Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-06-03, n. 202003471

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-06-03, n. 202003471
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202003471
Data del deposito : 3 giugno 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/06/2020

N. 03471/2020REG.PROV.COLL.

N. 04263/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4263 del 2012, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv.ti L C, M F e T L, elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Trionfale n. 65, presso lo studio dell’avv. D C;

contro

- Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore;
- Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del legale rappresentante;
rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono domiciliati in Roma, alla Via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2020, tenuta ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 (convertito con legge 24 aprile 2020, n. 27), il Cons. Roberto Politi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Espone l’appellante, già in servizio presso la Guardia di Finanza, di essere stato sottoposto a procedimento disciplinare – conclusosi, poi, con l’irrogazione della sanzione espulsiva – in relazione al procedimento penale (definito in primo grado con sentenza di condanna;
e, in sede di appello, con pronunzia di assoluzione per insufficienza di prove) che lo ha visto rinviato a giudizio per i reati di cui agli artt. 40 cpv. e 81 cpv. c.p., nonché 71, comma 1 e 74 n. 2 della legge 22 dicembre 1975 n. 685.

L’Amministrazione odierna appellata, valutata la condotta del sig. -OMISSIS-, nonché il contenuto narrativo della sentenza che ne aveva disposto l'assoluzione con formula dubitativa, respingeva la richiesta di riammissione in servizio con determinazione n. -OMISSIS-.

A fronte di una nuova istanza di riammissione in servizio, con determinazione n. -OMISSIS-il Comandante Generale ne disponeva, parimenti, la reiezione, rappresentando che la posizione del militare risultava già definita con il provvedimento anzidetto.

2. Con ricorso proposto innanzi al T.A.R. del Lazio, il signor -OMISSIS- chiedeva l’annullamento della determinazione da ultimo indicata.

L’adito giudice accoglieva il gravame con sentenza n. -OMISSIS-.

A seguito della conseguente rinnovazione del procedimento, l’Amministrazione adottava il provvedimento n.-OMISSIS-, con il quale veniva, nuovamente, respinta la richiesta di riammissione in servizio dell’appellante.

Gravata dinanzi al T.A.R. del Lazio anche tale ultima determinazione, il giudizio si concludeva con la sentenza oggetto dell’odierno appello, recante reiezione del ricorso.

3. Avverso tale pronuncia il signor -OMISSIS-, con mezzo di tutela notificato l’8 maggio 2012 e depositato il successivo 7 giugno, propone i seguenti argomenti di censura:

3.1) Carenza di motivazione conseguente ad insufficiente valutazione della natura e degli effetti della richiesta di riammissione in servizio del dipendente espulso dall'Amministrazione di appartenenza.

La corrispondenza intercorsa fra l’interessato e l’Amministrazione di appartenenza comproverebbero la tempestività, continuità e la indefettibilità della richiesta di riammissione in servizio, nel rispetto di ogni termine e condizione previsti dall'art. 7 della legge 64 del 1942.

3.2) Lacunosa interpretazione dei fatti ed erroneità nella valutazione delle prove tutte, dedotte in giudizio dal ricorrente in primo grado.

Il giudice di prime cure ha omesso di considerare che l'Amministrazione resistente avrebbe dovuto rinnovare il procedimento e rivedere la posizione del ricorrente, già per effetto della sola conoscenza della sentenza n. -OMISSIS-, senza necessità di atto d'impulso extragiudiziario da parte dell'interessato.

Assume, poi, la parte che la rinnovazione del procedimento disciplinare, se pure avrebbe potuto comportare l’irrogazione di una sanzione, non avrebbe, comunque, potuto concludersi con il diniego di restituito in integrum, in conseguenza dell’esito non integralmente assolutorio del giudizio penale;
sul punto, osservando come il T.A.R. non abbia adeguatamente valutato i profili motivazionali dell’atto dinanzi al medesimo impugnato.

Conclude, pertanto, l’appellante per l’accoglimento dell’appello e, in riforma della sentenza impugnata, del ricorso di primo grado, con ogni statuizione conseguenziale anche in ordine alle spese del doppio grado di giudizio.

4. In data 20 giugno 2012, l’Amministrazione appellata si è costituita in giudizio;
e, in vista della trattazione nel merito del ricorso, ha depositato in atti (alla data del 10 aprile 2020), conclusiva memoria, con la quale viene rilevato che nell’atto di appello la controparte non ha dedotto censure nuove e diverse rispetto a quelle già proposte in primo grado;
né avrebbe, altrimenti, prospettato alcun nuovo elemento di variazione rispetto ai presupposti fattuali e giuridici già in tale sede rappresentati.

5. L’appello viene trattenuto per la decisione alla pubblica udienza telematica del 26 maggio 2020.

DIRITTO

1. Secondo quanto dal ricorrente prospettato dinanzi al giudice di prime cure (e riproposto nella presente sede di appello), la proposizione del ricorso gerarchico avverso la determinazione n. -OMISSIS- (con cui il Comandante Generale aveva negato la riammissione in servizio) avrebbe dovuto essere considerata equipollente ad una istanza di riammissione in servizio, ai sensi dell’art. 7 della legge 29 gennaio 1942, n. 64;
ulteriormente argomentandosi che tale richiesta era stata presentata entro il termine prescritto a tale norma, pari ad un anno dalla data di collocamento in congedo.

Il T.A.R. Lazio, con la pronunzia oggetto dell’appello all’esame, ha – diversamente – rilevato che:

- il ricorso gerarchico presentato il 28 febbraio 1990 mirava al riesame (ed all’annullamento) della determinazione n. -OMISSIS-, con la quale il Comandante Generale della Guardia di Finanza aveva disposto (a seguito di procedimento disciplinare) l’irrogazione, nei confronti dell’interessato, della sanzione della cessazione della rafferma per motivi disciplinari (ai sensi dell’art .43 della legge 3 agosto 1961, n.833), “sicché non poteva essere considerata equipollente alla richiesta di riammissione in servizio ex art. 7 della L. 29.1.1942 n. 64”;

- “quest’ultima è stata proposta in forma espressa da ricorrente … solamente nel novembre del 1994 e cioè a distanza di oltre quattro anni dal 20.1.1990, data (dell’inflizione della sanzione disciplinare della cessazione dalla ferma, nonché) del collocamento in congedo”;

per l’effetto, assumendo che, in quanto “l’art. 7 della L. n. 64 del 1942 prescrive che l’istanza ivi regolamentata dev’essere presentata entro il termine perentorio di un anno dal congedo, correttamente l’Amministrazione la ha considerata inammissibile perché fuori termine”.

Il giudice di prime cure, poi, con riferimento al secondo ed al terzo mezzo di gravame dinanzi al medesimo dedotti (concernenti la lamentata inottemperanza alla sentenza n. -OMISSIS-, per effetto della quale, secondo la prospettazione di parte, sarebbe insorto l’obbligo, a carico dell’Amministrazione, di rinnovare il procedimento disciplinare che aveva condotto alla cessazione della rafferma ed al collocamento in congedo), ha osservato che “la sentenza in questione è stata … annullata dalla IV Sezione del Consiglio di Stato con sentenza n. -OMISSIS- con la conseguenza che l’obbligo dell’Amministrazione di darvi ottemperanza non è più attuale”.

2. A completamento del quadro fattuale che ha condotto all’adozione dell’appellata sentenza, giova osservare che la determinazione n. -OMISSIS- (impugnata in prime cure):

- nel dare atto che, con riferimento alla prima istanza di riammissione in servizio (dal ricorrente presentata il 9 novembre 1994), “la normativa che disciplinava il citato istituto era quella prevista dall’art. 7 della legge 29 gennaio 1942, n. 64, la quale prevedeva che “i militari in congedo dal Corpo possono ottenere la riammissione in servizio, oltre il limite del 28° anno di età e fino al compimento del 35°, purché non sia trascorso un anno dalla data del congedo”;

- e nell’osservare che il sig. -OMISSIS-, “pur possedendo i requisiti inerenti l’età, non avrebbe potuto richiederne l’applicazione, in quanto erano ormai decorsi circa 5 anni dal suo collocamento in congedo”;

ha escluso la reintegrabilità nel grado dell’odierno appellante, “in quanto non dimesso dal Corpo ai sensi dell’art. 42 della legge 833/61, ma collocato in congedo per motivi disciplinari”.

3. Quanto sopra preliminarmente posto, va in primo luogo disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello, sollevata dalla difesa erariale con memoria depositata il 10 aprile 2020, in ragione della sostenuta iterazione, quanto all’atto introduttivo del presente giudizio, delle censure già proposte in primo grado;
ulteriormente sostenendosi che tali doglianze rivelano carattere generico e non siano assistite da compiuti elementi probatori.

È noto il consolidato orientamento secondo cui, innanzi al Consiglio di Stato, la pura e semplice riproposizione dei motivi di ricorso di primo grado (in assenza di una specifica indicazione dei motivi in concreto assorbiti e delle ragioni per cui ciascuno di essi viene riproposto in relazione alle diverse statuizioni della sentenza gravata), si pone in contrasto:

- con il generale principio della specificità dei motivi di appello;

- con il principio secondo cui è inammissibile la mera riproposizione dei motivi di primo grado, senza che sia sviluppata alcuna confutazione della statuizione del primo giudice;

- con il principio secondo cui l'effetto devolutivo dell'appello non esclude l'obbligo dell'appellante di indicare nell'atto di appello le specifiche critiche rivolte alla sentenza impugnata e le ragioni per le quali le conclusioni cui il primo giudice è pervenuto non sono condivisibili, non potendo il ricorso in appello limitarsi ad una generica riproposizione degli argomenti dedotti in primo grado ( ex multis, Cons. Stato: Sez. V, 12 maggio 2017, n. 2233, 31 marzo 2016, n. 1268;
Sez. IV, 24 marzo 2016, n. 1223;
Sez. VI, 19 gennaio 2016, n. 158).

