Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-02-12, n. 201800842

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-02-12, n. 201800842
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201800842
Data del deposito : 12 febbraio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/02/2018

N. 00842/2018REG.PROV.COLL.

N. 05771/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5771 del 2017, proposto da:
F M, rappresentato e difeso dall'avvocato V R, con domicilio eletto presso lo studio Guido Bruno Crastolla in Roma, via Ovidio, n. 32;

contro

Consiglio Superiore della Magistratura, in persona del Presidente in carica pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro in carica pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per l’ottemperanza

al DPR 20.01.2012 e al DPR 29.04.2014, resi tra le parti, recanti accoglimento di ricorso straordinario

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consiglio Superiore della Magistratura e del Ministero della Giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2017 il Cons. G G e uditi per le parti gli avvocati Musa su delega di Romano e dello Stato Russo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Con ricorso notificato nelle forme e nei tempi di rito, il dott. F M, come in atti rappresentato e difeso, ha invocato l’ottemperanza ai DD.PP.RR. del 20.1.12 e del 29.4.14, meglio distinti in epigrafe, “ in relazione all’avvenuto annullamento (con sentenza 8919/2017 emessa dal TAR Lazio Roma) della deliberazione 24-29 Febbraio 2017 del C.S.M., in particolare per l’emissione da parte del Ministro della Giustizia, ex art. 17 legge 195/1958, del Decreto ministeriale di attuazione della deliberazione del Consiglio Superiore della magistratura del 17.11.2010, con la quale veniva disposta la dispensa dal servizio di esso ricorrente, già magistrato ordinario, per motivi di salute ”.

2.- Per un puntuale intendimento della articolata vicenda procedimentale, vale rammentare che il ricorrente, con istanza del 27.11.2009, aveva chiesto di “ essere dispensato dal servizio con effetto dalla domanda ”, con riconoscimento del “ diritto alla pensione di inabilità (l. 335/95) o, in subordine, quello alla pensione normale (L. 1092/1973;
r.d. 3/57)
”.

Con successiva istanza del 14.12.2009, aveva, peraltro, chiesto di essere dispensato dal servizio “ per motivi di salute secondo l’ordinario procedimento previsto per i magistrati nelle more degli accertamenti previsti per il procedimento teso al conseguimento della pensione di inabilità ”.

Riconosciuto dalla Commissione medica di verifica di Brindisi “ inabile permanentemente ed in modo assoluto al servizio di istituto ”, con delibera del 17.11.2010 veniva dispensato dal servizio ai sensi dell’art. 3 del R.D.Lgs. 511/1946, con decorrenza “ dal giorno in cui [sarebbe avvenuta] la comunicazione all’interessato del decreto con il quale il Ministro della giustizia [avrebbe recepito] la […] delibera consiliare ”.

A seguito di sollecitazione del Ministro della giustizia, tuttavia, il C.S.M., con delibera del 12.1.2011 revocava la precedente delibera del 17.11.2010, al fine di accertare “ se, in concreto, l’accertamento della impossibilità di svolgere le funzioni di istituto [potesse] essere effettuato con riferimento al periodo in cui il magistrato [era] impossibilitato ad esercitare le funzioni per altra e diversa ragione, non nella sua disponibilità ”.

Il C.S.M., inoltre, con delibera del 20.7.2011 stabiliva il non luogo a provvedere sulla domanda di dispensa dal servizio all’esito del procedimento disciplinare.

3.- In data 26.1.2011, il ricorrente proponeva ricorso straordinario al Capo dello Stato, chiedendo l’annullamento della delibera del C.S.M. del 12.1.2011, con cui era stata revocata la precedente delibera del 17.11.2010 di dispensa dal servizio.

Proponeva, altresì, ulteriore ricorso straordinario per la declaratoria dell’obbligo del Ministro della Giustizia di emanare il decreto attuativo della delibera di dispensa dal servizio del 17.11.2010, nonché per l’annullamento della richiamata delibera del 20.7.2011.

I ricorsi, previamente riuniti, su conforme parere del Consiglio di Stato in data 26.10.2011, venivano accolti con D.P.R. del 20.1.2012, con consequenziale annullamento della la delibera del 12.1.2011, con la quale era stata, nei rammentati sensi, revocata la precedente delibera del 17.11.2010, “ con conseguente obbligo da parte del Ministro della giustizia di provvedere di conseguenza ”.

Per l’effetto, il ricorrente adiva il Consiglio di Stato con un primo ricorso (recante N.R.G. 1641/12), per l’ottemperanza del ridetto decreto.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti, egli impugnava, altresì, la delibera del 3.5.2012 con cui, pendente il richiamato giudizio, il C.S.M. - rivalutata la pratica di dispensa dal servizio anche in base alle conclusioni rassegnate dal perito all’uopo incaricato – aveva, nelle more, annullato in via di autotutela la delibera del C.S.M. del 17.11.2010, in quanto emessa in carenza dei presupposti di legge, per insussistenza, al momento della decisione, dell’inabilità assoluta e permanente al servizio.

4.- Con sentenza n. 3259 del 12.6.2013, il Consiglio di Stato dichiarava in parte improcedibile ed in parte infondato il ricorso.

Il dott. M proponeva, allora, un secondo ricorso straordinario, con cui chiedeva l’annullamento per illegittimità della delibera del 3.5.2012.

Tale ricorso veniva accolto con D.P.R. del 29.4.2014, emesso su conforme parere n. 709/14 del Consiglio di Stato, che ne riteneva la fondatezza sotto il profilo della dedotta inosservanza delle garanzie procedimentali.

A questo punto, il dott. F M chiedeva al Ministro della Giustizia di dare esecuzione alla delibera C.S.M. del 17.11.2010, emettendo il relativo decreto attuativo.

Tuttavia, con delibera dell’8.7.2014, ribadita in data 2.12.14, il C.S.M. disponeva “di

riaprire la procedura di dispensa dal servizio”.

5.- Con un secondo ricorso per l’ottemperanza ai D.P.R. 20.1.12 e 29.4.14 (contraddistinto al N.R.G. 7404/14), il dott. M adiva, allora, nuovamente il Consiglio di Stato sostenendo che – in quanto il provvedimento di annullamento di ufficio del 3.5.2012 era stato, a sua volta, annullato con il D.P.R. del 29.4.2014 – si sarebbero dovute eseguire le statuizioni di cui al D.P.R. del 20.1.2012, che - in accoglimento dei ricorsi straordinari riuniti - faceva obbligo, nei sensi rammentati, al Ministro della Giustizia di emettere il decreto attuativo della deliberazione del C.S.M. del 17.11.2010.

Con sentenza n. 439/15, il Consiglio di Stato rigettava il ricorso, affermando che, una volta annullata per vizi procedimentali – giusta D.P.R. del 29.4.2014 – la delibera del 3.5.12, al C.S.M. non fosse ancora precluso un ulteriore esercizio del potere, nella misura in cui la censura del secondo provvedimento di revoca non ne riguardasse il merito, bensì solo “[…] il quomodo di adozione […], in quanto non assistit [o] dalle garanzie infraprocedimentali ”.

6.- Il dott. M proponeva, allora, un terzo ricorso, ancora diretto ad ottenere l’ottemperanza dei D.P.R. 20.1.12 e 29.4.14, contraddistinto al N.R.G. 1896/15. In tal sede, il ricorrente riferiva di avere rivolto – dopo la pronuncia della sentenza 439/15 – una diffida al Ministero della Giustizia ed al C.S.M. per la conclusione del procedimento nuovamente avviato;
in difetto di riscontro, assumeva che non vi fosse una reale volontà del C.S.M. di adottare nuovi provvedimenti, diversi dalla delibera di dispensa del 17.11.10 e, pertanto, agiva nuovamente inottemperanza.

Il procedimento di riesame della Delibera datata 17.11.2010 veniva, peraltro, portato a conclusione nelle more del giudizio, con delibera del 24.2.16, la quale - sulla base di una valutazione medica effettuata da un collegio di medici libero-professionisti, dalla quale era emersa l’insussistenza in capo al dott. M del requisito sanitario per accedere alla declaratoria di inabilità assoluta al servizio – disponeva ancora una volta l’annullamento della Delibera del 17.11.10.

