Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-02-03, n. 201500515

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-02-03, n. 201500515
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201500515
Data del deposito : 3 febbraio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02921/2014 REG.RIC.

N. 00515/2015REG.PROV.COLL.

N. 02921/2014 REG.RIC.

N. 02948/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2921 del 2014, proposto dalla sig. ra B P, rappresentata e difesa dall'avvocato F A, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G G in Roma, via Maria Cristina, n. 8;

contro

Il sig. S P;

nei confronti di

Il Comune di Corciano;



sul ricorso numero di registro generale 2948 del 2014, proposto dal Comune di Corciano, rappresentato e difeso dall'avvocato Antonio Bartolini, con domicilio eletto presso l’avvocato Aristide Police in Roma, via di Villa Sacchetti, n. 11;

contro

Il sig. S P;

nei confronti di

La sig. ra B P, rappresentata e difesa dall'avvocato F A, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G G in Roma, via Maria Cristina, n. 8;

per la riforma

quanto ad ambedue i ricorsi:

della sentenza del T.a.r. Umbria, n. 75/2014, resa tra le parti, concernente l’approvazione dei verbali di progressione verticale per la copertura di un posto di specialista in attività amministrative e contabile e relativa graduatoria finale;


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della sig.ra B P nel ricorso n. 2948/2014;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2014 il Cons. R P e udito per la signora Paltriccia l’avvocato Bartolini, in proprio e per delega dell’avvocato Amici;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con determinazione n. 445 del 21 aprile 2009, il Comune di Corciano (PG) aveva indetto una selezione tramite progressione verticale per la copertura di un posto di categoria “D” (profilo professionale “specialista in attività amministrative e contabili”), destinato all’Area Sviluppo e Territorio, modificando i criteri con successiva deliberazione del 30 aprile, riaprendo i termini di presentazione delle domande, stabilendo di effettuare le prove selettive solamente per esami e richiedendo per l’ammissione il titolo di studio immediatamente inferiore a quello necessario per l’accesso dall’esterno.

Con determinazione n. 597 del 20 maggio 2009, veniva approvato il nuovo bando, cui faceva seguito la determinazione 17 dicembre 2009 n. 1451 di approvazione della graduatoria finale, all’esito alla quale risultava vincitrice la dottoressa B P con punti 84/90.

2. Il dott. S P, risultato classificato al secondo posto, con punti 72/90 impugnava l’approvazione della graduatoria e l’inquadramento della vincitrice tramite ricorso straordinario al Capo dello Stato, poi trasposto innanzi al T.A.R. dell’Umbria a seguito di opposizione del Comune, deducendo le seguenti doglianze, così riassumibili:

a) Violazione e falsa o errata applicazione dell’art. 89 c. 6 del D.lgs. 267/2000 e dell’art. 35, c. 4 D.lgs. 165/2001;
violazione dei principi di trasparenza ed imparzialità.

b).Violazione e falsa od errata applicazione degli artt. 124 e 134 del D.lgs. 267/2000.

c).Eccesso di potere per illogicità manifesta;
violazione dei principi di efficienza dell’Amministrazione e della miglior utilizzazione delle risorse umane di cui all’art. 1 del D.lgs. 165/2001.

d).Violazione del principio di anonimato della prova pratica.

e).Violazione dell’art. 74 del Regolamento sull’Ordinamento degli Uffici e Servizi del Comune di Corciano.

Si costituivano in giudizio sia il Comune di Corciano, sia la controinteressata B P, eccependo l’irricevibilità e l’inammissibilità del ricorso e chiedendone comunque il rigetto nel merito, perché infondato

3. Con sentenza n. 75 del 29 gennaio 2014, il Tar, ritenuta infondata l’eccezione di irricevibilità e prescindendo dall’eccezione di inammissibilità del primo motivo, accoglieva il ricorso, rilevando la fondatezza del secondo motivo, con cui era stata dedotta l’avvenuta pubblicazione del bando in momento anteriore all’esecutività delle determinazioni n. 445 del 21 aprile 2009 e 597 del 20 maggio 2009 di approvazione del bando stesso, entrambe pubblicate all’albo pretorio in data 8 settembre 2009, ovvero lo svolgimento della selezione in periodo in cui gli atti di indizione non erano muniti di esecutività, richiamando per questo gli artt. 124 comma 1 e 134 del vigente T.u.e.l. approvato con D. Lgs. 18 agosto 2000 n. 267.

Secondo il giudice di primo grado, le deliberazioni degli organi collegiali, non dotate della clausola di provvisoria esecuzione, divengono efficaci soltanto a seguito del termine di vacatio di dieci giorni ed oltre a ciò deve aggiungersi che, in virtù dell’art. 21bis della L.241/90 come novellato dalla L.15/2005, il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario soltanto con la comunicazione personale, secondo l’innovativa regola della recettizietà dell’attività autoritativa: il difetto di pubblicazione all’albo pretorio non incide sulla legittimità dell’atto deliberativo trattandosi di formalità estrinseca al perfezionamento dell’atto stesso, ma essa incide sulla legittimità dei successivi atti del procedimento concorsuale, i quali debbono necessariamente compiersi in costanza di validità ed efficacia degli atti amministrativi presupposti.

Se poi l’art. 32 comma 1 L. 28 giugno 2009, n.69 stabilisce che gli obblighi di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei siti informatici di ogni singola Amministrazione e che a decorrere dal 1° gennaio 2011, le pubblicità effettuate in forma cartacea “non hanno effetto di pubblicità legale” – art. 32 comma 5 - con conseguente quindi ipotizzabile abrogazione implicita dello stesso art. 124 T.u.e.l. quale strumento di pubblicità cartacea all’interno dell’ordinamento degli enti locali, ciò è irrilevante ai fini della controversia in esame, tanto per la non applicabilità temporale della norma ai fatti di causa, quanto per la mancata allegazione agli atti del giudizio dell’eventuale pubblicazione della determinazione 597/2009 sul sito web del Comune di Corciano.

E la pubblicazione sull’albo pretorio del Comune disposta dall'art. 124 D.lgs. n. 267 del 2000, per tutte le deliberazioni del Comune e della Provincia, non riguarda solo le deliberazioni degli organi di governo (Consiglio e Giunta municipali), dovendosi intendere come “deliberazioni” anche le determinazioni dirigenziali, esprimendo tale termine un significato generale comprensivo dei provvedimenti adottati dagli organi monocratici, in virtù del principio di trasparenza e pubblicità dell’attività amministrativa, di rango costituzionale, sempre fatta salva la clausola di immediata esecutività ai sensi del quarto comma del citato art. 134 T.u.e.l.

Visto quanto sopra, il Tar affermava la necessità di disapplicare la contrastante previsione di cui all’art 34 del Regolamento sull’Ordinamento degli uffici e dei servizi del Comune di Corciano, dato il potere del giudice amministrativo di disapplicazione dei regolamenti, anche se non ritualmente impugnati, sottolineandosi la natura sostanzialmente normativa di essi, e la necessità, in caso di contrasto tra norme di rango diverso, di garantire il rispetto della gerarchia delle fonti e di accordare, quindi, prevalenza a quella di rango superiore, e cioè alla legge, o comunque agli atti di rango primario.

L’accoglimento di siffatta censura comportava l’annullamento delle impugnate determinazioni comunali del 17 dicembre 2009,, nn. 1451 e 1452, concernenti l’una l’approvazione della graduatoria finale e l’altra l’inquadramento in categoria “D” della controinteressata vincitrice.

4. Con distinti atti di appello, la dott.sa B P, controinteressata vincitrice del concorso, ed il Comune di Corciano hanno impugnato sentenza n. 75 del 2014, deducendo che il TAR ha dato errata applicazione all’art. 134 del T.u.e.l. La dott.ssa Paltriccia ha altresì chiesto che sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso di primo grado, per tardiva impugnazione del bando di concorso.

I due appellanti concludevano ognuno per proprio conto per la riforma della sentenza impugnata nei sensi proposti, il tutto con vittoria di spese.

Il dott. S P non si è costituito in giudizio.

All’udienza del 28 ottobre 2014 la causa è passata in decisione.

5. I due appelli devono essere riuniti ai sensi dell’art. 96 c.p.a., in quanto proposti avverso la medesima sentenza.

Entrambi devono essere accolti, vista l’assorbente fondatezza dell’erronea applicazione dell’art. 134 T.u.e.l. e considerata l’insussistenza dei presupposti per disporre la disapplicazione dell’art. 34 del Regolamento sull’Ordinamento degli uffici e dei servizi del Comune di Corciano.

5.1. Il Collegio ritiene del tutto corrette le doglianze mosse con il terzo motivo di appello del Comune e quelle analoghe di cui al secondo motivo dell’appello della dott.ssa Paltriccia.

Pur se le determinazioni dirigenziali rientrano nella nozione più vasta di deliberazione come riportata dall’art. 124 del T.u.e.l., non si può affermare lo stesso circa l’estensione a queste circa i limiti all’esecutività previsti dal seguente art. 134;
ora, se la necessaria pubblicità dell’azione degli enti locali richiede di applicare ai provvedimenti monocratici le stesse fondamentali regole di pubblicità degli atti degli organi collegiali, ciò non vuol dire che per gli stessi valgano anche le disposizioni che riguardano il conseguimento dell’efficacia dei provvedimenti..

Come sostenuto negli atti d’appello, la stessa lettera dell’art. 134 (che riguarda gli atti del consiglio e della giunta) non permette l’estensione rilevata dal Tar agli atti di altri organi comunali.

Sotto tale profilo, va rimarcato che – per il principio di legalità – solo agli atti emanati dagli organi individuati dall’art. 134 del T.u.e.l. si applicano le sue relative disposizioni, e non anche agli atti disciplinati dal precedente art. 124.

L’art. 42 del T.u.e.l. definisce il consiglio comunale quale organo di controllo politico-amministrativo e conseguentemente rimette alle sue competenze una serie di atti programmatori, organizzatori ed in senso lato normativi ed una limitatissima serie di provvedimenti di gestione di notevole rilevanza, mentre la giunta è chiamata ad attuare gli indirizzi generali del consiglio ed a collaborare con il Sindaco – art. 48.

I dirigenti invece hanno le competenze di carattere generale per l’adozione degli atti e dei provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno e che non siano ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico amministrativo degli organi di governo dell’ente.

Dunque, è comprensibile che l’esecutività degli atti degli organi di governo sia subordinata ai tempi della loro pubblicazione, dato il carattere interesse collettivo da questi rivestito;
le determinazioni dirigenziali costituiscono in genere la figura del provvedimento, ossia di quell’atto tipico denominato chiamato a realizzare gli interessi specifici affidati alle cure dell’amministrazione e consistenti in decisioni destinate a generare, modificare distinguere situazioni giuridiche specifiche o quanto meno a negarne la nascita, la modificazione o l’estinzione.

Quindi se gli atti generali rimessi alla competenza degli organi di governo sono regolati nella loro efficacia e vigenza dall’art. 134, si comprende allora che le determinazioni dirigenziali comunali vadano anch’esse pubblicate per soddisfare le esigenze di trasparenza dell’attività amministrativa, ma non vi è alcuna regola legislativa che ne comporti l’inefficacia in pendenza di pubblicazione.

5.2. Risultano altresì fondate e vanno accolte le censure con cui gli appellanti hanno lamentato l’erroneità della disapplicazione – disposta in primo grado – dell’art. 34 del Regolamento comunale su servizi.

In primo luogo, di per sé il giudice amministrativo può disporre la disapplicazione di un regolamento, in applicazione delle regole sulla gerarchia delle fonti, quando si tratti di dare tutela ad un diritto soggettivo in sede di giurisdizione esclusiva, ovvero nei peculiari casi in cui il ricorso – in sede di giurisdizione di legittimità – vada respinto perché l’atto impugnato, pur ponendosi in contrasto con una invocata norma regolamentare, risulti conforme alla legge, rispetto alla quale risulti cioè illegittimo il regolamento (in tal senso, Sez. V, 26 febbraio 1992, n. 154).

Quando invece il ricorrente contesta per un vizio proprio la norma regolamentare e il conseguente atto applicativo per illegittimità derivata, il giudice amministrativo non può che verificare la fondatezza della censure proposte contro la norma regolamentare e, nel caso di loro fondamento, deve disporre l’annullamento della disposizione risultata illegittima e dell’atto applicativo.

Nella specie, dunque, non sussistevano i presupposti processuali per disporre la disapplicazione della disposizione posta a base dell’atto impugnato in primo grado.

In secondo luogo, il sopra richiamato art. 34 del Regolamento comunale risulta del tutto coerente con il contenuto dell’art. 124 del T.u.e.l., sicché anche sotto il profilo sostanziale va riformata la sentenza appellata.

6. Per le ragioni che precedono, gli appelli vanno accolti, sicché – in riforma della sentenza appellata - va respinto il ricorso originario di primo grado.

La peculiarità della questione giustifica la compensazione tra le parti delle spese di giudizio per ambedue i gradi.

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