Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-04-12, n. 202303705
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 12/04/2023
N. 03705/2023REG.PROV.COLL.
N. 08923/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8923 del 2022, proposto da
A F, rappresentata e difesa dall'avvocato Innocenzo D'Angelo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Treviso, via Olivi n. 38
contro
Università degli Studi Ferrara, Ministero dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12
nei confronti
M N, rappresentato e difeso dall'avvocato G O, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato - Sez. VI n. 2598/2022
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi Ferrara, di M N e del Ministero dell’Università e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2023 il Cons. Rosaria Maria Castorina e uditi per le parti gli avvocati Innocenzo D'Angelo e G O;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato il 18.2.2018, l’odierna ricorrente ha impugnato il provvedimento dell’Università degli studi di Ferrara del 12 dicembre 2017 di approvazione degli atti della selezione per la copertura di un posto di Professore universitario di prima fascia ai sensi dell’art. 18 l. 240/2010, Settore Concorsuale 06/A1 - Genetica Medica, nonché gli atti presupposti (ivi compresi i giudizi della Commissione esaminatrice) e gli atti successivi.
Con ordinanza del 7 settembre 2018 il Tribunale adito ha rigettato l’istanza cautelare, osservando che il ricorso principale ed i ricorsi per motivi aggiunti “non contengono elementi per ritenere ragionevolmente prevedibile un esito favorevole per la ricorrente, tenuto anche conto che le valutazioni effettuate dalla Commissione esaminatrice nei confronti della ricorrente e dell’odierno controinteressato, risultante vincitore della procedura, non appaiono ictu oculi viziate per manifesta irragionevolezza e/o contraddittorietà”.
Il Consiglio di Stato, VI Sezione, con ordinanza n. 4118/2019 respingeva l’appello cautelare.
Con sentenza n. 917/2019 il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna respingeva il ricorso, compensando le spese processuali.
Appellata la sentenza, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2598/2022 ha respinto l’appello, compensando le spese.
Con ricorso notificato in data 9 novembre 2022 la ricorrente ha proposto ricorso per revocazione ex art. 395 co. 1 n. 4 c.p.c. e art. 106 c.p.a. Resistono M N, l’Università degli Studi Ferrara e il Ministero dell’Università e della Ricerca.
All’udienza del 14 febbraio 2023 la causa passava in decisione.
DIRITTO
1.Deve essere preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello.
Osserva il Collegio che il ricorso per revocazione era stato tempestivamente notificato in data 8 novembre, ultimo giorno utile, all’Università degli Studi Ferrara e al Ministero dell’Istruzione e della ricerca, ora Ministero dell’Istruzione e del Merito, c/o l’Avvocatura dello Stato nonché al prof. N presso l’avv. Fasanella con studio in Napoli Corso Vittorio Emanuele 88/c, che non era il difensore del giudizio di appello. Il giorno successivo il ricorso è stato nuovamente notificato al prof. N presso l’avv. G O con studio in Napoli Corso Vittorio Emanuele 88/c.
Sulla questione dell’omessa notificazione dell’impugnazione a tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado si registra un consolidato orientamento della Cassazione, secondo il quale questa situazione “ non comporta l’inammissibilità del gravame (tempestivamente proposto nei confronti dell’altra parte), ma soltanto l’esigenza dell’integrazione del contraddittorio per ordine del giudice e, in mancanza di questo, la nullità dell’intero processo di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità ” (Cassazione, sentenze 445/2013 e 9381/2007). In tali ipotesi, il giudice di appello “ in applicazione dell’art. 331 cod. proc. civ., deve disporre l’integrazione del contraddittorio ” (Cassazione, sentenze 14904/2002 e 14423/2010).
Nella specie, dunque la tempestiva notifica del ricorso per revocazione alle altre due parti del giudizio di appello ha impedito la decadenza dall’impugnazione e la costituzione del prof. N, ha escluso la necessità dell’integrazione del contraddittorio.
2. La ricorrente evidenzia che, nell’atto di appello aveva contestato, principalmente, che l’attività assistenziale non veniva considerata nella motivazione del giudizio reso dalla Commissione esaminatrice, la quale aveva così omesso di valutare uno dei quattro criteri stabiliti dal bando.
Lamenta che il Consiglio di Stato, nel rendere la propria sentenza, pur avendo verificato che la Commissione aveva riconosciuto la preponderanza dell’attività assistenziale della Ferlini rispetto a quella del prof. N, optando per una preminente considerazione della produzione scientifica di quest’ultimo rispetto a quella dell’appellante, in ragione del fatto che si trattava di coprire un posto di professore universitario, non aveva in alcun modo considerato la questione posta e cioè che il bando di concorso stabiliva quattro criteri da seguire, senza dare preminenza a nessuno dei quattro. Tale preteso errore di fatto, secondo la ricorrente, sarebbe riconducibile all’errore revocatorio previsto dall’art. 395 co. 1 n. 4 c.p.c., in quanto si sostanzierebbe in una erronea percezione del contenuto materiale del bando di concorso. Tale errore atterrebbe a punto non controverso, essendo pacifico tra le parti il contenuto del bando di concorso.
3. Va premesso che, secondo l’insegnamento di questo Consiglio, ribadito di recente (v. Sez. II, 5 aprile 2022, n. 2532), “ai sensi dell’art. 395, co. 1, n. 4), c.p.c., come richiamato dall’art. 106 c.p.a, una sentenza pronunciata in grado d’appello può essere impugnata per revocazione se “ è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa ”, con la precisazione che vi è detto errore quando la decisione è fondata “ sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita ” e che in ogni caso può esservi errore di fatto revocatorio solo “ se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare ”.
Per costante giurisprudenza (cfr., ex plurimis , Cons Stato Sez. VII, 1° marzo 2022, n. 1458;Sez. V, 21 settembre 2020, n. 5480, con i precedenti ivi elencati), l’errore in cui incorra l’organo giudicante, per il quale l’art. 395, primo comma, n. 4, c.p.c. dispone la revocazione della sentenza, è l’errore di fatto, che consiste nell’erronea percezione del contenuto materiale degli atti del processo (o in una svista, in un errore di lettura, nel cd. abbaglio dei sensi), a cagione del quale il giudice abbia fondato il suo convincimento su di un falso presupposto di fatto. Sono, invece, errori di diritto e come tali non danno luogo alla revocazione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 26 febbraio 2021, n. 1644) quelli consistenti nell’erronea interpretazione e valutazione dei fatti e, più in generale, delle risultanze processuali, come pure gli errori sull’interpretazione o applicazione di norme giuridiche.
L’errore di fatto “ avviene nell’ambito di un’attività sensoriale-percettiva, mentre l’errore di diritto si verifica nell’ambito di un’attività intellettiva: solo il primo, come detto, conduce alla revocazione della sentenza, poiché, altrimenti, la revocazione sarebbe una forma di gravame in teoria reiterabile più volte, idoneo a condizionare sine die il passaggio in giudicato di una pronuncia giurisdizionale” (Cons. Stato., Sez. V, n. 5480/2020)” (Cons. Stato Sez. VII, n. 1458/2022).
Ancora, l’errore di fatto, sostanzialmente riconducibile ad un abbaglio dei sensi, deve essere immediatamente rilevabile, senza quindi che vi sia la necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche, e non deve essere confuso con l’errore che deriva dall’attività valutativa del giudice che abbia dato luogo ad una statuizione anche implicita.
Non si è, quindi, in presenza di un errore revocatorio nell’ipotesi di inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali, ovvero di anomalie del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, ovvero ancora nel caso in cui la questione sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita;ipotesi, queste, che possono semmai dar luogo ad un errore di valutazione, come tale qualificabile come errore di diritto e non deducibile in sede di revocazione (cfr., sul punto, anche Cons. Stato, sez. III, n. 2316/2021;Cons. Stato, Sez. II, n. 2532/2022, cit.).
Dunque, “ non sussiste l’errore di fatto revocatorio del giudice amministrativo qualora le conclusioni cui lo stesso è pervenuto scaturiscano non da una difettosa lettura dei documenti di causa e del loro contenuto bensì da un puntuale ragionamento logico-giuridico, la cui correttezza (o meno) in diritto esula dal sindacato consentito al Giudice medesimo” (Cons. Stato, Sez. V, 17 gennaio 2019, n. 418). In altre parole, “ l’errore di fatto, eccezionalmente idoneo a fondare una domanda di revocazione, è configurabile solo riguardo all’attività ricognitiva di lettura e di percezione degli atti acquisiti al processo, quanto a loro esistenza e a loro significato letterale, per modo che del fatto vi siano due divergenti rappresentazioni, quella emergente dalla sentenza e quella emergente dagli atti e dai documenti processuali;ma non coinvolge la successiva attività di ragionamento e apprezzamento, cioè di interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande, delle eccezioni e del materiale probatorio, ai fini della formazione del convincimento del giudice ” (Cons. Stato Sez. III, 28 luglio 2020, n. 4800;id., 21 novembre 2019, n. 7938).
Da ultimo, per giurisprudenza costante l’errore di fatto, idoneo a fondare un giudizio di revocazione ai sensi dell’art. 395, primo comma, n. 4, c.p.c., deve avere ad oggetto un fatto che non ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza da revocare ebbe a pronunciare (cfr., ex plurimis , Cons. Stato, Sez. III, 20 maggio 2020, n. 3201;id., 2 novembre 2019, n. 7479;Sez. IV, 24 marzo 2020, n. 2047;Sez. VI, 17 febbraio 2020, n. 1195;Sez. V, 2 dicembre 2019, n. 8245). Invero, “ l’errore revocatorio non deve basarsi su un fatto costituente punto controverso sul quale sia intervenuta la pronuncia del giudice, atteso che, in tal caso sussisterebbe un errore di diritto e la revocazione andrebbe in pratica a censurare la valutazione e l’interpretazione delle risultanze processuali ” (così Cons. Stato, Sez. VI, 12 febbraio 2020, n. 1058).
Inoltre, affinché possa dirsi esistente il vizio revocatorio contemplato dall’art. 395 c.p.c. “è necessario che l’errore di fatto si sia dimostrato determinante, secondo un nesso di causalità necessaria, nel senso che l’errore deve aver costituito il motivo essenziale e determinante della decisione impugnata per revocazione. È stato puntualizzato che il nesso causale non inerisce alla realtà storica, ma costituisce un nesso logico-giuridico, nel senso che la diversa soluzione della lite deve imporsi come inevitabile sul piano, appunto, della logica e del diritto, e non degli accadimenti concreti (Cons. Stato, sez. VI, 18 febbraio 2015, n. 826);la falsa percezione della realtà processuale deve dunque riguardare un punto decisivo, anche se non espressamente controverso della causa (Cons. Stato, sez. IV, 1 settembre 2015, n. 4099)” (Cons. Stato, Sez. IV, 15 giugno 2022, n. 4868).
Tanto premesso, il Consiglio di Stato ha valutato la questione sottoposta osservando testualmente: In sede di valutazione comparativa, la Commissione ha rilevato l’esistenza della attività assistenziale della prof. Ferlini, ma non risulta un riferimento all’attività denunciata dal prof. N. Risulta pertanto infondata la tesi dell’assenza di valutazione comparativa dei candidati in merito a questo profilo: la menzione della chiara esplicitazione dell’attività stessa in favore della ricorrente ed il silenzio relativo alla posizione del prof. N rende evidente che la Commissione ha inteso valutare certamente la preponderanza, sotto il profilo assistenziale, della prima rispetto al secondo. Infine però il giudizio comparativo tra i candidati reso dalla commissione è sufficientemente chiaro in ordine a ciascuno degli elementi considerati. La preminente considerazione della produzione scientifica del prof. N rispetto a quella di carattere assistenziale della ricorrente evidenzia il risultato di una considerazione specifica del fatto che si trattava di coprire un posto di professore universitario, non di un posto di un’azienda ospedaliera. Nell’esercizio della propria discrezionalità tecnica ed in maniera logica, l’Università ha ritenuto più qualificato il prof. N a svolgere le funzioni di professore di prima fascia, privilegiando la produzione scientifica. Il TAR, avvallando tale risultato, non poteva – privilegiando l’odierna appellante nella valutazione accademica per ragioni inerenti alla ricerca ed alla produzione scientifica per svolgimenti di incarichi di natura ospedaliera – modificare a sua volta valutazioni estranee all’ambito della ricerca.
È evidente, dalla lettura del passo motivazionale sopra riprodotto, che nella specie manca l’errore di fatto revocatorio, essendo la circostanza in pretesa non considerata, compiutamente esaminata e valutata dal Collegio.
Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come da dispositivo, sono poste a carico della ricorrente.