Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-03-26, n. 201201767

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-03-26, n. 201201767
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201201767
Data del deposito : 26 marzo 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08343/2011 REG.RIC.

N. 01767/2012REG.PROV.COLL.

N. 08343/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello n. 8343 del 2011, proposto da Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;

contro

F M, rappresentato e difeso dall’avv. F S, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultima in Roma, via Giosuè Borsi n. 4, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;

nei confronti di

F P, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, n. 6742 del 19 luglio 2011, redatta in forma semplificata.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di F M;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2012 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati F S e l’avvocato dello Stato Daniela Giacobbe;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 8343 del 2011, il Ministero dell’economia e delle finanze propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, n. 6742 del 19 luglio 2011, con la quale è stato accolto il ricorso proposto da F M per l'annullamento del provvedimento di non idoneità psico-fisica al concorso per l'ammissione di 952 allievi finanzieri nel Corpo della Guardia di Finanza, in data 14.01.2011.

Dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva impugnato il provvedimento di esclusione dal concorso per l’ammissione di 952 allievi finanzieri della Guardia di finanza indetto con determinazione n. 174313 del 10 giugno 2010, provvedimento dato in ragione di un esito a lui sfavorevole della visita di idoneità fisica, a causa di una riscontrata “Lieve ipertransaminasemia in soggetto con steatosi epatica eco graficamente accertata”.

Il T.A.R., dopo aver constatato che in atti era stata depositata una perizia medica con la quale si contestavano i presupposti dell’esclusione, disponeva una verificazione medica presso l’Ospedale Policlinico militare del Celio con ordinanza n. 3535 del 2011, che aveva esito favorevole per l’odierno ricorrente, avendo quel Collegio medico evidenziato l’assenza di patologia esimente in atto, con riguardo alle disposizioni del bando (cfr. la relazione medica del Policlinico Militare depositata).

Sulla base di tale riscontro, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata, emessa in forma semplificata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le doglianze, facendo riferimento alla citata verificazione medica, come elemento inficiante gli accertamenti condotti dall’amministrazione militare.

Contestando le statuizioni del primo giudice, il Ministero appellante evidenzia la correttezza dell’operato dell’amministrazione, in relazione alla rispondenza degli accertamenti svolti alle prescrizioni normative vigenti ed alla rilevanza del fattore temporale nella regressione del quadro clinico dell’interessato.

Nel giudizio di appello, si è costituito F M, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 15 novembre 2011, l’istanza cautelare veniva accolta con ordinanza n. 8343/2011.

All’udienza del 21 febbraio 2012, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.

2. - In via preliminare, occorre rilevare l’infondatezza dell’eccezione di tardività dell’appello come proposta dalla difesa della parte appellata. Rileva l’appellato come, a seguito della notifica della sentenza di primo grado al Ministero, perfezionatasi in data 20 ottobre 2011, il ricorso in appello gli sia pervenuto solamente in data 23 dicembre 2011, e quindi oltre il termine di giorni sessanta, normativamente previsto.

Evidenzia, in verità, come l’appello sia stato passato per la notifica da parte dell’Avvocatura dello Stato in data 14 ottobre 2011, come evincibile dall’attestazione del’Ufficio notifiche esecuzioni e protesti – sezione notificazioni civili, presso la Corte d’Appello di Roma, dove si legge anche come per mero errore non sia stato inviato all’appellato, ma sottolinea come anche tale elemento sia idoneo unicamente a valutare le eventuali responsabilità in merito all’accaduto e non certamente a salvare la regolarità della notifica, comunque tardiva, e neppure ad accedere ad una valutazione di scusabilità dell’errore.

2.1. - La censura non può essere accolta.

Partendo dalla disamina dell’eventuale errore occorso e della sua scusabilità, va rimarcato come, anche prima del riconoscimento dell’istituto nell’ambito del codice del processo amministrativo nell’ampiezza di formulazione dell’art. 37, questo Consiglio aveva già individuato la valenza generale di tale principio, evidenziando come "la scusabilità dell'errore si configura istituto di carattere generale e la sua applicazione non va limitata ai soli casi di tardiva notifica o di non corretta individuazione dei controinteressati, ma comprende una più vasta area di fattispecie che per la peculiarità e novità della questione oggetto del contendere, per la complessità del quadro normativo riferito anche alle competenze degli organi nella materia, per oscillazioni di giurisprudenza ecc. si configurano idonee ad introdurre menomazioni e maggiore difficoltà nell'esercizio dei diritti di difesa" (Consiglio di Stato, sez. VI, 22 maggio 2007, n. 2596). Da tale generalità discendeva, tra l’altro, anche la sua possibile concessione in appello, anche ex officio “l’errore scusabile - disciplinato dall'art. 34 t.u. Cons. St., e dall'art. 34 l. Tar, che pure ha carattere generale - è applicabile anche d'ufficio nel corso del giudizio di appello” (Consiglio di Stato, sez. VI, 10 settembre 2008, n. 4308).

Riportando l’applicazione di tale principio alle ipotesi in cui fossero intervenute lacune nel procedimento notificatorio, si è potuto affermare che “gli errori di rito nella notificazione del ricorso giurisdizionale, ove siano imputabili agli organi pubblici dei quali la parte è tenuta ad avvalersi, non possono incidere sul diritto costituzionalmente garantito alla tutela giurisdizionale, e, ove la notificazione irregolare non abbia raggiunto il suo scopo, è ben configurabile un'ipotesi di errore scusabile con conseguente riammissione in termini per la rinnovazione della notificazione” (Consiglio di Stato, sez. VI, 05 aprile 2007, n. 1549), con la precisazione, dovuta alla sentenza dell'Adunanza Plenaria del 14 febbraio 2001 n. 1, che la remissione in termini in caso di tardività della notifica per errori imputabili agli organi pubblici si applica esclusivamente, non essendo ammessa nel caso di notifica a mezzo posta, all'ipotesi di notificazioni eseguite direttamente dall'ufficiale giudiziario o dal messo notificatore, con le forme ordinarie di cui agli art. 137 e ss. c.p.c..

L’ampia valenza di tale istituto va quindi raccordata con l'orientamento espresso dalla Consulta in tema di differenziato momento di perfezionamento della notifica in rapporto alla posizione del notificante rispetto a quella del destinatario (Corte costituzionale, 26 novembre 2002, n. 477) per cui il ricorrente non può essere pregiudicato dall'errore in cui eventualmente incorre l'ufficiale giudiziario.

Ne deriva che, nel caso in specie, la notifica operata dall’Avvocatura erariale, che ha correttamente inoltrato all’Ufficio notifiche il ricorso nei termini di legge ed ha anche provveduto ad una nuova notificazione in data 22 dicembre 2011, consente di ritenere applicabile la disciplina dell’errore scusabile, dovuto a fatto dell’ufficiale giudiziario, e ritenere correttamente integrato il contraddittorio in questa sede.

3. - Con un unico motivo di diritto, il Ministero appellante evidenzia error in iudicando per attendibilità del procedimento tecnico seguito e corretta applicazione del disciplinare di riferimento;
irripetibilità del giudizio a fronte del decorso del tempo e della regressione della patologia riscontrata. La difesa erariale, evidenziata la correttezza dello svolgimento della procedura di valutazione, sulla scorta della regolamentazione vigente, sottolinea come la verifica operata dal T.A.R., e sulla quale si è esclusivamente fondata la pronuncia favorevole in primo grado, abbia, di fatto, violato il canone di irripetibilità degli accertamenti medico – legali finalizzati all’arruolamento, consentendo all’appellato di giovarsi di un ulteriore termine per far regredire la patologia di cui era affetto.