Dalla lettura dell’atto introduttivo del presente giudizio, è dato evincere che l’odierno appellante, pur riproponendo le doglianze in prime cure articolate (e disattese dal T.A.R. Lazio), ha, nondimeno, sottoposto a critica la pronunzia da quest’ultimo resa, denunciando gli asseriti vizi di carattere logico ed interpretativo che hanno condotto al rigetto del ricorso.

Conseguentemente, deve escludersi che l’appello all’esame sia inammissibile, per come sostenuto dall’Avvocatura Generale dello Stato con la sopra indicata memoria, atteso che risulta positivamente soddisfatta l’esigenza che la devoluzione alla disamina di questo Consiglio delle doglianze già articolate in prime cure sia accompagnata dalla puntuale confutazione delle considerazioni che hanno indotto il Tribunale a quo a non valutarne la fondatezza.

4. Nel merito, peraltro, il proposto appello è infondato.

Come correttamente osservato dal giudice di prime cure, a fronte della prima determinazione (n. -OMISSIS-), con la quale l’Amministrazione ha negato la riammissione in servizio chiesta dal sig. -OMISSIS-, quest’ultimo ha presentato ricorso gerarchico, parimenti respinto con determinazione n. -OMISSIS-

Soltanto in data 9 novembre 1994, interveniva rinnovata richiesta di riammissione in servizio;
a fronte della quale, con provvedimento n. -OMISSIS-, il Comandante Generale, rappresentando che la posizione del militare risultava (già) definita con la citata determinazione del 20 gennaio 1990, negava il reingresso dell’odierno appellante nel Corpo.

Di seguito all’accoglimento di un primo ricorso proposto dinanzi al T.A.R. del Lazio, la Guardia di Finanza rinnovava il procedimento, conclusosi con la conferma del diniego di riammissione (provvedimento n. -OMISSIS-).

Nel rammentare come la prima pronunzia del Tribunale (n. -OMISSIS-) sia stata, da questo Consiglio, annullata con sentenza n. -OMISSIS-– di talché non viene in considerazione alcuna mancata ottemperanza, ad opera dell’appellata Amministrazione, del dictum da essa promanante – va osservato come quest’ultima abbia correttamente dato applicazione, nei confronti dell’interessato, alla previsione dettata dall’art. 7, comma 1, della legge 29 gennaio 1942, n. 64.

Tale disposizione consente agli appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza, in congedo, di ottenere la riammissione in servizio, fino al compimento del trentacinquesimo anno di età, “purché non sia trascorso un anno dalla data del congedo”.

La domanda a tal fine presentata dall’appellante viene a collocarsi in epoca largamente successiva allo spirare del termine anzidetto.

Né, diversamente, può essere condivisa la prospettazione di parte, secondo cui avrebbe dovuto trovare applicazione, quanto alla vicenda in esame, il disposto di cui agli artt. 40 e 42 della legge 3 agosto 1961, n. 833 (riguardanti, rispettivamente, la perdita del grado e la reintegrazione nel grado).

Come evidenziato dall’ultimo comma della seconda delle sopra citate disposizioni, l’inassimilabilità del procedimento preordinato alla reintegrazione nel grado, rispetto a quello, diversamente, preordinato alla riammissione in servizio, appieno emerge, laddove il Legislatore ha precisato che “La reintegrazione nel grado del militare non importa di diritto la riammissione in servizio”.

L’equiparazione, quoad effectum, dalla parte prospettata delle diverse disposizioni precedentemente richiamate (si confronti, in proposito, la memoria depositata in atti il 24 novembre 2014), non può trovare favorevole considerazione, in quanto:

- fermo il non assimilabile ambito applicativo dalle medesime rivelato;

- e ribadita la già constatata tardività della richiesta di riammissione, da parte del sig. -OMISSIS-;

la finalità che il ricorrente ha inteso perseguire, per come nel citato scritto difensivo appalesato, risiede nella rinnovata apertura di procedimento disciplinare (giustificata dall’affermata vulnerazione delle prerogative difensive, peraltro indimostrata), laddove la posizione dell’interessato ha già formato oggetto di considerazione da parte dell’Amministrazione di appartenenza, con determinazioni (a fronte delle quali si è sviluppato l’articolato iter processuale del quale si è dato conto) ormai intangibili.

5. La constatata infondatezza del proposto mezzo di tutela ne impone la reiezione, con conseguente conferma della pronunzia di prime cure.

La particolarità della controversia consente di compensare integralmente fra le parti le spese del presente grado.

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