Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-03-10, n. 202302527

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-03-10, n. 202302527
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202302527
Data del deposito : 10 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/03/2023

N. 02527/2023REG.PROV.COLL.

N. 07814/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7814 del 2022, proposto da A B, rappresentato e difeso dall’Avvocato G D V, dall’Avvocato R D L e dall’Avvocato M P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso Avvocato G D V in Roma, via Antonio Bertoloni, n. 44;

contro

P M, rappresentato e difeso dall’Avvocato A P, dall’Avvocato V T e dall’Avvocato A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dello stesso Avvocato A P in Roma, viale Liegi, n. 32;
CSM – Consiglio Superiore della Magistratura, in persona del Vicepresidente pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

Ministero della Giustizia, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza n. 11915 del 19 settembre 2022 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. I, resa tra le parti, che ha annullato la delibera del Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura del 7 luglio 2021 con cui è stata approvata la proposta della Quinta Commissione del medesimo Consiglio di conferimento, in favore del dott. A B, dell’ufficio direttivo di Presidente del Tribunale di Palermo, pubblicata in pari data, nonché di ogni altro atto presupposto.


visto l’appello principale e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio di P M e del CSM – Consiglio Superiore della Magistratura;

visto l’appello incidentale del CSM – Consiglio Superiore della Magistratura;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2023 il Consigliere Massimiliano Noccelli e uditi per l’odierno appellante principale, A B, l’Avvocato G D V, l’Avvocato R D L, e l’Avvocato M P e per il controinteressato, P M, l’Avvocato A P e l’Avvocato A P.

viste le conclusioni delle parti come da verbale;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’odierno appellato, dott. P M, ha impugnato avanti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma (di qui in avanti, per brevità, il Tribunale), la delibera del Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura del 7 luglio 2021 con cui è stata approvata la proposta di conferimento, in favore del dott. A B, dell’ufficio direttivo di Presidente del Tribunale di Palermo.

1.1. Il ricorrente ha esposto di essere entrato in magistratura nel giugno 1993 e di avere prestato servizio, dall’ottobre 1994, presso il Tribunale di Palermo, nella Seconda sezione civile, con competenza in materia di diritti reali, successioni e locazioni;
dal maggio 1995 era stato assegnato alla Sesta sezione penale con funzioni di giudice del dibattimento penale collegiale e monocratico (dal gennaio 2001), nonché di giudice del riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale e dei provvedimenti di sequestro (dal maggio 1995 al dicembre 1999);
successivamente, dal marzo 2002 aveva svolto le funzioni di giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Palermo;
nel periodo dal febbraio 2008 al settembre 2008 era stato destinato all’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di Cassazione, ove aveva svolto l’attività di massimazione ed elaborazione di relazioni preparatorie delle camere di consiglio delle Sezioni Unite in materia di diritto tributario e nel settore civilistico;
dal settembre 2014 e sino all’ottobre 2018 era stato componente del Consiglio Superiore della Magistratura;
a partire dal novembre 2018 era tornato a svolgere le funzioni di giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Palermo.

1.2. Con il bollettino n. 5138 del 1° aprile 2020 il Consiglio Superiore della Magistratura – di qui in avanti, per brevità, il CSM – aveva indetto una procedura per il conferimento dell’ufficio direttivo di Presidente del Tribunale di Palermo, vacante dal 15 luglio 2020;
alla procedura avevano partecipato, oltre al ricorrente, la dott.ssa A T, il dott. A G e il dott. A B.

1.3. All’esito dell’esame delle domande pervenute, la Quinta Commissione aveva formulato al Plenum due proposte per il conferimento dell’incarico, la proposta “A”, supportata da tre preferenze, in favore della nomina del dott. B, e la proposta “B”, con due preferenze, per la nomina del dott. M.

1.4. Il Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura, con delibera adottata nella seduta del 7 luglio 2021, aveva approvato la proposta "A".

2. A sostegno del ricorso sono state formulate dal ricorrente in prime cure le seguenti censure.

2.1. Con un primo motivo è stata dedotta in primo grado la violazione dell’art. 13, comma 3, del d. lgs. n. 160 del 2006 la violazione e falsa applicazione degli artt. 34-bis e 25 dello stesso d. lgs. n. 160 del 2006, l’eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà della motivazione, travisamento dei presupposti, la violazione dell’art. 50 del d. lgs. n. 160 del 2006, l’ingiustizia manifesta.

2.2. La delibera impugnata doveva ritenersi illegittima per violazione delle previsioni in materia di legittimazione alla partecipazione al concorso, poiché il controinteressato sarebbe stato privo – alla data di vacanza del posto – del requisito della permanenza almeno quinquennale nella precedente funzione requirente prima del trasferimento a quella giudicante.

2.3. Il dott. B, infatti, aveva preso servizio quale sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione) in data 10 marzo 2016 e, dunque, alla data di vacanza del posto (15 luglio 2020) non erano ancora decorsi cinque anni dalla presa di possesso, con conseguente impossibilità di ottenere il passaggio alle funzioni giudicanti, che gli sarebbero state necessariamente conferite in caso di nomina a Presidente del Tribunale di Palermo.

2.4. L’art. 13 del d. lgs. n. 160 del 2006, al riguardo, prevedeva che il passaggio di funzioni poteva essere richiesto « per non più di quattro volte nell’arco dell’intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata » (comma 3, secondo periodo).

2.5. La Proposta A della Quinta Commissione, approvata dalla delibera, aveva ritenuto, invece, che il limite quinquennale per il passaggio di funzioni non fosse applicabile ai magistrati della Corte di Cassazione, sul rilievo che « la normativa prevista dal d.lgs. 160 del 2006 […] , alla luce delle più recenti evoluzioni nell’interpretazione costituzionale del ruolo dei magistrati di legittimità », dovesse essere « sottoposta ad un’interpretazione evolutiva » (p. 47 della delibera), in quanto « il rapporto tra la funzione requirente e quella giudicante presso la Corte di cassazione present [a] innegabili differenze rispetto al rapporto intercorrente tra le due funzioni nella giurisdizione di merito » (p. 49), in considerazione della funzione nomofilattica, caratterizzante entrambe le funzioni di legittimità.

2.6. Secondo il ricorrente, di contro, l’art. 13 citato stabilirebbe un limite soggettivo al tramutamento di funzioni senza introdurre alcuna distinzione tra gli uffici requirenti di legittimità e gli omologhi uffici presso le Corti di merito e, inoltre, lo stesso controinteressato, in occasione della presentazione in data 15 maggio 2020 della domanda per il concorso in questione, aveva chiesto il parere del Consiglio giudiziario sul cambio di funzioni (poi favorevolmente ottenuto), con ciò implicitamente confermando di ritenere che le ultime funzioni svolte fossero effettivamente quelle requirenti.

2.7. La delibera risulterebbe illegittima anche nella parte relativa al computo degli anni di svolgimento delle funzioni requirenti, giacché avrebbe preso come riferimento finale non già la data di vacanza del posto, bensì la data (successiva) della seduta del Plenum , mentre il bando per il conferimento dell’incarico, pubblicato in data 1° aprile 2020, prevedeva che la legittimazione dovesse essere valutata in relazione alla data della vacanza del posto, senza che potessero assumere rilievo momenti successivi quali la data di presentazione della domanda, la data di scadenza dei termini del bando ovvero la data di effettivo passaggio di funzioni.

2.8. Infine, doveva ritenersi illegittimo l’argomento contenuto nella delibera, secondo cui il dott. B non incorrerebbe nei limiti di cui all’art. 13 del d. lgs. n. 160 del 2006, avendo trascorso un consistente periodo fuori dal ruolo organico e, quindi, esercitato per un periodo di tempo rilevante funzioni non giudiziarie.

2.8.1. Il riferimento sarebbe al provvedimento di c.d. applicazione al Tribunale di Caltanissetta con le delibere del 17 febbraio e 20 aprile 2016 “ per assicurare la definizione di importantissimi procedimenti aventi ad oggetto le stragi di C e di via D’Amelio ” e al collocamento fuori ruolo presso la Rappresentanza permanente d’Italia presso le Nazioni Unite dal 28 marzo 2018.