3.1. - La doglianza è fondata e va accolta.

La questione sottoposta all’esame della Sezione passa attraverso una disamina più precisa ed analitica dei contenuti giuridici degli atti delle procedure selettive per l’arruolamento del personale delle forze armate e dei corpi di polizia, al fine di evidenziare gli strumenti utilizzabili a tutela dei candidati e i conseguenti poteri del giudice amministrativo.

Ritiene la Sezione che la scelta del T.A.R. di procedere sic et simpliciter tramite verifica alla valutazione dell’esistenza dei requisiti fisici per l’arruolamento contrasti con il regime normativo vigente e rappresenti un superamento dei limiti connessi alla domanda proposta in primo grado.

Corre in primo luogo l’obbligo di evidenziare come l’attività delle commissioni mediche presenti, dal punto di vista giuridico, due profili diversi, anche se spesso commisti: da un lato, vi è un’attività di acquisizione di fatti, il cui svolgimento è documentato tramite la verbalizzazione delle attività condotte;
dall’altro, l’espressione di un giudizio sulla base degli elementi acquisiti al procedimento, secondo canoni ordinariamente ricondotti al tema della discrezionalità tecnica. Si tratta quindi di due modi procedimentali, talvolta così collegate da non essere nemmeno distinguibili, che concettualmente non solo rappresentano momenti giuridicamente distinti, ma sono sottoposte a discipline diverse. Ed, infatti, mentre il primo ordine di atti rientra nell’ambito dei procedimenti dichiarativi, con particolare rilevanza assegnata al momento della verbalizzazione delle attività compiute, il secondo è esplicazione di un giudizio valutativo dei fatti acquisiti al procedimento, ed è governato dalle regole di controllo sull’esercizio di quella che è comunemente chiamatae discrezionalità tecnica.

La differenza di regime emerge da una disamina della giurisprudenza più accorta.

La natura dichiarativa dei verbali redatti dalle commissioni di concorso, siano essie predisposti in occasioni di valutazioni inerenti alla disciplina del rapporto di pubblico impiego come pure in occasioni attinenti ai procedimenti di evidenza pubblica, è pacificamente riconosciuta dalla giurisprudenza in ragione della tipologia di attività documentate nell’atto ed alle conseguenze della sua verbalizzazione, soprattutto in funzione del regime probatorio ad esso connesso ed alla sua fidefacienza (sulla natura del verbale delle attività collegiali svolte dalle diverse commissioni, e sul loro valore probatorio pieno, fino a querela di falso, si veda, ad esempio, in relazione alla commissione di avanzamento degli ufficiali, Consiglio di Stato, sez. IV, 3 febbraio 2006 , n. 485;
in relazione alla commissione di gare nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica, Consiglio di Stato, sez. V, 16 giugno 2005, n. 3166;
in relazione alla commissione per concorso a cattedra universitaria, Consiglio di Stato, sez. VI, 03 luglio 1993 , n. 472;
e, più in generale, in relazione all’applicazione del rimedio della querela di falso per eventuali inesattezze od omissioni dei verbali delle sedute delle commissioni giudicatrici di pubblici concorsi, Consiglio di Stato, sez. IV, 2 dicembre 1980, n. 1133).

Ancora più attentamente, si è poi sottolineato, ricostruendo l’articolazione strutturale del procedimento in un modo che questo Collegio ritiene di fare proprio, che il verbale della commissione medica ospedaliera fa piena prova, sempre fatta salva la possibilità di querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, mentre non fa fede anche delle valutazioni compiute dal pubblico ufficiale sulla documentazione esaminata e, quindi, non esclude la possibilità di errori commessi in tale valutazione. Ciò implica che la sempre possibile contestazione della legittimità del giudizio formulato dalla commissione non può essere di per sé estesa agli accadimenti rappresentati nel verbale, che sono invece garantiti da una forma particolare di risalto probatorio (Consiglio di Stato, sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 8070).

Esistono ovviamente casi in cui è difficile separare, fattualmente e cronologicamente, i due diversi momenti (si pensi, ad esempio, alle misurazioni dei dati antropometrici) ed in questi frangenti è arduo (e non è compito della Sezione in relazione al giudizio attuale) stabilire se debba prevalere il momento dichiarativo, favorevole alla parte pubblica ed assistito dalla tutela della fidefacienza, o quello valutativo, sottoposto alle regole della discrezionalità tecnica e quindi di più agevole contestazione per la parte privata.

Tuttavia, qualora i due momenti siano agevolmente separabili, come è avvenuto in questo processo, che ha visto una fase di acquisizione di fatti (data dall’avvenuto prelievo di materiale ematico e dalla sua sottoposizione agli esami previsti nel protocollo dell’amministrazione) ed una fase successiva di giudizio sui risultati così ottenuti (che ha portato all’emissione del giudizio finale di inidoneità del candidato), va decisamente negata la possibilità di sovrapporre le diverse discipline e di utilizzare promiscuamente strumenti di tutela non confacenti alle situazioni giuridiche oggetto di tutela.

Il caso in scrutinio, con la separazione secca tra le due diverse attività procedimentali, era quindi del tutto inidoneo a giustificare la verificazione disposta dal T.A.R., nelle modalità concrete con cui si è svolta. Nel dettaglio, non essendovi stata alcuna impugnativa tramite querela di falso, il procedimento non era censurato dal punto di vista dello svolgimento delle operazioni, come documentate dagli atti dell’amministrazione. Per cui, dovendosi ritenere non inciso dal ricorso il profilo dichiarativo, non vi erano margini per disporre una nuova acquisizione fattuale.

Per altro verso, l’acquisizione ex novo, che in concreto ha permesso al ricorrente di giovarsi di un ulteriore periodo di tempo per porre rimedio alla sua patologia, viene a porsi in contrasto non solo con le previsioni esplicite di bando, che disponeva che l’accertamento dei requisiti dovesse aver luogo “in ragione delle condizioni del soggetto al momento della visita”, ma anche con il più generale principio di parità tra i concorrenti. E, infatti, i requisiti psico fisici richiesti dai bandi devono essere posseduti dai candidati unicamente al momento in cui vengono sottoposti a visita medica, giacché la legittimità dei provvedimenti amministrativi deve essere apprezzata avuto riguardo allo stato di fatto e di diritto presente al momento dell’adozione del provvedimento stesso (in termini, Consiglio di Stato, sez. IV, 22 dicembre 2007, n. 6603 e la giurisprudenza ivi citata).

In questo senso, una nuova acquisizione di fatti (in questo caso, un nuovo prelievo ematico) si sarebbe potuto giustificare solo sulla base di una contestazione vittoriosa sulle con riguardo alle modalità di accertamento e non certo attaccando unicamente gli esiti del giudizio. In questo ultimo caso, si poteva al massimo procedere ad una nuova rivalutazione dei risultati emersi, secondo un meccanismo consolidato in relazione ad altri tipi di prove d’esame non ripetibili (si pensi ad esempio alla ricorrezione degli elaborati scritti nelle prove di esame), ossia dando vita unicamente ad un ulteriore giudizio, fatti salvi i dati già appartenenti al procedimento.

Deve quindi ritenersi che la verificazione disposta dal T.A.R. non potesse essere ordinata, stante la tipologia di domande proposte nel processo e le acquisizioni probatorie allegate, che si fondavano su un giudizio diverso, espresso dalla ASL di Matera in data successiva a quella degli accertamenti compiuti dall’amministrazione.

Conseguentemente, la sentenza va annullata, essendo stata emessa sulla base di una prova illegittimamente acquisita ed in violazione del principio della parità dei concorrenti.

4. - L’appello va quindi accolto. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla parziale novità della questione decisa.

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