Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-09-05, n. 202407434

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-09-05, n. 202407434
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202407434
Data del deposito : 5 settembre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/09/2024

N. 07434/2024REG.PROV.COLL.

N. 07714/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7714 del 2021, proposto da P G, rappresentata e difesa dall'avvocato A S, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Pertusio (To), in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato S C, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia;

nei confronti

C S, M T N, rappresentati e difesi dall'avvocato R C P, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda) n. 229/2021, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Pertusio (To) e di C S e di M T N;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2024 il Cons. Riccardo Carpino e uditi per le parti gli avvocati delle parti come da verbale.


FATTO e DIRITTO

1. La questione controversa riguarda l’accertamento dell’illegittimità dei permessi rilasciati dal Comune di Pertusio nonché delle note prot. 370 del 6 marzo 2015 e prot. 621 del 20 aprile 2015 di riscontro alle istanze presentante dall’odierna appellante relative a titoli edilizi rilasciati a favore dei controinteressati.

L’odierna appellante è proprietaria di un fabbricato sito nel Comune di Pertusio, individuato al NCEU al Foglio 9, mapp. n. 95, sub. 1 e 3, n. 103, sub. 2 e 3) confinante con la proprietà dei controinteressati (di cui una risulta in parte proprietario ed in parte usufruttuario e gli altri nudi proprietari).

I controinteressati sono stati destinatari di vari titoli edilizi (permesso di costruire 9/2005, permesso di costruire in variante 3/2006, DIA 128 del 21 gennaio 2009, 456 del 24 febbraio 2010 e 1074/2010) per l’ampliamento del loro fabbricato.

L’appellante ha chiesto, in data 20 aprile 2011, l’intervento in autotutela del Comune sui predetti titoli;
in data 7 febbraio 2015, non avendo l’ente provveduto in tal senso, l’appellante ha presentato un atto di diffida.

A detto atto di diffida, il Comune ha dato riscontro con le richiamate note, prot. n. 370 del 6 marzo 2015 e prot. 621 del 20 aprile 2015, con le quali sostanzialmente ha illustrato le determinazioni adottate in relazione ai vari titoli.

Va inoltre rilevato che sull’ultima DIA 1074/2010, il Comune ha esercitato i poteri inibitori che sono stati oggetto di un ricorso da parte degli odierni controinteressati, accolto dal medesimo TAR con altra sentenza n. 448/2014.

Avverso le due richiamate note di riscontro, l’appellante ha proposto ricorso innanzi al Tar Piemonte che lo ha dichiarato in parte inammissibile, in parte irricevibile ed in parte infondato;
il giudice di primo grado ha anche dichiarato infondata la domanda risarcitoria per mancanza sia dell’elemento soggettivo sia del nesso di causalità tra condotta ed evento.

2. Avverso la decisione del giudice di primo grado propone ora appello per i seguenti motivi:

I. Sulla fondatezza del secondo e del terzo motivo di ricorso al T.A.R. Piemonte.

II. Sull’ammissibilità, sulla ricevibilità e sulla fondatezza del quarto, quinto, sesto, settimo e ottavo motivo del ricorso al T.A.R. Piemonte che vengono riportati nell’appello

Inoltre propone istanza per un accertamento istruttorio;
non è stata riproposta la richiesta relativa al risarcimento del danno, da intendersi quindi rinunziata in questa fase di appello ex art 101 c.p.a.

2.1 Con il primo motivo, l’appellante rileva che in primo grado era stata dedotta, come secondo motivo del ricorso, “ In via generale, violazione e falsa applicazione artt. 7 e 10-bis, legge 241/1990 e atti regolamentari sul procedimento amministrativo ” lamentando che le richiamate note prot. 370/2015 e 621/2015 di riscontro alle istanze presentate, sono state adottate in violazione delle disposizioni della l.241/1990 in quanto il Comune, nel dare seguito alla sentenza del T.A.R. Piemonte, n. 448/2014, non ha comunicato l’avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 legge 241/1990 né i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza di cui all’art. 10- bis , legge 241/1990.

Rileva altresì che, con il terzo motivo del ricorso in primo grado, era stata dedotta “ In via generale, violazione art. 3 legge 241/1990 in riferimento alle risultanze a disposizione dell’amministrazione/eccesso di potere per difetto di istruttoria e per omessa e/o errata percezione dei presupposti di fatto ” ritenendo che l’appellato Comune di Pertusio, dando esecuzione alla sentenza del T.A.R. Piemonte n. 448/2014, non aveva svolto un’adeguata istruttoria.

Al riguardo l’appellante precisa che con la nota del 20 aprile 2011 si è rivolta al Comune un’istanza di autotutela mentre la nota del 7 febbraio 2015, così come la precedente del 14 marzo 2014, ha sollecitato il Comune affinché lo stesso ottemperasse a quanto disposto dalla sentenza del T.A.R. Piemonte n. 448 del 2014;
nella sostanza ritiene l’appellante, che il Comune ha, con le note impugnate di riscontro alle citate istanze, proceduto alla rinnovazione del procedimento mediante l’adozione di atti aventi natura provvedimentale che, in quanto tali, erano soggetti alle regole della l.241/1990.

2.2 Con il secondo motivo, l’appellante ripropone i motivi già avanzati in primo grado (dal IV al VIII) ed in particolare:

- con il quarto motivo del ricorso in primo grado lamenta la violazione e la falsa applicazione art. 11, d.P.R. 380/2001 e, pertanto, la invalidità derivata di tutti gli atti in quanto i permessi a costruire sarebbero stati a suo tempo sottoscritti solo dai controinteressati nudi proprietari e non anche dall’usufruttuario;

- con il quinto motivo del ricorso di primo grado, lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.lgs. 29/93, dell’artt. 88 e 107, D.lgs. 267/00 nonché invalidità derivata di tutti gli atti a partire dal permesso di costruire 9/2005;
in particolare contesta l’illegittima composizione della Commissione Edilizia comunale (per la presenza al proprio interno del Sindaco e del Vicesindaco);

- con il sesto motivo del ricorso di primo grado, lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 12 del d.P.R. 380/2001, la violazione e falsa applicazione legge Regione Piemonte 56/1977 nonché l’invalidità derivata di tutti gli atti a partire dal permesso di costruire 9/2005;
in particolare, con riferimento ai permessi a costruire, l’appellante lamenta la mancata adozione delle misure di salvaguardia (art. 12, d.P.R. n. 380/2001), dal momento che le istanze edilizie dei controinteressati si presentavano coerenti con un PRG solo adottato, nonché la falsa applicazione di disposizioni della legge regionale afferenti tipologie di intervento non pertinenti con quelle oggetto delle citate istanze dei controinteressati;

- con il settimo motivo del ricorso di primo grado, l’appellante lamenta la violazione e la falsa applicazione delle N.T.A. del P.R.G.C. e del Regolamento edilizio del Comune di Pertusio, nonché l’eccesso di potere per travisamento dei fatti e ingiustizia manifesta in quanto nelle risposte fornite in riscontro alle istanze in autotutela, il Comune (anche a valle della citata sentenza n. 448/2014) non avrebbe seguito le indicazioni contenute nelle proprie precedenti perizie né in quelle prodotte dall’appellante e precedentemente inoltrate all’amministrazione, dalle quali emergerebbe con evidenza la contrarietà degli interventi assentiti (con i permessi a costruire n. 9/05 del 3/12/2005 e n. 3/06 del 16/5/2006) alle NTA del PRG vigente;

- con l’ottavo motivo del ricorso di primo grado, lamenta la violazione e la falsa applicazione della legge Regione Piemonte 21/98 (recante: “Norme per il recupero ai fini abitativi dei sottotetti”), eccesso di potere per travisamento dei fatti e ingiustizia manifesta. In particolare, con riferimento alle opere del sottotetto (peraltro oggetto proprio della citata sentenza n. 448/2014), la ricorrente ripropone l’illegittimità dell’intervento (oggetto delle citate DIA del 2010) rispetto alla l.r. n. 21/1998.

3. In considerazione della connessione tra i motivi rappresentati questi possono essere esaminati unitariamente.

Preliminarmente occorre tenere presente che è necessario valutare l’interesse al ricorso sotto il profilo della vicinitas , come evidenziato dal Comune appellato (memoria del 27 maggio 2024 in relazione al quarto motivo di primo grado, pag. 11 e più in generale, pag. 14) nonché dal controinteressato in relazione al secondo motivo dell’appello, ossia ai motivi di primo grado riportati dal quarto all’ottavo motivo del ricorso di primo grado (vedi memoria del 27 maggio 2024);
le richiamate censure sono state ritenute inammissibili per carenza di interesse.

L’appellante, in sede di memoria del 6 giugno 2024, rivendica il suo interesse in ordine alle sole censure relative al sottotetto in considerazione della paventata riduzione del riserbo e deprezzamento dell’immobile atteso che il sottotetto è divenuto abitabile.

In relazione alla censura relativa al sottotetto, occorre considerare che giurisprudenza autorevole (Cons. Stato, Adunanza Plenaria, 9 dicembre 2021, n. 22) ha formulato il seguente principio di diritto:

nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l'autonomia tra la legittimazione e l'interesse al ricorso quali condizioni dell'azione, è necessario che il giudice accerti, anche d'ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas , quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell'interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall'atto impugnato.

Sulla scorta di detti principi si è mossa la successiva giurisprudenza che ha ritenuto insufficiente la sola vicinitas a sorreggere l'interesse al ricorso in mancanza di ulteriori comprovate allegazioni (c fr. Cons. Stato, sez. VI, 22 marzo 2023, n. 2905).

In considerazione di quanto sopra, in ordine alle censure avanzate nel secondo motivo dell’appello anche per esplicita ammissione dell’appellante, l’interesse a ricorrere sussiste solo per il sottotetto (di cui all’ottavo motivo del ricorso in primo grado) mentre per il resto tutte le censure avanzate nel secondo motivo dell’appello devono considerarsi inammissibili per carenza di interesse e comunque rinunziate dall’appellante.

3.1 Quanto però al merito occorre rilevare che la questione ruota intorno al valore da dare a quanto disposto nella richiamata sentenza Tar 448/2014.

Detta decisione ha ritenuto carente l’istruttoria relativa alla Dia per il recupero ai fini abitativi del sottotetto ed ha accolto il ricorso disponendo:

E’ appena il caso di rilevare che le carenze istruttorie così segnalate sono tali da determinare, di per sé, l’illegittimità dei provvedimenti impugnati senza necessità che, in questa sede giurisdizionale, si proceda ad alcun accertamento istruttorio (nella veste della verificazione o della consulenza tecnica), posto che simili accertamenti trovano la loro primaria e naturale sede nell’ambito del procedimento amministrativo: spetterà quindi all’amministrazione, in sede di necessaria rinnovazione del procedimento, rivalutare attentamente i risultati cui era già pervenuta, sulla scorta di un’adeguata e rigorosa istruttoria procedimentale.

Nella sostanza, il giudice di primo grado ha formulato un monito all’amministrazione nella situazione specifica a porre rimedio alle carenze istruttorie che avevano portato all’annullamento del diniego alla Dia riguardante il recupero del sottotetto;
un monito peraltro riferito alle richieste istruttorie, ora rinnovate in questa sede di appello dall’odierno appellante, che potevano essere soddisfatte in sede di rinnovazione del procedimento amministrativo.

Nulla di più, ad avviso del Collegio, in un contesto nel quale dalla richiamata decisione non scaturisce l’obbligo di porre in essere un procedimento amministrativo in contraddittorio con l’appellante.

3.2 In particolare gli atti cui fa riferimento l’appellante consistono in una serie di richieste al Comune ad agire in autotutela ed a verificare il perpetrarsi di reati (istanza 7 febbraio 2015) nonché a porre in essere i necessari provvedimenti amministrativi (istanza 20 aprile 2011 cui nella medesima si faceva riferimento);
in entrambi i casi quindi si chiede al Comune una azione a tutto campo di verifica - da svolgersi necessariamente in sede di autotutela - di cui, peraltro, la richiamata sentenza 448/2014 non costituisce il dato centrale.

