Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-03-13, n. 201901661

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-03-13, n. 201901661
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201901661
Data del deposito : 13 marzo 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/03/2019

N. 01661/2019REG.PROV.COLL.

N. 07893/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7893 del 2018, proposto da
Stamperia Bresciani Giuseppe s.n.c. di A B, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G B, G R e G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G P in Roma, viale Giulio Cesare, 14;

contro

Comune di Polaveno, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati M B e P R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio P R in Roma, via Appia Nuova, 96;

nei confronti

Provincia di Brescia, Zugno Perino, Boniotti Giovanni, Boniotti Adriano, Boniotti Edoardo, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, sez. I, n. 760/2018 del 30 luglio 2018, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Polaveno;

Visto l 'art. 114 Cod. proc. amm.;

Viste le memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 marzo 2019 il Cons. Elena Quadri e uditi per le parti gli avvocati Pafundi e Cucchiarelli per delega di Rolfo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La Stamperia Bresciani è proprietaria di un edificio in parte produttivo e in parte residenziale, situato nel Comune di Polaveno, la cui edificazione è avvenuta sulla base di una concessione edilizia del 4 agosto 1980. Tale concessione è stata annullata in autotutela dal Comune, sul presupposto che la disciplina urbanistica adottata consentisse unicamente la destinazione residenziale e l’artigianato di servizio, ma, in seguito alla sentenza del Consiglio di Stato n. 303 del 1992, gli effetti della stessa si sono consolidati, nonostante il contrasto con lo strumento urbanistico all’epoca adottato.

Successivamente l’edificio è stato completato e dichiarato agibile per la parte adibita a laboratorio e abitabile per la parte residenziale, tuttavia l’attività produttiva non è mai stata avviata.

Per un breve periodo, tra il 1999 e il 2001, il capannone è stato concesso in locazione a una ditta dolciaria come deposito di prodotti alimentari.

Il 7 marzo 2002 la ricorrente ha chiesto il nulla-osta all’esercizio delle attività di torneria e stampaggio a caldo di materiali non ferrosi e delle lavorazioni connesse, quali sbavatura, tranciatura e sabbiatura. Il Comune ha espresso il diniego con provvedimento del 9 marzo 2004, evidenziando che il PRG del 2000 vietava le attività industriali e artigianali, ad eccezione dell’artigianato di servizio. Il ricorso proposto dalla Stamperia contro il suddetto diniego è stato dichiarato perento.

La società ha poi impugnato davanti al Tribunale amministrativo per la Lombardia, Brescia le previsioni urbanistiche con le quali è stata confermata la disciplina ostativa all’insediamento di attività produttive diverse dall’artigianato di servizio, ma l’impugnazione è stata respinta con sentenza n. 1293 del 30 ottobre 2017, che ha preso atto dell’evoluzione della disciplina urbanistica e ha ravvisato nel PGT del 2011 una forma di tutela per la natura artigianale dell’edificio e per l’iniziativa economica collegata allo stesso. La domanda risarcitoria, fondata sull’impossibilità di svolgere le attività descritte nella richiesta di nulla-osta, è stata pure respinta, anche in considerazione del fatto che l’impugnazione del diniego del 9 marzo 2004 non era stata coltivata ed era andata in perenzione.

Con diffida del 7 dicembre 2017 la società ha chiesto al Comune di revocare il diniego del 9 marzo 2004, ma lo stesso, con provvedimento del 21 dicembre 2017, ha respinto la richiesta, evidenziando che l’attività di stampaggio di minuteria da barra di ottone non è mai stata insediata e non può esserlo per incompatibilità con la consolidata disciplina urbanistica.

La stamperia ha, dunque, proposto azione di ottemperanza alla sentenza del Consiglio di Stato n. 303/1992 e alla sentenza del Tribunale amministrativo per la Lombardia, Brescia n. 1293/2017, chiedendo, in subordine, l’annullamento dei provvedimenti di diniego del 9 marzo 2004 e del 21 dicembre 2017, nonché il risarcimento del danno subito a decorrere dal 9 marzo 2004 per l’impossibilità di utilizzare l’edificio secondo la destinazione produttiva desiderata.

