Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-04-24, n. 201701909
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Pubblicato il 24/04/2017
N. 01909/2017REG.PROV.COLL.
N. 02151/2013 REG.RIC.
N. 02359/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2151 del 2013, proposto da:
M N, rappresentato e difeso dall'avvocato V B, con domicilio eletto presso Associati s.r.l. Studio Grez &in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
contro
F C, Immacolata P, rappresentati e difesi dall'avvocato G Z , con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, Piazzale Clodio, 56;
nei confronti di
Comune di Montecatini Terme, non costituito in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 2359 del 2013, proposto da:
Comune di Montecatini Terme, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Roberto Martire e Rossana Parlanti, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, Circonvallazione Clodia, 86;
contro
F C, Immacolata P, rappresentati e difesi dall'avvocato Graziella Silvana Zarcone, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, Piazzale Clodio, 56;
nei confronti di
M N non costituito in giudizio;
per la riforma
quanto ad entrambi i ricorsi:
della sentenza 27 agosto 2012, n. 1479 del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, Firenze, Sezione III.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 aprile 2017 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati Federica Scafarelli, su delega dell'avv. V B, G Z e Roberto Martire.
FATTO
1.– I signori C Franco, Immacolata P e Nuti Massimiliamo sono comproprietari di due parti corrispondenti al piano parzialmente seminterrato di un immobile. La parte rialzata di tale immobile è stata acquisita dal sig. Nuti che ha ottenuto dal Comune di Montecatini il permesso di costruire per la « realizzazione di lavori di ristrutturazione di un’unica immobiliare, costruzione locale tecnico, costruzione autorimessa e costruzione piscina scoperta ».
Il Tribunale amministrativo regionale della Toscana, con sentenza n. 172 del 2006, confermata dal Consiglio di Stato, con sentenza n. 1654 del 2007, ha annullato, su ricorso dei signori C e P, il permesso di costruire per mancanza del consenso di questi ultimi quali comproprietari e per la non configurabilità di un volume tecnico.
A seguito di tale annullamento, il Comune ha irrogato al sig. Nuti la sanzione pecuniaria pari ad euro 10.380,46.
2.– I signori C e P hanno impugnato tale provvedimento innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, ritenendo che, nella specie, l’amministrazione, in ragione della natura dei vizi riscontrati e delle opere realizzare, avrebbe dovuto applicare la sanzione della demolizione.
3.– Il Tribunale amministrativo, con sentenza 27 agosto 2012, n. 1479, ha ritenuto fondate le predette censure e, pertanto, ha annullato il provvedimento impugnato.
4.– Il ricorrente di primo grado e il Comune hanno proposto separati appelli avverso la medesima sentenza, ritenendone l’erroneità per le ragioni indicate nella parte in diritto.
5.– Si sono costituiti in giudizio i ricorrenti di primo grado, chiedendo il rigetto dell’appello.
6.– La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 6 aprile 2017.
DIRITTO
1.– La questione posta all’esame della Sezione attiene alla legittimità della sanzione pecuniaria, in luogo della demolizione, che il Comune di Montecatini ha irrogato a seguito dell’annullamento di un permesso di costruire.
2.– Gli appelli, stante la connessione oggettiva e soggettiva, devono essere riuniti per essere decisi con la medesima sentenza.
3.– Gli appelli non sono fondati.
4.– Entrambi gli appellanti, con un’articolata censura, deducono l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha ritenuto che i vizi erano rimovibili e che comunque l’unica sanzione applicabile fosse quella pecuniaria alla luce di quanto previsto dall’art. 138 della legge della Regione Toscana 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio). Tale norma, nella prospettiva degli appellanti, sarebbe chiara nell’assegnare valenza prioritaria, nella scelta che l’amministrazione deve effettuare dopo l’annullamento del permesso di costruire, alla sanzione pecuniaria rispetto a quella in forma specifica. Si sostiene, in ogni caso, che la rimozione delle opere non sarebbe tecnicamente possibile.
I motivi non sono fondati.
In via preliminare è necessario ricostruire il quadro normativo, statale e regionale, rilevante.
La competenza legislativa in materia di governo del territorio, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., è ripartita tra Stato e Regioni: il primo detta i principi fondamentali, le seconde le norme di sviluppo applicativo.
Il decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) prevede, all’art. 2, che « Le regioni esercitano la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico ». Ne consegue che le Regioni devono rispettare le regole di disciplina poste dal suddetto decreto. E’ bene precisare che quella riportata è una norma di auto-qualificazione e, pertanto, potrebbe non essere vincolante, sul piano costituzionale, qualora la specifica disposizione contenuta nel testo unico non avesse la effettiva natura di disposizione di principio.
A livello statale, l’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001 prevede che « in caso di annullamento del permesso di costruire, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall'agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest'ultima e l'amministrazione comunale. La valutazione dell'agenzia è notificata all'interessato dal dirigente o dal responsabile dell'ufficio e diviene definitiva decorsi i termini di impugnativa ».
La ragione sottesa a questa previsione è quella di contemplare un regime particolare per le fattispecie che non si caratterizzano per una abusività “originaria” ma “sopravvenuta” a seguito dell’annullamento del permesso di costruire. Per tenere conto di tale particolare fattispecie che giustifica un trattamento normativo più favorevole rispetto all’abusività “originaria” il legislatore ha previsto tre possibili rimedi: i ) la sanatoria della procedura nei casi in cui sia possibile la rimozione dei vizi della procedura amministrativa, con conseguente non applicazione di alcuna sanzione edilizia; ii ) nel caso in cui non sia possibile la sanatoria, l’amministrazione è obbligata ad applicare la sanzione in forma specifica della demolizione; iii ) soltanto nel caso in cui non sia possibile applicare la sanzione in forma specifica, in ragione della natura delle opere realizzate, l’amministrazione è obbligata ad applicare la sanzione pecuniaria nel rispetto delle modalità sopra indicate. Si tratta di una gradazione di sanzioni modulata alla luce della gravità della violazione della normativa urbanistica.
Per il suo contenuto precettivo tale norma deve essere intesa quale espressione di un principio fondamentale della materia del governo del territorio, non essendo ipotizzabile un’applicazione differenziata in ambito nazionale delle regole che presiedono alla repressione degli abusivi divenuti tali successivamente all’annullamento del permesso di costruire.
A livello regionale, l’art. 138 della legge della Regione Toscana 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio), vigente ratione temporis , prevede che: « in caso di annullamento del permesso di costruire, qualora non sia possibile la rimozione di vizi riscontrati, il comune applica una sanzione pari al valore venale delle opere abusivamente eseguite valutato dall'ufficio tecnico comunale, e comunque non inferiore ad euro 516,00, salvo che con provvedimento motivato dichiari che l'opera contrasta con rilevanti interessi pubblici, disponendo la restituzione in pristino in quanto possibile. La valutazione dell'ufficio tecnico è notificata alla parte dal comune e diviene definitiva decorsi i termini di impugnativa ». Tale ultima norma è stata abrogata dall'art. 254, comma 1, lett. a), della legge regionale 10 novembre 2014, n. 65, il cui art. 204, al comma 1, prevede che « in caso di annullamento del permesso di costruire si applica l'articolo 38 del D.P.R. 380/2001 ».
La norma regionale, applicabile nella specie, ha un contenuto non chiaro.
Essa, in coerenza con il criterio ermeneutico dell’interpretazione conforme a Costituzione e, nella specie, alle regole di riparto delle competenze legislative in materia di governo del territorio, deve essere intesa in modo da assegnarle un significato analogo a quello desumibile dalla disposizione statale. Ne consegue che, ferma restando, ove, possibile, la sanatoria procedimentale, l’amministrazione dovrà applicare la restituzione in pristino e soltanto ove questa non sia possibile si dovrà ricorrere alla sanzione pecuniaria. In questa prospettiva la dizione « l’opera contrasta con rilevanti interessi pubblici » deve essere intesa nel senso che tale contrasto sussiste ogni volta che si realizza un’opera abusiva di cui è possibile la demolizione, non occorrendo una valutazione di gravità maggiore rispetto alla stessa realizzazione dell’abuso. Se si fosse intesa, invece, la norma nel senso prospettato negli atti di appelli si sarebbe dovuto sollevare questione di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 117, comma 3, Cost.
Applicando questi principi nel caso di specie, ne consegue, come correttamente ritenuto dal primo giudice, l’obbligo per il Comune di ordinare la demolizione, salva l’ulteriore e specifica valutazione in ordine alla impossibilità materiale dell’esecuzione demolitoria. I vizi riscontrati (in particolare mancanza di assenso di uno dei contitolari di parte del suolo) non sono, in mancanza di un sopravvenuto consenso, sanabili né risultano dal provvedimento ragioni che impedirebbero oggettivamente la demolizione. Ne consegue che le opere ritenute “successivamente” abusive dovranno essere demolite, rimanendo peraltro nella segnalata discrezionalità tecnica del Comune operare un’eventuale valutazione motivata, anche sulla scorta delle specifiche deduzioni dei destinatari della misura sanzionatoria, in ordine alla impossibilità materiale del ripristino.
5.– La novità delle questioni di diritto esaminate giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.