Wally Ferrante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La Corte d’Appello di Genova , con Decreto n 321/08, successivamente corretto con ord.za n . 729/08 , ha accolto la domanda del ricorrente proposta ai sensi della legge n. 89/2001 e condannato il Ministero della Giustizia al pagamento in via equitativa in suo favore della somma di €.13.500,00, ( somma corretta da 1.500,00 ) oltre €. 900,00 per spese del procedimento, oltre accessori ( IVA, spese gen. e CPA ), in favore dei difensori antistatari “che agiscono in proprio “.

Il decreto della CdA è stato notificato il 28-30.4.2009.

Il decreto è passato in giudicato il 30.6.2009, non essendo stato proposto ricorso per Cassazione.

E’ stato notificato formale atto di diffida in data 27.7.2009.

Il ricorrente assume l’ammissibilità del ricorso per ottemperanza, non esclusa dal fatto che si tratta di dare esecuzione ad una pronuncia del Giudice Ordinario di condanna della P. A. al pagamento di una somma di denaro, atteso che, secondo il prevalente e preferibile orientamento giurisprudenziale, in tal caso il rimedio di cui all’art. 27, n.4, T.U. 25 giugno 1924, n. 1054 è alternativo alle forme dell’esecuzione forzata civile e può anche essere esperito unitamente alla seconda, con l’unico limite dell’impossibilità per il privato di conseguire due volte la medesima prestazione (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 15.4.2004, n.2161;
VI, 29.1.2002, n.480;
Cass., SS.UU., 8 ottobre 2004, n.20023).

Osserva, ancora, il ricorrente di aver proceduto anche con la notifica del precetto per intraprendere l’azione del pignoramento presso terzi presso l’Ente di riscossione Equitalia , ma a seguito dell’entrata in vigore della Legge 27.02.09 n.14 le somme detenute dall’Ente sono state dichiarate impignorabili.

Pertanto, il creditore ha dovuto agire mediante l’istituto dell’ottemperanza per il pagamento di quanto il Giudice ordinario ha stabilito dovuto, a titolo di equa riparazione.

A fronte dell’inadempienza della P. A., il ricorrente richiede, pertanto, l’esercizio da parte di questo “ on.le Tribunale “ (rectius: Consiglio di Stato) , dei poteri sostitutivi di merito propri dell’ottemperanza, nel senso, cioè, della dichiarazione dell’obbligo del Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, di provvedere entro un termine perentorio, salva la possibilità di nomina di un commissario ad acta in caso di ulteriore inottemperanza.

L’Avvocatura dello Stato si è costituita in giudizio con comparsa di forma, depositando una scarna relazione del Ministero, nella quale si evidenzia la attuale grave situazione debitoria in ordine al sistema di indennizzo per ritardata giustizia ordinaria generato da un concorso di cause.

Si segnala in particolare, nella citata relazione ministeriale, che il Dicastero non è titolare dei relativi fondi assegnati sul capitolo 1264, il quale, essendo iscritto “per memoria” nello stato di previsione della spesa del Ministero della Giustizia, viene alimentato ogni anno mediante un trasferimento di fondi dal capitolo 2829 dello stato di previsione del Ministero dell’Economia.

Si evidenzia ulteriormente, da parte dell’Amministrazione, che la nomina di un commissario ad acta potrebbe determinare ulteriori notevoli costi connessi alla Legge Pinto.

Alla camera di consiglio del 27 aprile 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1 - Il presente giudizio ha per oggetto l’esecuzione del giudicato formatosi sul decreto n. 321/2008 della Corte d’Appello di Genova, successivamente corretto con ord.za n. 729/2008, con cui, in accoglimento del ricorso dall’odierno appellante promosso ai sensi della legge n. 89/2001 ( c.d. Legge Pinto) teso al riconoscimento del diritto al risarcimento del danno provocato dall’irragionevole durata di un precedente giudizio da lui promosso, si condannava il Ministero della Giustizia al pagamento, in favore dello stesso, della somma di Euro 13.500,00, con gli interessi legali dalla domanda di riparazione, oltre alla rifusione in favore del ricorrente delle spese del procedimento, liquidate in complessivi Euro 900,00 , oltre I.V.A. e C.P.A.

2 - Sono da ritenersi sussistenti le condizioni ed i presupposti del giudizio di ottemperanza allorché, una volta che il citato decreto sia stato munito di formula esecutiva e notificato all’Amministrazione che sia stata parte nel giudizio ex art. 3 cit. e che a fronte dell’inerzia della stessa sia stato ad essa notificato atto di diffida e messa in mora ex art. 90 reg. proc. Cons. St., il giudizio stesso, che presuppone che l'Amministrazione cui si chiede che il Giudice rivolga la statuizione giudiziale non abbia soddisfatto la pretesa di colui che abbia conseguito la sentenza favorevole e che può essere proposto solo quando l'Amministrazione stessa non abbia dato esecuzione al precetto giudiziale contenuto in una sentenza che abbia disposto la sua soccombenza (Cons. St., IV, 11 aprile 2007, n. 1618), sia proposto nei confronti della parte pubblica, che sia stata legittimamente parte in quel giudizio, dal quale è scaturita la pronuncia giudiziale ottemperanda.

Le parti conservano infatti, nel giudizio di ottemperanza, la stessa posizione processuale (attore – convenuto), che avevano in quello terminato con detta pronuncia, non potendosi pervenire, per quanto riguarda in particolare la fattispecie all’esame, ad una diversa identificazione della parte passiva, sotto il profilo della legitimatio ad causam e ad processum, sol perché l’art. 1, comma 1225, secondo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 ha previsto che, “al fine di razionalizzare le procedure di spesa ed evitare maggiori oneri finanziari conseguenti alla violazione di obblighi internazionali”, al pagamento degli indennizzi “procede, comunque, il Ministero dell’economia e delle finanze”.

3 – La menzionata disposizione non muta le regole sulla legittimazione passiva nel giudizio di ottemperanza, nel quale la parte pubblica deve ritenersi soggettivamente intesa, secondo l’ordinaria disciplina di rappresentanza in giudizio delle amministrazioni statali, come parte necessariamente presente nel giudizio di cognizione a quo;
del resto il richiamo, contenuto nella indicata norma, alla sola fase del “pagamento” non comporta effetti espansivi sulla legittimazione passiva nei relativi giudizi di ottemperanza, spettante all’Amministrazione condannata nel giudizio stesso, quanto, piuttosto, un mero riparto di competenze fra amministrazioni statali nell’àmbito del procedimento contabile di liquidazione delle somme a tal titolo dovute, incombendo sulla prima (quando, come avviene nei giudizi di cui si tratta, il legislatore abbia individuato un’Amministrazione diversa tenuta al pagamento) l’onere di porre in essere, ai fini dell’adempimento al giudicato (la cui puntuale verifica è appunto l’oggetto del giudizio di ottemperanza), tutti gli atti necessari al compimento, da parte della seconda, della fase di pagamento, del cui esatto e tempestivo esito rimane comunque responsabile, nei confronti del creditore, il soggetto, nei cui confronti sia stata pronunciata la sentenza passata in giudicato, al fine ultimo di far conseguire concretamente all'interessato l'utilità o il bene della vita già riconosciutogli in sede di cognizione (C.d.S., sez. V, 3 ottobre 1997, n. 1108;
sez. IV, 15 aprile 1999, n. 626;
17 ottobre 2000, n. 5512;
da ultimo, sez. IV, 14 maggio 2007, n. 2447).

4 – Ciò precisato in punto di legittimazione passiva dell’Amministrazione convenuta in giudizio, può ritenersi che nella fattispecie si siano integrate le condizioni delle azioni esecutive intentate nei confronti della pubblica amministrazione condannata al pagamento di una somma di denaro.

Anzitutto, il decreto di condanna emesso dalla Corte d’Appello ai sensi dell’art. 3 della legge n. 89 del 2001 ha natura decisoria in materia di diritti soggettivi e, essendo idoneo ad assumere valore ed efficacia di giudicato, vale ai fini della ammissibilità del ricorso contemplato dagli artt. 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 e 27 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 (cfr. da ultimo Cons., St., sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6318).

In secondo luogo, risultano rispettati i termini di cui all’art. 14 del D. L. n. 669/1996, nella formulazione risultante dalle modificazioni ed integrazioni derivanti dall'art. 147 della legge n. 388/2000 e dell'art. 44 del D.L. n. 269/2003 come convertito nella legge n. 326/2003, il quale dispone, con previsione avallata dalla Corte Costituzionale con ord.za 30 dicembre 1998, n. 463 ed applicabile anche nei giudizi di ottemperanza innanzi al G. A. ( v. di questa Sezione sent. 12 maggio 2008 , n. 2158 ) , che “ Le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici completano le procedure per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l'obbligo di pagamento di somme di danaro entro il termine di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo. Prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto”.

5 - Dall’esame della documentazione versata in atti risulta, infatti, che il menzionato decreto, munito della formula esecutiva, è stato notificato direttamente all’Amministrazione (a mezzo del servizio postale ai sensi di legge, con raccomandata di cui v’è prova dell’intervenuta ricezione da parte del destinatario e che dalla notifica di questo è decorso il términe dilatorio stabilito dalla norma (términe, inizialmente, di giorni sessanta ed ampliato a giorni centoventi dall’art. 147 della legge 23 dicembre 2000, n. 388).

6 - A contrastare l’obbligo di pagamento incombente sull’amministrazione non possono certo invocarsi, con la relazione ministeriale versata in atti, incapienze del capitolo di bilancio su cui far gravare i relativi impegni ed ordinativi di spesa.

E’ noto, infatti, che per costante giurisprudenza nessuna rilevanza esterna né effetti pregiudizievoli al creditore possono avere difficoltà di organizzazione, anche contabile, interne all’apparato burocratico (Cons. St., sez. VI, 02 agosto 2006, n. 4734).

Ugualmente a dirsi per l’argomento, sollevato dalla stessa difesa erariale, relativo agli ulteriori costi derivanti dalla nomina del commissario ad acta: costi che da un lato non possono certo rilevare quale causa impeditiva dell’adempimento e che possono ben essere evitati con una tempestiva e puntuale attività di spontanea ottemperanza della P. A., senza attendere l’intervento sostitutivo del commissario.

7 - Ciò posto, stante l’idoneità del titolo giudiziale alla esecuzione e perdurando l’inerzia dell’Amministrazione nonostante la diffida ritualmente notificata da parte ricorrente, va dunque dichiarato l’obbligo del Ministero di conformarsi al giudicato di cui in epigrafe, provvedendo al pagamento in favore del ricorrente, entro il termine di giorni sessanta decorrenti dalla data di ricezione della comunicazione in via amministrativa (o, se anteriore, dalla data di notificazione ad istanza di parte), della presente decisione, della complessiva somma dovuta per il predetto titolo, sorte e spese ed onorari di giudizio, oltre accessori come per legge (spese generali, I.V.A. e C.P.A.), nonché interessi legali dalla data della messa in mora ( 27 luglio 2009).

Devono escludersi le somme per spese ed onorari del difensore, il quale per tale titolo ha agito quale antistatario con separato ricorso per ottemperanza, nonché quelle ulteriori somme computate, nell’atto di diffida e nel ricorso, a titolo di capitalizzazione di interessi legali, spese, diritti ed onorari relativi all’attività successiva al decreto, trattandosi di somme non attribuite dal giudicato;
specie avuto riguardo alle poste inerenti l’attività esecutiva, se pur dovute ex art. 91, co. 2, c.p.c. sia come spese vive che come costi dell’opera del difensore di cui la parte si è avvalsa, le stesse sono da intendersi ricomprese, stante la loro complessiva riferibilità al presente giudizio di ottemperanza, nella pronuncia sulle spese di tale fase del giudizio, che, secondo il suo ésito, segue la soccombenza.

8 - . Nella eventualità di inutile decorso del termine di cui sopra, si nomina fin da ora quale commissario ad acta il direttore dell’Ufficio X della direzione centrale dei servizi del dipartimento del Tesoro del Ministero dell’economia e delle finanze, con facoltà di subdelegare gli adempimenti esecutivi ad altro dirigente dello stesso ufficio.

Il commissario provvederà inoltre a denunciare alla competente Procura della Corte dei conti gli specifici comportamenti omissivi di amministratori e funzionari che ne abbiano reso necessario l’intervento, con consequenziale danno erariale corrispondente alle spese per l’intervento commissariale e quant’altro collegato all’inesecuzione del predetto giudicato.

9 - Le spese di lite seguono la soccombenza e sono forfettariamente liquidate in dispositivo tenuto conto della pluralità di identici giudizi patrocinati dallo stesso difensore ed assunti in decisione alla medesima camera di consiglio, in Euro 500,00, (cinquecento) oltre I.V.A. e C.P.A.

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