Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-03-21, n. 201601139

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-03-21, n. 201601139
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201601139
Data del deposito : 21 marzo 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08299/2013 REG.RIC.

N. 01139/2016REG.PROV.COLL.

N. 08299/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8299 del 2013, proposto dal Sig. G Z, rappresentato e difeso dall'avv. M E V, presso il cui studio, in Roma, Via Barnaba Tortolini n.13, è elettivamente domiciliato;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la cui sede, in Roma, Via dei Portoghesi, 12, è ex lege domiciliato;

per la riforma

della sentenza n.1779 del 29.5.2013 (pubblicata il 10.7.2013) resa dal T.A.R. LOMBARDIA – MILANO, Sez. I^.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Nominato Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2015 il Cons. Avv. Carlo Modica de Mohac e uditi per le parti l’Avv. M E V e l’Avvocato dello Stato Mario Antonio Scino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I. A seguito di procedimento penale conclusasi con sentenza di applicazione della pena ai sensi dell’art.444 (emessa dal G.I.P. del Tribunale di Lecco), il Sig. G Z, all’epoca Vice Ispettore della Polizia di Stato, veniva colpito da contestazione disciplinare (con atto notificato il 27.3.2000).

In particolare, gli veniva addebitato che nel corso dei controlli d’istituto effettuati nei confronti di conducenti di veicoli, aveva indotto - in quattro occasioni, fra il 1998 ed il 1999 - taluni autotrasportatori a dargli somme di denaro o altre utilità in natura (nella specie: quantitativi di merci da essi trasportate) al fine di evitare loro di incorrere in sanzioni conseguenti ad infrazioni al codice della strada.

Il procedimento disciplinare si concludeva con l’adozione a suo carico di un provvedimento di destituzione dal servizio.

II. Con ricorso innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia ne chiedeva l’annullamento.

Lamentava, al riguardo;

1) violazione dell’art.107 del DPR n.3 del 1957, nonché degli artt. 19, 4° comma e 31 del DPR n.737 del 1981, ed eccesso di potere per vizi procedimentali, deducendo che entro quindici giorni dalla notizia dell’illecito il Questore avrebbe dovuto provvedere alla nomina di un Funzionario Istruttore e nei cinque giorni successivi darne comunicazione all’incolpato;

2) violazione dell’art.16 del DPR n.737 del 1981, deducendo che la Commissione di disciplina era irregolarmente costituita (per la mancata partecipazione di uno dei due rappresentanti sindacali previsti dalla normativa indicata);

3) violazione degli artt.16 e 20 del DPR n.737 del 1981, deducendo che fra la data della prima riunione dell’Organo di disciplina e la data fissata per la trattazione della questione devono intercorrere non meno di dieci giorni, ciò che nella fattispecie non è avvenuto (con conseguente compressione del suo diritto di difesa, in quanto a causa della ristrettezza dei tempi di scansione procedimentale non è stato in grado di scegliere ponderatamente il difensore di fiducia);

4) violazione dell’art.19 del DPR n.737 del 1981, dell’art.109 del TU approvato con DPR n.3 del 1957, ed eccesso di potere per carenza istruttoria, deducendo che il Funzionario istruttore si è limitato ad acquisire gli atti dell’indagine svolta in sede penale, omettendo di avviare una autonoma istruttoria;

5) violazione, per erronea applicazione, degli artt.444 c.p.p., nonché dell’art. 117 del TU approvato con DPR n.3/1957 e dell’art.1, comma 2, della L. n.475 del 1999, ed eccesso di potere per difetto di motivazione, deducendo che il Funzionario istruttore ha erroneamente equiparato la sentenza penale emessa a seguito di “patteggiamento” (rectius: applicazione dell’art.444 c.p.p.) ad una sentenza di condanna;
e che il Consiglio di Disciplina ha recepito in toto l’impostazione formalistica della Commissione di disciplina (e del Funzionario Istruttore);

6) violazione degli artt.109 e 112 del TU cit., ed eccesso di potere per illegittimità derivata del provvedimento impugnato dalla illegittimità costituzionale degli artt.109 e 112 del TU di cui al DPR n.3 del 1957, deducendo che l’istruttoria è stata condotta in modo sbrigativo ed eccessivamente sommario;

7) violazione degli artt.9 e 19 della L.

7.2.1990 n.19 e dell’art.120 del TU cit. deducendo che l’Amministrazione ha lasciato trascorrere oltre 90 giorni senza compiere atti del procedimento disciplinare;
e che pertanto questo si è estinto (o perento) ben prima dell’adozione del provvedimento sanzionatorio conclusivo.

III. Con sentenza n.1779/2013 il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sez.I^, ha respinto il ricorso.

IV. Con l’appello in esame il ricorrente ha impugnato la predetta sentenza riproponendo le doglianze già avanzate in primo grado;
e ne chiede l’annullamento o la riforma per le conseguenti statuizioni ripristinatorie e di condanna.

Ritualmente costituitasi, l’Amministrazione appellata ha eccepito l’infondatezza del gravae chiedendone il rigetto con vittoria di spese.

Nel corso del giudizio le parti hanno insistito nelle rispettive domande, eccezioni e controdeduzioni.

Infine, all’udienza fissata per la discussione conclusiva sul merito del ricorso, la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è infondato.

1.1. Con il primo mezzo di gravame l’appellante lamenta l’ingiustizia dell’appellata sentenza, deducendo che il Giudice di primo grado ha erroneamente applicato l’art.107 del DPR n.3 del 1957, nonché gli artt. 19, 4° comma e 31 del DPR n.737 del 1981;
e ciò in quanto non ha tenuto in giusta considerazione che in forza di tali norme l’Amministrazione (e, nella specie, il competente Questore) avrebbe dovuto provvedere alla nomina di un Funzionario Istruttore entro quindici giorni dalla notizia dell’illecito e darne comunicazione all’incolpato entro i successivi cinque giorni.

La doglianza non può essere condivisa.

La normativa richiamata dall’appellante ha la finalità di informare l’incolpato del fatto che nei suoi confronti è stato avviato il procedimento disciplinare;
e di fargli conoscere il nominativo del funzionario nominato per l’istruttoria (anche al fine di poter verificare se lo stesso si trovi in condizioni di incompatibilità o se sussistano motivi di ricusazione).

E poiché nel corso del procedimento disciplinare l’Amministrazione ha comunque provveduto a comunicare all’incolpato l’avvenuta nomina del Funzionario Istruttore in tempo utile per consentirgli di esperire ogni eventuale contestazione del caso (compresa la ricusazione), non è ravvisabile alcun rilevante vizio procedimentale;
né, in particolare, alcun vizio procedimentale atto a determinare la violazione di diritti partecipativi o di difesa.

Né è sostenibile:

- che i termini indicati dall’appellante (quindici giorni dalla conoscenza dall’illecito, per la nomina del Funzionario Istruttore;
e cinque giorni per la comunicazione all’incolpato dell’avvenuta nomina in questione) siano ‘perentori’;

- e che pertanto la non immediata comunicazione all’incolpato dell’avvenuta nomina del Funzionario Istruttore (ma il discorso vale anche per la non tempestiva comunicazione dell’avvio del procedimento disciplinare) comporti (rectius: debba determinare) la caducazione dell’Amministrazione dal potere di proseguire l’azione disciplinare.

Nessuna norma prescrive - invero - che l’effetto di un eventuale ritardo nella comunicazione in questione debba essere quello indicato dall’appellante.

Unico effetto del ritardo in questione è, dunque, la “inutilizzabilità” (id est: l’”inefficacia”) degli atti istruttori eventualmente adottati nell’intervallo di tempo corrente tra l’avvio del procedimento e la comunicazione in questione.

Ma nella fattispecie per cui è causa non risulta che in tale intervallo di tempo siano stati compiuti atti (nella specie: atti istruttori) che abbiano influito in maniera rilevante sul definitivo giudizio della Commissione.

Poiché, dunque, non risulta che prima della formulazione della contestazione (e/o, comunque, della comunicazione relativa all’avvenuta nomina del Funzionario Istruttore) siano stati compiuti atti ‘irripetibili’ o/e ‘non ratificabili’ (o siano stati compiuti atti in ordine ai quali non fossero utilmente esperibili mezzi di tutela paralizzanti e/o controdeduttivi), né, pertanto, che sia stato in alcun modo violato il diritto di difesa (o anche semplicemente il diritto di partecipare attivamente al procedimento), non resta che concludere - sullo specifico punto - che la condotta amministrativa dell’Amministrazione ben resiste, sotto ogni possibile profilo, alla dedotta doglianza.

D’altro canto dagli atti emerge che (già) in data 13.4.2000 (dunque appena quindici giorni dopo la contestazione, avvenuta il 27.3.2000), l’incolpato ha presentato una memoria scritta;
e che il giorno della trattazione ne ha prodotto un’altra di ben quindici pagine.

