Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-02-07, n. 202301296

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-02-07, n. 202301296
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202301296
Data del deposito : 7 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/02/2023

N. 01296/2023REG.PROV.COLL.

N. 07163/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7163 del 2018, proposto dalle seguenti aziende agricole: Azienda Agricola Nicola Renato, Azienda Agricola Giletta Celestino e Figlio Giuseppe S.S., Azenda Agricola Odetto Giuliano, Azienda Agricola Varetto Tommaso, Azienda Agricola Mandrile Fabrizio, Azienda Agricola Mandrile Sergio e Giuseppe F.lli S.S., Azienda Agricola Brondino Pierina, Azienda Agricola Cambiano Massimo, Azienda Agricola Tavella Gianfranco, Azienda Agricola Rossa Antonio, Azienda Agricola Camisassi Piergiorgio, Azienda Agricola Bori Valter, Azienda Agricola Vaschetto Silvio Domenico e Dario, Azienda Agricola Marchetti Maria Lucia, Allevamento Torre Rossa S.S., Azienda Agricola Galliano Chiaffredo, Azienda Agricola Maccario Stefano, Azienda Agricola Aimetta Giovanni e Fratello Martino S.S., Azienda Agricola Sant'Anna di Tallone F.Lli Alberto e Bruno, Azienda Agricola Priotto Fausto e Alberto S.S., Azienda Agricola Pradone di Fauda Giuseppe e C. S.a.s., Azienda Agricola Quaglia Vilma Teresa, Azienda Agricola Mellano Pierfrancesco, Azienda Agricola Bertolino Luciano Franco, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore , rappresentati e difesi dall'avvocato Paolo Botasso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Grez e Associati Srl in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;

contro

l’Agea - Agenzia per le erogazioni in agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda) n. 108/2018, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Agea - Agenzia per le erogazioni in Agricoltura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2023 il Cons. Giovanni Tulumello e udito per le parti l’avvocato Paolo Botasso;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Le aziende agricole appellanti hanno impugnato la sentenza del T.A.R. Piemonte n. 108/2018, che ha accolto parzialmente (riducendo “l’importo della cartella notificata a Cambiano Massimo al minor importo di € 307.289,04”) il ricorso proposto dalle ricorrenti per l’annullamento “ delle cartelle di pagamento Agea aventi ad oggetto il "Prelievo latte sulle consegne" per i periodi indicati in ciascuna di esse, inviate da Equitalia alle aziende agricole ricorrenti, mediante lettere raccomandate a.r. oppure tramite p.e.c., di cui all'elenco indicato nell'epigrafe del ricorso;
dei presupposti ruoli ordinari n. 2015/000001 e n. 2015/000002, entrambi resi esecutivi in data 19.2.2015, nella parte concernente l'iscrizione del debito delle ricorrenti
”.

2. Preliminarmente deve essere rilevato che l’Amministrazione appellata ha eccepito in memoria “ l’inammissibilità del ricorso collettivo/cumulativo di cui trattasi, sussistendo diversità di presupposti, diversità di annate, diversità di situazioni. (….) Ciò, a maggior ragione, ove si consideri che la situazione è differenziata anche in relazione al fatto che soltanto alcuni dei ricorrenti hanno proposto motivi aggiunti ”.

L’Amministrazione ha inoltre eccepito l’intervenuta preclusione da giudicato, con riguardo ad alcune posizioni, a seguito delle sentenze che hanno deciso i ricorsi proposti contro i provvedimenti presupposti: “ Infatti, con riferimento alle "intimazioni" (le richieste di versamento del prelievo esigibile) in atti, si evidenzia che esse valgono a determinare l'an ed il quantum dei diritti sussistenti in capo ad Agea, nel momento in cui esse vengono adottate. Esse, a suo tempo prodotte nel presente giudizio, non sono state fatte oggetto di impugnazione, per quanto note quantomeno a far data dalla loro produzione. Ne deriva la palese inammissibilità di tutti i motivi volti a contestare l'an ed il quantum del credito di Agea, come ivi determinato ”.

Infine, AGEA ha dedotto che “ i motivi addotti appaiono largamente inammissibili, essendo ivi proposte questioni che non sono relative a vizi propri dell'intimazione, ma ad aspetti che dovevano, se del caso, essere proposti nei confronti della cartella ”.

3. Gli appellanti nella memoria finale non hanno replicato a tali eccezioni ed hanno chiesto la disapplicazione dell’art. 9 del d.l. 49/2003, peraltro solo per alcune annate oggetto del giudizio, in conseguenza della sentenza della Corte di Giustizia 27 giugno 2019.

4. Ad avviso del Collegio, è assorbente il rilievo della fondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per genericità dei motivi e per incompatibilità della proposizione del ricorso collettivo e cumulativo rispetto alle censure formulate e alle posizioni delle singole ricorrenti (vertenti su questioni rilevabili d’ufficio).

Come osservato dalla Sezione in una fattispecie analoga con la sentenza n. 3262/2022, “ l’onere di specificazione dei motivi si declina in maniera tanto più intensa quanto più il ricorso abbia ad oggetto posizioni che si assumono differenziate, e non in conflitto tra loro ”.

Nel caso di specie sussistono i dedotti profili di inammissibilità, come si ricava dall’esame dei motivi di appello (che replicano i corrispondenti motivi del ricorso di primo grado), che per quanto si dirà risultano comunque anche infondati nel merito.

5. Con il primo motivo si deduce “ Eccesso di potere per carenza di istruttoria. Eccesso di potere come conseguenza della violazione della legge penale con riferimento agli artt. 479 e 323 c.p.. Violazione dell'art. 13 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e dell'art. 1 del Protocollo n. 1 della CEDU ”.

Il mezzo censura la sentenza impugnata nella parte in cui essa non ha accolto il motivo del ricorso di primo grado con cui si deducevano generiche supposizioni circa l’asserita erroneità dei calcoli relativi alla “quantificazione del prelievo supplementare”.

La censura investe anche il capo di sentenza che ha affermato “ che l'accertamento del debito da prelievo supplementare debba considerarsi ormai definitivo e immutabile come conseguenza dell'invio degli atti di intimazione ” (pag. 9 del ricorso in appello).

Tuttavia non vengono esposti argomenti tali da criticare tale statuizione (solo menzionata).

Va pertanto rilevata l’avvenuta formazione del giudicato in punto di accertamento del debito.

In ogni caso il motivo in esame reitera le generiche allegazioni e deduzioni già correttamente ritenute dal T.A.R. inidonee a sostenere plausibilmente la censura di vizio istruttorio del provvedimento impugnato (che comunque si sarebbero dovute rivolgere contro le cartelle di pagamento, come deduce l’Amministrazione appellata a pag. 9 della propria memoria).

L’Amministrazione invoca peraltro la sentenza di questo Consiglio di Stato n. 2508/2016, che ha rigettato il ricorso proposto anche da alcune delle aziende agricole ricorrenti nel presente giudizio, contro le cartelle di pagamento.

6. Con il secondo motivo si deduce “ Erroneità e carenza di motivazione della sentenza appellata. Violazione di legge in relazione agli artt.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi