Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-04-16, n. 201002166

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-04-16, n. 201002166
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201002166
Data del deposito : 16 aprile 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05248/2002 REG.RIC.

N. 02166/2010 REG.DEC.

N. 05248/2002 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 5248 del 2002, proposto da:
S A e S G, rappresentati e difesi dall'avvocato P N, con domicilio eletto presso P N in Roma, via Agri n. 1;

contro

Amministrazione Provinciale di Napoli, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati A D F e L S, con domicilio eletto presso l’avvocato B M in Roma, via G. B. Tiepolo n. 21;
Comune di Nola, rappresentato e difeso dall'avvocato G M, con domicilio presso Segreteria Sezionale in Roma, piazza Capo di Ferro n. 13;

per la riforma

della sentenza del TAR CAMPANIA -

NAPOLI :

Sezione I n. 02632/2001, resa tra le parti, concernente MODIFICA DESTINAZIONE URBANISTICA TERRENO- VARIANTE P.R.G..


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 febbraio 2010 il Cons. Antonino Anastasi, nessuno presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Gli odierni appellanti sono titolari di un fondo ubicato nel Comune di Nola, al quale il nuovo P.R.G. adottato con delibera commissariale in data 21 luglio 1988 assegnava la destinazione “E agricola”.

Gli interessati hanno proposto osservazioni lamentando l’irrazionalità di tale destinazione a causa della già avvenuta edificazione dell’intera area in cui insiste il fondo.

Tale osservazione era accolta dal Commissario, il quale ha proposto la modifica della destinazione della zona a “ B2 edificata di completamento”.

Invece la Provincia di Napoli, nell’approvare con decreto presidenziale del 7 giugno 1995 lo strumento urbanistico, definitivamente ha classificato il terreno in questione come destinato ad uso agricolo.

I proprietari, insieme ai titolari di terreni vicini, hanno impugnato la citata delibera provinciale avanti al T.A.R. Campania il quale con la sentenza in epigrafe indicata ha riuniti tutti i ricorsi e li ha respinti nel merito.

La sentenza è impugnata col ricorso all’esame dai signori Simonetti e Sepe i quali ne chiedono l’integrale riforma deducendo due motivi di impugnazione.

Si sono costituiti in resistenza il comune di Nola e l’Amministrazione provinciale di Napoli, i quali chiedono il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza gravata.

All’udienza del 16 febbraio 2010 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato e va pertanto respinto.

Con il primo motivo di impugnazione gli appellanti deducono che il suolo di loro proprietà è inserito all’interno di una zona pressochè integralmente edificata, rispetto alla quale la destinazione agricola impressa dalla delibera provinciale di approvazione del nuovo P.R.G. del comune di Nola risulta dunque del tutto illogica e irrazionale.

Il mezzo non merita positiva considerazione.

In primo luogo deve ricordarsi che, per costante giurisprudenza, la classificazione di un’area come destinata ad uso agricolo ( e quindi di limitata edificabilità) non deve rispondere necessariamente alla esigenza di promuovere l’insediamento di specifiche attività agricole, in quanto siffatta destinazione ben può trovare il suo motivo ispiratore nella discrezionale volontà dell’Amministrazione locale preposta al governo del territorio di sottrarre parte del territorio comunale a nuove edificazioni.

In tale ottica, la circostanza che il fondo degli appellanti confini con aree edificate in modo spontaneo e disordinato conferma – invece di smentire – la legittimità delle scelte operate dall’Amministrazione: è intuitivo, infatti, che l’esigenza di prevedere zone a limitata edificabilità onde salvaguardare il rispetto degli ineludibili standard urbanistici è avvertita particolarmente nelle zone che confinano con ambiti di particolare densità abitativa, realizzatasi oltre tutto in modo sostanzialmente avulso da una ordinata programmazione territoriale.

In ogni caso, come eccepito dal comune e dall’Amministrazione provinciale, quelle di cui si discute sono scelte di merito tendenzialmente insindacabili in sede di legittimità se non per evidenti profili di abnormità e illogicità che nel caso all’esame gli appellanti non pervengono a evidenziare.

Si è detto, infatti, che la destinazione di piano regolatore a verde agricolo di un'area può anche essere funzionale ad un uso non strettamente agricolo della stessa, ma all'esigenza di conservazione dei valori naturalistici ed ambientali e di contenimento del fenomeno di espansione dell'aggregato urbano.

Sotto un diverso profilo gli appellanti lamentano il difetto di motivazione e di istruttoria che vizierebbe la delibera provinciale di approvazione. In tal senso gli stessi rilevano che la Provincia non ha dato conto delle ragioni in base alle quali fu disattesa la proposta del Commissario volta ad accogliere le osservazioni dei proprietari.

Anche questo rilievo va respinto.

In primo luogo deve ricordarsi che le osservazioni dei proprietari al P.R.G., secondo costante giurisprudenza, non costituiscono un vero e proprio rimedio giuridico a tutela degli interessati, bensì essenzialmente forme di collaborazione per la redazione dello strumento urbanistico: ne consegue che l’Amministrazione deliberante non è obbligata a confutarle in modo analitico, essendo sufficiente che risulti dagli atti – come indubitabilmente nel caso in controversia - l’avvenuto esame delle stesse.

Tanto chiarito in linea generale, deve poi comunque osservarsi che i rilievi degli appellanti non trovano riscontro nei pertinenti atti istruttori.

Dall’esame di tali atti si evince invero assai chiaramente che la Provincia è andata in contrario avviso rispetto alla proposta del Commissario in quanto ha ritenuto che il nuovo P.R.G. – come esaurientemente chiarito dai tecnici progettisti – sarebbe stato stravolto nel suo impianto complessivo in caso di accoglimento delle richieste dei privati proprietari, tutte intese ad un più che significativo incremento delle aree edificabili a danno di quelle destinate a verde agricolo o standard pubblici.

Con il secondo motivo gli appellanti tornano a dedurre che il piano è stato illegittimamente adottato senza la previa acquisizione del parere antisimico previsto dall’art. 13 della legge n. 64 del 1974.

Anche questo mezzo è infondato.

Il citato art. 13 della legge statale n. 64 del 1974 prevede in effetti che, nei comuni classificati a rischio sismico, la formazione del piano regolatore deve essere preceduta dal parere delle sezioni a competenza statale degli uffici del genio civile sugli strumenti urbanistici.

Peraltro in Campania l’art. 15 comma primo della legge regionale n. 9 del 1983 – recante norme per l’esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del territorio dal rischio sismico – prevede che “ Il parere dell'Organo tecnico consultivo sugli strumenti urbanistici dei Comuni dichiarati sismici sostituisce quello di cui al primo comma dell'articolo 13 della L. n. 64 del 1974.”.

Nel caso in esame è incontestato che la sezione provinciale del C.T.R. ha esaminato tutti gli elaborati tecnici allegati dal comune a corredo del piano ed ha espresso parere favorevole nella seduta del 19 giugno 1991, e dunque in epoca antecedente alla approvazione del piano stesso da parte della Provincia.

La pertinente normativa regionale risulta dunque coerentemente rispettata.

Inammissibile è infine il rilievo mediante il quale gli appellanti censurano la sentenza impugnata nel capo portante la loro condanna alle spese del giudizio di primo grado.

Al riguardo, infatti, è il caso di ricordare che per giurisprudenza consolidata della Sezione le statuizioni del giudice di primo grado in ordine alla condanna della parte soccombente alla rifusione delle spese e degli onorari del giudizio sono di per sé ampiamente discrezionali, espressione di regole di equità e convenienza, il che ne comporta l'insindacabilità in appello.

Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello va pertanto respinto.

Le spese di questo grado del giudizio possono essere compensate, tenuto conto dell’affidamento ingenerato nei proprietari dalla delibera favorevole del commissario comunale.

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