Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-09-10, n. 201504234

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-09-10, n. 201504234
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201504234
Data del deposito : 10 settembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10190/2014 REG.RIC.

N. 04234/2015REG.PROV.COLL.

N. 10190/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10190 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. L P, con domicilio eletto presso l’avv. L P in Roma, viale delle Milizie n. 114;

contro

Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Questura di Livorno, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE I n. 00862/2014, resa tra le parti, concernente trasferimento per motivi di opportunità e incompatibilità ambientale


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza e Questura di Livorno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2015 il Cons. Angelica Dell'Utri e uditi per le parti gli avvocati Guaglianone, su delega di Parenti, e dello Stato Mario Antonio Scino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con decreto 20 novembre 2013 del Capo della Polizia l’ispettore capo della Polizia di Stato -OMISSIS-, in servizio presso la Questura di Livorno, Ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico, è stato trasferito per motivi di opportunità ed incompatibilità ambientale alla Questura di Pisa.

L’interessato ha impugnato il provvedimento davanti al TAR per la Toscana, che ha respinto il ricorso con sentenza in forma semplificata 19 maggio 2014 n. 862 della sezione prima.

Con atto inoltrato per le notifiche il 17 novembre 2014 e depositato il successivo 16 dicembre l’ispettore ha appellato l’indicata sentenza.

L’appellante ha esposto preliminarmente, tra l’altro, che la vicenda trae origine dalla sua non riscontrata richiesta di chiarimenti in merito al mutamento di incarico nell’ambito dell’Ufficio di appartenenza, a seguito della quale nel settembre 2012 aveva sporto denuncia-querela per abuso d’ufficio e omissione d’atti d’ufficio a carico del Questore e del Dirigente;
che il procedimento penale si è concluso con archiviazione;
che anche il procedimento disciplinare successivamente avviato si era parimenti concluso con archiviazione.

A sostegno dell’appello ha dedotto:

1.- Carenza ed insufficienza della motivazione, violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost. e 74 cod. proc. amm..

Il TAR ha acriticamente accolto la prospettazione dei fatti proposta dall’Amministrazione, senza considerare quanto ampiamente dedotto dall’istante, onde non si comprende l’ iter logico seguito nel rendere la decisione in relazione alle contestazioni mosse in ricorso, né v’è corrispondenza tra quanto domandato e quanto deciso. Tali carenze non sono superate dalla circostanza che la sentenza è stata resa in forma semplificata: anche in tal caso il Collegio non è esonerato dalla formulazione della motivazione, ma gli è solo consentito di circoscriverla ad un sintetico riferimento in punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo, ovvero ad un precedente conforme.

2.- Error in iudicando per travisamento dei fatti ed ingiustizia manifesta;
violazione e falsa applicazione del principio dell’effettività della tutela giurisdizionale.

Il provvedimento impugnato è stato ritenuto esente da vizi in base ad argomentazione che, oltre ad essere insufficienti, sono non convincenti ed abnormi. Infatti l’Amministrazione appellata, sebbene con sforzo argomentativo, ha fondato il provvedimento su circostanze risalenti le quali in alcun modo hanno – di fatto – dato luogo a situazioni di oggettiva incompatibilità ambientale ed arrecato nocumento al prestigio del Ministero, come dimostrato sia dal periodo di servizio trascorso tra la presentazione della denuncia e la notifica del provvedimento (novembre 2013) senza che si fosse determinato il clima di tensione che normalmente giustifica siffatti provvedimenti di trasferimento, sia dal rapporto informativo sottoscritto dal Questore nel 2013 relativo al 2012. Non si comprende, perciò, come l’attuale appellante abbia potuto nuocere al prestigio dell’Amministrazione, tanto più che il provvedimento è stato notificato ad oltre un anno dal verificarsi delle vicende poste a sua base. Di tutto ciò non si tiene conto in sentenza.

Il 5 gennaio 2015 il Ministero dell’interno si è costituito in giudizio e con memoria del 9 seguente ha svolto controdeduzioni.

A sua volta, con memoria del 4 maggio 2015 l’appellante ha insistito nelle proprie tesi e richieste.

DIRITTO

Com’è esposto nella narrativa che precede, si controverte del trasferimento ai sensi dell’art. 55, co. 4, del d.P.R. 24 aprile 1982 n. 335 (recante “Ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia”) per motivi di opportunità ed incompatibilità ambientale dell’originario ricorrente ed attuale appellante, ispettore capo della Polizia di Stato, disposto con decreto del Capo della Polizia in data 20 novembre 2013.

L’indicata norma, nel disciplinare i casi in cui il trasferimento ad altra sede può essere disposto anche in soprannumero all’organico dell’ufficio o reparto, in deroga alle ordinarie procedure di mobilità a domanda o d’ufficio, prevede, tra l’altro, che ciò possa avvenire “quando la permanenza del dipendente nella sede nuoccia al prestigio dell’Amministrazione”.

Con la sentenza appellata, resa in forma semplificata in sede cautelare ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm., il primo giudice ha ritenuto le circostanze rappresentate nel detto provvedimento idonee a sorreggere l’apprezzamento dell’Amministrazione in ordine alla necessità dell’allontanamento del dipendente al fine di tutelare la funzionalità ed il prestigio della Questura di appartenenza dell’interessato, nonché insussistenti i dedotti profili sintomatici di eccesso di potere e di violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa.

Col primo motivo d’appello si lamenta difetto di motivazione della pronuncia.

A parte che le considerazioni ivi esposte consentono di comprendere chiaramente l’ iter logico-giuridico seguito dal TAR, è ben noto che nel processo amministrativo il difetto di motivazione della sentenza di primo grado, anche se dimostrato, non rileva autonomamente, vale a dire che non ne impone ex se la riforma, poiché il carattere devolutivo dell'appello comporta la necessità del riesame delle doglianze originarie, ovviamente se e nei limiti in cui sono reintrodotte in questa sede;
e tale riesame ben può condurre a conclusioni identiche a quelle raggiunte dal primo grado.

Col secondo motivo - in cui, significativamente, si dà peraltro atto come il Collegio abbia proceduto all’esame delle singole censure - si contestano nel merito le conclusioni alle quali la pronuncia è pervenuta e le argomentazioni svolte nel provvedimento a suo tempo impugnato.

Al riguardo, occorre premettere che, per consolidata giurisprudenza anche di questa Sezione, il trasferimento per motivi di opportunità ed incompatibilità ambientale ha il fine di tutelare il prestigio ed il corretto funzionamento degli uffici pubblici e di garantire la regolarità e continuità dell'azione amministrativa, eliminando la causa obiettiva dei disagi che derivano dalla presenza del dipendente presso un determinato ufficio, a prescindere dall’imputabilità al dipendente stesso di eventuali profili soggettivi di colpa nelle vicende che hanno determinato tali disagi. Il trasferimento della tipologia in parola non ha, infatti, carattere sanzionatorio né disciplinare, non postulando comportamenti sanzionabili in sede penale e/o disciplinare, ed è condizionato solo alla valutazione del suo presupposto essenziale costituito dalla sussistenza oggettiva di una situazione di fatto lesiva del prestigio, decoro o funzionalità dell'amministrazione che sia, da un lato, riferibile alla presenza del dipendente in una determinata sede e, dall’altro lato, suscettibile di rimozione attraverso l'assegnazione del medesimo ad altra sede. Inoltre, come pure nella specie evidenziato dal primo giudice, in materia competono all'Amministrazione ampi e penetranti poteri discrezionali, sindacabili da parte del giudice amministrativo unicamente ab externo , in relazione ai noti vizi di grave e manifesta illogicità, travisamento dei fatti ed incompletezza della motivazione, rimanendo esclusa ogni indagine del merito dell’effettuata valutazione (cfr., tra le tante, Cons. St., sez. III 12 novembre 2014 n. 5569, 11 luglio 2013 n. 3739, 9 aprile 2013 n. 1955 e 16 dicembre 2011 n. 6623).

Nel caso in esame, i vizi accennati appena sopra non sono di certo ravvisabili poiché il provvedimento impugnato espone tutti gli elementi di fatto e diritto richiesti dalla norma.

Il decreto del Capo della Polizia si basa sulla grave compromissione del rapporto fiduciario tra il dipendente ed i superiori gerarchici, scaturente dalla presentazione da parte dell’ispettore capo alla locale Procura della Repubblica di un esposto-denuncia a carico del Questore e del Dirigente dell’Ufficio di appartenenza per i reati di abuso d’ufficio ed omissione di atti d’ufficio con riferimento alla sua assegnazione ad altre mansioni all’interno dello stesso Ufficio, nonché dalla successiva ostensione dell’esposto-denuncia all’ispettore ministeriale. In relazione a quest’ultima circostanza si osserva che l’intrapresa iniziativa in ambito penale non costituiva frutto di “un atteggiamento irruente”, come affermato dall’interessato nelle memorie difensive prodotte a seguito dell’avviso di avvio del procedimento, bensì la conseguenza di una volontà di “contrapposizione” che impedisce ai superiori “di riporre nello stesso quella fiducia collaborativa fondamentale per i rapporti d’ufficio”. Tanto tenuto conto dei compiti degli appartenenti al ruolo degli ispettori di polizia, i quali “assumono anche la direzione di unità operative e sono diretti collaboratori dei superiori gerarchici, con i quali partecipano all’azione di guida e d’indirizzo del restante personale”.

È evidente, dunque, come non possa fondatamente sostenersi che la vicenda in parola sia stata inadeguatamente rappresentata e sia insuscettibile di alterare i rapporti interni, con conseguente nocumento alla funzionalità ed all’immagine esterna dell’Amministrazione.

Né in senso contrario milita il positivo rapporto informativo redatto medio tempore dal Questore, giacché il fatto che l’ispettore abbia dato prova di impegno, professionalità e competenza non esclude in via logica la sussistenza di una condizione di oggettivo disagio giustificativa del trasferimento.

Quanto, infine, alla risalenza dei fatti, va tenuto conto che è stato necessario attendere l’esito del procedimento penale instaurato a seguito dell’esposto-denuncia (conclusosi con decreto di archiviazione del GIP del Tribunale di Livorno) e le conseguenti risultanze, nonché i tempi occorrenti per l’espletamento della previa istruttoria e, poi, procedimentali a partire dalla comunicazione di avvio notificata il 3 settembre 2013.

In conclusione, l’appello non può che essere respinto.

Tuttavia la singolarità del caso e la natura della controversia consigliano la compensazione tra le parti delle spese del grado.

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