Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2011-07-15, n. 201104304
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N. 04304/2011REG.PROV.COLL.
N. 02127/2002 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2127 del 2002, proposto da:
Comune di Mercogliano, rappresentato e difeso dall'avv. A B, con domicilio eletto presso Giuseppe Mazzitelli in Roma, via Eudo Giulioli, 47/B/17;
contro
Tubisud Trading S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. G M, con domicilio eletto presso G M in Roma, viale Angelico 38;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE V n. 05475/2001, resa tra le parti, concernente ESPROPRIAZIONE TERRENO PER REALIZZAZIONE LAVORI PUBBLICI.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 aprile 2011 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Bice Pasqualone in sostituzione di A B e G M;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con l’appello in esame, il Comune di Mercogliano impugna la sentenza 17 dicembre 2001 n. 5475, con la quale il TAR Campania, sede di Napoli, accogliendo il ricorso proposto dalla società Tubisud Trading s.r.l., ha annullato le delibere della Giunta Comunale di Mercogliano 10 luglio 2001 nn. 224 e 225, nonché la delibera 14 luglio 2000 n. 369, di approvazione del progetto preliminare, il decreto dirigenziale di occupazione di urgenza 1 agosto 2001 e l’avviso 9 aprile 2001, di comunicazione dell’avvio della procedura espropriativa.
Oggetto della controversia è l’espropriazione di un’area di proprietà della società appellata, da destinare alla realizzazione di un parcheggio pubblico.
La sentenza appellata ha affermato:
- gli atti ablatori sono “stati adottati in carenza del necessario vincolo preordinato all’esproprio”, poiché “il termine quinquennale di efficacia del vincolo originario – previsto dal PRG approvato nel 1989 – era scaduto”;né l’amministrazione ha fornito prova della reiterazione del vincolo, essendosi limitata a citare due delibere del Consiglio Comunale (nn. 36/95 e 50/95), senza nulla dire in ordine alla eventuale approvazione delle stesse;
- nessun rilievo può essere riconosciuto alla previsione contenuta nel PRG, poiché “il piano regolatore semplicemente adottato dal Comune, ma non ancora approvato dall’organo regionale, non può costituire valido presupposto per la destinazione di aree alla realizzazione di un’opera pubblica e, quindi, per i relativi provvedimenti di espropriazione e di occupazione di urgenza”;
- difetta, nel caso di specie, la previsione del termine iniziale dei lavori (pur prevedendosi il termine finale dell’espropriazione e dei lavori).
Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello:
a) erronea interpretazione e falsa applicazione dell’art. 1 l. n. 1/1978, in relazione all’art. 2 l. n. 1187/1968;eccesso di potere;illogicità manifesta;travisamento dei fatti;ciò in quanto con la delibera del Consiglio comunale di Mercogliano 18 ottobre 1995 n. 50, vistata dall’organo di controllo, si provvedeva a rettificare la precedente delibera di Giunta n. 36/95, avente ad oggetto “riproposizione vincoli decaduti di PRG”;inoltre, si “addiveniva all’approvazione della variante al PRG, che riconfermava vincoli riportati alle tavole nn. 9 e 13 del precedente PRG. In ogni caso, il vincolo (come quello in oggetto) “sorge solo quando l’opera è inserita nel programma triennale dei lavori pubblici previsto dall’art. 14 l. 11 febbraio 1994 n. 109 e decade soltanto in caso di mancata attuazione del programma medesimo”;
b) erronea interpretazione e falsa applicazione dell’art. 13 l. n. 2359/1865, in rel. all’art. 1 l. n. 1/1978;poiché “la fissazione dei termini previsti per l’inizio e l’ultimazione dei lavori . . . non è necessario quando l’ambito temporale per l’effettuazione dei lavori sia stabilito dalla legge”;nel caso di specie, la delibera n. 225/2001 prevede che “per l’acquisizione delle area interessata all’intervento si procederà mediante procedura espropriativa nei termini di legge”, e pertanto occorre fare riferimento all’art. 1 l. n. 1/1978. In ogni caso, al termine iniziale occorre riconoscere solo “natura ordinatoria ed acceleratoria”.
Si è costituita in giudizio l’appellata Tubisud Trading s.r.l., che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza. Ha comunque riproposto i motivi di ricorso proposti in I grado e ritenuti assorbiti dal TAR:
a) violazione e falsa applicazione art. 7 l. n. 1150/1942;violazione delle prescrizioni del PRG vigente: eccesso di potere per presupposto erroneo;poiché l’opera “non è prevista nello strumento urbanistico generale né, per di più, è compatibile con esso”, in quanto l’area è destinata a verde pubblico, mentre il progetto prevede la realizzazione di un parcheggio;
b) violazione e falsa applicazione art. 14 l. n. 109/1994;art. 1 l. n. 1/1978;art. 34 d.lgs. n. 267/2000 (già art. 27 l. n. 142/1990);incompetenza;violazione del giusto procedimento di legge;poiché il progetto preliminare doveva essere approvato con delibera del Consiglio comunale, e non della Giunta comunale;
c) violazione e falsa applicazione art. 7 l. n. 241/1990;in ogni caso la previsione del vincolo preordinato all’esproprio (ove ritenuto sussistente) non è stata preceduta dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento;
d) violazione art. 7 l. n. 2431/1990 e dell’art. 14 l. n. 109/1994;violazione del giusto procedimento di legge;poiché l’opera, in quanto non conforme al PRG, non poteva essere inserita nel piano annuale dei lavori pubblici;
e) violazione e falsa applicazione art. 14 l. n. 109/1994, poiché “le delibere di approvazione dello schema di programma triennale e dell’elenco annuale sono illegittime perché non è stato rispettato il termine di pubblicazione delle rispettive delibere di adozione”;
f) violazione e falsa applicazione degli artt. 146 e 151 d. lgs. n. 490/1999, poiché non è stato mai rilasciato il nulla osta, essendo la zona dove è prevista la realizzazione dell’opera, sottoposta a vincolo paesaggistico;
g) violazione del combinato disposto artt. 52 e 18 l. reg. n. 51/1978, poiché, eccedendo il valore dell’opera realizzanda i 500 milioni di lire, avrebbe dovuto essere chiesto il parere della Sezione tecnica provinciale;
h) eccesso di potere per difetto di motivazione;illogicità: difetto di istruttoria;poiché il Comune di Mercogliano avrebbe potuto acquisire l’area in oggetto allorché offertagli in prelazione dall’amministrazione del Demanio;
i) violazione art. 1 l. n. 1/1978;violazione art. 22 l. reg. Campania n. 51/1978, non essendo stata rispettata la “preventiva e necessaria procedura di conformazione”, conseguente alla non conformità dell’opera al PRG.
All’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto.
La sentenza appellata fonda l’accoglimento dei ricorsi proposti in primo grado ed il conseguente annullamento degli atti impugnati su due ragioni: a) la mancata reiterazione dei vincoli preordinati all’esproprio, in relazione all’area di proprietà dell’appellata;b) la mancata indicazione, in violazione dell’art. 13 l. n. 2359/1865, dei termini iniziali dei lavori.
Quanto al primo aspetto, come è noto, la vicenda dei vincoli preordinati all’espropriazione, contenuti nel piano regolatore generale ovvero in altri strumenti urbanistici prende le mosse dalla sentenza con la quale la Corte Costituzionale riconobbe illegittima la disciplina recata dalla legge urbanistica (l. 17 agosto 1942 n. 1150), che prevedeva la possibilità di imporre alla proprietà privata, in sede di pianificazione, vincoli preordinati all' espropriazione, senza alcun limite temporale e senza indennizzo ( Corte Cost., 29 maggio 1968 n. 55).
A seguito di tale decisione, il legislatore intervenne con la legge 19 novembre 1968 n. 1187, il cui art. 2 ha provveduto a fissare in cinque anni il periodo entro cui detti vincoli devono, a pena di decadenza, tradursi in piani esecutivi o, comunque, deve avviarsi in modo certo il procedimento espropriativo.
Secondo la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (sez. V, 3 gennaio 2001 n. 3;sez. IV, 17 aprile 2003 n. 2015 e 22 giugno 2004 n. 4426), costituiscono vincoli soggetti a decadenza solo quelli preordinati all’espropriazione o che comportino l’inedificazione, e che dunque svuotino il contenuto del diritto di proprietà incidendo sul godimento del bene, tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, ovvero diminuendone in modo significativo il suo valore di scambio.
La decadenza del vincolo non esclude che l’amministrazione, mediante il ricorso al procedimento per l’adozione delle varianti agli strumenti urbanistici, possa reiterare i vincoli preordinati all’espropriazione, fornendo congrua motivazione in ordine alla persistenza delle ragioni di interesse pubblico che sorreggono la predetta reiterazione (Cons. Stato, sez. IV, 24 settembre 1997 n. 1013 e 22 giugno 2004 n. 4397), così da escludere un contenuto vessatorio o comunque ingiusto dei relativi atti.
Si è, in particolare, affermato quanto all'adeguatezza della motivazione, che, se in linea di principio può ritenersi giustificato il richiamo alle originarie valutazioni, di fronte ad una prima reiterazione, quando il rinnovato vincolo sia a sua volta decaduto, è necessario che la motivazione dimostri che l'autorità amministrativa abbia provveduto ad una ponderata valutazione degli interessi coinvolti, esponendo le ragioni (riguardanti il rispetto degli standard, le esigenze della spesa, specifici accadimenti riguardanti le precedenti fasi procedimentali) che inducano ad escludere profili di eccesso di potere e ad ammetterne l'attuale sussistenza dell'interesse pubblico (Cons. Stato, sez. IV, 2 ottobre 2008 n. 4765).
La Corte Costituzionale (sent. 20 maggio 1999 n. 179, indirizzo successivamente riconfermato con sent. 18 dicembre 2001 n. 411) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 7, numeri 2, 3 e 4, e 40 l. n. 1150/1942 e 2, primo comma, della legge n. 1187/1968 “nella parte in cui consente alla “amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti, preordinati all’espropriazione o che comportino l’inedificabilità, senza la previsione di indennizzo”.
Secondo la Corte, “la reiterazione in via amministrativa dei vincoli decaduti (preordinati all’espropriazione o con carattere sostanzialmente espropriativo) . . . non sono fenomeni di per sé inammissibili dal punto di vista costituzionale”, ma tale fenomeno assume aspetti patologici allorché vi sia una indefinita reiterazione dei vincoli o una loro proroga sine die, o quando il limite temporale sia indeterminato.
In presenza delle suddette situazioni patologiche, sorge obbligo di indennizzo che “opera una volta superato il periodo di durata (tollerabile) fissato dalla legge (periodo di franchigia)”. In altre parole, la permanenza del vincolo oltre i termini previsti, e senza alcun inizio serio dell’espropriazione, “non può essere dissociato . . . dalla previsione di un indennizzo”.
In definitiva, perché possa procedersi ad espropriazione per pubblica utilità di un suolo da destinare alla realizzazione di un’opera pubblica, occorre che lo stesso sia assoggettato ad un vincolo preordinato all’esproprio, che il vincolo stesso sia efficace (sussistendo l’obbligo del Comune di reintegrare la disciplina urbanistica, dopo la decadenza del vincolo: Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2010 n. 7493;12 ottobre 2010 n. 7442;14 febbraio 2005 n. 432), e che – una volta che si intenda procedere alla sua reiterazione - venga esplicitata la persistenza dell’interesse pubblico e l’obbligo di indennizzo.
Nel caso di specie, il Comune di Mercogliano ritiene di avere proceduto alla reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio per il tramite di due delibere (la prima di Giunta, la seconda di Consiglio comunale), per le quali, secondo il giudice di I grado, non è stata offerta prova della “efficace rinnovazione” dei vincoli, con particolare riguardo alla “approvazione” delle delibere stesse.
Né tale prova risulta nel presente giudizio di appello, posto che il Comune di Mercogliano si limita ad osservare che la seconda delle delibere citate è stata “regolarmente vistata dall’organo di controllo”.
Ciò senza tener conto delle considerazioni (che pure risultano riproposte dall’appellata) circa la violazione degli obblighi di partecipazione dell’interessato al procedimento volto alla reiterazione del vincolo, oltre alla necessità di previsione dell’indennizzo ed alla intervenuta inefficacia del vincolo medesimo (per decorso del quinquennio), anche a volerne ritenere intervenuta la reiterazione.
Quanto al secondo aspetto, relativo alla omessa indicazione dei termini di inizio dei lavori, occorre ricordare che il previgente art. 13 l. n. 2359/1865, prevedeva che “nell'atto che si dichiara un'opera di pubblica utilità saranno stabiliti i termini, entro i quali dovranno cominciarsi e compiersi le espropriazioni ed i lavori” (primo comma).
Correttamente la sentenza appellata ha quindi rilevato un aspetto di illegittimità degli atti impugnati, derivante dalla omessa fissazione del termine iniziale dei lavori.
Ed infatti, se è senza dubbio vero che i termini di inizio dell’espropriazione e dei lavori hanno natura ed effetti diversi rispetto ai termini di conclusione (Cons. Stato, sez. IV, 15 gennaio 2009 n. 153), poiché solo la scadenza del termine finale per la realizzazione dell'opera determina il venire meno del potere espropriativo, nondimeno la loro indicazione, ai sensi dell’art. 13 l. n. 2359/1865, deve intendersi come obbligatoria (comportando l’omissione l’illegittimità degli atti del procedimento espropriativo) e deve avvenire con il primo atto con il quale si manifesta in concreto l’intenzione di esercitare i poteri espropriativi (Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2007 n. 2999).
Per le ragioni sin qui esposte, l’appello è infondato, e deve essere pertanto respinto, con conseguente conferma della sentenza appellata (esimendosi pertanto il Collegio dall’esame dei motivi dichiarati assorbiti da detta sentenza e riproposti dall’appellata con la memoria di costituzione).
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.