Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-01-28, n. 201600321

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-01-28, n. 201600321
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201600321
Data del deposito : 28 gennaio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04495/2015 REG.RIC.

N. 00321/2016REG.PROV.COLL.

N. 04495/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 4495/2015 RG, proposto da A S, rappresentato e difeso dall'avv. M A, con domicilio eletto in Roma, p.za Gondar n. 22,

contro

il Ministero dell'economia e delle finanze ed il Comando generale della Guardia di Finanza, tutti rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12,

per la riforma

della sentenza del TAR Liguria, sez. II, n. 330/2015, resa tra le parti e relativa alla determinazione del periodo di riferimento per il pagamento dell’indennità di trattamento di missione;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni statali intimate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all'udienza pubblica del 3 dicembre 2015 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, l’avv. Antonelli e l'Avvocato dello Stato Grassi;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO

Il sig. A S, già maresciallo ordinario della GDF assegnato al RETLA di Genova, fa presente d’esser stato comandato dall’11 gennaio 2008 al 29 dicembre 2013, nell’interesse e per volizione del Corpo, a prestar servizio presso l’Avvocatura generale dello Stato, nella sede di questa in Roma, via dei Portoghesi n. 12.

Il sig. S rende noto altresì che, con istanza del 20 gennaio 2014, ha chiesto al Corpo d’essere retribuito, con il trattamento di missione, per tutto il tempo in cui egli è stato comandato in una sede diversa dal reparto d’assegnazione. La P.A., con nota prot. n. 74323 del 14 aprile successivo, gli ha inoltrato il preavviso di rigetto dell’istanza, ai sensi dell’art. 10-bis della l. 7 agosto 1990 n. 241, ma senza poi far seguire alcun altro atto esplicito. Sicché il sig. S, con sua missiva del successivo 26 giugno e stante l’inerzia della P.A., l’ha diffidata a provvedere, ma ancora senza esito.

A seguito del silenzio così serbato, protrattosi oltre il termine di 90 gg. all’uopo indicato dal DPR 5 maggio 2011 n. 163 per la conclusione dei procedimenti di competenza della GDF, il sig. S ha allora adito il TAR Liguria, con il ricorso n. 938/2014 RG, deducendone l’illegittimità. Con nota n. 182382 del 25 settembre 2014, il RETLA della GDF per la Liguria ha rigettato in via definitiva la domanda del sig. S, contro la quale egli ha proposto l’atto per motivi aggiunti , notificato il 17 ottobre successivo. L’adito TAR, con sentenza n. 330 del 25 marzo 2015, ha accolto sì la pretesa in questione, ma soltanto nella parte in cui, annullando per quanto di ragione l’atto impugnato, accerta il diritto del sig. S ad ottenere l’invocato trattamento di missione per i prescritti 240 gg., oltre agli interessi legali.

Appella quindi il sig. S, con il ricorso in epigrafe, con cui deduce l’erroneità della sentenza qui gravata per non aver colto, nonostante i precedenti giurisprudenziali citati ed a lui favorevoli, che il distacco che lo coinvolse, cui si riferisce il § 97) della circol. GDF n. 255300 del 1° agosto 2001, vada assistito dall’indennità di missione per tutto il tempo in cui si svolge. E tanto al fine di evitare ogni elusione delle regole ordinarie sulla mobilità del personale militare, attraverso l’uso incongruo e gratuito dell’istituto, neutro ed atecnico, del distacco. Resistono in giudizio le Amministrazioni statali intimate, che concludono per il rigetto dell’appello.

Alla pubblica udienza del 3 dicembre 2015, su conforme richiesta delle parti, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.

DIRITTO

L’odierno appellante, già maresciallo della GDF in servizio presso un reparto di Genova, dal 2008 a tutto il 2013 è stato comandato da Corpo a prestar servizio continuativo presso altra P.A. in Roma, senza ottenere un trasferimento definitivo in questa città e senza indennità di missione per tutto tal periodo, riconosciutagli dal TAR per quello massimo di 240 gg., donde il ricorso in epigrafe.

L’appello non è fondato, per le ragioni di cui appresso.

In linea di massima, non si può dire erronea l’impugnata sentenza, laddove ha limitato il trattamento de quo a soli 240 gg. del comando dell’appellante a prestar servizio dalla sua sede ordinaria presso un’altra P.A. ed in una città differente. Infatti, il TAR ha fatto applicazione nella specie dell'art. 1, III c. della l. 26 luglio 1978 n. 417, il quale, nella parte in cui stabilisce che per i dipendenti statali il trattamento di missione cessi dopo i primi 240 gg. di missione continuativa nella medesima località, enuncia un principio di carattere generale valido per tutti i dipendenti dello Stato (cfr. Cons. St., III, 24 aprile 2012 n. 2420). Non a diversa conclusione si deve pervenire, con riguardo alla struttura di retribuzione ed alle altre indennità (compresa quella in esame) spettanti al personale non dirigente dei Corpi di polizia ad ordinamento militare, in base all’art. 4, c. 1, lett. g) del Dlg 12 maggio 1995 n. 212 e dall’art. 36 del DPR 16 aprile 2009 n. 51 (recante il recepimento dell’accordo per siffatto personale – quadriennio 2007/2010). Entrambe le fonti non si occupano ex professo , quantunque ne costituiscano la sedes materiae , del tempo massimo per il trattamento di missione e della relativa indennità, che resta tuttora ancorata ai principi generali ex l. 417/1978.

È solo da osservare, in linea con la prevalente giurisprudenza (cfr. Cons. St., VI, 11 ottobre 2005 n. 5631: id., V, 16 giugno 2009 n. 3871), l’obbligo incombente alla P.A. datrice di lavoro, in assenza di altra e più consona fonte da assumere tra le Amministrazioni e le rappresentanze del personale dei Corpi di polizia nell’adeguata sede di concertazione ex Dlg 212/1995, di non corrispondere tale indennità oltre il termine massimo de quo .

È evidente che NON sussiste un divieto, per la P.A., di protrarre la missione oltre detto termine, ché la norma impone, allo stato, solo un limite temporale di riconoscimento di tal spettanza. Non sfugge allora al Collegio il vuoto normativo specifico sulla questione, la quale non concreta di fatto che un vero e proprio trasferimento ad altra sede. Ciò avviene in modo informale e, dunque, senza garanzie e benefici che tal vicenda comporta al militare interessato, come d’altronde ben si legge nella circol. GDF n. 255300 del 1° agosto 2001, laddove parla di “distacco” e in tal caso non riconosce neanche l’indennità di trasferimento. Ma il Collegio neppure può ingerirsi, in via pretoria, nella materia della concertazione posta dal Dlg 212/1995, che assegna in via esclusiva alle relative parti la definizione del contenuto del rapporto d’impiego, nonché della struttura della retribuzione.

In tal caso, non basta ottenere un’estensione ultra vires del termine massimo de quo , come hanno statuito taluni TAR sia pur in assenza d’una norma specifica, per fondare il titolo ad ottenere quanto preteso ed a ritenerlo. Tuttavia, il sistema consente o comunque non inibisce l’estensione non certo del termine, ma dell’assegnazione del militare distaccato, senza, però, prevedere un meccanismo compensativo (per il dipendente) o sanzionatorio (per la P.A. datrice di lavoro). Ciò configura pur sempre una sorta di rapporto di mero fatto contra (non praeter ) legem , ossia un fatto ingiusto in danno al militare, sol perché questi, a cagione del principio di gerarchia, è rimasto applicato alla sua sede di distacco. Sicché ben può l’appellante, ove ne ricorrano i presupposti, far constare tal vicenda dannosa nelle opportune sedi, ai fini risarcitori che non formano oggetto del presente giudizio.

Giusti motivi suggeriscono la compensazione integrale, tra le parti, delle spese di lite.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi