Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-01-26, n. 201800545

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-01-26, n. 201800545
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201800545
Data del deposito : 26 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/01/2018

N. 00545/2018REG.PROV.COLL.

N. 00094/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 94 del 2010, proposto dalla s.n.c. Lochmann di L P, in persona del legale rappresentante L P, quest’ultimo anche in proprio, rappresentati e difesi dagli avvocati R N e I J, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato R N in Roma, via Carlo Poma, n. 2;



contro

il Comune di B, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati M C e M N, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M C in Roma, viale Bruno Buozzi, n. 87;



per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. - SEZIONE AUTONOMA DI BOLZANO, n. 00339/2009, resa tra le parti e concernente un diniego di concessione edilizia e una domanda di risarcimento danni;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di B;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 6 luglio 2017, il consigliere B L e uditi, per le parti, gli avvocati R N e M C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe, il T.r.g.a. - Sezione autonoma di Bolzano respingeva il ricorso n. 332 del 2007, con cui la s.n.c. Lochmann di L P, e quest’ultimo anche in proprio, avevano impugnato i seguenti atti:

(i) il provvedimento del Sindaco del Comune di B n. 29289 del 17 settembre 2007, con il quale – dopo un primo annullamento giudiziale del precedente diniego del 6 febbraio 2007, con sentenza n. 291/2007 dello stesso T.r.g.a., per insufficiente ed erronea motivazione – erano state nuovamente respinte le istanze vòlte al rilascio di una concessione edilizia, presentate il 23 novembre 2006 ed il 18 gennaio 2007, entrambe aventi ad oggetto un progetto di demo-ricostruzione, con ampliamento, dell’edificio “Lochmann” insistente sulla p.ed. 1009 e sull’adiacente p.f. 565/19 in C.C. B, con la motivazione che il progetto edilizio avrebbe superato la cubatura massima assentibile sul lotto;

(ii) dell’ivi richiamato parere negativo (non conosciuto) del 13 settembre 2007, reso dalla commissione edilizia comunale.

Il T.r.g.a. respingeva, altresì, la domanda di risarcimento dei danni per l’importo di euro 1.500.000,00 oltre agli accessori (o della maggiore o diversa somma accertanda in corso di causa), proposta nei confronti dell’Amministrazione comunale

2. In particolare, il T.r.g.a. provvedeva come segue:

(i) dichiarava infondato il primo motivo di ricorso – con il quale i ricorrenti avevano lamentato la violazione della pregressa sentenza inter partes n. 291 del 27 agosto 2007, pronunciata dallo stesso T.r.g.a. e passata in giudicato –, sulla base dei seguenti rilievi:

- con tale sentenza, i precedenti dinieghi di concessione edilizia erano stati annullati per vizi formali o procedimentali – attinenti alla motivazione, nella quale l’Amministrazione si era limitata a rilevare che « dalla documentazione allegata non risulta se l’edificio esisteva già prima dell’entrata in vigore del piano urbanistico di B, rispettivamente quali parti dell’edificio erano già esistenti », con ciò non consentendo agli istanti di comprendere l’ iter argomentativo posto a base dei gravati atti di diniego –, mentre nulla era stato disposto in ordine alla spettanza in concreto dello ius aedificandi in relazione al progetto presentato;

- poiché i provvedimenti annullati con la citata sentenza erano costituiti da atti di diniego, l’effetto della decisione non poteva « che essere formale, non avendo i provvedimenti impugnati prodotto alcun effetto sostanziale in capo al ricorrente », con la conseguenza che « che la sentenza [aveva] esclusivamente una portata dichiarativa e sollecitatoria, senza comportare alcuna attività rispristinatoria », e « l’annullamento dei precedenti dinieghi per vizi formali consentiva all’Amministrazione di decidere nuovamente il rigetto della domanda di concessione, essendo essa tenuta solo ad eliminare i vizi formali accertati in sede processuale al fine di conformarsi alla decisione » (v. così, testualmente, l’impugnata sentenza);

- inoltre l’Amministrazione, nel nuovo atto di diniego del 17 settembre 2007, non aveva non potuto tener conto della sopravvenienza normativa costituita dall’entrata in vigore, in data 1° agosto 2007, dell’art. 8, comma 2, l. prov. 2 luglio 2007, n. 3, con cui nell’art. 36 l. prov. 11 agosto 1997, n. 13 (l. urb. prov.), era stato inserito il nuovo comma 4- bis in tema di asservimento delle superfici pertinenziali agli edifici esistenti, con la conseguente mancata violazione, anche sotto tale profilo, del precedente giudicato, risultando l’adozione del nuovo provvedimento negativo conforme al consolidato principio giurisprudenziale per cui, nel caso di annullamento del diniego di concessione edilizia, trovava applicazione la normativa urbanistica vigente al momento della notificazione della sentenza, sicché solo ulteriori modificazioni dell’assetto normativo entrate in vigore dopo la notificazione della sentenza sarebbero divenute irrilevanti;

- era altresì infondato l’ulteriore profilo di censura – dedotto in via subordinata –, di carenza motivazionale dell’impugnato atto di diniego, avendo il Comune in sede di riedizione del potere, attraverso il richiamo alla più recente giurisprudenza del locale T.r.g.a. e al nuovo comma 4- bis dell’art. 36 l. urb. prov., dato sufficiente contezza delle ragioni poste a fondamento del nuovo atto di diniego;

(ii) in reiezione del secondo e del terzo motivo di ricorso, esaminati congiuntamente – con cui era stata dedotta la contraddittorietà del nuovo atto di diniego con le precedenti determinazioni dell’Amministrazione comunale, la violazione del principio di affidamento derivante dalla pregressa sentenza n. 291/2007, nonché la violazione dell’art. 36 l. urb. prov. –, rilevava che le doglianze non tenevano conto della sopravvenuta novella legislativa apportata all’art. 36 l. urb. prov., da ritenersi applicabile a tutti i tipi di zona residenziale;

(iii) in reiezione del quarto motivo di ricorso – con cui era stata dedotta la formazione del silenzio-assenso ai sensi dell’art. 69 l. urb. prov. e la mancata successiva adozione di un provvedimento in autotutela –, osservava che l’Amministrazione comunale, dopo la parentesi del primo giudizio, aveva adottato tempestivamente il nuovo provvedimento di diniego del 17 settembre 2007, atteso che la sentenza n. 291/2007, definitiva di quel giudizio, era stata pubblicata appena il 27 agosto 2007;

(iv) in reiezione del quinto motivo – con cui era stata dedotta la violazione dell’art. 10- bis l. n. 241/1990 per la mancata comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento –, rilevava che:

- in primo luogo, nell’ordinamento provinciale, per i procedimenti di competenza dei comuni e delle comunità comprensoriali una disposizione analoga a quella statale era stata introdotta dall’art. 1, comma 3, l. prov. 10 giugno 2008, n. 4, quindi solo dopo la definizione del procedimento edilizio in questione;

- in secondo luogo, attesa la natura vincolata del potere esercitato, il dedotto vizio procedimentale non era comunque idoneo ad incidere sul contenuto del provvedimento che aveva definito il procedimento;

(v) in reiezione del sesto motivo – con cui era stato dedotto il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento rispetto ad altre istanze di tenore analogo, proposte da altri soggetti ed accolte dall’Amministrazione comunale –, osservava che si versava in una fattispecie di atto vincolato, con conseguente inconfigurabilità di un potere discrezionale suscettibile di incorrere in siffatto tipo di vizio, e che ad ogni modo mancava la dimostrazione circa l’omogeneità delle situazioni a tal fine richiamate rispetto a quella sub iudice ;

(vi) respingeva la domanda risarcitoria, per carenza dell’elemento dell’antigiuridicità della condotta, per l’opponibilità dello ius superveniens ai ricorrenti e per essere i precedenti dinieghi della concessione edilizia stati annullati in sede giurisdizionale per soli vizi formali che consentivano il riesercizio del potere, sfociato in un legittimo provvedimento di diniego;

(vii) dichiarava le spese di causa interamente compensate tra le parti.

3. Avverso tale sentenza interponevano appello gli originari ricorrenti, sostanzialmente riproponendo i motivi di primo grado, seppure adattati all’impianto motivazionale dell’impugnata sentenza, nonché censurando l’erronea reiezione della domanda risarcitoria.

Gli appellanti chiedevano pertanto, in riforma dell’impugnata sentenza,

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