Con sentenza n. 760/2018 del 30 luglio 2018 il Tribunale amministrativo per la Lombardia, Brescia ha respinto il ricorso succitato, statuendo, sostanzialmente, che il titolo edilizio legittima la realizzazione di un fabbricato, ma non prenota la possibilità di insediarvi tutte le destinazione d’uso materialmente esercitabili;
avendo integralmente esaminato nel merito la questione controversa non ha ravvisato i presupposti per la conversione dell’azione in ricorso impugnatorio contro i provvedimenti di diniego;
ha respinto l’istanza risarcitoria.

La Stamperia Bresciani ha proposto appello, chiedendo la nullità del provvedimento di diniego del 9 marzo 2004 per elusione e violazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 303/92 e dei provvedimenti comunali 12 dicembre 2017 e 20 dicembre 2017 per violazione della sentenza del Tribunale amministrativo per la Lombardia, Brescia n. 1293/17, nonché l’ottemperanza alla sentenza del Consiglio di Stato n. 303/92 e alla motivazione della sentenza del Tribunale amministrativo per la Lombardia, Brescia n. 1293/17, con emissione di provvedimento che autorizzi la Società ad esercitare l’attività produttiva e con condanna del comune di Polaveno al risarcimento del danno per aver inibito dal 2004 ad oggi l’esercizio dell’attività produttiva;
in subordine, il rinvio della causa al giudice di primo grado affinché disponga la conversione dell’azione di ottemperanza in azione di annullamento dei provvedimenti comunali con conseguente condanna del Comune al risarcimento del danno.

Si è costituito in giudizio per resistere all’appello il comune di Polaveno.

Alla camera di consiglio del 7 marzo 2018 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione.

L’appello è infondato.

Vanno, innanzitutto, confermate le statuizioni dell’appellata sentenza in ordine all’inammissibilità del ricorso in ottemperanza, sia riguardo alla sentenza del Consiglio di Stato n. 303/1992, per il difetto di competenza del Tribunale amministrativo per la Lombardia, Brescia rispetto a una pronuncia del giudice di appello che ha riformato a proposito della concessione edilizia la decisione di primo grado (Tribunale amministrativo per la Lombardia, Brescia n. 681/87), sia riguardo alla sentenza del Tribunale amministrativo per la Lombardia, Brescia n. 1293/17, atteso che si trattava di sentenza di rigetto del ricorso proposto dalla società.

Con riferimento, invece, alle altre censure, riproposte nel ricorso in appello e che concernono il merito della controversia, deve, innanzitutto, evidenziarsi che dalla documentazione versata in atti risulta che mai nell’edificio assentito dal 1980 è stata svolta l’attività di cui si chiede l’esercizio che, anzi, in tutto il periodo intercorso dal 1980 ad oggi la struttura è stata occupata solo per un breve periodo (dal gennaio 1999 al 2001) dalla ditta Salomoni, che l’ha utilizzata quale mero deposito di prodotti alimentari. Inoltre, almeno a decorrere dal PRG entrato in vigore nel 1990 e fino ad oggi la destinazione di zona dell’area sulla quale insiste il fabbricato è sempre stata residenziale, con divieto tassativo di esercizio di attività produttive e con salvezza unicamente delle attività produttive esistenti e con obbligo di dismissione di quelle eventualmente cessate.

Tanto premesso, non sussiste un titolo abilitante la società appellante all’esercizio dell’attività produttiva richiesta, né la sentenza del Consiglio di Stato n. 303/1992, che riguardava un edificio ancora da realizzare e non una destinazione d’uso già insediata, poteva costituire il titolo abilitante all’esercizio dell’attività. Infatti nel periodo che precede l’avvio di un’attività produttiva, l’amministrazione conserva intatto sia il potere di modifica della disciplina urbanistica che quello di inibire le lavorazioni che non si conformano alla nuova disciplina, come del resto affermato nel provvedimento comunale di diniego del 9 marzo 2004, i cui effetti si sono consolidati con la dichiarazione di perenzione dell’impugnazione avverso lo stesso proposta.

Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello va respinto.

Le spese dei due gradi di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi