Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-02-10, n. 201600578

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-02-10, n. 201600578
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201600578
Data del deposito : 10 febbraio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04452/2015 REG.RIC.

N. 00578/2016REG.PROV.COLL.

N. 04452/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4452 del 2015, proposto da:
Comune di Bologna, rappresentato e difeso dagli Avv. A L, G S R, G C, con domicilio eletto presso G S R in Roma, Via Orti della Farnesina, 126;

contro

- E L;
- M T e Romagna Giochi S.r.l., rappresentati e difesi dagli Avv. C B, G F, con domicilio eletto presso F M in Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio, 1;

nei confronti di

- Ministero dell'Interno, Questura di Bologna, Istituto Professionale Industria Artigianato "A.Fioravanti", rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, anche domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA – BOLOGNA, SEZIONE I, n. 00407/2015, resa tra le parti, concernente diniego apertura di una sala dedicata all’esercizio degli apparecchi da gioco denominati VLT;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di M T e Romagna Giochi S.r.l. e di Ministero dell'Interno, Questura di Bologna ed Istituto Professionale Industria Artigianato "A.Fioravanti";

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2016 il Cons. P U e uditi per le parti gli Avvocati G S R, Cristiana Fedeli su delega di G F e l'Avvocato dello Stato Mario Antonio Scino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La controversia origina dal divieto di autorizzazione all’esercizio di una sala giochi mediante videoterminali (VLT) in Bologna, adottato ex art. 88 TULPS in data 4 febbraio 2014 dalla Questura di Bologna.

2. Il divieto è stato adottato in quanto l’ubicazione prescelta (come segnalato nel parere della Polizia Municipale in data 4 gennaio 2014) non rispetta “ la distanza minima di 1.000 metri, misurata sul percorso pedonale più breve che collega i rispettivi punti di accesso più vicini dai seguenti luoghi sensibili: asili, scuole di ogni ordine e grado, luoghi di culto, ospedali, case di cura, camere mortuarie, caserme e strutture protette in genere ”, così come richiesto dall’art. 23, comma 3, del Regolamento di Polizia Urbana del Comune di Bologna, (introdotto con delibera di C.C. n. 256645 in data 11 novembre 2013).

3. Il diniego è stato impugnato dal richiedente l’autorizzazione e dalla società concessionaria cui è collegato, unitamente alla disposizione regolamentare presupposta.

Dopo l’originaria instaurazione del giudizio presso il TAR del Lazio, il giudizio è stato riassunto presso il TAR Emilia Romagna (indicato come competente dal primo con ordinanza n. 10967/2014), il quale, con la sentenza appellata (I, n. 407/2015), ha accolto il ricorso, ritenendo che l’art. 23, comma 3, del Reg. P.U. sia illegittimo, in mancanza del necessario presupposto costituito dagli adempimenti previsti, a livello dell’Amministrazione centrale, dall’art. 7 del d.l. 158/2012, convertito in legge 189/2012, il cui rispetto è previsto dall’art. 6 della l.r. Emilia-Romagna 5/2013.

4. Il TAR ha accolto la relativa censura, dopo aver ritenuto infondata quella con cui si sosteneva che la Questura non avrebbe potuto dare rilevanza a cause ostative attinenti ad interessi diversi da quelli relativi alla sfera dell’ordine e della sicurezza pubblica (ed ha assorbito le altre censure dedotte).

5. E’ utile precisare fin d’ora che l’art. 7, comma 10, del d.l. 158/2012 (c.d. decreto Balduzzi), come modificato dalla legge di conversione n. 189/2012 (la cui epigrafe comprende “… misure di prevenzione per contrastare la ludopatia ...”), prevede che “ L'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e, a seguito della sua incorporazione, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, tenuto conto degli interessi pubblici di settore, sulla base di criteri, anche relativi alle distanze da istituti di istruzione primaria e secondaria, da strutture sanitarie e ospedaliere, da luoghi di culto, da centri socio-ricreativi e sportivi, definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata (…) provvede a pianificare forme di progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco praticato mediante gli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931, e successive modificazioni, che risultano territorialmente prossimi ai predetti luoghi. Le pianificazioni operano relativamente alle concessioni di raccolta di gioco pubblico bandite successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e valgono, per ciascuna nuova concessione, in funzione della dislocazione territoriale degli istituti scolastici primari e secondari, delle strutture sanitarie ed ospedaliere, dei luoghi di culto esistenti alla data del relativo bando. (…)”.

6. E che, in analoga prospettiva, l’art. 6, comma 2, della l.r. Emilia Romagna 5/2013 (“ Norme per il contrasto, la prevenzione, la riduzione del rischio della dipendenza dal gioco d'azzardo patologico, nonché delle problematiche e delle patologie correlate ”), ha stabilito che “ Al fine di perseguire le finalità di cui all'articolo 1 della presente legge e gli obiettivi di cui all'articolo 2 della legge regionale 24 marzo 2000, n. 20 (Disciplina generale sulla tutela e l'uso del territorio), i Comuni possono dettare, nel rispetto delle pianificazioni di cui all'articolo 7, comma 10, del decreto legge n. 158 del 2012, convertito dalla legge n. 189 del 2012, previsioni urbanistico-territoriali in ordine alla localizzazione delle sale da gioco. ”.

7. Nell’appello, il Comune di Bologna sostiene, essenzialmente, che:

(a) – l’art. 7, comma 10, del d.l. 158/2012, ha ad oggetto la tutela della salute (sotto forma di prevenzione delle ludopatie) e non l’ordine pubblico, quindi rientra nella potestà legislativa di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.;
l’art. 6 della l.r. Emilia Romagna 5/2013 consente ai Comuni di dettare criteri per la localizzazione delle sale gioco;
non essendo stati ancora definiti il decreto interministeriale e le conseguenti pianificazioni statale;
esiste dunque il potere comunale di disciplinare la materia, tanto più che l’art. 7 prevede la rilocalizzazione dei punti della rete di raccolta, così presupponendo la legittimità delle pianificazioni locali previgenti;

(b) – il TAR ha superato i limiti della giurisdizione, allorché, ritenendo necessaria una disciplina uniforme dei limiti di distanza su tutto il territorio nazionale, ha escluso attualmente il potere degli enti locali in materia, da ritenersi viceversa compreso nelle funzioni di pianificazione e governo del territorio loro attribuite.

Il Comune ripropone anche le eccezioni e difese (relative alle censure dedotte da controparte e) non esaminate dal TAR.

8. Si è costituita in giudizio la Questura di Bologna, chiedendo l’accoglimento dell’appello.

9. Si è parimenti costituita in giudizio la società vittoriosa in primo grado, controdeducendo puntualmente ai motivi di appello e riproponendo, ex art. 101, comma 2, cod. proc. amm., le censure non esaminate in primo grado.

9.1. Nel difendere le argomentazioni svolte dal TAR sulla necessaria pregiudizialità degli adempimenti previsti dalla normativa statale, gli appellati ribadiscono anzitutto che le disposizioni “urbanistico-territoriali” previste dalla suddetta norma regionale non possono essere contenute in un regolamento di polizia urbana, espressione non della potestà urbanistica, bensì di quella in materia di incolumità pubblica e decoro urbano.

9.2. L’art. 1 del d.l. 1/2012, convertito nella legge 27/2012, prevede il divieto espresso, discendente dai principi europei di libertà di concorrenza e di prestazione dei servizi, di introduzione di disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale con prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico, che pongono programmi non ragionevoli;
la compressione delle attività economiche attraverso la fissazione di limiti può avvenire soltanto se vengono rispettati i principi di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità dell’azione amministrativa scaturenti dagli artt. 97 Cost., 5 e 12 TUE e 296 TFUE, poi ripreso dal Protocollo n. 2, i quali impongono alle autorità amministrative di adottare misure idonee, necessarie ed adeguate;
nel caso in esame, detti parametri sono violati, in quanto la fissazione di una distanza di 1.000 metri rende impossibile l’esercizio delle attività di gioco lecito sulla quasi totalità del territorio comunale, a fronte di un interesse – che finisce per identificarsi con il decoro urbano – che è difficile identificare con quello della maggioranza dei consociati;
inoltre, anche a voler ricondurre l’intervento comunale nell’alveo della tutela della salute, il principio di precauzione deve essere contemperato con quello di proporzionalità, nella ricerca di un equilibrato bilanciamento dei contrapposti interessi, mentre la norma regolamentare in questione stabilisce una presunzione assoluta di pericolosità del gioco lecito, senza consentire di dimostrare che, in considerazione dell’adozione delle speciali cautele sul “gioco responsabile” imposte dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli, non arreca in concreto nocumento agli interessi coinvolti;

9.3. Era necessaria una compiuta istruttoria, circa l’incidenza nello specifico tessuto socio-economico comunale del fenomeno del gioco lecito, ed un’adeguata motivazione circa la decisione di introdurre una distanza minima così preclusiva;
né è dato conoscere in cosa consisterebbero i problemi riguardanti il contesto urbano e la sicurezza urbane ed i problemi connessi con la viabilità, l’inquinamento acustico ed il disturbo alla quiete pubblica delle dinamiche ludiche.