2.9. Tali circostanze sarebbero, tuttavia, irrilevanti ai fini dell’operatività del limite di cui all’art. 13, comma 3, del d. lgs. n. 160 del 2006, che individuerebbe le condizioni per il passaggio delle funzioni senza menzionare, tra le ipotesi eccezionali e derogatorie, eventuali applicazioni in diverse funzioni ovvero periodi svolti fuori ruolo.

2.9.1. Peraltro l’applicazione presso il Tribunale di Caltanissetta non era permanente, ma limitata ai solo giorni di udienza e finalizzata unicamente a consentire la conclusione di rilevantissimi processi.

2.9.2. Quanto al periodo fuori ruolo, secondo l’art. 50 del d.lgs. n. 160/2006 lo stesso era equiparato all’esercizio delle ultime funzioni giudiziarie svolte, sicché si sarebbe saldato con le funzioni requirenti svolte prima del collocamento fuori ruolo.

2.10. Con un secondo motivo è stata dedotta in primo grado la violazione e la falsa applicazione dell’art. 47 del Regolamento Interno del CSM approvato con la deliberazione del 26 settembre 2016.

2.11. Nella seduta del Plenum del 7 luglio 2021, sia in prima che in seconda votazione, le due proposte avevano ricevuto pari voti (12 consensi ciascuna), sicché il conferimento dell’incarico al dott. B era intervenuto per effetto della regola sulla prevalenza del più anziano in ruolo, ai sensi dell’art. 47 del Regolamento Interno del CSM.

2.12. Tra la prima e la seconda votazione, tuttavia, era trascorso appena 1 minuto e 10 secondi, di modo che non era stato consentito ai consiglieri di confrontarsi nuovamente sulle proposte ed eventualmente modificare la preferenza espressa in prima votazione.

2.13. Si sono costituiti il Consiglio Superiore della Magistratura ed il controinteressato A B resistendo al ricorso.

3. Il Tribunale, con la sentenza n. 11915 del 19 settembre 2022, ha accolto il ricorso e ha annullato la delibera impugnata.

3.1. Il primo giudice, in sintesi ha rilevato che anche se entrambe le funzioni di legittimità, giudicanti e requirenti, sono caratterizzate dall’esercizio della nomofilachia, che le accomuna, esse in ogni caso mantengono la differenziazione sostanziale che è alla base della distinzione tra ruolo requirente e ruolo giudicante, nei tratti essenziali della loro disciplina e del loro esercizio, che dà luogo anche in Cassazione al confronto dialettico tra le parti del giudizio, solo all’esito del quale si forma la decisione del giudicante.

3.2. La comunanza della funzione nomofilattica non può ritenersi, pertanto, idonea a giustificare la sottrazione dei magistrati di legittimità alle limitazioni temporali poste dall’art. 13, comma 3, del d.lgs. n. 160 del 2006.

3.3. Peraltro, ritenere che le funzioni di legittimità possano, per la loro peculiarità, non soggiacere alle restrizioni relative al passaggio di funzioni previste in generale per tutti i magistrati comporterebbe un trattamento differenziato, difficilmente compatibile con il principio fondamentale, posto dall’art. 107 Cost., secondo cui i magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni.

3.4. Del pari fondata, secondo il primo giudice, è la doglianza concernente il calcolo del dies ad quem per il computo del termine di legittimazione.

3.5. Il dott. A B, infatti, ha effettuato l’ultimo passaggio di funzioni in data 10 marzo 2016 e, dunque, alla data di vacanza del posto (15 luglio 2020) non erano ancora decorsi cinque anni dalla data di presa di possesso presso la Procura Generale.

3.6. Non può rilevare, in senso contrario, il fatto che al momento dell’adozione della delibera il termine quinquennale fosse decorso, dovendosi in materia rispettare il principio generale secondo cui i requisiti di legittimazione devono essere posseduti alla data di vacanza del posto o, in caso di diversa previsione del bando, al più tardi al momento della domanda di partecipazione alla procedura.

3.7. L’art. 13 del d. lgs. n. 160 del 2006, infatti, prevede che il passaggio di funzioni « può essere richiesto dall’interessato dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata », con ciò ancorando, chiaramente, il requisito temporale al momento della domanda e non a quello dell’assegnazione del posto, né dell’effettivo passaggio di funzioni.

3.8. Diversamente opinando verrebbe meno ogni certezza in ordine alla legittimazione dei partecipanti alla procedura, con la conseguente lesione anche del principio della par condicio dei concorrenti.

4. Quanto alla “sterilizzazione” delle funzioni svolte, in considerazione del periodo trascorso fuori ruolo, anch’essa richiamata dalla delibera impugnata a sostegno dell’inapplicabilità della legittimazione quinquennale, il primo giudice ha osservato che il dott. B è stato trasferito alla Procura generale della Corte di Cassazione dal 1° luglio 2015, è stato durante il periodo in Cassazione contestualmente applicato al Tribunale di Caltanissetta per la definizione dei procedimenti aventi ad oggetto le stragi di C e di via D’Amelio e, dal 28 marzo 2018, è stato collocato fuori ruolo presso la Rappresentanza permanente d’Italia presso le Nazioni Unite.

4.1. La valutazione del periodo fuori ruolo rispetto alle limitazioni previste dall’art. 13 del d. lgs. n. 160 del 2006 è espressamente disciplinata dall’art. 65 del Testo Unico sulla dirigenza, che prevede, nel rispetto della regola posta dall’art. 50 del d.lgs. n. 160/2006, che « ai fini dell’applicazione delle limitazioni previste dall’articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, il periodo fuori ruolo è considerato equivalente, sotto il profilo funzionale, all’attività giudiziaria da ultima svolta prima del collocamento fuori ruolo ».

4.2. La disposizione è quindi chiara nello stabilire il criterio di equivalenza, per la determinazione della legittimazione, tra il fuori ruolo e le ultime funzioni svolte, che sarebbero soltanto quelle requirenti.

4.3. Le funzioni giudicanti esercitate presso il Tribunale di Caltanissetta in applicazione erano circoscritte alla definizione di alcuni processi pendenti al momento della presa di servizio in Cassazione.

4.4. È evidente secondo il primo giudice come, per individuare le funzioni svolte, non possa certo utilizzarsi un criterio quantitativo, in relazione al tempo impiegato rispettivamente nelle funzioni principali o in applicazione, o qualitativo, sotto il profilo della prevalenza delle une o delle altre, dovendosi, piuttosto, dare rilievo all’unico elemento certo, coincidente con il posto effettivamente ottenuto e ricoperto, ovvero quello requirente.

5. Sulla scorta di tali argomentazioni, qui in sintesi ricordate, il Tribunale ha così accolto il ricorso proposto dal dott. M e ha annullato la nomina del dott. B a Presidente del Tribunale di Palermo.

6. Avverso tale sentenza ha proposto appello principale A B, lamentandone l’erroneità sotto diversi profili che di seguito saranno esaminati, e ne ha chiesto, previa sospensione dell’esecutività, la riforma, con la conseguente reiezione del ricorso proposto in primo grado dal dott. M.

6.1. Anche il CSM ha proposto appello incidentale contro tale sentenza, lamentandone l’erroneità per tre distinti motivi che pure di seguito saranno esaminati, e ne ha chiesto la riforma.

6.2. Si è costituito il controinteressato P M per chiedere la reiezione dei due appelli, principale e incidentale, e riproponendo altresì in via subordinata, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., il primo motivo dichiarato assorbito.

6.3. Nella camera di consiglio dell’8 novembre 2022, fissata per l’esame della domanda sospensiva, il Collegio, sull’accordo delle parti, ha rinviato la causa alla pubblica udienza per il sollecito esame del merito.

6.4. Nella pubblica udienza del 21 febbraio 2023 il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.

7. Gli appelli sono infondati.

8. Con il primo motivo (pp.

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