In ordine a detto esercizio dei poteri di autotutela va in primo luogo rilevato che, secondo giurisprudenza consolidata non sussiste alcun obbligo per l'amministrazione di pronunciarsi su un'istanza volta a ottenere un provvedimento in via di autotutela, non essendo coercibile dall'esterno l'attivazione del procedimento di riesame della legittimità dell'atto amministrativo mediante l'istituto del silenzio-rifiuto ( ex multis Cons. Stato, Sent. IV, 4 novembre 2020, n. 6809).

Ciò discende dalla inconfigurabilità di un obbligo della pubblica amministrazione di provvedere a fronte di istanze di riesame di atti sfavorevoli precedentemente emanati, conseguente alla natura officiosa e ampiamente discrezionale - soprattutto nell’ an - del potere di autotutela ed al fatto che, rispetto all’esercizio di tale potere, il privato può avanzare solo mere sollecitazioni o segnalazioni prive di valore giuridicamente cogente ( cfr. Cons. Stato, Sent. IV, 9 luglio 2020, n. 4405).

Pertanto la proposizione dell’esercizio dei poteri di autotutela non è, di per sé, in grado di generare, un obbligo giuridico di provvedere, il cui inadempimento possa legittimare l’attivazione delle tutele avverso i rifiuti, le inerzie o i silenzi antigiuridici;
questo principio trova non solo conferma testuale nella lettera dell’art. 21 - nonies della l. n. 241/1990 che prefigura l'iniziativa di annullamento dell’atto in termini di mera “possibilità”, ma si giustifica, alla luce delle esigenze di certezza delle situazioni giuridiche e della correlata regola di inoppugnabilità dei provvedimenti amministrativi, non tempestivamente contestati ( cfr. Cons. Stato, Sent. V, 24 settembre 2019, n. 6420).

Atteso che quindi si tratta di una sollecitazione, l’eventuale riscontro dell’amministrazione esorbita dai parametri della l.241/1990 della quale non si applicano le regole relative all’avvio del procedimento ed al preavviso di rigetto come prospetta l’appellante.

3.3 Va ancora rilevato, sotto la prospettiva dell’atto adottato dal Comune, come le risposte alle istanze dell’appellante fornite dal Comune non sono altro che delle comunicazioni delle valutazioni già adottate dal Comune ai fini del rilascio dei titoli nelle diverse forme;
esse quindi hanno la natura del provvedimento meramente confermativo che ricorre quando l'Amministrazione si limita a dichiarare l'esistenza di un suo precedente provvedimento senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione ( cfr. Consiglio di Stato sez. VI – 13 luglio 2020, n. 4525);
nel caso in esame l’amministrazione ha dato conto dei motivi che l’hanno determinata per l’adozione di provvedimenti ormai divenuti inoppugnabili e ciò giustifica anche la superfluità di qualunque verificazione ora richiesta dall’appellante.

In considerazione di quanto sopra, la formulazione delle istanze di autotutela non può comportare una riapertura del procedimento proprio per la natura officiosa di cui si è detto;
né pertanto il procedimento posto in essere è soggetto alla comunicazione di avvio del procedimento (peraltro iniziato dallo stesso appellante).

Né tantomeno è soggetto al preavviso di diniego atteso che nella fattispecie trattasi di mere comunicazioni dei motivi a supporto dei titoli edilizi rilasciati o comunque formatesi senza alcuna riapertura del procedimento;
diversamente opinando si perverrebbe all’irrazionale risultato che mediante delle istanze, di molto successive nel tempo, surrettiziamente si perverrebbe all’impugnativa di atti ormai definitivi pregiudicando ogni certezza dei rapporti giuridici tra le parti interessate.

Né in ultimo la decisione del Tar 448/2014 può comportare una modifica della natura del titolo rilasciato;
in base a tale decisione il giudice di primo grado ha richiesto un esame approfondito per una DIA e quindi la comunicazione relativa non può trasformare detto titolo in un provvedimento impugnabile ( cfr. da ultimo art. 19, comma 6 - ter, l. 241/1990).

4. Ai fini della presente decisione risulta inoltre inammissibile la documentazione prodotta in questo grado dall’appellante, doc 38 e 39, relativa alla denunzia alla Procura della Repubblica del 22 dicembre 2023;
si tratta di documentazione successiva al giudizio di primo grado che non appare indispensabile ai fini della decisione.

Alla luce di quanto sin qui esposto l’appello è da respingere.

Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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