Nella nuova delibera, in particolare, il C.S.M. - preso atto che “ dalla relazione peritale […] [era emerso] che il provvedimento di dispensa emesso da [l] Consiglio in data 17.11.2010 in accoglimento dell'istanza del dott. MANZO [fosse] viziato da illegittimità per assenza dei presupposti richiesti dalla legge, in quanto non sussiste [va], [neanche] al momento della

decisione l'inabilità assoluta e permanente al servizio che ne costitui [va] condizione imprescindibile ” – deliberava in autotutela l’annullamento d’ufficio della delibera del 17.11.10, ai sensi dell'articolo 21 nonies della legge n. 241/1990.

Quindi, con la sentenza n. 1463/16, il Consiglio di Stato dichiarava improcedibile il terzo ricorso per ottemperanza, essendo cessata la situazione di inottemperanza con esso denunciata, per effetto dell’intervenuta delibera del 24.2.16.

7.- Con nuovo ricorso per l’ottemperanza ai D.P.R. del 20.1.12 e 29.4.14, contraddistinto al N.R.G. 2997/16, il dott. M ancora una volta adiva il Consiglio di Stato, deducendo la nullità della delibera del 24/2/16 per violazione del giudicato di cui ai D.P.R. del 20.1.12 e 29.4.14, e chiedeva venisse ordinato al Ministero della Giustizia di emettere un decreto attuativo della Delibera del C.S.M. del 17.11.2010.

Con sentenza n. 4717/16, il Consiglio di Stato dichiarava il ricorso in parte inammissibile (quanto alla richiesta di ottemperanza ai decreti presidenziali stessi), ed in parte infondato (quanto alla nullità per contrasto della delibera del 24.2.16 con i decreti presidenziali summenzionati).

Il dott. M impugnava la sentenza da ultimo richiamata mediante ricorso per revocazione, nelle more definito con sentenza di inammissibilità n. 4928 del 25.10.17

8.- A questo punto, con un nuovo ricorso straordinario al Capo dello Stato, successivamente trasposto al TAR del Lazio, il dott. M impugnava nuovamente la stessa delibera del 26.2.16.

Il TAR adito accoglieva il ricorso con sentenza n. 8919/2017.

La decisione veniva impugnata dal Ministero della Giustizia e dal C.S.M., che ne invocava, in prospettiva cautelare, la sospensione dell’efficacia, con istanza chiamata alla stessa camera di consiglio fissata per la definizione del presente giudizio di ottemperanza.

9.- Per resistere al ricorso in esame, si costituivano in giudizio, a mezzo della difesa erariale, il Consiglio Superiore della Magistratura, che argomentavano l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza della domanda.

Nel rituale contraddittorio delle parti, alla camera di consiglio del 14 dicembre 2017, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, la causa veniva riservata per la decisione.

DIRITTO

1.- Il ricorso è improcedibile.

Con sentenza n. 6083 del 27 dicembre 2017, resa inter partes , questo Consiglio ha accolto l’appello proposto dal C.S.M. e dal Ministro della Giustizia avverso la sentenza n. 8919/2017, con la quale – nei sensi di cui alla narrativa che precede – il TAR del Lazio aveva annullato la delibera del 26.2.2016, con ciò facendo risorgere – nell’assunto di parte ricorrente – l’obbligo di dare seguito esecutivo agli azionati decreti del Presidente della Repubblica, resi a definizione del proposto ricorso straordinario.

Ne discende, allo stato, che – annullata, con favorevole e definitivo vaglio giudiziario, la ridetta delibera del 17.11.2010 e superato dalle nuove e sopravvenute determinazioni l’azionato esito decisorio – deve ritenersi venuto meno ogni obbligo di provvedere in capo alle intimate Amministrazioni.

2.- In considerazione del rilievo che le ragioni di improcedibilità della controversia sono sopravvenute alla proposta domanda, sussistono i presupposti per l’integrale compensazione, tra le parti costituite, di spese e competenze di lite.

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