E poiché nessuna decisione amministrativa (provvedimentale o endoprocedimentale) gli ha ‘precluso’ (impedito in qualche modo) la possibilità di contestare la nomina del Funzionario Istruttore, né negato la facoltà di esperire tutti i mezzi di difesa previsti e consentiti dall’Ordinamento (o lo ha dichiarato decaduto, nel corso del procedimento, dalla possibilità di farlo), il concreto interesse alla coltivazione della doglianza in esame appare dubbio.

1.2. Con il secondo mezzo di gravame l’appellante lamenta l’ingiustizia dell’impugnata sentenza, deducendo che il Giudice di primo grado ha erroneamente interpretato ed applicato l’art.20 del DPR n.737 del 1981;
e ciò in quanto non ha considerato che in forza di tale norma la prima adunanza del Consiglio di disciplina avrebbe dovuto essere utilizzata esclusivamente per fissare la data dell’adunanza per la trattazione orale e per la decisione conclusiva della questione disciplinare, e per darne comunicazione all’incolpato.

La doglianza non merita accoglimento.

1.2.1. L’art.20 del DPR n.737 del 1981 stabilisce:

- che dopo l’esame preliminare degli atti ad opera del Consiglio di disciplina, il Presidente di tale Organo “nomina relatore uno dei membri e fissa il giorno e l’ora della riunione per la trattazione orale e per la deliberazione del consiglio, che dovrà aver luogo entro quindici giorni dalla data della prima riunione del consiglio stesso”;

- e che il Segretario, “appena terminata la prima riunione, notifica per iscritto all’inquisito che dovrà presentarsi al consiglio di disciplina nel giorno e nell’ora fissati, avvertendolo che ha facoltà di prendere visione degli atti dell’inchiesta o di chiederne copia entro dieci giorni e di farsi assistere da un difensore … (omissis) …”.

Da tale normativa l’appellante trae la conclusione - corretta - che dalla prima adunanza a quella di trattazione debbano trascorrere almeno dieci giorni (e ciò per dare il tempo all’incolpato di prendere visione degli atti).

Ora, nella fattispecie per cui è causa, l’adunanza nella quale gli incombenti dapprima menzionati sono stati espletati si è celebrata il 29 maggio del 2000 (data alla quale era stata aggiornata la seduta del 25 maggio precedente) e l’adunanza nella quale la questione è stata trattata si è svolta il 20 settembre dello stesso anno (poco meno, cioè, di quattro mesi dopo);
e dunque nel pieno rispetto del termine dilatorio invocato dall’appellante.

Quest’ultimo, peraltro, è stato informato dell’avvio del procedimento a suo carico (e dunque dell’avvenuta nomina del Funzionario Istruttore), fin dal 27 marzo del 2000 (in occasione della contestazione degli addebiti), e dunque in data addirittura precedente a quella (25.5.2000) della “prima” adunanza.

1.2.2. L’appellante sostiene, però, che l’adunanza tenuta il 25 maggio 2000 non può essere formalmente considerata la “prima” adunanza;
e ciò in quanto fu necessario riavviare il procedimento ex novo dopo aver modificato la composizione del Consiglio di disciplina per le intervenute dimissioni di un componente.

Ma, a ben guardare, tale circostanza è del tutto ininfluente ai fini del giudizio in merito alla regolarità delle menzionate “informative” nei confronti dell’incolpato.

Infatti, come precedentemente osservato - e come correttamente rilevato dal Giudice di primo grado - quest’ultimo risultava informato dell’avvenuta nomina del Funzionario istruttore già dalla data dell’avvenuta notificazione della “contestazione di addebito” a suo carico (e cioè fin dal 27.3.2000). Ed in ogni caso ciò che conta è che ne sia stato informato almeno dieci giorni prima della celebrazione dell’udienza di trattazione della questione disciplinare. Il che è avvenuto.

Sicchè non appare seriamente revocabile in dubbio che il ricorrente abbia avuto tempo e modo per contestare (nel merito) la predetta nomina (e che avrebbe potuto farlo, e finanche ricusare il Funzionario Istruttore, se lo avesse voluto) e per esperire, al riguardo, ogni mezzo o rimedio difensivo.

1.3. Con il terzo mezzo di gravame l’appellante lamenta l’ingiustizia dell’impugnata sentenza per eccesso di potere giurisdizionale e violazione degli artt.

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