Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-03-11, n. 201901634

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-03-11, n. 201901634
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201901634
Data del deposito : 11 marzo 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/03/2019

N. 01634/2019REG.PROV.COLL.

N. 06476/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6476 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'Avvocato S L, con domicilio digitale come da PEC indicata in atti;

contro

Ministero della Salute, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, e presso la stessa domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a., finalizzato alla dichiarazione di illegittimità del silenzio del Ministero della Salute sulla domanda di accesso alla transazione per risarcimento danni, validata in via definitiva in data 15 gennaio 2010(domanda n. -OMISSIS-, Prot. n. -OMISSIS-), nonché all’accertamento dell’obbligo di provvedere in relazione alla medesima domanda, mediante l'adozione di un provvedimento espresso e, sin d'ora, per la contestuale nomina di un commissario ad acta che, in caso di perdurante inadempienza del Ministero della Salute, provveda senza ulteriore ritardo;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Salute;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 febbraio 2019 il Cons. Solveig Cogliani e uditi per le parti l’Avvocato Amalia Re su delega dell’Avvocato S L e l'Avvocato dello Stato Maria Vittoria Lumetti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I - La sig. -OMISSIS-, appellante, in qualità di erede del sig. -OMISSIS- – già attore in sede civile contro il Ministero della salute per il risarcimento dei danni subiti a seguito di terapia trasfusionale – chiedeva al Ministero della Salute, con apposita istanza del 15 gennaio 2010, di aderire alla procedura per la definizione transattiva delle controversie pendenti ai sensi delle leggi n. 222 e 244 del 2007. Evidenziava l’appellante – già in primo grado, in punto di fatto – che il de cuius , in quanto affetto da thalassemia major, era stato sottoposto a terapia trasfusionale e, purtroppo aveva contratto epatite cronica HCV positiva;
di seguito, dunque, aveva agito giudizialmente in sede civile contro il Ministero della Salute per il risarcimento dei danni subiti.

Successivamente, la Sig.ra -OMISSIS-, in qualità di erede, essendo il -OMISSIS- deceduto, manifestava al Ministero della Salute l’intenzione di aderire alla procedura per la definizione transattiva delle controversie pendenti ai sensi e per gli effetti delle leggi n. 222 e 244 del 2007.

La domanda di adesione alla suddetta procedura era validata in via definitiva il 15 gennaio2010 e la richiesta di integrazioni istruttorie avanzata dal Ministero era regolarmente evasa con comunicazione pec del 12 ottobre 2010 (come documentato nel fascicolo di parte nel primo grado di giudizio).

Nonostante la diffida inviata dalla parte appellante per riattivare e/o concludere il procedimento amministrativo nel termine di 90 giorni, l’Amministrazione, rimaneva inerte.

La ricorrente e odierna appellante, decideva quindi di agire avverso il silenzio dell’Amministrazione ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a., innanzi al Tribunale amministrativo regionale per Lombardia – sede di Milano, che, tuttavia, con l’ordinanza n. -OMISSIS-, declinava la sua competenza in favore del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – sede di Roma.

La causa veniva, quindi, riassunta innanzi al nuovo giudice competente che, tuttavia, con la sentenza appellata dichiarava inammissibile il ricorso in quanto “ risulta inequivocabilmente diretto non ad accertare l’esistenza in capo alla p.a. dell’obbligo di adottare un provvedimento autoritativo e unilaterale a consistenza tipicamente amministrativa, quanto piuttosto a concludere una vera e propria transazione, il cui spessore negoziale, assieme alla conseguente portata paritetica, emerge già chiaramente dalla definizione in termini di “contratto” rinvenibile nel codice civile art. 1965 ”.

Avverso tale sentenza, l’appellante ha proposto i motivi di gravame di seguito riportati.

1 - Travisamento e/o erronea valutazione dei presupposti, dei fatti e dello scopo della domanda in quanto quest’ultima non sarebbe affatto diretta a concludere l’accordo transattivo con il Ministero, bensì sarebbe soltanto finalizzata a sollecitare la medesima P.A. a fornire, tramite l’esercizio del potere regolamentare che gli è proprio, i criteri generali per la successiva stipula delle transazioni. In particolare, la normativa, complessivamente vista e sinteticamente richiamata, vede in capo alla P.A. un vero e proprio dovere di esperire un procedimento amministrativo ad evidenza pubblica diretto a: a) individuare i soggetti a cui il Ministero della Salute deve proporre gli schemi transattivi tra coloro che hanno presentato le domande di adesione alle “transazioni”;
b) verificare il possesso dei requisiti in capo ad essi;
c) determinare l’importo oggetto della “transazione” da proporre e stipulare successivamente. Si tratterebbe, a ben vedere e a tutti gli effetti, di un procedimento ad evidenza pubblica, che costituisce il presupposto per la successiva stipula di un accordo transattivo, nel caso in cui il soggetto intenzionato ad aderire alla procedura accetti lo schema di accordo transattivo proposto.

2 - Violazione e/o erronea applicazione e/o erronea interpretazione delle norme di legge e dei principi nazionali e/o sovranazionali, in quanto l’inammissibilità del ricorso determinerebbe un vuoto di tutela per il cittadino interessato al provvedimento favorevole della P.A.

L’appellante, dunque, insiste per l’accertamento dell’illegittimità del silenzio illegittimamente serbato dal Ministero della salute sulla domanda di adesione alla procedura transattiva validata in via definitiva in data 15 gennaio 2010 e, per la conseguente condanna del predetto Ministero a provvedere in ordine alla suddetta istanza e di concludere il procedimento con un provvedimento espresso nominando, fin da ora, un commissario ad acta che provveda in via sostitutiva a spese dell’Amministrazione decorso l’ulteriore termine per adempiere, comunque non superiore a 30 giorni, con riserva di successiva separata azione per il risarcimento del danno subito in conseguenza dell’inosservanza dolosa e/o colposa del termine di conclusione del procedimento e con ogni conseguente pronuncia, anche in ordine alle spese del giudizio per tutti i gradi del giudizio, da distrarsi in favore del procurato anticipatario.

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio con memoria in rito.

All’udienza del 28 febbraio 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

II - L’appello, alla stregua dei diversi precedenti formatisi in casi totalmente analoghi (cfr. Cons. St., Sezione III, n. 3512 dell’11 giugno 2018, nonché Cons. St., sez. III, n. 3858 del 22 giugno 2018) deve ritenersi fondato.

La stessa Suprema Corte di Cassazione ha affermato, del resto, che: “in tema di danni da emotrasfusione, il rifiuto opposto dalla P.A. all’istanza di transazione del danneggiato non incide sul diritto soggettivo al risarcimento, ma sull’interesse all’osservanza della normativa secondaria concernente la procedura transattiva…” (Cass., Sezioni Unite, 3 febbraio 2016, ord. n. 2050 nonché, più di recente, Cassazione civ., sez. un., 21 febbraio 2018, ord. n. 4233).

Quanto affermato, trova applicazione anche nel caso di specie, in quanto, l’appellante, dolendosi dell’inerzia dell’amministrazione relativa all’istanza presentata, fa valere una situazione che si configura quale interesse legittimo alla corretta conclusione della procedura, con la conseguente possibilità di esperire anche l’azione prevista dagli artt. 31 e 117 c.p.a. .

La normativa legislativa e regolamentare in materia (leggi n. 222 e 244 del 2007, nonché d.m. 28 aprile 2009 n. 132 e d.m. 4 maggio 2012), infatti, nel momento in cui determina le modalità attuative per la stipulazione degli atti di transazione con l’individuazione dei presupposti per la stipulazione e dei criteri di valutazione delle diverse fattispecie e nel momento in cui prevede dei termini per la presentazione delle domande nonché la modulistica e la documentazione da allegarsi, disciplina un’attività di tipo pubblicistico con conseguente applicabilità delle previsioni in materia di termine del procedimento e silenzio previste dalla l. n. 241 del 1990 e dal codice del processo amministrativo.

Per quanto fin qui esposto, ne consegue in definitiva che bisogna mantenere distinti due profili: da un lato, l’adesione o meno dell’Amministrazione alla transazione sulla quale non sussiste alcun obbligo giuridico, dall’altro, la risposta che l’Amministrazione, invece, è tenuta a dare a seguito di un procedimento avviato dalla parte in capo alla quale sussiste un interesse legittimo al rispetto del procedimento amministrativo (cfr. T.A.R. per la Lombardia, sede di Milano, 30 maggio 2018, n. 1371).

Quanto detto comporta pertanto l’accoglimento dei motivi di ricorso e la riforma della pronunzia di inammissibilità de primo giudice, dovendo affermarsi, invece, la sussistenza – nella specie - della condizione per l’esperimento dell’azione avverso l’inerzia della P.A..

Del resto, come è stato affermato costantemente da questo Consiglio, non si vede quale tutela avrebbe il cittadino in casi di questo genere laddove l’Amministrazione continuasse a rimanere inerte senza emanare alcun tipo di provvedimento espresso.

III – Ciò posto, ritiene il Collegio, tuttavia, ad un’approfondita analisi della fattispecie, che non si verta qui nell’ipotesi disciplinata dall’art. 105, comma 1, c.p.a., ovvero di una decisione tesa a negare la giurisdizione del giudice adito, quanto piuttosto nell’ipotesi di una pronunzia di inammissibilità – come detto – per l’affermata (da parte del primo giudice) improponibilità della domanda, quanto alla riconducibilità della stessa alla fattispecie normativa di cui all’art. 117 c.p.a..

Deve rilevarsi, infatti, che, nella specie, la pronunzia del primo giudice si è attestata nel senso di negare che la domanda fosse diretta all’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione in un ambito caratterizzato da autoritatività, ritenendo che essa fosse invece relativa ad azionare la pretesa ultima al bene della vita, consistente nella conclusione del contratto transattivo.

Deve, pertanto, farsi applicazione del principio di diritto ribadito dall’Adunanza plenaria (da ultimo, con la sentenza 30 luglio 2018, n. 11), con cui si afferma il carattere tassativo delle ipotesi di annullamento con rinvio della sentenza di primo grado, tra le quali non rientra la erronea dichiarazione di irricevibilità, inammissibilità o improcedibilità del ricorso di primo grado, né la mancanza totale di pronuncia da parte del primo giudice su una delle domande del ricorrente.

IV - Tutto ciò premesso, deve procedersi all’esame della pretesa, procedendo alla verifica della sussistenza di un comportamento inerte della P.A..

A riguardo, non può che rilevarsi come, a fronte delle richieste inoltrate, non risulta che il Ministero della salute abbia mai concluso il procedimento amministrativo, dando una risposta definitiva, in termini di accoglimento o di rigetto della medesima, sulla base dei noti principi di chiarezza e di certezza dell’azione della P.A. puntualmente richiamati nella legge generale sul procedimento amministrativo.

Sostiene il Ministero – nelle difese svolte in primo grado - che il termine di conclusione del procedimento sarebbe fissato alla data del 31 dicembre 2017, ai sensi dell’art. 27 bis l. n. 114/2014.

Tale precisazione, lungi dall’eliminare l’illegittimità dell’inerzia della pubblica amministrazione, semmai, anzi evidenzia la tempestività dell’azione esperita con ricorso notificato dall’odierna appellante nel 2018.

Va, dunque, ritenuto che una simile inerzia della pubblica amministrazione, come affermato già da questo Consiglio, si rivela “ tanto più biasimevole, e meritevole di tutela anche nella forma dell’azione contro il silenzio, quanto più si consideri che la Corte europea dei diritti dell’uomo a più riprese – v., da ultimo, la sentenza del 14 gennaio 2016, ric. 68060/12, D.A. e autres c. Italia – ha stigmatizzato le disfunzioni sistemiche dell’ordinamento italiano nel risarcire i soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, emotrasfusioni ed emoderivati infetti (cfr. Cons. Stato, sez. III, 11 giugno 2018, n. 3512)”.

Alla luce di quanto esposto e precisato il presente ricorso merita dunque accoglimento, conseguendone l’ordine di provvedere espressamente sull’istanza dell’appellante.

In conclusione, si ritiene di ordinare all’intimata amministrazione statale di concludere il procedimento in esame nel termine di giorni 30 (trenta) dalla comunicazione/notificazione della presente sentenza.

In difetto si nomina sin da ora il Prefetto di Roma, con facoltà di delega, il quale provvederà in luogo dell’Amministrazione intimata in caso di infruttuoso scadere del termine di cui sopra.

Le spese del doppio grado di giudizio sono poste a carico dell’Amministrazione soccombente e vengono liquidate come da dispositivo, con distrazione delle stesse in favore del procuratore dichiaratosi anticipatario.

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