Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-11-18, n. 201907875

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-11-18, n. 201907875
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201907875
Data del deposito : 18 novembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/11/2019

N. 07875/2019REG.PRV.COLL.

N. 07069/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7069 del 2013, proposto da
VIRGINIA SERRAO, rappresentata e difesa dall’avvocato B C, con domicilio eletto presso lo studio L S in Roma, via Sabotino, n. 12;
GIOVANNA SERRAO, RBERTO BIGLIERI, D S, rappresentati e difesi dagli avvocati B C, L S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L S in Roma, via Sabotino, n. 12;

contro

COMUNE DI NAPOLI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati F M F, A P, A I F, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;
COMUNE DI NAPOLI, in persona del Sindaco pro tempore, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Andreottola, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e domicilio fisico eletto presso lo studio Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania n. 2652 del 2013;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 24 settembre 2019 il Cons. Dario Simeoli e uditi per le parti gli avvocati L S, in dichiarata delega dell’avvocato Cimadomo, e Piero Norese, per delega dell’avvocato Furnari;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Ritenuto che il giudizio può essere definito con sentenza in forma semplificata, emessa ai sensi dell’art. 74 c.p.a.;

Rilevato in fatto che:

- in data 28 febbraio 1995, il signor G S, in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sui figli minori V, Rosaria e Daniele, presentava domanda di concessione edilizia in sanatoria, in relazione ad alcuni lavori eseguiti in difformità rispetto al titolo edilizio;

- in data 1 dicembre 1999, il Comune di Napoli, con nota prot. 3073/1999 notificata al solo signor G S, invitava quest’ultimo a completare la pratica di condono edilizio ed a presentare ulteriore documentazione;

- con provvedimento del 14 giugno 2000 n. 116, l’Amministrazione comunale dichiarava improcedibile l’istanza di condono per mancata produzione, nel termine di 90 giorni, dei documenti richiesti in corso di istruttoria (documentazione fotografica, elaborati grafici di progetto, perizia giurata sullo stato delle opere, certificato di collaudo, planimetrie visure catastali, planimetrie catastali precedenti, attestazione di pagamento dell’oblazione e dei restanti oneri);

- avverso tale provvedimento, proponevano ricorso i signori S V, Serrao Rosaria e Serrao Daniele, sollevando i seguenti vizi:

i ) violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 38, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in quanto la richiesta di integrazione della documentazione non era stata notificata personalmente ai figli;

ii ) violazione dell’art. 6 della legge n. 142 del 1990 e dell’art. 15 dello Statuto Comunale, in quanto erano stati richiesti documenti non necessari ai fini della procedibilità della domanda;

iii ) violazione del contraddittorio procedimentale, non essendo stata fornita all’interessato la comunicazione di avvio del procedimento di diniego;

- il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, con sentenza n. 2652 del 2013, respinta l’eccezione d’inammissibilità per difetto di legittimazione, rigettava il ricorso, rilevando quanto segue:

« Merita anzitutto di essere rigettato il primo motivo. Sotto il primo profilo denunciato dai ricorrenti, infatti, è sufficiente osservare come la produzione documentale del Comune datata 1 febbraio 2013 attesti l’intervenuta notificazione personale al sig. S G, ma a mani della figlia S V, ossia una degli odierni ricorrenti.

Quanto agli altri ricorrenti, si deve osservare come la mancata notifica personale della richiesta di integrazione non possa inficiare la legittimità del provvedimento finale, trattandosi di mero atto endoprocedimentale privo di rilevanza esterna, che, comunque, aveva raggiunto con certezza due dei suoi destinatari, così posti in grado di effettuare gli incombenti richiesti.

Sotto il secondo profilo, pare al Collegio del tutto evidente che la mancanza di documentazione atta a comprovare la stessa consistenza dell’abuso edilizio che si intendeva sanare (ripetesi: descrizione dell’immobile da condonare, relativa documentazione fotografica, elaborati grafici di progetto, perizia giurata sullo stato delle opere, certificato di collaudo, planimetrie visure catastali, planimetrie catastali precedenti, attestazione di pagamento dell’oblazione e dei restanti oneri) rendeva del tutto impossibile la istruttoria stessa – ancora prima che la definizione – dell’istanza di condono, ragione per cui, contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, il Comune mai avrebbe potuto prescinderne.

Ed invero, l’art. 39 comma IV della L. n. 724\1994 prescrive come obbligatoria, da parte dei richiedenti il condono, la allegazione al Comune procedente della documentazione fotografica, della perizia giurata, del progetto di adeguamento statico, del pagamento dell'oblazione dovuta ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e dell'eventuale integrazione di cui al comma 6, degli oneri di concessione di cui al comma 9, nonché della denuncia in catasto nel termine ivi previsto, prevedendo un termine di tre mesi per il relativo deposito, pena l’improcedibilità della domanda, che dunque è stata correttamente pronunziata nel caso in esame.

Anche il motivo che si appella ad asseriti vizi procedimentali è infondato, in quanto, una volta effettuata la notifica dell’istanza di integrazione documentale ai richiedenti la sanatoria in data 17 dicembre 1999, questi erano perfettamente in grado di partecipare al procedimento nell’unico senso che quell’istanza avrebbe potuto comportare, che era quello di produrre i documenti richiesti nel termine di legge (o, al limite, di giustificare la mancata allegazione): cosa che non è accaduta »;

- avverso la predetta sentenza hanno proposto appello i signori V Serrao, Giovanna Serrao, Daniel Serrao, e Roberto Biglieri (quest’ultimo interveniente ad adiuvandum nel giudizio di primo grado), chiedendone l’integrale riforma;

- gli appellanti ripropongono i motivi del ricorso di primo grado, sia pure adattati all’impianto motivazionale della sentenza gravata, sostenendo che il diniego impugnato sarebbe illegittimo in quanto: la richiesta di integrazione della documentazione non era stata notificata personalmente ai figli;
erano stati, inoltre, richiesti documenti non necessari ai fini della procedibilità della domanda;
la denuncia di accatastamento era stata tempestivamente presentata in data 9 maggio 1995;
era mancata la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento;

- gli appellanti lamentano altresì l’omessa trattazione, da parte del giudice di prime cure, dell’atto di intervento ad adiuvandum del signor Biglieri, quale comproprietario dell’immobile in questione;

- si è costituito in giudizio il Comune di Napoli, chiedendo il rigetto della domanda;

Ritenuto in diritto che:

- in via pregiudiziale, sul capo della sentenza che ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione attiva dei ricorrenti si è formato il giudicato;

- nel merito, la sentenza di primo grado deve essere riformata;

- l’art. 39, comma 4, della legge n. 724 del 1994 (come modificato dall’art. 2, comma 37, della legge n. 662 del 1996) prevede che: « [l]a mancata presentazione dei documenti previsti per legge entro il termine di tre mesi dalla espressa richiesta di integrazione notificata dal comune comporta l'improcedibilità della domanda e il conseguente diniego della concessione o autorizzazione in sanatoria per carenza di documentazione »;

- qualora il bene oggetto dell’istanza sia in comunione, essendo ciascuno dei comproprietari titolare di una posizione autonoma e differenziata, la sanzione di improcedibilità presuppone necessariamente che la richiesta integrativa sia notificata ritualmente a tutti i soggetti interessati alla conclusione del procedimento;

- non è sufficiente invece, ai fini del decorso del termine decadenziale, che la notifica venga effettuata soltanto a taluni di essi;

- l’aggravio in capo all’Amministrazione procedente di verificare le vicende traslative dei diritti interessanti le opere e gli immobili per cui è stato richiesto il beneficio urbanistico si rende necessario per ristabilire il contraddittorio procedimentale nei confronti dei soggetti concretamente incisi nella propria sfera giuridica;

- nel caso di specie, la rappresentanza legale del signor G S (che, come si è detto nella premessa in fatto, aveva presentato la domanda di condono, anche in qualità di genitore esercente la potestà sui figli) era venuta meno con il raggiungimento della maggiore età dei figli;

- la notifica della documentazione integrativa effettuata dal Comune di Napoli soltanto a G S, a mani della figlia V, non era quindi idonea a ricollegare gli effetti della piena e tempestiva conoscenza dell’atto in capo ai familiari non più conviventi;

- era onere dell’Amministrazione dimostrare che anche i soggetti non destinatari della notifica avessero avuto per altra via conoscenza dell’atto;

- in assenza di tale prova, non è possibile opporre gli effetti della decorrenza dei termini perentori per la presentazione della documentazione integrativa;

- sotto questo profilo, il ricorso di primo grado va quindi accolto;

- possono assorbirsi gli ulteriori motivi di censura, in quanto dal loro accoglimento gli appellanti non ritrarrebbero alcuna utilità sostanziale ulteriore;

- le spese del doppio grado di lite vanno integralmente compensate tra le parti, in considerazione della particolarità e del carattere risalente della controversia;

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi