Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-04-14, n. 201002093

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-04-14, n. 201002093
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201002093
Data del deposito : 14 aprile 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00701/2010 REG.RIC.

N. 02093/2010 REG.DEC.

N. 00701/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sull’appello n. 701 del 2010, proposto dal signor M B, rappresentato e difeso dagli avvocati L A e L U, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato L U in Roma, via Antonio Tempesta, n. 20;

contro

Il Consiglio Superiore della Magistratura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sezione prima n. 10730/2009, resa tra le parti, concernente diniego di accesso a documenti relativi al calendario e alle comunicazioni del corso organizzato dal C.S.M. per il giorno 6 maggio 2009.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Consiglio Superiore della Magistratura;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2010 il Cons. A P e uditi per l’appellante gli avvocati Annunziata e Ubriaco;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso al TAR per il Lazio (Sede di Roma), il sig. Bragantini ha impugnato il provvedimento n. P14673 del 9 luglio 2009, con cui il Comitato di Presidenza del C.S.M. – previo parere conforme della nona commissione - ha respinto l’istanza formulata l’8 giugno 2009 per accedere ad alcuni documenti, ai sensi della legge n. 241 del 1990.

L’istanza dell’interessato ha riguardato il calendario e le comunicazioni del corso organizzato dal CSM e tenutosi il giorno 5 maggio 2009, cui ha partecipato il magistrato titolare di una causa di lavoro (pendente presso il Tribunale di Verona, risalente al 2003 e nella quale egli è parte ricorrente), la cui udienza del 5 maggio 2009 è stata rinviata per l’esigenza dello stesso magistrato di partecipare al corso.

2. Con la sentenza n. 10730 del 2009, il TAR ha dichiarato il ricorso inammissibile, perché non notificato al medesimo magistrato, qualificato dal TAR come controinteressato in senso tecnico (perché l’istanza di accesso ha riguardato un dato che lo riguarda).

3. Con il gravame in esame, l’appellante ha chiesto che, in riforma della sentenza del TAR, il ricorso di primo grado sia dichiarato ammissibile e sia accolto, perché fondato.

Col primo motivo, l’appellante ha dedotto che, anche a voler aderire alla tesi del TAR (per cui sarebbe un dato personale la semplice comunicazione del calendario di corsi di aggiornamento inviato dal CSM ad un magistrato), la sentenza sarebbe erronea, in quanto nella specie non sarebbe configurabile alcun controinteressato al ricorso di primo grado, poiché:

a) l’art. 3 del d.P.R 12 aprile 2006, n. 184 (recante il regolamento sulla disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi), dispone che l’Amministrazione ricevente l’istanza di accesso (e non il richiedente) ha l’onere di instaurare un contraddittorio sulla sua accoglibilità, sempre che esistano soggetti effettivamente controinteressati, e cioè soggetti che “dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza”;

b) non sarebbe pertanto condivisibile la statuizione di inammissibilità del ricorso di primo grado, perché – non avendo il CSM ravvisato alcun controinteressato nel corso del procedimento – non sarebbe neppure configurabile alcun controinteressato nel presente giudizio.

Col secondo motivo, l’appellante ha dedotto che in ogni caso nella specie non sarebbe qualificabile come controinteressato il magistrato del tribunale di Verona che ha partecipato al corso tenutosi il 5 maggio 2009, poiché per la legge n. 241 del 1990 (e successive modificazioni) è configurabile un controinteressato nel caso di proposizione di un ricorso per l’accesso solo quando oggetto della istanza siano dati personali e la loro conoscenza sia in grado di arrecare un pregiudizio alla riservatezza del loro titolare.

Nella specie, l’appellante ha dedotto che la documentazione riguardante la comunicazione del calendario di corsi di aggiornamento organizzati dal CSM ad un magistrato non può a questi arrecare alcun pregiudizio, pur se venga a conoscenza di un terzo interessato.

Inoltre, l’appellante ha osservato che la parte ricorrente in una causa di lavoro (che pende nella specie da oltre sei anni presso il tribunale di Verona e nella quale si discute della legittimità di un licenziamento) ha il diritto di sapere se sia giustificato o meno un rinvio di sei mesi disposto d’ufficio “per partecipazione a corso CSM” del magistrato incaricato della trattazione della causa.

Pertanto, le esigenze di riservatezza dovrebbero dunque essere necessariamente contemperate con l’interesse del richiedente a tutelare i propri diritti, che non possono essere pregiudicati da un ‘eccesso di garantismo’.

5. Si è costituito in giudizio il CSM, per contestare con memoria la fondatezza dell’appello.

Nella camera di consiglio del 2 marzo 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. – Nel presente giudizio (proposto ai sensi dell’art. 25 della legge n. 241 del 1990), è controverso se l’appellante – parte in un processo civile, la cui udienza del 5 giugno 2009 è stata rinviata alla data del 21 ottobre 2009 per l’indisponibilità del magistrato – abbia titolo ad accedere agli atti con cui il C.S.M., nell’organizzare un corso di aggiornamento seguito dal medesimo magistrato, ha fissato un calendario con un incontro concomitante con l’udienza già fissata e conseguentemente rinviata.

In punto di fatto, va premesso che l’appellante ha proposto nel 2003 un ricorso alla sezione lavoro del Tribunale di Verona, impugnando il licenziamento disposto dal proprio datore di lavoro.

Il processo è stato caratterizzato da rinvii e da avvicendamenti dei giudici incaricati della sua istruzione.

Da ultimo, la causa è stata affidata ad un magistrato che avrebbe dovuto trattarla all’udienza del 5 maggio 2009. Tuttavia, con biglietto di cancelleria del 15 aprile 2009, la cancelleria della sezione lavoro ha comunicato al ricorrente il differimento dell’udienza al 21 ottobre 2009, a causa della “partecipazione del giudice a corso CSM”.

2 - Volendo conoscere in maniera più approfondita le ragioni del rinvio della causa instaurata, in data 8 giuno 2009 l’appellante ha formulato al C.S.M. una istanza di accesso, al fine di acquisire “i documenti amministrativi riguardanti il calendario e le comunicazioni del corso CSM tenutosi il giorno 5 maggio 2009”.

Con il provvedimento impugnato in primo grado, il CSM ha respinto l’istanza, in conformità del parere reso dalla nona commissione.

3 - Con l’appellata sentenza, il TAR per il Lazio – rilevato che l’istanza di accesso era espressamente riferita al “calendario e comunicazioni del corso C.S.M. tenutosi il giorno 6 maggio 2009 cui ha partecipato il giudice dr. G. A.”, e alla data in cui era stata a questi comunicata “la partecipazione al corso citato” – ha dichiarato il ricorso inammissibile per mancata notifica allo stesso magistrato, che ha qualificato come controinteressato in senso tecnico.

4 - Ritiene la Sezione che la sentenza gravata non sia condivisibile e che l’appello vada pertanto accolto, poiché il ricorso di primo grado risulta ammissibile e fondato.

5. In via preliminare, va osservato che l’art. 25, comma 5, della legge n. 241 del 1990 (nel testo attualmente vigente) dispone che il ricorso per l’accesso vada notificato al controinteressato, in coerenza con i principi enunciati dalla giurisprudenza di questo Consiglio sulla natura della posizione soggettiva fatta valere e sulla esigenza di tutela di chi potrebbe subire un pregiudizio dall’eventuale accoglimento della domanda (Cfr. Ad. Plen., 24 giugno 1999, n. 16).

Ciò posto, la questione in esame va risolta verificando se nella specie il magistrato incaricato della trattazione della causa presso il tribunale di Verona possa in ipotesi subire un pregiudizio dall’accoglimento della istanza di accesso, formulata in sede amministrativa.

6. Ritiene la Sezione che nella specie non sia configurabile alcun controinteressato, per l’assenza di qualsiasi pregiudizio che potrebbe subire il magistrato incaricato della trattazione della causa presso il Tribunale di Verona..

6.1. Sotto un primo profilo, rilevano al riguardo i principi riguardanti la tutela del diritto di accesso, che – come previsto dall’art. 22, comma 2, della legge n. 241 del 1990 (come modificata dalla legge n. 69 del 2009) - è connesso al perseguimento di rilevanti finalità di pubblico interesse, espressive di un “principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza”.

Il diritto d’accesso è collegato a una riforma di fondo dell'amministrazione, ispirata ai principi di democrazia partecipativa, della pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa (desumibili dall’art. 97 della Costituzione), che si inserisce a livello comunitario nel più generale diritto all’informazione dei cittadini rispetto all’organizzazione e alla attività soggettivamente amministrativa (Cons. St., Ad. Plen., 18 aprile 2006, n. 6), quale strumento di prevenzione e contrasto sociale ad abusi ed illegalità degli apparati pubblici latamente intesi.

6.2. Tenuto conto della consistenza del principio di trasparenza, l’esigenza di tutela della altrui riservatezza appare in linea di principio tendenzialmente recessiva e non può impedire l’accesso ove essa non sia correlata a dati sensibili in senso stretto.

Infatti, l'art. 24, comma 2, lett. d), della legge n. 241 del 1990 e l’art 11 del d.P.R. n. 184 del 2006, pur contemplando la tutela della riservatezza dei terzi, prevedono espressamente che non possono essere sottratti all' accesso i documenti la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere gli interessi giuridici del richiedente (cfr. Cons. St., sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1455).

E non vi è dubbio che la parte di un giudizio abbia il diritto di avere conoscenza degli atti amministrativi che ritardino la sua definizione, potendo in linea di principio valutare se a suo tempo agire ai sensi della legge n. 89 del 2001 (applicativa del principio della ragionevole durata del processo, desumibile dagli articoli 6 e 13 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, cui si adeguata la Costituzione nel 1999 con la modifica dell’art. 111).

6.3. In tal senso militano anche le disposizione del ‘Codice in materia di protezione dei dati personali’, approvato con il decreto legislativo n. 196 del 2003:

- per l’art. 19, la comunicazione dei dati personali da parte di soggetti pubblici è ammessa, in via di principio, quando sia prevista da norme di legge o di regolamento;

- per l’art. 59, si applicano le disposizioni della legge n. 241 del 1990, in ordine ai rapporti con la disciplina sul diritto di accesso, anche in relazione ai dati sensibili e giudiziari e alle operazioni di trattamento eseguibili nel caso di una istanza di accesso;

- per l’art. 1 (come modificato dall’art. 4, comma 9, dalla legge n. 15 del 2009), “le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto ad una funzione pubblica e la relativa valutazione non sono oggetto di protezione della riservatezza personale”.

6.4. Osserva al riguardo la Sezione che il novellato art. 1 del Codice n. 196 del 2003 – ricognitivo di un principio già desumibile dai valori fondanti l’art. 97 Cost. - si applica anche in relazione alla attività di organizzazione dello svolgimento della funzione giurisdizionale.

Infatti, l’art. 97 della Costituzione – nello stabilire i principi del buon andamento e della imparzialità – ‘non ha inteso riferirsi ai soli organi della pubblica amministrazione in senso stretto, ma anche agli organi dell’amministrazione della giustizia’ (Corte Cost., 18 gennaio 1989, n. 18;
Corte Cost., 7 maggio 1982, n. 86).

Risulta dunque evidente che, per il combinato disposto delle previsioni dell’art. 25 della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 1 del Codice n. 196 del 2003 (nei testi vigenti), l’attività giurisdizionale – per i suoi aspetti organizzativi – va qualificata come un servizio pubblico, al servizio della collettività e da svolgere nel più pieno rispetto dei principi di buon andamento e di trasparenza.

Da un lato, l’utente del ‘servizio giustizia’ può accedere agli atti amministrativi che in qualsiasi modo abbiano inciso, incidano o possano incidere sulla organizzazione del medesimo servizio.

Dall’altro, non rileva in senso contrario il fatto che l’atto di natura organizzativa, inevitabilmente, menzioni un soggetto – sia pure investito di una pubblica funzione - cui spetti concretamente di svolgerla.

6.5. La Sezione pertanto ritiene che non rivesta la qualità di controinteressato in senso tecnico – sia in sede procedimentale, sia nel caso di proposizione del ricorso ai sensi dell’art. 25 della legge n. 241 del 1990 - il magistrato titolare di una causa la cui udienza di trattazione sia stata rinviata, quando la parte del relativo giudizio abbia richiesto di accedere agli atti del C.S.M. che abbiano determinato il rinvio.

In tal caso, il richiedente chiede gli atti unicamente per sapere le effettive ragioni dei rinvio e di verificare se questo sia effettivamente correlato alla organizzazione del corso di aggiornamento e se il CSM abbia organizzato i corsi tenendo anche conto degli impegni istituzionali già assunti dai partecipanti.

Sotto tale profilo, poiché la presenza al corso è di per sé pienamente giustificata in quanto riferibile all’organizzazione del corso da parte dell’organo di autogoverno, neppure può essere ipotizzabile alcuna iniziativa individuale di alcuno nei confronti del magistrato titolare della causa pendente e rinviata in ragione di tale partecipazione: egli neppure in astratto è portatore di un interesse personale e contrapposto a quello di chi abbia chiesto l’accesso.

7. Le suesposte considerazioni inducono la Sezione a ritenere che:

a) il diritto di accesso può essere esercitato anche quando si tratti di atti amministrativi di natura organizzativa posta in essere da un organo di autogoverno di una magistratura, che risultino connessi all’esercizio delle funzioni giudiziarie, anche quando si tratti di atti di organizzazione di corsi;

b) la legge n. 241 del 1990 e il Codice n. 196 del 1993 non hanno introdotto ‘zone franche’ ove non rilevi il principio di trasparenza dell’azione amministrativa, attuativo dei valori espressi dall’art. 97 della Costituzione (Ad. Plen., 24 giugno 1999, n. 16), applicabile anche per l’attività degli ‘organi dell’amministrazione della giustizia’ (Corte Cost., 18 gennaio 1989, n. 18;
Corte Cost., 7 maggio 1982, n. 86);

c) anche per gli aspetti organizzativi degli uffici giudiziari, la normativa sull’accesso mira a rendere visibile una ‘casa di vetro’, all’interno della quale gli utenti del servizio giustizia possono verificare se gli atti – anche quelli dell’organi di autogoverno aventi come destinatari diretti i magistrati e come destinatari indiretti le parti dei giudizi di cui essi siano incaricati – risultino rispettosi dei principi di efficienza e del buon andamento desumibili dall’art. 97 della Costituzione;

d) l’utente del servizio giustizia ha titolo ad ottenere copia degli atti amministrativi che in qualsiasi modo abbiano distolto il magistrato dalla trattazione della causa in cui egli sia parte, anche quando si tratti di atti riguardanti l’attività pubblica ed istituzionale di organizzazione e la frequenza dei corsi di aggiornamento per magistrati;

e) i magistrati menzionati nei medesimi atti amministrativi di natura organizzativa non acquistano la qualità di controinteressati (al contrario di quanto avvenga qualora sia chiesta la divulgazione di dati riguardanti la loro sfera privata), poiché nessun pregiudizio può derivare dalla conoscenza di elementi neutri ( che di per sé non possono essere neppure posti a base di ipotetiche azioni ritorsive verso magistrati che per definizione hanno tenuto comportamenti leciti, in quanto coinvolti in una iniziativa assunta dall’organo di autogoverno).

8. Risulta pertanto ammissibile e fondato il ricorso di primo grado, poiché l’originaria istanza ha mirato a verificare se – sotto il profilo oggettivo e senza alcun pregiudizio di alcun magistrato – l’organo di autogoverno abbia organizzato il corso di aggiornamento nel rispetto delle situazioni soggettive delle parti nel giudizio per il quale era già stata fissata l’udienza.

Risulta quindi pienamente condivisibile l’osservazione dell’appellante, secondo cui “un privato cittadino, parte attrice di una causa di lavoro che dura da sei anni e nella quale si discute del suo licenziamento, ha il diritto di sapere se un rinvio di sei mesi disposto da un giudice per partecipazione a corso CSM sia giustificato o meno”.

9. Per completezza, rileva la Sezione che risulta fondata anche l’ulteriore osservazione dell’appellante, per il quale in sede giurisdizionale non può essere dichiarato inammissibile il ricorso per l’accesso, per assenza di notifica al controinteressato, quando la stessa Amministrazione non abbia ritenuto di dover consentire la partecipazione di altri in sede procedimentale.

Infatti, per l’articolo 3, primo comma, del d.P.R. 12 aprile 2006 n. 184, “fermo quanto previsto dall'articolo 5, la pubblica amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, di cui all'articolo 22, comma 1, lettera c), della legge, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione”..

Tale disposizione (in coerenza con l’art. 15 della legge 11 febbraio 2005, n. 15) ha previsto che la stessa Amministrazione ha il dovere di consentire la partecipazione procedimentale del soggetto che a suo avviso potrebbe subire un pregiudizio dall’accoglimento dela istanza di accesso (e che acquisterebbe la qualità di controinteressato, nel caso di impugnazione del conseguente diniego).

Nella specie, poiché il C.S.M. non ha dato applicazione all’art. 3, primo comma, del d.P.R. n. 184 del 2006, in sede giurisdizionale – ove fosse davvero risultata la qualità di un controinteressato – si sarebbe dovuto ravvisare un errore scusabile e fissare un termine per la integrazione del contraddittorio.

Peraltro, poiché per le argomentazioni che precedono nel presente giudizio non può essere ravvisato un controinteressato in senso tecnico, nella specie l’accoglimento dell’appello va disposto in ordine alla fondatezza della pretesa, senza annullare con rinvio la sentenza gravata.

10. Per le considerazioni che precedono, l’appello va accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, va dichiarato l’obbligo dell’amministrazione di rilasciare copia all’appellante di tutti gli atti da lui richiesti.

Le spese dei due gradi del giudizio, tenuto conto della novità delle questioni, possono essere compensate tra le parti.

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