Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-08-12, n. 202105865

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-08-12, n. 202105865
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202105865
Data del deposito : 12 agosto 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/08/2021

N. 05865/2021REG.PROV.COLL.

N. 07164/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7164 del 2018, proposto da Telecom Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati F S C, F C, F L e Jacopo D’Auria, con domicilio eletto presso lo studio F C in Roma, via G.P. Da Palestrina, 47;

contro

Autorita’ per Le Garanzie Nelle Comunicazioni – (AGCOM) Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Vodafone Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro Boso Caretta, Giuseppe Lo Pinto e Fabio Cintioli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Fabio Cintioli in Roma, via Vittoria Colonna 32;
Fastweb S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Matteo Orsingher e Elenia Cerchi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 05314/2018, resa tra le parti, concernente annullamento, per quanto riguarda il ricorso introduttivo: della delibera n. 584/16/CONS recante la “Approvazione delle linee guida per la valutazione della replicabilità delle offerte al dettaglio dell’operatore notificato per i servizi di accesso alla rete fissa” e di ogni atto e provvedimento ad essa presupposto, consequenziale e comunque connesso;
per quanto riguarda i motivi aggiunti, della Comunicazione del 29 maggio 2017, pubblicata sul sito Agcom il 30 maggio 2017, recante “Definizione del c.d. “mix produttivo” ai fini dell’applicazione dei testi di prezzo di cui alla delibera n. 584/16/CONS”.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Vodafone Italia s.p.a. e dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - Roma e di Fastweb s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del giorno 28 gennaio 2021 il Cons. Andrea Pannone e uditi per le parti gli avvocati indicati nel verbale d’udienza;

L’udienza si svolge ai sensi dell’art.4, comma1, del Decreto Legge n. 28 del 30 aprile 2020 e dell’art.25, comma 2, del Decreto Legge n. 137 del 28 ottobre 2020 attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma "Microsoft Teams" come previsto dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia amministrativa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società Telecom Italia impugna la sentenza del TAR Lazio, sez. III, 14.05.2018, n. 5314, che ha dichiarato inammissibile ed in parte respinto il ricorso RG n. 1994/17 per l’annullamento, con il ricorso principale, della delibera n. 584/16/CONS recante la “Approvazione delle linee guida per la valutazione della replicabilità delle offerte al dettaglio dell'operatore notificato per i servizi di accesso alla rete fissa” e, con i motivi aggiunti, della Comunicazione del 29 maggio 2017, pubblicata sul sito Agcom il 30 maggio 2017, recante “Definizione del c.d. “mix produttivo” ai fini dell’applicazione dei testi di prezzo di cui alla delibera n. 584/16/CONS”.

La società Telecom Italia, quale fornitore di rete e servizi di telefonia fissa ex monopolista, è stata identificata da AGCOM come operatore che detiene un significativo potere di mercato (“SMP”), definito dall’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 259/2003 (“Codice delle comunicazioni elettroniche” o “CCE”) come quel soggetto che “ individualmente o congiuntamente con altri, gode di una posizione equivalente ad una posizione dominante, e dunque di forza economica tale da consentirle di comportarsi in misura notevole in modo indipendente dai concorrenti, dai clienti e dai consumatori ”.

Da ultimo con la delibera n. 623/15/CONS, TIM è stata individuata operatore SMP nei mercati dell’accesso locale e centrale all’ingrosso in postazione fissa, mentre non lo è più sui mercati dei servizi al dettaglio.

L’ appellante è soggetta ad obblighi regolatori da parte dall’Autorità, tra i quali quello di fornire agli operatori concorrenti (OLO: Other Licensed Operators) alcuni servizi di rete a condizioni eque e non discriminatorie, garantendo l’accesso anche a quelli aventi inferiore o nessuna infrastruttura di rete.

I costi dei diversi servizi dell’una e dell’altra categoria sono ovviamente in diretta proporzione a quelli dei corrispondenti investimenti cui sono rispettivamente tenuti i singoli operatori nell’ambito della propria attività.

Per realizzare il principio di non discriminazione nelle attività commerciali di fornitura di tali servizi, sono previste verifiche di replicabilità delle offerte al dettaglio dei servizi di Telecom Italia di accesso alla rete, nelle quali tali offerte debbono essere sottoposte, prima del lancio commerciale, ad una verifica secondo il metodo dei flussi di cassa attualizzati (DCF), consistente nella determinazione del valore attuale, differenziato tra le offerte su reti in rame oppure in fibra, dei flussi di cassa attesi dall’attività svolta.

Tra gli effetti negativi che il test di replicabilità è preordinato ad evitare, derivanti dalla posizione di vantaggio dell’operatore SMP rispetto agli altri, vi è la compressione dei margini di rivendita (margin squeeze) imposti dall’impresa verticalmente integrata, tali da non consentire ad altre imprese del medesimo settore di offrire servizi della medesima specie e natura in forma altrettanto competitiva, così pregiudicando la concorrenza in un determinato mercato e, di conseguenza, anche i connessi interessi dei consumatori.

Il test di replicabilità si basa su alcune categorie di costi rispettivamente sostenuti da un operatore in relazione alle rispettive appartenenze o meno a mercati all’ingrosso.

Sono quindi elementi di tale calcolo, espresso in una formula indicata nel provvedimento impugnato e negli atti presupposti, i costi dei fattori produttivi di rete essenziali e non, nonché di quelli di natura squisitamente commerciale.

Ora, mentre la delibera n. 499/10 aveva previsto la verifica della replicabilità dell’offerta rispetto sia a tutti i costi (fissi e variabili) in un periodo di riferimento dato dalla permanenza media del cliente nell’offerta (analisi DCF o Discounted Cash Flow) definito come pari a 24 mesi per le offerte in rame e 36 mesi per le offerte in fibra, sia ai soli costi variabili in relazione a singoli periodi di dodici mesi (analisi Period by Period o PdP), la successiva delibera n. 584/16/CONS qui impugnata, pur confermando le premesse della delibera n. 499/10/CONS, ha tuttavia stabilito alcune modifiche dei test di replicabilità, che però sono state oggetto delle seguenti censure da parte di Telecom:

(a) illegittimità della previsione per le offerte in rame della verifica DCF svolta sulla singola promozione e non sull’analisi dell’offerta comprensiva di tutte le articolazioni promozionali;

(b) illogicità della declinazione, sempre per le offerte sulla rete in rame, di un differente Relevant Time Period (durata del business plan) in funzione delle diverse tipologie di clientela consumer e business;

(c) irrazionalità della decisione di stabilire per le offerte su fibra anche una verifica ex post sui dati forniti dall’operatore e l’automatica apertura di un procedimento sanzionatorio nel caso di accertamento successivo di non replicabilità;

(d) illegittimità nell’applicazione dei test di prezzo anche con riguardo alle offerte formulate nell’ambito di procedure ad evidenza pubblica;

(e) omessa considerazione nell’ambito della definizione del mix produttivo di alcuni elementi, tra cui il c.d. most relevant input;

(f) erroneità nella valorizzazione degli input di rete non essenziali;

(g) illegittimità della declinazione del remedy per quel che concerne l’obbligo di comunicazione preventiva anche alle c.d. abbinate commerciali (vendita congiunta di servizi non omogenei);

(h) illogicità della delibera impugnata nella parte afferente al c.d. criterio dello sconto implicito, introdotto per valutare la replicabilità di offerte bundle con servizi non regolati;

(i) illegittimità della previsione consistente nella possibilità di richiedere nel corso del test ulteriori informazioni ad altri operatori controinteressati.

