Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-03-28, n. 202303149

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-03-28, n. 202303149
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202303149
Data del deposito : 28 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/03/2023

N. 03149/2023REG.PROV.COLL.

N. 07433/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7433 del 2022, proposto dai sig.ri -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’avv. A G con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la regione Campania, sede di Napoli (sezione prima) -OMISSIS- del 26 agosto 2022, non notificata, resa tra le parti in esecuzione del giudicatosi formatosi sul decreto -OMISSIS- emesso dalla Corte d’Appello di Napoli ai sensi della legge 89 del 2001 (c.d. legge Pinto);


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti di causa;

Relatore nella camera di consiglio del 19 gennaio 2023, il Consigliere Giulia Ferrari e uditi gli avvocati presenti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO

1. Con quattro ricorsi proposti innanzi al Tar per la Campania sede di Napoli (-OMISSIS- del 2021), le parti appellanti hanno chiesto di ordinare al Ministero della giustizia l’esecuzione del decreto della Corte di appello di Napoli -OMISSIS-, emesso in applicazione della legge 89 del 2001.

2. Il Tribunale, con la sentenza -OMISSIS- del 2022, ha riunito i ricorsi, ha disposto le misure attuative del giudicato e ha condannato il Ministero alle spese e alle competenze dei giudizi riuniti, liquidate in “considerazione della linearità della controversia” in complessivi euro 300,00 oltre contributo e accessori di legge in favore del difensore dichiaratosi antistatario.

3. I ricorrenti in primo grado, hanno impugnato con appello notificato il 27 settembre 2022 e depositato il giorno successivo, la citata sentenza -OMISSIS- del 26 agosto 2022 per violazione di diverse disposizioni normative (art. 26 c.p.a.;
artt. 91, 92, 93 c.p.c. nonché art. 2233, co. 2 c.c.) e dei decreti ministeriali n. 55 del 2014 e n. 37 del 2018.

Nello specifico, le parti hanno dedotto l’incongruità e l’illogicità della statuizione sulle spese, avendo il primo giudice liquidato un importo estremamente esiguo (complessivi euro 300,00) rispetto al valore medio delle tariffe professionali previste dal decreto ministeriale n. 55 del 2014.

4. In data 9 novembre 2022, il Ministero appellato si è costituito in giudizio, senza espletare difese scritte.

5. All’udienza camerale del 19 gennaio 2023, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Ritiene il Collegio che l’appello sia fondato.

In via preliminare, si richiama la pacifica giurisprudenza di questo Consiglio per cui il Tribunale amministrativo regionale ha ampi poteri discrezionali in ordine alla statuizione sulle spese e, se del caso, al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali, ovvero per escluderla (Cons. Stato, Ad. Plen., 24 maggio 2007, n. 8), con il solo limite, in pratica, che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o disporre statuizioni abnormi (per tutte, Con. St., sez. IV, 9 ottobre 2019, n. 6887;
sez. IV, 8 ottobre 2019, n. 6797;
sez. IV, 23 settembre 2019, n. 6352;
sez. V, 28 ottobre 2015, n. 4936;
sez. III, 9 novembre 2016, 4655;
sez. IV, 3 novembre 2015, n. 5012;
sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 891;
sez. IV, 22 giugno 2004, n. 4471;
sez. IV, 27 settembre 1993, n. 798). Inoltre, in considerazione dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 77 del 2018, il giudice ben può tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto, tra cui possono avere rilievo la natura del credito insoddisfatto (ad esempio, la sua natura alimentare), la durata dell’inadempimento, la ricerca di soluzioni extragiudiziarie per evitare la pendenza del contenzioso, la mancata esecuzione di precedenti sentenze già rese in sede di esecuzione, le questioni di carattere organizzativo quando si tratti di giudizi sostanzialmente di carattere seriale, l’esistenza di un diffuso contenzioso in materia, l’assenza delle risorse nell’attuale congiuntura economica e la difficoltà di disporre tempestivamente delle risorse necessarie per disporre i pagamenti.

Il Tar può, pertanto, tenere conto del fatto che sia stata chiesta l’ottemperanza ad un giudicato basato sulla violazione della legge n. 89 del 2001, che notoriamente ha comportato l’insorgenza di un notevole contenzioso basato su ricorsi che per la loro semplicità possono essere presentati sulla base di schemi precostituiti, anche in assenza di particolari considerazioni di carattere giuridico.

Vale evidenziare che il Tar nel caso di accoglimento di un tale ricorso d’ottemperanza o di estinzione del giudizio per improcedibilità o per cessazione della materia del contendere - può quindi compensare le spese del giudizio, con una valutazione insindacabile in sede d’appello, che di per sé non incide sul diritto all’effettività della tutela giurisdizionale (poiché le regole sulla statuizione sulle spese coesistono con le altre regole, miranti alla effettività della tutela) e neppure incide sulla dignità e sul decoro della professione forense. La decisione sulle spese, infatti, non comporta di per sé una valutazione sull’operato del difensore o sulla qualità dei suoi scritti e attiene esclusivamente agli aspetti processuali sopra indicati.

Tuttavia, qualora il TAR abbia disposto la condanna al pagamento delle spese, si deve tenere conto del decreto ministeriale 10 marzo 2014, n. 55 “Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell'articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247”.

Nel caso in esame viene in rilievo l’art. 4, comma 1, del predetto Regolamento che ai fini della liquidazione del compenso si tiene anche conto “delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attività prestata, dell’importanza, della natura, della difficoltà e del valore dell'affare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate”.

Tenuto conto di tale normativa, ritiene il Collegio che vada riformata la contestata statuizione del primo giudice.

Nel caso di specie la liquidazione in primo grado delle spese di lite risulta manifestamente sproporzionata rispetto al valore medio delle tariffe professionali previste dal decreto ministeriale.

In casi simili, più volte questa Sezione, in considerazione dell’attività professionale svolta - di non particolare complessità - ha riformato il capo di sentenza impugnato ed ha ritenuto che la condanna in primo grado non possa essere disposta per un importo inferiore ai 500 euro (per la consolidata giurisprudenza della Sezione, v. le sentenze 10 luglio 2020, nn. 4433 e 4434;
28 novembre 2019, n. 8126;
28 ottobre 2019, n. 7360, n. 7366, n. 7380;
8 ottobre 2019, n. 6798;
4 ottobre 2019, n. 6682, n. 6683;
26 settembre 2019, n. 6446, 6448, n. 6449, n. 6450, n. 6451;
23 settembre 219 n. 6321;
20 settembre 2019, n. 6260).

Nel caso in esame, il Tar - che pure avrebbe potuto non riunire i ricorsi per addivenire a statuizioni diverse sulle spese, compensandole o liquidandole per i singoli casi, con una valutazione che sarebbe stata insindacabile - ha ritenuto di riunire quattro ricorsi.

L’appello pertanto va accolto, sicché, in parziale riforma della sentenza appellata, il Ministero della Giustizia va condannato al pagamento di complessivi euro 2.000,00 (euro 500,00 ognuno) per le spese dei quattro giudizi di primo grado, oltre agli accessori di legge, con distrazione in favore dei difensori antistatari.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del secondo grado

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