Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-09-30, n. 201906547
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Pubblicato il 30/09/2019
N. 06547/2019REG.PROV.COLL.
N. 07459/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7459 del 2018, proposto da
Whirlpool Emea S.p.A.(Già Indesit Company S.p.A), in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati G B e M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via delle Quattro Fontane 161;
contro
Gestore dei Servizi Energetici - Gse S.p.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, via di Villa Sacchetti 11;
Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso
ope legis
dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero dell’Ambiente, non costituitosi in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 5844/2018.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Gestore dei Servizi Energetici - Gse S.p.A. e del Ministero dello Sviluppo Economico;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del giorno 14 marzo 2019 il Cons. Silvia Martino;
Uditi per le parti rispettivamente rappresentate gli avvocati G B e Filippo Degni (per delega dichiarata dell’avvocato A P), nonché l’avvocato dello Stato Andrea Giordano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società Indesit, intendendo accedere al sistema incentivante di cui al d.m. 28 dicembre 2012 per un intervento di efficientamento nel settore residenziale e terziario consistente nella sostituzione di prodotti per il lavaggio e la conservazione dei cibi (frigoriferi, lavabiancheria e lavastoviglie) mediante commercializzazione di elettrodomestici a più alta efficienza, presentava al GSE una proposta di progetto e programma di misura in data 4 marzo 2014.
Essa sosteneva:
- di aver proceduto attraverso PPPM, ossia con il metodo c.d. a consuntivo, anziché con il metodo di valutazione standard e dunque mediante RVC, in quanto la rendicontazione dei risparmi calcolati in base alla scheda tecnica 47E, concernente “ Sostituzione di frigoriferi, frigocongelatori, congelatori, lavabiancheria, lavastoviglie con prodotti analoghi a più alta efficienza ” (scheda ancora in vigore alla data di inoltro della proposta), non sarebbe stata “ presentabile tramite l’applicativo informatico Efficienza Energetica del GSE ” (si sarebbe cioè verificata una situazione di “ oggettiva impossibilità tecnica, certificata dallo stesso GSE, di utilizzare la procedura relativa al metodo di valutazione standard ”);
- di non avere indicato nella PPPM i criteri e le modalità di misura diretta dei risparmi in quanto il risparmio conseguibile da ciascuna unità fisica di riferimento (UFR) sarebbe stato nella specie già determinato dalla scheda 47E (né la ricorrente avrebbe mai inteso rendicontare risparmi superiori a quelli riconoscibili sulla base di tale scheda);
- di avere peraltro dato conto sempre nella PPPM sia della possibilità per i clienti finali (acquirenti degli elettrodomestici) di fruire dell’agevolazione fiscale prevista per acquisti associati a ristrutturazioni edilizie (c.d. “ bonus mobili ed elettrodomestici ”), sia della stima della ricaduta positiva sulle vendite per un’aliquota pari al 3% ca. del totale (in base ai dati 2013;la percentuale era stata in seguito rettificata al 3,7% per tener conto dell’incremento delle vendite del 2014 rispetto all’anno precedente), e di avere pertanto proposto di adottare una corrispondente riduzione del numero delle UFR valevoli ai fini della rendicontazione dei risparmi rilevanti per il rilascio dei certificati bianchi.
Il Gestore:
- con provvedimento del 5 settembre 2014 respingeva la PPPM;
- con atto del 23 gennaio 2015 annullava tale diniego e contestualmente il “ provvedimento implicito di accoglimento ” formatosi per effetto dell’art. 6, comma 3 del d.m. 28 dicembre 2012, disponendo “ per l’effetto […] la riapertura del procedimento amministrativo ” di valutazione della PPPM;
- con atto del 21 maggio 2015 respingeva definitivamente la PPPM.
2. La ricorrente impugnava questi provvedimenti innanzi al TAR per il Lazio, con il ricorso iscritto al n. RG 14580/14 (integrato da motivi aggiunti).
Nel frattempo, con d.m. 22 dicembre 2015, veniva revocata la citata scheda tecnica 47E.
Indesit impugnava il suddetto d.m., sempre innanzi al TAR per il Lazio, con il ricorso iscritto al n. 3580 del 2016.
Deduceva:
1) Violazione degli artt. 20 e 29 d.lgs. n. 28/2011, 1 e 4 d.lgs. n. 115/2008, 7 d.lgs. n. 102/2014;violazione del d.m. 28.12.2012;errore nei presupposti di fatto e di diritto;difetto di istruttoria e di motivazione;violazione del principio di efficacia dell’azione amministrativa;irragionevolezza e ingiustizia manifeste ;
2) Violazione dei principi di legalità, irretroattività, tutela dell’affidamento e certezza del diritto.
Indesit, nel lamentare il pregiudizio derivante dalla revoca sia con riferimento al progetto per cui vi era controversia sia in relazione a “futuri progetti già pianificati”, sosteneva che la determinazione di ritiro avrebbe escluso a tempo indefinito dal sistema dei certificati bianchi gli interventi di efficientamento energetico nel settore residenziale consistenti nell’installazione di apparecchiature ad alto rendimento, in violazione degli artt. 29 e 30 d.lgs. n. 28/2011 e degli obiettivi di potenziamento delle misure di sostegno all’efficienza energetica stabilite dalla disciplina di settore.
Si sarebbe trattata altresì di una scelta irragionevole (stante l’impossibilità di sottoporre a misurazioni dirette il risparmio ottenibile con l’installazione di elettrodomestici e dunque di operare con il metodo a consuntivo) e proceduralmente viziata (l’amministrazione avrebbe dovuto semmai procedere all’aggiornamento delle Linee guida e comunque consultare Enea, Aeegsi e le associazioni principali di categoria;cfr. art. 4 d.lgs. 115/08 e 29 d.lgs. n. 28/2011 e d.lgs. n. 102/2014), oltre che sorretta da una motivazione fondata su presupposti erronei (la società deduceva dette motivazioni dal precedente contenzioso inter partes ).
Sotto altro profilo il d.m. sarebbe stato illegittimo nella parte in cui avesse inteso attribuire portata retroattiva alla revoca della scheda 47E, precludendo l’utilizzazione del metodo di valutazione standard anche in relazione a progetti (come quello della ricorrente) proposti, approvati e avviati prima della sua entrata in vigore (10.2.2016).
Con ricorso per motivi aggiunti la società istante estendeva l’impugnazione alla nota del Gestore in data 9 aprile 2015 posta a base del d.m. 22 dicembre 2015, denunciando:
1) Violazione degli artt. 20 e 29 d.lgs. n. 28/2011, 1 e 4 d.lgs. n. 115/2008, 7 d.lgs. n. 102/2014;violazione del d.m. 28.12.2012;errore nei presupposti di fatto e di diritto;difetto di istruttoria e di motivazione .
La ricorrente confutava il paventato rischio di tripla incentivazione, sull’assunto che i consumatori finali non sono ammessi a partecipare al sistema dei titoli di efficienza energetica (art. 7 d.m. 28.12.2012) e tenuto conto dei limiti dimensionali minimi per i progetti (nella specie, almeno 300 apparecchiature ex art. 10 Linee guida Aeeg n. 9/11);né si sarebbe potuto verificare un cumulo vietato dall’art. 10 d.m. 28.12.2012 con riferimento al citato bonus mobili ed elettrodomestici (non qualificabile come incentivo per progetti di efficienza energetica);gli assunti del Gestore sarebbero stati apodittici, mentre i metodi indicati nella scheda per conteggiare i risparmi avrebbero consentito di evitare sovraincentivazioni.
3. Successivamente, con sentenza del TAR per il Lazio, 15 settembre 2016, n. 9770, pronunciata a conclusione del giudizio n. 14580/14, l’atto del 21 maggio 2015 veniva annullato, “ con salvezza degli eventuali ulteriori provvedimenti che il Gestore ritenesse di dovere adottare in relazione all’accertata formazione del silenzio-assenso ”.
Nella pronuncia si affermava (tra l’altro) che il diniego del 21 maggio 2015 era “ intervenuto quando il termine per la formazione del silenzio-assenso era già spirato e, quindi, il GSE non era più titolare del relativo potere, già esercitato per silentium, e che ‘al più, il Gestore avrebbe potuto rimuovere il silenzio-assenso, già formatosi, attraverso l’esercizio del potere di annullamento in autotutela ex art. 21 nonies l. n. 241/90 precedentemente utilizzato’ con l’adozione del provvedimento del 23 gennaio 2015 ”.
All’indomani della pubblicazione della sentenza il GSE con nota del 4 ottobre 2016 (recante illustrazione delle ragioni ostative già esposte con la menzionata reiezione del 2015) rappresentava a Indesit l’avvio dell’ iter di annullamento in autotutela dell’approvazione tacita della PPPM;per sua parte la ricorrente presentava, in data 10 ottobre 2016, la RVC collegata alla PPPM tacitamente assentita (in aggiunta alle proprie controdeduzioni sull’avviso di avvio).
Con atto dell’11 ottobre 2016 il Gestore comunicava “ di procedere, ai sensi della legge n. 241/90, all’annullamento d’ufficio del silenzio assenso […] ritenuto dal Giudice amministrativo formato ” ex art. 6, co. 3, d.m. 28 dicembre 2012 in relazione all’iniziale PPPM, con contestuale “ riapertura del procedimento di valutazione ” e invito alla ricorrente a presentare osservazioni in ordine agli evidenziati motivi ostativi.
4. Indesit impugnava questa determinazione, sempre innanzi al TAR Lazio, con il ricorso iscritto al n. RG 13657 del 2016.
Deduceva:
1) Violazione dell’obbligo di conformarsi alla portata conformativa della sentenza n. 9770/16 :
Secondo la società, il Gestore aveva violato l’obbligo di conformarsi agli effetti della sentenza n. 9770/16;segnatamente, l’affermazione per cui “ non pare dubbio che la PPPM della ricorrente presentasse i requisiti minimi per poter essere qualificata come tale ” aveva smentito l’assunto dello stesso GSE in ordine all’“ inoperatività del meccanismo del silenzio assenso per non conformità della pppm al conferente paradigma normativo ”, con conseguente adesione all’impostazione di Indesit sulla “ valutabilità della PPPM secondo il metodo di cui alla scheda tecnica 47E ” (e correlativa reiezione della speculare prospettazione del Gestore circa la “ non valutabilità della stessa secondo il predetto metodo, con asserita necessità di applicazione del metodo a consuntivo ”);il GSE avrebbe pertanto potuto annullare l’approvazione tacita della PPPM “ solo ove la stessa non fosse stata conforme […] ai contenuti della scheda tecnica 47E ”;
2) Violazione dell’art. 30 d.lgs. n. 28/2011, degli artt. 5, 10 e 12 d.m. 28.2.2012, degli artt. 3, 4, 6 e 13 All. A delib. Aeeg 27 ottobre 2011 EEN 9/11;errore nei presupposti di fatto e di diritto;violazione dell’art. 21-nonies l. n. 241/90;difetto di istruttoria e di motivazione;illogicità e ingiustizia manifeste;violazione del principio di proporzionalità, del dovere di leale collaborazione, dei principi di buon andamento ed efficienza dell’azione amministrativa .
L’amministrazione aveva comunque violato l’art. 21- nonies della l. n. 241/90 poiché non sarebbe stato sussistente il presupposto dell’illegittimità dell’assenso tacito.
Con tale ricorso, chiedeva, in particolare, l’annullamento dell’atto impugnato e la condanna del Gestore:
a) “ a consentire l’esecuzione della pppm ”, attraverso: l’“ attivazione della procedura RVC da parte di Indesit (già presentata […] in data 10 ottobre 2016) ai fini della rendicontazione - sulla base dei criteri standard di cui alla scheda tecnica 47E - dei risparmi conseguiti dal progetto ”;la “ certificazione di detti risparmi da parte del GSE e conseguente rilascio dell’autorizzazione al GME ad emettere in favore della società certificati bianchi in ammontare corrispondente ”;
b) al risarcimento per equivalente, “n ell’ipotesi in cui – per qualsivoglia ragione fattuale o giuridica (anche a causa delle disposizioni emanate con il citato d.m. 22 dicembre 2015) – l’esecuzione della PPPM risultasse non più possibile ”:
i) per una somma pari al controvalore dei certificati bianchi non percepiti, da determinare in base al loro valore di mercato e individuando il numero dei certificati “ secondo la metodologia di rendicontazione e certificazione rvc ”;ovvero, in via gradata,
ii) per una somma determinata in via equitativa (per un ammontare di euro 8,15 mln. ca., in base a stime “conservative”, tenuto conto del numero dei titoli spettanti, pari a 65.500, e del valore medio di euro 124,6 per certificato desunto dal mercato elettrico al 13.6.16;i dati sarebbero stati stimati “ sulla base delle vendite di Indesit nei due anni 2014 e 2015, applicando gli algoritmi previsti dalla scheda 47E ”, ossia “ risparmi specifici lordi a seconda della tipologia di prodotto venduto, coefficiente di durabilità 2,65, decurtazione ufr secondo tipologia e stime, conteggio totale sui 5 anni di vita utile ”);
c) nonché al risarcimento del danno da ritardo in relazione all’accesso al meccanismo dei certificati bianchi (quantificato nell’ammontare degli interessi e della rivalutazione monetaria sulla somma spettante a far data dal maggio 2014, formazione del primo silenzio assenso, o in subordine dal maggio 2015, formazione del secondo silenzio assenso).
5. Con ulteriore ricorso per motivi aggiunti Indesit chiedeva l’annullamento del provvedimento del GSE in data 25 novembre 2016, di reiezione della PPPM, e la condanna al risarcimento dei danni (con formulazione sovrapponibile a quella specificata nell’atto introduttivo), denunciando:
1) Violazione dell’obbligo di conformarsi alla portata conformativa della sentenza n. 9770/16 ;
2) Violazione dell’art. 30 d.lgs. n. 28/2011, degli artt. 5, 10 e 12 d.m. 28.2.2012, degli artt. 3, 4, 6 e 13 All. A delib. Aeeg 27 ottobre 2011 EEN 9/11;errore nei presupposti di fatto e di diritto;difetto di istruttoria e di motivazione;illogicità e ingiustizia manifeste;violazione del principio di proporzionalità, del dovere di leale collaborazione, dei principi di buon andamento ed efficienza dell’azione amministrativa .
La ricorrente censurava anzitutto i rilievi del GSE sulla “ non conformità dei criteri di misura e rendicontazione dei risparmi alle regole del metodo di valutazione a consuntivo ”, rilievi specificamente riguardanti: l’impossibilità di verificare la riferibilità dei risparmi a elettrodomestici venduti “in sostituzione” di altri;la mancata indicazione del sito di realizzazione dell’intervento;l’inadeguatezza dei criteri di quantificazione proposti.
In particolare:
- nonostante l’approvazione della scheda standard 47E ai sensi degli artt. 30 d.lgs. n. 28/2011 e 12 d.m. 28 dicembre 2012, il Gestore sarebbe rimasto inadempiente all’obbligo sancito dall’art. 5 d.m. cit. di pubblicare sul portale le schede tecniche utili ai fini dell’accesso agli incentivi;
- le Linee guida Aeeg 9/11 consentirebbero la presentazione di PPPM non solo nell’ipotesi in cui non fossero disponibili schede standard (ciò che spiegherebbe la necessità di indicare il sito di realizzazione dell’intervento e l’obbligo di predisporre un metodo ad hoc per calcolare i risparmi), ma anche in presenza di una specifica scheda tecnica, al ricorrere di “opportune” ragioni per utilizzare il metodo di valutazione a consuntivo (a es. nell’ipotesi in cui l’interessato intendesse reclamare la produzione di risparmi più alti di quelli validati nella scheda, come precisato al punto 1.3.5 della Guida operativa predisposta da Enea);esse non contemplerebbero però il diverso (e patologico) caso di scheda standard non utilizzabile per “ impossibilità oggettiva di ordine tecnico e giuridico imputabile all’inottemperanza del soggetto responsabile ” (Gse) in relazione all’obbligo di mettere a disposizione degli interessati una “ apposita scheda di rendicontazione ” da caricare sull’“ apposito applicativo informatico per la presentazione delle rvc ”;
- in quest’ultima fattispecie sarebbe ammissibile la presentazione di una PPPM avente contenuto coincidente con quello della relativa scheda standard – pena l’illegittima esclusione dagli incentivi di una tipologia di interventi invece espressamente ammessa dalla legge a goderne –, PPPM da apprezzare secondo il metodo di valutazione standardizzato e non a consuntivo (entrambi i metodi sarebbero accomunati dalla finalità di consentire l’individuazione dei risparmi associabili a un intervento di efficientamento energetico), sempre se il produttore interessato (come nella specie) non avesse inteso conseguire risparmi superiori a quelli ottenibili applicando il metodo standard validato dalla scheda;
- nel caso in esame Indesit avrebbe presentato una PPPM per ovviare all’impossibilità tecnica (determinata dall’inerzia del Gestore) di rendicontare i risparmi secondo il metodo standardizzato, ciò che integrerebbe l’“opportunità” di ricorrere al metodo a consuntivo (punto 3.2 Linee guida cit. e Guida operativa Enea, punto 1.3.59;né la ricorrente avrebbe inteso rendicontare risparmi superiori a quelli della scheda 47E;
- sarebbero state perciò del tutto infondate le contestazioni del Gestore, basate sull’erroneo presupposto dell’applicazione alla PPPM del metodo a consuntivo;in particolare:
i) con riferimento all’assunto secondo cui “ le informazioni trasmesse non consentono di verificare quanto dichiarato da Indesit circa il fatto che i risparmi rendicontabili siano relativi esclusivamente ad elettrodomestici venduti in sostituzione di altri elettrodomestici ”, la scheda 47E non recherebbe alcun distinguo tra elettrodomestici destinati alla sostituzione o da installare ex novo , in linea con la ratio incentivante dell’immissione in commercio di apparecchi ad alta efficienza energetica;
ii) in ordine alla mancata indicazione puntuale del sito di realizzazione dell’intervento, la scheda non richiederebbe questo tipo di informazione (ciò si spiegherebbe con la predeterminazione dei risparmi, non necessitanti di misurazione diretta;né sarebbero comprensibili le modalità con cui la ricorrente, nella qualità di produttore, potrebbe risalire ai singoli clienti finali e ai siti di installazione degli apparecchi);
iii) in merito all’inadeguatezza dei criteri di quantificazione dei risparmi, la metodologia indicata nella PPPM sarebbe del tutto coerente con le previsioni della scheda 47E;
- in sintesi, acclarata la conformità della PPPM alla scheda 47E, l’eventuale sua difformità dai contenuti previsti dalle Linee guida non avrebbe potuto precluderne la valutazione, non avendo la ricorrente inteso rendicontare risparmi ulteriori rispetto a quelli predeterminati (con conseguente inutilità di un metodo di contabilizzazione ad hoc e delle ulteriori informazioni a dire del Gestore mancanti);l’accesso agli incentivi, garantito dalla legge, non avrebbe potuto essere impedito da una palese inadempienza del Gestore;le caratteristiche dell’intervento avrebbero reso inutile la misurazione diretta dei risparmi.
Con un’altra serie di censure Indesit impugnava poi i rilievi sull’asserita impossibilità di garantire il rispetto del divieto di cumulo di cui all’art. 10 d.m. 28 dicembre 2012.
Essa sosteneva in proposito:
- che il bonus mobili ed elettrodomestici non rientrerebbe nel campo applicativo di tale disposizione, diretta a vietare il cumulo per incentivi riferiti allo “ stesso tipo di progetto di efficienza energetica ”;tale situazione non ricorrerebbe nel caso di specie, stante la diversità della disciplina di riferimento (art. 16 d.l. n. 63/2013: detrazione Irpef per l’acquisto di mobili o elettrodomestici nell’ambito di una ristrutturazione edilizia), come reso chiaro dall’inerente guida dell’Agenzia delle entrate (sotto il profilo soggettivo, i beneficiari non sarebbero le imprese promotrici di progetti di efficientamento energetico, ma i “ clienti finali persone fisiche ”;sotto il profilo oggettivo, l’agevolazione sarebbe diretta a sostenere la realizzazione di interventi di ristrutturazione edilizia) e da un chiarimento reso dal GSE in materia di agevolazioni fiscali a favore del teleriscaldamento (mentre non rileverebbe in contrario il richiamo alle previsioni della circolare dell’Agenzia delle entrate del 7 marzo 2008, n. 17/E, ancora sul teleriscaldamento, e alla ratio dell’art. 10 d.m. cit., avuto riguardo ai principi costituzionali in materia di contributo alla spesa pubblica e alla necessità di evitare la sovraremunerazione di uno stesso investimento;nella specie non sussisterebbe questo rischio per le menzionate differenze tra le misure agevolative);
- in via subordinata, che anche a voler ipotizzare l’applicazione dell’art. 10 cit. il rigetto della PPPM sarebbe stato comunque illegittimo:
i) con riferimento al bonus mobili ed elettrodomestici, in quanto il numero di UFR da non considerare ai fini della rendicontazione dei risparmi correlati al progetto sarebbe stato determinato in coerenza con la metodologia indicata dalla scheda 47E per determinare il numero di unità effettivamente vendute rispetto a quelle commercializzate (stima “a consuntivo”, o tramite “indagine campionaria sulle vendite al dettaglio”, ovvero tramite “numero di unità immesse nel mercato italiano”, c.d. sell-in );di qui, la correttezza della decurtazione del 3,7% (unità vendute associate al bonus fiscale, desunte dai dati ufficiali a consuntivo per l’anno 2013;tale metodo non osterebbe peraltro all’applicazione di correttivi sulla base di stime a consuntivo anche per l’anno 2014);d’altro canto, la pretesa del Gestore di esatta identificazione delle unità “incentivate” col bonus fiscale sarebbe illogica e impossibile da soddisfare (in ragione della commercializzazione su larga scala delle UFR e dei presupposti per il riconoscimento del bonus mobili ed elettrodomestici), dunque illegittimamente impeditiva dell’accesso ai certificati bianchi, e comunque inutilmente onerosa, ponendosi in contrasto con il principio di proporzionalità (in quanto rileverebbe solo il numero di UFR e non il singolo apparecchio);
ii) con riferimento ad altri incentivi, perché non vi sarebbe alcuna carenza della documentazione trasmessa da Indesit (conforme alla scheda tecnica 47E), a riprova dell’erroneità dell’affermazione del provvedimento impugnato circa l’impossibilità di verificare il rispetto del divieto di cumulo, fondata piuttosto sul convincimento per cui l’applicazione del metodo standard comporterebbe il rischio di doppio o anche triplo conteggio delle UFR;ciò sarebbe dimostrato dal d.m. 22 dicembre 2015, di revoca della scheda tecnica 47E, e in particolare dalla presupposta nota del GSE in data 9 aprile 2015, attestante l’incapacità di gestire i meccanismi di quantificazione dei risparmi previsti nella scheda;ma questa motivazione sarebbe stata del tutto inidonea a giustificare la disapplicazione di specifiche previsioni incentivanti;e si sarebbe trattato, in ogni caso, di criticità insussistenti (quanto al “triplo” conteggio e alla possibile “tripla” incentivazione in favore di produttore, distributore e consumatore, i consumatori non sarebbero ammessi a partecipare al sistema dei titoli di efficienza energetica anche perché la soglia minima di accesso richiederebbe la commercializzazione di almeno 300 apparecchiature;sotto altro profilo, il sistema informativo istituito dal d.m. 18.10.2002 presso il Ministero dello sviluppo economico consentirebbe di espletare i necessari controlli).
6. Con un ulteriore ricorso per motivi aggiunti, Indesit impugnava, infine, per vizi di illegittimità derivata la nota del 22 dicembre 2016 con cui il Gestore aveva comunicato l’“improcedibilità” della RVC presentata il 10 ottobre 2016.
7. Nella resistenza del GSE il TAR, previa riunione:
- respingeva il ricorso n. 13657/2016 e gli inerenti ricorsi per motivi aggiunti;
- dichiarava inammissibile il ricorso n. 3580/2016 e l’inerente ricorso per motivi aggiunti nella parte impugnatoria;
- respingeva la domanda di risarcimento del danno.
8. La società Whirlpool (che nel frattempo ha acquisito la società Indesit), ha impugnato la sentenza del TAR, svolgendo le critiche che possono essere così sintetizzate:
I) Sui capi della sentenza recanti rigetto dell’atto introduttivo del giudizio R.G. 13657/2016 e del primo ricorso per motivi aggiunti .
1. Violazione dell’art. 30 del d.lgs. 28 del 2011. Violazione degli artt. 5, 10 e 12 del d.m. 28 febbraio 2012. Violazione dell’artt. 3, 4, 6 e 13 dell’Allegato A alla delibera