Con successivi motivi aggiunti sono stati impugnati gli atti applicativi ed attuativi della delibera n. 584/16/CONS, tra i quali la Comunicazione del 29.5.2017 recante “Definizione del c.d. “mix produttivo” ai fini dell’applicazione dei testi di prezzo di cui alla delibera n. 584/16/CONS” nella parte in cui l’Autorità avrebbe associato erroneamente, nell’ambito della valorizzazione dei pesi del mix produttivo dei servizi all’ingrosso, le linee al dettaglio di TIM in ultrabroadband (banda ultralarga, cioè le connessioni da 30 a 300 Mbps) , rispettivamente classificate nei seguenti tipi:

a) VULA, che sta per Virtual Unbundled Local Access, cioè l’accesso a carattere disaggregato, in cui l’operatore alternativo affitta solo la parte dell’infrastruttura dell’operatore SMP corrispondente all’ultimo miglio, ma anche a carattere virtuale perché non esclusivo, dato che la fibra ottica trasporta il traffico di tutti gli operatori, separato tramite l’uso delle Virtual LAN;

b) SLU, relativo alle reti FTTC, cioé “Fiber to the Cabinet” (“fibra fino alla cabina”), in cui l’operatore affitta solo la tratta in rame dagli armadi TIM alle abitazioni, denominata “sub-loop”, cioè rete secondaria), nella quale l’infrastruttura di TIM viene duplicata, e dunque bypassata dall’OLO, che installa apparati propri sia in strada (optical network unit, ONU) che in centrale (terminale di linea ottico, OLT, optical line terminal, posizionato nel sito centrale dell'operatore, hub).

La ricorrente ha censurato anche la pretesa illogicità della scelta dell’Agcom di escludere dal calcolo del mix produttivo ultrabroadband le linee migrate dal rame alla fibra, con conseguente alterazione dei valori di riferimento.

Con l’appellata sentenza n. 5314 il TAR ha dichiarato inammissibile il ricorso nei confronti delle valutazioni discrezionali dell’amministrazione in quanto insindacabili nel merito, e lo ha rigettato per il resto.

Con l’appello sono stati dunque riproposti i seguenti gruppi di censure, aventi i seguenti estremi e contenuti:

I. Error in procedendo: Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Omessa pronuncia e violazione dell’art. 112 c.p.c. Error in iudicando: erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato i motivi 1, 2, 3, 5 e 6 del ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti inammissibili. Violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost.

II. Error in procedendo: Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Omessa pronuncia, violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 111 Cost. Error in iudicando: erroneità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso riguardante le modalità di applicazione del test DCF per le offerte in rame e non ha accolto le censure di eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità manifesta, violazione del considerando 67 della Raccomandazione della Commissione UE n. 2013/466/UE e del diritto alla riservatezza commerciale.

III. Error in procedendo: Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Omessa pronuncia, violazione dell’art. 112 c.p.c. e 111 Cost. Error in iudicando: erroneità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso riguardante la previsione per le offerte sulla rete in rame di un RTP diverso in funzione delle diverse tipologie di clientela (residenziale e non residenziale) e non ha accolto le censure di eccesso di potere per illogicità manifesta e difetto di istruttoria, violazione e falsa applicazione dell’art. 5, delibera n. 519/15/CONS e dell’art. 30, comma 5, direttiva 2002/22/CE.

IV. Error in procedendo: Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Omessa pronuncia, violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 111 Cost. Error in iudicando: erroneità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato inammissibile il terzo motivo di ricorso riguardante la previsione per le offerte su fibra di una verifica ex post e dell’automatica apertura di un procedimento sanzionatorio e non ha accolto le censure di eccesso di potere per contraddittorietà e ingiustizia manifesta, violazione dell’art. 65 della delibera n. 623/15/CONS e della Raccomandazione della Commissione UE n. 2013/466/UE, nonché de principi di buon andamento ed economicità dell’azione amministrativa, come positivizzati nell’art. 97 Cost.

V. Error in procedendo: Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Omessa pronuncia, violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 111 Cost. Error in iudicando: erroneità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato inammissibile il quarto motivo di ricorso riguardante l’applicabilità dei test di prezzo anche alle offerte formulate nell’ambito di procedure ad evidenza pubblica e non ha accolto le censure di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, falsità del presupposto, disparità di trattamento, ingiustizia e contraddittorietà manifesta, violazione e falsa applicazione degli artt. 47 e 50 del d.lgs n. 259/03, dell’art. 41 Cost. in quanto espressione della libertà di iniziativa economica, nonché della Raccomandazione della Commissione europea n. 2013/466/UE.

VI. Error in procedendo. Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Omessa pronuncia, violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 111 Cost. Error in iudicando: erroneità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato inammissibile il quinto motivo di ricorso riguardante il mix produttivo e non ha accolto le censure di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, violazione e falsa applicazione del considerato 67 della Raccomandazione della Commissione europea n. 2013/466 dell’11.9.2013, nonché della delibera n. 412/15/CONS.

VII. Error in procedendo: Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Omessa pronuncia, violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 111 Cost. Error in iudicando: erroneità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato inammissibili i motivi aggiunti con cui è stata impugnata la comunicazione dell’Agcom che ha definito gli elementi del mix produttivo e non ha accolto le censure di invalidità derivata dall’illegittimità a monte della delibera 584/16/CONS, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento, carenza dei presupposti, illogicità, irrazionalità ed arbitrarietà, violazione e falsa applicazione del considerando 67 della Raccomandazione della Commissione europea n. 2013/466/UE dell’11.9.2013, nonché della delibera n. 412/15/CONS, violazione del principio di proporzionalità degli obblighi regolamentari.

VIII. Error in procedendo: Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Omessa pronuncia, violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 111 Cost. Error in iudicando: erroneità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato inammissibile il sesto motivo di ricorso riguardante le modalità di valorizzazione degli input di rete non essenziali (variabile X) e non ha accolto le censure di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, violazione e falsa applicazione del considerato 67 della Raccomandazione della Commissione europea n. 2013/466/UE dell’11.9.2013, nonché della delibera n. 412/15/CONS.

IX. Error in iudicando: erroneità della sentenza nella parte in cui non ha accolto il settimo motivo di ricorso riguardante l’obbligo di comunicazione preventiva delle c.d. abbinate commerciali, in relazione alla dedotta illegittimità della delibera per eccesso di potere per manifesta illogicità e contraddittorietà.

X. Error in iudicando: erroneità della sentenza nella parte in cui non ha accolto l’ottavo motivo di ricorso sullo sconto implicito nel caso di offerte in bundle, in relazione alla dedotta illegittimità della delibera per eccesso di potere per illogicità, indeterminatezza e difetto di istruttoria.

XI. Error in iudicando: erroneità della sentenza nella parte in cui ha rigettato il nono motivo di ricorso riguardante la possibilità per l’Agcom di richiedere ulteriori informazioni a Telecom e/o ad altri operatori controinteressati e sospendere l’istruttoria, in relazione alla dedotta illegittimità della delibera per eccesso di potere per illogicità manifesta, violazione del principio di economicità e buon andamento dell’azione amministrativa.

2. Con riferimento alle dichiarazioni di inammissibilità di alcuni dei motivi esaminati dal primo giudice, non può non richiamarsi il punto12.2 della sentenza di questa sezione 19/02/2020 n.1257, pronunciata in una causa in materia del tutto analoga alla presente (concernente tra l’altro la delibera Agcom n. 60/13/Cons recante le “ Linee guida per la valutazione della replicabilità delle offerte al dettaglio a banda ultralarga su fibra ottica dell’operatore notificato ”), secondo il quale “ relativamente ai provvedimenti tecnici delle Autorità amministrative indipendenti, pur non potendo il giudice sostituirsi all’Amministrazione in ciò che è ad essa riservato, in ordine al merito della funzione amministrativa, il sindacato giurisdizionale non può limitarsi ad un esame estrinseco della valutazione discrezionale (secondo i noti parametri di logicità, congruità e completezza dell'istruttoria) ma deve estendersi, invece, dall’esatta rappresentazione dei fatti ed all’attendibilità delle operazioni tecniche, sotto il profilo della correttezza dei criteri applicati, secondo i parametri della disciplina nella fattispecie rilevante: quanto sopra in coerenza con il principio - costituzionale e comunitario - di effettività della tutela giurisdizionale. Tale principio impone che l’esercizio della discrezionalità tecnica sia verificabile nel giudizio di legittimità, sotto i profili della coerente applicazione delle regole tecniche, rilevanti per il settore, nonché della corrispondenza degli atti emessi ai dati concreti, in modo logico e non arbitrario;
sia l’apprezzamento dei fatti che i profili tecnici, sottostanti al provvedimento, sono quindi censurabili, quando risulti superato il margine oggettivo di opinabilità delle scelte (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 12 giugno 2015, n. 2888). Come ribadito ancora di recente dalla sezione (cfr. ad es. sentenza 8 ottobre 2019 n. 6881), è assodato (cfr. Cass., sez. un., n. 30974/2017), che la discrezionalità tecnica non sia espressione di un potere di supremazia della P.A., tant’è che le relative valutazioni, inserite in un procedimento amministrativo complesso e dipendenti dalla valorizzazione dei criteri predisposti previamente, sono assoggettabili al sindacato giurisdizionale di questo Giudice, senza che ciò implichi l'invasione della sfera del merito amministrativo
”.

Alla luce di tali principi, non può ammettersi che restino inevitabilmente inammissibili tutte le censure proposte nei confronti di scelte di determinati criteri e metodi di indagine e regolazione tecnico-economica, nell’ambito di procedimenti di elevata complessità, rivolti a prevenire violazioni e sostanziali elusioni delle norme a tutela della concorrenza.

Dovranno viceversa esaminarsi nel merito le censure il cui perimetro possa rimanere entro i limiti del sindacato di legittimità del giudice amministrativo, quali soprattutto quelli attinenti al rispetto delle norme che disciplinano l’esercizio del potere regolatorio in concreto esercitato con gli atti impugnati.

3. Con il primo motivo l’appellante deduce dunque che, con riferimento alla “ declinazione del test DCF per le offerte in rame, erra il TAR Lazio quando afferma che TIM avrebbe irritualmente "invocato" nella sostanza l'applicazione di una differente metodologia. In realtà, l'operatore ha denunziato l'irrazionalità della nuova articolazione del remedy partendo proprio dalle ragioni che avevano indotto l'Autorità a modificare la precedente impostazione mediante l'eliminazione del PdP, osservando come fosse illogico e contraddittorio, dopo aver voluto superare una metodologia di test monoperiodale, imporre lo svolgimento della verifica sulla singola promozione e non già sull'offerta comprensiva di tutte le articolazioni promozionali (sistema peraltro inidoneo a dar conto dell'effettiva replicabilità), risultando tale scelta anche in contrasto con quanto stabilito dalla Raccomandazione UE n. 2013/466/UE secondo la quale i test di replicabilità economica dovrebbero riguardare solo le offerte di punta ”.

Il motivo è tuttavia inammissibile, non tanto perché rivolto a contestare scelte discrezionali insindacabili, quanto perché vistosamente generico poiché, al di là del formale richiamo in epigrafe di alcune disposizioni normative, non indica puntualmente e ritualmente le parti delle disposizioni di legge violate e/o le ragioni di diritto per cui l’amministrazione sia incorsa nelle denunciate violazioni, non essendo oltretutto ravvisabili elementi sufficienti per ritenere riconducibile ad eccesso di potere quella che rimane una semplice denuncia generica di irrazionalità dei metodi scelti per le verifiche di competenza dell’Autorità di regolazione, certamente non sufficiente per valutarne e accertarne la legittimità, nella presente sede di impugnativa per annullamento.

Peraltro, il riferimento alla possibile violazione della “ Raccomandazione della Commissione dell'11 settembre 2013, relativa all’applicazione coerente degli obblighi di non discriminazione e delle metodologie di determinazione dei costi per promuovere la concorrenza e migliorare il contesto per gli investimenti in banda larga (2013/466/UE) ”, non è pertinente, perché nei par. 66 e 67 e nell’all. II, n. IV della Raccomandazione cit., l’espressione prodotti di punta si riferisce ai soli servizi in banda larga, ivi citati soltanto a titolo esemplificativo tra quelli da prendere a riferimento per il test in questione.

È invece infondata la denuncia, nel secondo e quarto motivo, d’illegittimità della scelta di prevedere due differenti periodi di osservazione del test DCF in funzione delle diverse tipologie di clientela destinataria del servizio, dato che appunto la diversa natura delle parti di mercato prese a riferimento giustificano la soluzione seguita, sfuggendo alle proposte censure di legittimità.

Con il terzo motivo la soc. appellante lamenta che “ la verifica ex post sulla base dei consuntivi mensili, correlata ad un regime sanzionatorio che prevede addirittura la rimodulazione dell'offerta anche a fronte del semplice riscontro di uno scostamento dei dati, non sia prevista dalla delibera madre ed altresì rappresenti uno strumento di controllo eccessivo e sproporzionato, finanche inutile e controproducente, posto che le dinamiche acquisitive della clientela sono influenzate soprattutto da fattori esogeni, come, ad esempio, le strategie commerciali degli altri operatori presenti sul mercato”, mentre con i riproposti quinto e sesto motivo del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti TIM sostiene di non essere “entrata nel merito dell'opinabilità della scelta discrezionale dell'Agcom nella definizione delle componenti del c.d. mix produttivo e della valorizzazione del fattore X riguardante gli input di rete non essenziali, ma per ognuno di tali elementi del test ha denunziato l'illogicità di talune opzioni metodologiche che hanno condotto all'errata individuazione della soglia economica di replicabilità, tale da comportare addirittura un aumento ingiustificato delle offerte retail in danno dei consumatori e dell'utenza finale ”.

Anche queste censure sono vistosamente generiche, non indicando puntualmente e ritualmente le disposizioni di legge violate e/o le ragioni di diritto per cui l’amministrazione sia incorsa nelle relative violazioni, oltretutto non ravvisandosi elementi per ritenere riconducibile ad eccesso di potere la semplice denuncia generica di irrazionalità o di inopportunità dei metodi scelti per le verifiche di competenza dell’Autorità di regolazione.

Nel quinto motivo è poi dedotta l'illegittimità della delibera impugnata nella parte in cui contempla l'effettuazione dei test di replicabilità anche nei confronti delle offerte formulate nelle gare pubbliche, ritenuta una previsione illogica e, vista l'evoluzione del mercato, anche anacronistica ed inappropriata.

Il motivo è inammissibile per difetto d’interesse, per le considerazioni che seguono.

La questione, al di là della intrinseca genericità e irrilevanza della censura, è stata affrontata e decisa in altro contenzioso definito dalla sentenza del TAR Lazio sez. III ter 04/08/2021 n.9264, che l’ha dichiarata (seppure con riferimento ad un diverso ed anteriore provvedimento impugnato) inammissibile per difetto d’interesse, in quanto “ l’Autorità ha infatti nel frattempo adottato la delibera n. 348/19/CONS del 18 luglio 2019 che ha sostituito la delibera n. 623/15/CONS ” oggetto del ricorso 07138/2016 ivi deciso.

Ebbene, tale argomento è condivisibile anche nel caso di specie.

In ogni caso non appare sufficientemente dimostrato come la disposizione regolatoria impugnata possa incidere negativamente, nelle gare pubbliche, in danno dell’appellante ed a vantaggio degli altri operatori, anche tenendo conto della dotazione infrastrutturale di cui quest’ultimi si siano dotati, ovviamente attraverso adeguati investimenti a loro carico.

Né quanto lamentato appare di immediata lesività ai danni di Telecom, dovendo valutarsi ogni pregiudizio di tale natura alla luce dell’esito della singola gara, e nell’ambito dell’eventuale impugnazione del relativo esito, in ipotesi negativo.

Con il sesto, settimo e ottavo motivo di appello Telecom, contestandone la dichiarazione d’inammissibilità, lamenta che la composizione del mix produttivo previsto dalla delibera n. 584/16/CONS sia basata su tutti i servizi in rame e fibra presenti nell'Offerta di riferimento di Telecom, in violazione della Raccomandazione (considerando 67) cit.

L’impugnazione è stata estesa alla Comunicazione del 29 maggio 2017, pubblicata sul sito Agcom il 30 maggio 2017, recante “Definizione del c.d. “mix produttivo” ai fini dell’applicazione dei testi di prezzo di cui alla delibera n. 584/16/CONS, attraverso la riproposizione dei motivi aggiunti.

Anche tali motivi sono infondati, posto che il punto 67 della delibera cit. ravvisa soltanto “ l’opportunità che il test di replicabilità economica definito in anticipo dall’ANR sia adeguatamente dettagliato e includa un paniere minimo di parametri pertinenti onde garantire la prevedibilità e la necessaria trasparenza per gli operatori. È opportuno che le ANR applichino un modello LRIC+ quando tengono conto dei costi a valle verificati mediante audit dell’operatore SMP e valutino il margine realizzato tra i prodotti al dettaglio aventi maggiore rilevanza, compresi i servizi in banda larga (prodotti di punta - flagship), e gli input per l’accesso regolamentato alle reti NGA più utilizzati o identificati, con un approccio prospettico, in quanto aventi maggiore rilevanza per la fornitura di tali prodotti al dettaglio per il periodo di analisi del mercato in questione. La definizione del test, che utilizza i costi a valle verificati mediante audit dell’operatore SMP e si applica unicamente ai prodotti flagship, intende fare in modo che questa clausola di salvaguardia non si traduca in un ostacolo per gli investimenti in reti NGA e per l’effetto della flessibilità raccomandata nella fissazione dei prezzi. Per escludere sussidi incrociati tra prodotti diversi contenuti in un pacchetto (bundle) o portafoglio, è opportuno che le ANR effettuino solamente un test strutturato su un unico livello, vale a dire tra i servizi al dettaglio e l’input più rilevante per l’accesso alle reti NGA per i richiedenti l’accesso (ad esempio, accesso alla fibra a livello di armadio di strada, unbundling virtuale). Tuttavia, un nuovo input per l’accesso alle reti NGA potrebbe acquisire nel tempo maggiore importanza (ad esempio accesso disaggregato alla fibra presso l’ODF);
in questo caso è opportuno che il test di replicabilità economica sia eseguito facendo riferimento a questo nuovo input anziché all’input inizialmente più utilizzato. Nel caso in cui le situazioni di concorrenza nazionali evidenzino una differenza tra aree geografiche in termini di input utilizzati per l’accesso alle reti NGA (ad esempio nelle aree rurali e in quelle densamente popolate), è opportuno che le ANR modifichino il test sulla base degli input specifici identificati come aventi la maggiore pertinenza
”.

Né è stato adeguatamente rappresentato come la delibera impugnata possa avere contraddetto l’atto eurounitario cit., che oltretutto si è limitato ad indicare elementi di opportunità, non certo cogenti, nei confronti delle Autorità nazionali di regolazione, dovendosi altresì escludere ogni ipotesi di eccesso di potere per tutti i profili dedotti.

I restanti nono, decimo e undicesimo motivi sono infine inammissibili, perché con essi si contestano scelte tecniche non irragionevoli, inerenti l’attività d’impresa degli operatori del settore, la cui regolazione attraverso la delibera impugnata non appare affetta da alcuno dei vizi dedotti.

L’appello deve dunque respingersi

Tutte le questioni esaminate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., tanto che gli argomenti di doglianza non esaminati espressamente sono ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.

Né ravvisa il Collegio la necessità di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, in quanto non rilevante, ma anche e soprattutto perché le problematiche esaminate sono applicative di principi pacifici di diritto eurounitario.

Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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