10. La società appellata ha depositato ulteriori memorie.

11. Il Collegio rileva anzitutto l’inammissibilità della costituzione in giudizio, con memoria (di stile) non notificata, della Questura, in quanto soggetto avente l’onere di proporre appello e non legittimato ad assumere nel giudizio di impugnazione una posizione adesiva di mero interveniente al fine di rimuovere una soccombenza “principale” sancita dalla decisione di primo grado.

12. Occorre poi sottolineare che, nelle more del giudizio, in data 3 giugno 2015 è entrato in vigore il nuovo Regolamento Edilizio Urbano, approvato con delibera di C.C. n. 201 del 20 aprile 2015, che, all’art. 32, comma 6, contiene una previsione della distanza minima pressoché identica a quella annullata.

13. La società appellata ne fa discendere il sopravvenuto difetto di interesse del Comune all’appello.

L’eccezione va disattesa.

Il Collegio non ritiene che si sia verificata l’improcedibilità dell’appello, in quanto il Comune mantiene l’interesse a rivendicare la legittimità della disposizione regolamentare precedente e dei provvedimenti adottati sulla base di essa, anche nella prospettiva di eventuali pretese risarcitorie.

14. Nel merito, la soluzione data dal TAR non convince.

14.1. Deve ritenersi che misure volte alla prevenzione ed al contrasto di forme di dipendenza dal gioco d’azzardo lecito (c.d. ludopatia o GAP - gioco d’azzardo patologico), come quella in questione – consistente nella imposizione di una distanza minima delle sale giochi e scommesse dai luoghi c.d. sensibili, vale a dire nei quali si presume la presenza di soggetti appartenenti alle categorie più vulnerabili o comunque in condizioni contingenti di difese ridotte rispetto alla tentazione del gioco d’azzardo ed all’illusione di poter conseguire attraverso di esso facili guadagni – rientrino principalmente nella materia della tutela della salute.

La Corte Costituzionale, con riferimento alle disposizioni della l.p. Bolzano 13/2010, che prevedono limiti di distanza delle sale da gioco rispetto ai luoghi sensibili, ha escluso la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, ossia della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza (sent. n. 300/2011).

Ciò, precisando che tali disposizioni “ sono dichiaratamente finalizzate a tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili, o per la giovane età o perché bisognosi di cure di tipo sanitario o socio assistenziale, e a prevenire forme di gioco cosiddetto compulsivo, nonché ad evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano, la viabilità e la quiete pubblica ”, mentre la materia ordine pubblico e sicurezza, secondo la consolidata giurisprudenza della stessa Corte, “ attiene alla «prevenzione dei reati ed al mantenimento dell’ordine pubblico», inteso questo quale «complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge la civile convivenza nella comunità nazionale» ”, e “ La semplice circostanza che la disciplina normativa attenga a un bene giuridico fondamentale non vale, dunque, di per sé, a escludere la potestà legislativa regionale o provinciale, radicando quella statale ”;
per concludere nel senso della legittimità delle suddette disposizioni provinciali, in quanto “ hanno riguardo a situazioni che non necessariamente implicano un concreto pericolo di commissione di fatti penalmente illeciti o di turbativa dell’ordine pubblico, inteso nei termini dianzi evidenziati, preoccupandosi, piuttosto, delle conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell’impatto sul territorio dell’afflusso a detti giochi degli utenti ” e che “ non incidono direttamente sulla individuazione ed installazione dei giochi leciti, ma su fattori (quali la prossimità a determinati luoghi e la pubblicità) che potrebbero, da un canto, indurre al gioco un pubblico costituito da soggetti psicologicamente più vulnerabili od immaturi e, quindi, maggiormente esposti alla capacità suggestiva dell’illusione di conseguire, tramite il gioco, vincite e facili guadagni;
dall’altro, influire sulla viabilità e sull’inquinamento acustico delle aree interessate
” (sent. cit.).

In sostanza (come espressamente sottolineato da TAR Lombardia, II, n. 1761/2015, con riferimento ad analoghe disposizioni della l.r. Lombardia n. 8/2013;
da TAR Lazio, II, n. 2729/2014, con riferimento alla l.r. Liguria 17/2012;
e da

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