Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-06-28, n. 201904461

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-06-28, n. 201904461
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201904461
Data del deposito : 28 giugno 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/06/2019

N. 04461/2019REG.PROV.COLL.

N. 01027/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1027 del 2019, proposto dalla Vivisol Napoli s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio ed in qualità di capogruppo mandataria del costituendo raggruppamento Vivisol Napoli s.r.l. / Consorzio Icaro Coop. Sociali s.r.l. / Consorzio Italia Coop. a r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati U G, E R ed Emanuele D'Alterio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

la Asl Napoli 2 Nord, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati A P e A C e con questi elettivamente domiciliata in Roma, via Amiterno, n. 3 presso lo studio dell’avvocato Giovanna Buonavoglia,
la Asl Napoli 1 Centro, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio,
il Provveditorato Interregionale OO.PP. Campania e Molise - Stazione Unica Appaltante, Ministero Infrastrutture e Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio, nonchè

nei confronti

della Soresa s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio,
dell’Ati di cui soc. Coop. Elleuno s.c.s. è capogruppo mandataria designata, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio,

per la riforma

della sentenza del T Campania, sede di Napoli, sez. V, n. 6953 del 4 dicembre 2018, che ha respinto il ricorso, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla Vivisol Napoli s.r.l. avverso la Deliberazione n. 152 del 12 febbraio 2018 del Direttore Generale della Asl Na 2 Nord, con la quale è stata disposta la revoca, ai sensi dell’art. 21 quinquies, l. n. 241 del 1990, della procedura ad evidenza pubblica di cui alla Deliberazione n. 199 del 2016, nonché la successiva Delibera, di conferma della revoca, n. 575 del 9 maggio 2018.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Asl Napoli 2 Nord;

Vista la memoria depositata dalla Asl Napoli 2 Nord in date 22 febbraio 2019 e 12 giugno 2019;

Vista la memoria depositata dalla Vivisol Napoli s.r.l. in date 26 febbraio 2019 e 8 giugno 2019;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2019 il Cons. Giulia Ferrari e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 115 del 5 ottobre 2016 il Provveditorato

Interregionale per le Opere Pubbliche per la Campania, il Molise, la Puglia e la Basilicata

ha indetto, su richiesta della Asl Napoli 2 Nord, la gara, a procedura aperta, per l'affidamento del servizio di cure domiciliari di I, II e III livello, prestazioni di cure delle lesioni cutanee, nutrizione artificiale domiciliare a favore degli utenti della Asl Napoli 2 Nord per un servizio triennale per un complessivo importo a base d'asta pari ad euro 29.223756,00.

In base al Capitolato, lo specifico oggetto dell’appalto è la fornitura di servizi infermieristici, di fisioterapia e di sostegno socio-sanitario necessari alla realizzazione di una corretta Assistenza Domiciliare rientrante nelle Cure domiciliari di I, II e III livello in cui è compreso anche il livello ad alta intensità specialistico ospedaliero (Cure Palliative escluso i pazienti in ex Ospedalizzazione domiciliare;
terapia del dolore;
nutrizione artificiale domiciliare);
una centrale Operativa .....;
prestazioni di cura delle lesioni cutanee;
equipe sanitaria per emotrasfusioni domiciliari con medico trasfusionista;
interventi infermieristici straordinari non pianificati resi a domicilio dei pazienti ....;
servizio ambulanza ....;
servizio NAD (enterale domiciliare e parenterale domiciliare).

Ai sensi dell’art. 1 del Capitolato, le tipologie assistenziali oggetto dell’appalto sono da ricondursi alle Cure domiciliari di I, II e III livello, alla Nutrizione Artificiale Domiciliare Enterale e Parentale, alle Prestazioni di cura delle lesioni cutanee e agli Interventi di emotrasfusioni.

In base alla lex specialis, la Asl ha la gestione di tutti i protocolli organizzativi dell’appalto mentre l’aggiudicatario svolge una attività meramente esecutiva.

Alla gara hanno partecipato, oltre all’Ati Vivisol Napoli s.r.l. / Consorzio Icaro Coop. Sociali s.r.l. / Consorzio Italia Coop. a r.l., in proprio ed in qualità di capogruppo mandataria del costituendo raggruppamento di cui l’appellante è mandataria designata, il costituendo raggruppamento di cui è mandataria designata la coop. Soc. Nuova Sair, la costituenda Ati di cui la Coop Elleuno sca è mandataria designata, il Centro Studi della Scoliosi s.r.l. e la costituenda Ati con mandataria designata Iflhan s.r.l..

Con delibera n. 152 del 12 febbraio 2018 il Direttore generale dell’Azienda sanitaria ha revocato la gara - che era nella fase, precedente l’aggiudicazione, della verifica della non anomalia dell’offerta della prima graduata Vivisol, preso atto di quanto esposto dal Direttore Sanitario con la relazione n. 65/DS del 25 gennaio 2018, atteso il riscontro di “rilevanti criticità nonché significative e sostanziali carenze presenti nell’impianto tecnico della gara”, e dal Direttore della U.O.C. Cure Domiciliari che, con la nota del 29 gennaio 2018, aveva, inoltre, evidenziato come “le nuove e diverse modalità di erogazione del livello assistenziale per come previste dalle recenti Linee Guida Aziendali” non fossero “più compatibili” con la predetta procedura ad evidenza pubblica.

La delibera n. 152 del 2018 è stata impugnata dinanzi al T Napoli, con ricorso notificato il 23 marzo 2018 e depositato il successivo 6 aprile.

Con ordinanza n. 598 del 24 aprile 2018 il T Napoli ha accolto l’istanza cautelare proposta, ritenendo assistito da sufficienti elementi di fondatezza il motivo relativo alla segnalata situazione di conflitto di interessi del Direttore dell’UOC Cure domiciliari, dottor G S, in quanto padre dell’Amministratore del Centro AIAS (dottor G S), uno dei centri cui è affidato, in accreditamento, il servizio di cure domiciliari oggetto della procedura ad evidenza pubblica, il quale ultimo ha, altresì, proposto il ricorso per l’annullamento della procedura di gara nei confronti dell’ammissione della Ati con capogruppo la Vivisol Napoli s.r.l. (ricorso definito dalla sez. V del T Napoli con la sentenza n. 4325 del 8 settembre 2017) e mandante della costituenda ATI con mandataria designata Iflhan s.r.l., esclusa dalla procedura di gara. Anche il coniuge del dottor S ha stretti legami con la concorrente Aias, essendo dipendente della medesima.

Con Deliberazione n. 575 del 9 maggio 2018, gravata con motivi aggiunti, la Asl Na 2 Nord ha confermato l’atto deliberativo n. 152 del 12 febbraio 2018, “quale espressione di una precisa e specifica volontà aziendale diretta ad assicurare un’omogenea ed uniforme applicazione del nuovo modello operativo adottato nel settore delle cure domiciliari”, sulla base della sola predetta “relazione del Direttore Sanitario Aziendale rif. n. 65/DS del 25 gennaio 2018”. In tale deliberazione l’Amministrazione, dopo avere premesso di avere “avviato percorsi diretti a realizzare un sostanziale cambiamento rispetto alle procedure … fino ad allora in uso presso l’Azienda”, verso, cioè l’internalizzazione del servizio, tanto che “già con provvedimento n. 589 del 5 giugno 2017 l’attuale Direzione strategica ha proceduto ad approvare il nuovo regolamento aziendale delle Cure domiciliari”, ha evidenziato, da un lato, la circostanza che “le criticità e carenze manifestate dalla Direzione sanitaria … trovano fondamento proprio nella nuova modalità di erogazione” e, dall’altro, una “concreta inconciliabilità intervenuta, a seguito dell’applicazione del nuovo modello operativo de quo, tra le nuove esigenze aziendali e quelle che, invece, all’epoca, avevano portato l’Asl all’indizione della gara affidata alla S.U.A.”.

2. La sentenza del T Campania, sede di Napoli, sez. V, n. 6953 del 4 dicembre 2018, che ha rigettato il gravame, è stata impugnata con appello notificato il 5 dicembre 2019 e depositato il successivo 6 dicembre, deducendo:

a) Error in iudicando - Violazione dell’art. 114 c.p.a. - Violazione dell’ordine del giudice amministrativo - Violazione dell’art. 650 c.p. - Violazione dell’art. 6 bis, l. n. 241 del 1990 - Violazione dell’artt. 3 e 7, comma 1, d.P.R. n. 62 del 2013 - Violazione dell’art. 42, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016 - Violazione dell’art. 97 Cost. - Violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa - Illegittimità derivata.

La sentenza gravata è erronea laddove dichiara il ricorso principale improcedibile nella parte in cui lo stesso è rivolto a censurare la situazione di conflitto di interessi del Direttore dell’U.O.C. Cure domiciliari, dottor G S, posto che con deliberazione del Direttore Generale n. 751 del 19 giugno 2018, l’Azienda sanitaria lo ha sospeso, con decorrenza immediata, dall’incarico di responsabile della relativa struttura complessa contestualmente conferendola, ai sensi dell’art. 18 del

CCNL

1998 - 2001, ad altro dirigente medico, con ciò, peraltro, facendo seguito all’interdizione, quanto alla specifica attività, già disposta in data 12 febbraio 2018.

A prescindere dal rilievo che l’improcedibilità riguarderebbe solo la parte volta a censurare la situazione di conflitto di interessi del dottor S e non il resto del ricorso, articolato su ulteriori differenti 10 motivi di ricorso, in ogni caso non poteva essere dichiarato improcedibile per la sostituzione postuma del dottor S quale dirigente dell’UOC Cure domiciliari, avendo partecipato indirettamente alla formazione della volontà dell’ente che si è poi trasfusa nelle due deliberazioni gravate. Il successivo provvedimento di conferma della revoca, infatti, richiama gli atti a firma del dottor S il quale peraltro non solo era il Dirigente competente del settore oggetto di gara, ma anche il RUP della procedura di gara ed in tale duplice veste al medesimo competeva la scelta in ordine all’approvazione o meno degli atti di gara.

b) Error in iudicando - Violazione di legge per mancata comunicazione di avvio del procedimento (artt. 7 e 8, l. n. 241 del 1990) - Violazione dei criteri di trasparenza, pubblicità e imparzialità (art. 1, comma 2, l. n. 241 del 1990) - Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento della Pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) - Violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.).

Anche il capo della sentenza incentrato sull’inesistenza della violazione dell’art. 7, l. n. 241 del 1990 va riformato in quanto erroneo.

c) Error in iudicando - Violazione degli artt. 2, 3 e 21 octies, l. n. 241 del 1990.

Anche il capo della sentenza che ha rigettato il terzo motivo del ricorso per motivi aggiunti, incentrato sull’illegittimità dell’integrazione postuma della motivazione, non è condivisibile. Manca una specifica istruttoria e non è fornita alcuna motivazione in ordine all’illegittimità del provvedimento convalidato, al vizio da rimuovere ed all’interesse pubblico sotteso che giustifica il mancato annullamento dell’atto illegittimo e la convalida, invece, del medesimo.

d) Error iudicando - Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 quinquies, l. n. 241 del 1990 - Violazione artt. 2 e 3, l. n. 241 del 1990 - Violazione 97 Cost. – Violazione del giudicato discendente dalla sentenza del T Napoli, sez. V, n. 4325 del 2017 - Illegittimità derivata.

E’ erroneo il capo della sentenza che ha rigettato la censura dedotta nella via dei motivi aggiunti incentrato sulla contraddittorietà dell’operato dell’amministrazione procedente rispetto alle statuizioni contenute nella sentenza n. 4325 del 2017, con la quale il T Napoli aveva respinto il ricorso proposto da alcune strutture accreditate, tra le quali il Centro di Riabilitazione A.I.A.S. di Afragola avverso il bando della procedura aperta per l'affidamento, triennale, di cure domiciliari di I, II e III livello, prestazioni di cure delle lesioni cutanee e nutrizione artificiale domiciliare a favore dei relativi utenti, nonché, con atto di motivi aggiunti, avverso il provvedimento di ammissione alla medesima gara dell'Ati Vivisol Napoli s.r.l. - Icaro Consorzio Cooperative Sociali — Consorzio Italia Coop. Sociale oltreché i rispettivi provvedimenti di accreditamento.

Con tale pronuncia il T si era, infatti, limitato a riconoscere la legittimità e remuneratività dell’impianto della procedura di gara in un contesto coordinato di assistenza domiciliare integrata basata sulla ripartizione, tra Azienda ed eventuale aggiudicataria, delle prestazioni, rispettivamente, sanitarie e di natura socio-assistenziali, senza alcuna valutazione in ordine alle carenze e disfunzioni attualmente esaminate.

Con l’impugnata sentenza, di contro, il giudice di primo grado non ha colto la portata della censura volta ad evidenziare la contraddittorietà dell’operato dell’amministrazione procedente, che aveva revocato la procedura di gara dopo averne sostenuto, con la sentenza n. 4325 del 2017, in maniera incondizionata la legittimità.

e) Error in iudicando - Violazione degli artt. 2, 3, 21, l. n. 241 del 1990 - Violazione del giusto procedimento - Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà dell’azione amministrativa. La sentenza del giudice di primo grado è erronea nella parte in cui non ha rilevato la contraddittorietà dell’azione amministrativa derivante dalla prosecuzione, mediante proroga, dell’erogazione del servizio da parte dei Centri accreditati disposta con la deliberazione n. 1215 del 2017 fino alla conclusione dell’attuale procedura di gara, il che rimarca, contrariamente alle decisioni successivamente assunte e gravate con il ricorso all’esame, una sostanziale coerenza della procedura di gara con le nuove Linee Guida aziendali di cui al Regolamento n. 589/2017, parimenti contraddittoriamente richiamato per disporne la revoca.

f) Error in iudicando violazione delle Linee Guida aziendali di cui al Regolamento n. 589 del 2017.

Dalle Linee Guida aziendali del 2017 e dall’atto aziendale del 2017 non discende alcuna scelta di internalizzazione del servizio.

5. Si è costituita in giudizio la Asl Napoli 2 Nord, che ha sostenuto l’infondatezza dell’appello.

6. La Asl Napoli 1 Centro non si è costituita in giudizio.

7. Il Provveditorato Interregionale OO.PP. Campania e Molise - Stazione Unica Appaltante non si è costituito in giudizio.

8. La Soresa s.p.a. non si è costituita in giudizio.

9. L’Ati di cui soc. Coop. Elleuno s.c.s. è capogruppo mandataria non si è costituita in giudizio.

10. Con ordinanza n. 1137 del 4 marzo 2019 la Sezione ha accolto l’istanza di sospensione cautelare della sentenza appellata ai soli fini della sollecita definizione nel merito.

11. Alla pubblica udienza del 20 giugno 2019 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Oggetto del contenzioso proposto dinanzi al T Campania, sede di Napoli, è la Deliberazione n. 152 del 12 febbraio 2018 del Direttore Generale della Asl Na 2 Nord, con la quale è stata disposta la revoca, ai sensi dell’art. 21 quinquies, l. n. 241 del 1990, della procedura ad evidenza pubblica di cui alla Deliberazione n. 199 del 23 febbraio 2016, bandita per l'affidamento del servizio di cure domiciliari di I, II e III livello, prestazioni di cure delle lesioni cutanee, nutrizione artificiale domiciliare a favore degli utenti della Asl Napoli 2 Nord, per un triennio, per un complessivo importo a base d'asta pari ad euro 29.223756,00.

Tale revoca è stata confermata con la successiva Delibera n. 575 del 9 maggio 2018, a seguito di ordinanza propulsiva del T Napoli, sez. V, n. 598 del 24 aprile 2018 che, in considerazione di una segnalata situazione di conflitto di interessi in cui si trovava il Direttore dell’UOC Cure domiciliari, dottor G S, avrebbe imposto la sua astensione dalla procedura di gara, mentre invece ha redatto la nota del 29 gennaio 2018, con la quale ha invitato il Direttore Generale dell’ASL a revocare la procedura.

In punto di fatto va rilevato che il dott. G S (dirigente competente per il settore oggetto di gara e Rup della stessa procedura di gara), che ha reso il primo parere favorevole (n. 156581 del 29 gennaio 2018) per la revoca della gara, è padre del dottor G S, amministratore del Centro di riabilitazione Aias di Afragola, che eroga in regime di proroga il servizio oggetto dell’appalto in contestazione.

Con il primo motivo di appello si afferma che, nonostante la revoca disposta con Deliberazione n. 152 del 12 febbraio 2018 del Direttore Generale della Asl Na 2 Nord sia stata poi confermata con la successiva Delibera n. 575 del 9 maggio 2018, resta ferma l’originaria posizione di evidente e dichiarata incompatibilità del dottor Gustavo S, la cui manifestazione di volontà volta alla revoca della gara è alla base anche della successiva convalida.

Il motivo non è suscettibile di positiva valutazione.

Il potere esercitato dal Direttore generale con la Deliberazione n. 575 del 9 maggio 2018 è inquadrabile, come correttamente affermato dal giudice di primo grado (e contrariamente a quanto assume l’appellante nel terzo motivo), nell’istituto della convalida, che trova puntuale disciplina nell’art. 21 nonies, comma 2, l. 7 agosto 1990, n. 241, secondo cui “è fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole”.

L’istituto in esame si inquadra nel fenomeno della convalescenza dell’atto amministrativo, che si verifica allorquando la Pubblica amministrazione, in presenza di un atto annullabile per illegittimità, ritenga con una propria determinazione volitiva, anziché di procedere al ritiro mediante l’annullamento, di mantenerlo in vita eliminando i vizi che lo inficiano.

Non contenendo il citato comma 2 dell’art. 21 nonies, l. n. 241 del 1990 alcuna specificazione, è evidente che esso consente all’Amministrazione di sanare tutti i vizi di legittimità da cui una propria precedente determinazione autoritativa sia in ipotesi affetta (Cons. St., sez. V, 18 dicembre 2017, n. 5928). Dunque anche la revoca della gara disposta con la partecipazione al procedimento di un Direttore di U.O.C. in evidente conflitto di intessi.

2. Né l’appellante può essere seguito allorchè afferma che l’intervento in sede cautelare del giudice di primo grado, con una prima ordinanza di accoglimento dell’istanza di sospensione della revoca approvata con delibera n. 152 del 2018, fosse preclusiva della possibilità di convalidare la revoca emendata della rilevata incompatibilità.

L’ordinanza del T Napoli n. 598 del 2018 ha sospeso la revoca della gara disposta con delibera n. 152 del 2018 evidenziando il vizio dal quale sarebbe inficiata. Per effetto di tale pronuncia, però, l’Amministrazione non ha perso il potere di adottare una nuova revoca emendata dal profilo di illegittimità riscontrato dal T.

In ogni caso, ed il rilievo è assorbente di ogni altra considerazione, non può configurarsi alcun autonomo “giudicato cautelare” in senso proprio rispetto ad una sentenza che definisce il giudizio.

Ha chiarito Cons. St., sez. III, 29 agosto 2018, n. 5084 che le ordinanze cautelari, in quanto prive di contenuto definitivamente decisorio, sono infatti insuscettibili di passare in giudicato, analogamente ai provvedimenti istruttori, interlocutori o di rinvio al ruolo ordinario (Cons. St., sez. V, 10 giugno 2015, n. 2847).

Un provvedimento di sospensione dell'esecuzione dell'atto amministrativo non fa venire meno l'atto sospeso e nemmeno la sua validità, né esercita una funzione ripristinatoria della situazione precedente, ma soltanto impedisce temporaneamente, e con efficacia ex nunc, la possibilità di portare l'atto ad ulteriore esecuzione e, per questo, è inevitabilmente connesso alla conclusione del giudizio.

Il provvedimento cautelare è emanato “con riserva” di accertamento della fondatezza nel merito, onde evitare che la pendenza del giudizio vada a danno dell’attore risultato vittorioso all’esito del giudizio, ed è dunque interinalmente subordinato alla verifica definitiva della fondatezza delle tesi del ricorrente.

Tuttavia gli effetti di carattere sostanziale conseguono solo al passaggio in giudicato della pronuncia di merito favorevole, che è la sola idonea a rimuovere dalla realtà giuridica l'atto con effetti permanenti (Cons. St., sez. III, 8 giugno 2016, n. 2448).

Peraltro, tale principio del resto è indirettamente confermato dall'art. 92, comma 5, seconda parte, c.p.a. che, sia pure al differente fine della definizione della competenza del T adito, ha espressamente, escluso la natura di decisione implicita delle ordinanze istruttorie o interlocutorie di cui all'art. 36, comma 1, c.p.a. e quelle che disattendono l'istanza cautelare (Cons. St., sez. IV, 20 aprile 2016, n. 1554).

Pertanto, se il provvedimento cautelare è, per sua natura, un provvedimento interinale che subisce le sorti del giudizio nel cui ambito è emanato, è evidente che la sua efficacia viene meno: a seguito di una pronuncia di rigetto del giudizio;
nel caso di successiva ordinanza di revoca del provvedimento cautelare “res melis perpensa”;
per la sopravvenienza di situazioni incompatibili con il mantenimento degli effetti della sospensione;
in conseguenza di qualunque vicenda processuale abbia effetti estintivi sul processo cautelare o sull’intero giudizio.

Sotto il profilo sistematico, la inconfigurabilità di un “giudicato cautelare” è direttamente dimostrata anche dall'art. 21 septies, l. n. 241 del 1990, il quale sanziona con la nullità solo ed esclusivamente l'atto che viola, o elude il giudicato sulla sentenza e non anche della pronuncia del giudice che non abbia ancora il carattere della definitività come la pronuncia cautelare. Ed in questo senso deve escludersi l’equivalenza tra “giudicato” in senso tecnico ed un inesistente “giudicato cautelare”.

A tale conclusione non osta neppure la considerazione della lett. c) dell'art. 114, comma 4, c.p.a. per cui, in caso di accoglimento del ricorso, il giudice possa “pronunciare l'inefficacia degli atti emessi in violazione od elusione di sentenze non passate in giudicato o di altri provvedimenti”. Sul piano dell’interpretazione letterale, non a caso, lo stesso c.p.c. utilizza l’espressione per cui il giudice può “… pronunciare l'inefficacia degli atti emessi”, essendo infatti evidente che in tali casi si tratta di ripristinare gli effetti di una ordinanza cautelare alla luce della successiva sentenza conforme.

Sotto il profilo sistematico la dottrina ha avuto modo di sottolineare che il sistema della nullità amministrativa si distingue dall’archetipo di matrice civilistica di cui all’art.1418 c.c. in quanto risulta invertito il rapporto tra la categoria della nullità e quella dell'annullabilità: l’annullabilità per l’illegittimità dell’atto costituisce la specie generale di invalidità, laddove, in diritto amministrativo, le nullità, con riferimento alle categorie indicate dalla legge, devono essere intese come tassative e residuali ipotesi di invalidità dell'atto (Cons. St., sez. IV, 2 aprile 2012, n. 1957).

Ciò perché l’esigenza di certezza dell'azione amministrativa mal si concilia con la possibilità che questa possa restare esposta ad impugnative non assoggettate a termini certi di decadenza o prescrizione. Per cui, in considerazione del loro carattere pubblicistico, le norme riguardanti l'azione amministrativa, come tali, sono sempre di stretta interpretazione.

Si deve quindi escludere, in relazione alla ricordata tassatività della espressione dell'art. 21 septies, l. n. 241 del 1990, che un atto amministrativo adottato in violazione di un'ordinanza cautelare del Giudice amministrativo possa essere dichiarato nullo, in quanto la nullità presuppone un contrasto con sentenze formalmente passate in giudicato, e non semplicemente il contrasto con una decisione cautelare priva dell’efficacia di cosa giudicata.

3. L’appello, inoltre, non è condivisibile allorché, sempre con il primo motivo, deduce che in effetti anche la nuova revoca risente dallo stesso vizio di incompatibilità da cui è affetta la prima, rifacendosi sulla medesima istruttoria.

Ed invero, nella convalida del 9 maggio 2018 il Direttore amministrativo e sanitario richiamano detta istruttoria e la fanno propria, ritenendo che il nuovo assetto organizzatorio disegnato nel 2017 fosse incompatibile con l’esternalizzazione del servizio oggetto di gara.

Con provvedimento n. 589 del 5 giugno 2017 l’attuale Direzione Strategica ha proceduto ad approvare il nuovo Regolamento Aziendale delle Cure Domiciliari avente ad oggetto la “Procedura Aziendale Protocollo Aziendali Cure domiciliari di I, II e III livello e Cure Palliative terminali”, in cui sono stati delineati i percorsi aziendali inerenti la presa in carico, la gestione e la dimissione dei pazienti coinvolti in tali cure;
ne è conseguita la necessità – o comunque quanto meno l’opportunità - di internalizzare il servizio di cure domiciliari e palliative.

E seppure, come afferma l’appellante, non era una scelta obbligata, si tratta di valutazione di merito rimessa al giudizio dell’Amministrazione, insindacabile se non per manifesta illogicità, vizio questo che non inficia detta decisione. Del resto la stazione appaltante, nella delibera n. 199 del 2016 di indizione della gara, aveva fatto espressa riserva di non aggiudicare l’appalto nel caso in cui fosse venuto meno l’interesse pubblico in relazione alla fornitura oggetto di gara. Era stato altresì previsto che “in caso di aggiudicazione da parte della So.Re.Sa. s.p.a. di apposita gara centralizzata e di attivazione di un contratto del medesimo oggetto, il contratto si intenderà risolto con effetto dalla semplice comunicazione della Contraente”. Tale previsione, riferita a contratto stipulato e a gara aggiudicata, è, a maggior ragione, valida a contratto non stipulato e a gara non aggiudicata.

4. Anche il secondo motivo non è suscettibile di positiva valutazione.

E’ noto che una ormai granitica giurisprudenza del giudice amministrativo ha espressamente escluso la necessità della comunicazione di avvio del procedimento anche per la revoca degli atti antecedenti all’aggiudicazione definitiva, ed addirittura la revoca di quella provvisoria (ora proposta di aggiudicazione), trattandosi di atto endoprocedimentale che si inserisce nell'ambito del procedimento di scelta del contraente come momento necessario, ma non decisivo;
solamente l'aggiudicazione definitiva attribuisce, infatti, in modo stabile il bene della vita ed è pertanto idonea ad ingenerare un affidamento in capo all'aggiudicatario, sì da imporre l'instaurazione del contraddittorio procedimentale (Cons. St., sez. V, 4 dicembre 2017, n. 5689;
id. 10 ottobre 2018, n. 5834).

Nella specie, dunque, l’annullamento degli atti di gara non richiedeva alcuna forma partecipativa neanche nei confronti dell’appellante, concorrente primo graduato, la cui offerta era oggetto di verifica della non anomalia.

5. Non è parimenti suscettibile di positiva valutazione il motivo relativo all’illegittima motivazione postuma della revoca.

Nessuna inammissibile integrazione postuma c’è stata da parte dell’Azienda sanitaria. Già nella prima revoca (n. 152 del 12 febbraio 2018) erano indicate, seppure succintamente, le ragioni a supporto della revoca, ribadite con la delibera n. 575 del 9 maggio 2018. Tali ragioni sono da rinvenirsi da un lato nella necessità di adattarsi al diverso assetto disegnato dal nuovo Regolamento sulle Cure Domiciliari (impugnato solo con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado), approvato con delibera n. 589 del 5 giugno 2017 ed applicabile anche con riferimento ai servizi oggetto di gara i quali, una vota aggiudicati, non sarebbero in linea con quanto previsto da detto Regolamento, o comunque non più opportuni;
questo ha delineato i percorsi aziendali inerenti la presa in carico, la gestione e la dimissione dei pazienti una volta verificate gravi disfunzioni nei controlli sulle prestazioni erogate agli utenti, prevedeva, nella sostanza, l’internalizzazione dell’assistenza domiciliare, modalità operativa inconciliabile con l’espletamento della procedura ad evidenza pubblica;
dall’altro lato, nella criticità dell’attuale assetto esternalizzato, quale emerge anche dalla nota n. 65/DS del 25 gennaio 2018, inerenti sia le prestazioni ivi previste che l’organizzazione complessivamente intesa.

Tali motivazioni – che, in ogni caso, in mancanza di un aggiudicatario della gara non devono essere particolarmente analitiche (e, dunque, contrariamente a quanto afferma Vivisol, non ha beneficiato degli effetti dell’atto revocato) – si rivengono anche nella convalida;
il riferimento alla novella introdotta dal Regolamento da sola supporta l’interesse pubblico a revocare la gara, interesse facilmente evincibile dai disservizi legati all’esternalizzazione del servizio di rilevanza pubblica quale è quello sanitario.

La relazione depositata nel corso di causa si è, dunque, limitata ad esporre più chiaramente le procedure delle cure domiciliari di primo, secondo e terzo livello, per inquadrare meglio le ragioni per cui è stato opportuno internalizzarle, anche in considerazione della situazione di fatto descritta in cui versavano le cure domiciliari, con “gare scadute e affidamenti opachi” e pressioni derivanti dalla possibilità della sospensione di parte o di tutti i servizi affidati in outsourcing;
a fronte di tale scenario la Direzione Strategica non poteva che tentare di attrezzarsi in proprio per garantire, almeno in parte, le prestazioni indispensabili ai pazienti. Il tutto con, nello sfondo, un mancato controllo da parte del dirigente preposto alla UOC ADI, che aveva prodotto danni ingenti per fatturazione di prestazioni erogate ad assistiti ormai da tempo deceduti, con conseguenze economiche poi ristorate di circa 1,5 milioni di euro, frutto delle sole iniziative ispettive della Asl. Dette fatture erano state emesse proprio dalla soc. Vivisol, gestore in Ati del servizio uscente, per prestazioni accertate come inesistenti. Tali attività di verifica, iniziate nel 2017, hanno portato al licenziamento del dirigente preposto alla struttura ADI, resosi colpevole di gravi inadempienze nell’esercizio della sua attività.

Di questo sistema si è avuta cognizione successivamente alla indizione della gara revocata.

6. Le precisazioni che precedono, in fatto e in diritto, consentono di affermare che – contrariamente a quanto assume l’appellante – il potere esercitato, contrariamente a quanto afferma l’appellante (terzo motivo), è ascrivibile all’istituto della revoca.

Ricorda il Collegio, richiamando i principi espressi da un precedente della stessa Sezione (29 novembre 2016, n. 5026), che la revoca dei provvedimenti amministrativi, disciplinata dall’art. 21 quinquies, l. n. 241 del 1990 (e introdotta dall’art. 14, l. n. 15 del 2005), si configura come lo strumento dell’autotutela decisoria preordinato alla rimozione, con efficacia ex nunc (e, quindi, non retroattiva), di un atto ad efficacia durevole, in esito a una nuova (e diversa) valutazione dell’interesse pubblico alla conservazione della sua efficacia.

I presupposti del valido esercizio dello ius poenitendi sono definiti dall’art. 21 quinquies (per come modificato dall’art. 25, comma 1, lett. b-ter, d.l. n. 133 del 2014) con formule lessicali (volutamente) generiche e consistono nella sopravvenienza di motivi di interesse pubblico, nel mutamento della situazione di fatto (imprevedibile al momento dell’adozione del provvedimento) e in una rinnovata (e diversa) valutazione dell’interesse pubblico originario (tranne che per i provvedimenti autorizzatori o attributivi di vantaggi economici).

Ora, ancorchè l’innovazione del 2014 abbia inteso accrescere la tutela del privato da un arbitrario e sproporzionato esercizio del potere di autotutela in questione (per mezzo dell’esclusione dei titoli abilitativi o attributivi di vantaggi economici dal catalogo di quelli revocabili in esito a una rinnovata valutazione dell’interesse pubblico originario), il potere di revoca resta connotato da un’ampia (e, forse, eccessiva) discrezionalità (Cons. St., sez. III, 6 maggio 2014, n. 2311).

A differenza del potere di annullamento d’ufficio, che postula l’illegittimità dell’atto rimosso d’ufficio, quello di revoca esige, infatti, solo una valutazione di opportunità, seppur ancorata alle condizioni legittimanti dettagliate all’art. 21 quinquies l. cit. (e che, nondimeno, sono descritte con clausole di ampia latitudine semantica), sicchè il valido esercizio dello stesso resta, comunque, rimesso ad un apprezzamento ampiamente discrezionale dell’Amministrazione procedente.

Con riferimento alla procedura di gara deve premettersi, in via generale, che mentre la revoca resta impraticabile dopo la stipula del contratto d’appalto, dovendo utilizzarsi, in quella fase, il diverso strumento del recesso (come chiarito dall’Adunanza Plenaria con la decisione in data 29 giugno 2014, n.14), prima del perfezionamento del documento contrattuale, al contrario, l’aggiudicazione è pacificamente revocabile (Cons. St., sez. III, 13 aprile 2011, n.2291).

Così riconosciuta, in astratto, la revocabilità dell’aggiudicazione (prima, si ripete, della stipulazione del contratto), occorre precisare che la peculiarità della regolazione della funzione considerata (l’amministrazione di procedure di aggiudicazione di appalti pubblici) impone di definire le condizioni del valido esercizio della potestà di autotutela in questione secondo parametri ancora più stringenti.

A fronte, infatti, della nota strutturazione procedimentale della scelta del contraente, la definizione regolare della procedura mediante la selezione di un’offerta (giudicata migliore) conforme alle esigenze della stazione appaltante (per come cristallizzate nella lex specialis) consolida in capo all’impresa aggiudicataria una posizione particolarmente qualificata ed impone, quindi, all’Amministrazione, nell’esercizio del potere di revoca, l’onere di una ponderazione particolarmente rigorosa di tutti gli interessi coinvolti.

Con riferimento alla revoca degli atti di gara già conclusa con l’aggiudicazione, è stato chiarito che il ritiro di un’aggiudicazione legittima postula, in particolare, la sopravvenienza di ragioni di interesse pubblico (o una rinnovata valutazione di quelle originarie) particolarmente consistenti e preminenti sulle esigenze di tutela del legittimo affidamento ingenerato nell’impresa che ha diligentemente partecipato alla gara, rispettandone le regole e organizzandosi in modo da vincerla, ed esige, quindi, una motivazione particolarmente convincente circa i contenuti e l’esito della necessaria valutazione comparativa dei predetti interessi (Cons. St., sez. V, 19 maggio 2016, n. 2095).

Tali canoni di condotta appena precisati restano validi anche per le procedure di aggiudicazione soggette alla disciplina del d.lgs. n. 50 del 2016, nella misura in cui il paradigma legale di riferimento resta, anche per queste ultime, l’art. 21 quinquies, l. n. 241 del 1990, e non anche la disciplina speciale dei contratti, che si occupa, infatti, di regolare il recesso e la risoluzione del contratto, e non anche la revoca dell’aggiudicazione degli appalti (ma solo delle concessioni).

Nel caso all’esame del Collegio tali parametri sono attenuati considerato che la gara non si era conclusa ma era stato solo individuato il concorrente che aveva presentato la migliore offerta ed in relazione al quale si stava procedendo alla verifica della non anomalia.

Nessun dubbio, poi, che il potere esercitato sia ascrivibile alla revoca atteso che alla base della stessa, come si è detto, sono le rilevate criticità dell’affidamento e il nuovo Regolamento medio tempore introdotto.

La natura giuridica di atto generale del bando e di atto endoprocedimentale della aggiudicazione provvisoria (ora, proposta di aggiudicazione) non consentono, quindi, di applicare la disciplina dettata dagli artt. 21 quinquies e 21 nonies, l. n. 241 del 1990 in tema di revoca e annullamento d'ufficio (Cons. St., sez. V, 20 agosto 2013, n. 4183): la revoca dell'aggiudicazione provvisoria (ovvero, la sua mancata conferma), al pari della revoca della lex specialis che ne è a monte non è, difatti, qualificabile alla stregua di un esercizio del potere di autotutela, sì da richiedere un raffronto tra l'interesse pubblico e quello privato sacrificato, non essendo prospettabile alcun affidamento del destinatario (Cons. St., sez. V, 20 aprile 2012, n. 2338).

Nella controversia in esame non solo non c’era stata alcuna aggiudicazione, ma soltanto una “proposta di aggiudicazione” al concorrente (la Vivisol Napoli s.r.l., capogruppo mandataria del costituendo raggruppamento Vivisol Napoli s.r.l. / Consorzio Icaro Coop. Sociali s.r.l. / Consorzio Italia Coop. a r.l.) che aveva presentato l’offerta giudicata più conveniente, ma la ragione sottesa alla revoca appariva non manifestamente irrazionale e illogica, uniche ipotesi in cui questo giudice può sostituirsi alla stazione appaltante nella valutazione di non proseguire con la gara.

7. Sempre con il terzo motivo l’appellante censura la ragione posta alla base della decisione di revocare la gara, id est una incompatibilità dell’esternalizzazione – che peraltro non sarebbe comunque totale - con il Regolamento approvato con delibera n. 589 del 5 giugno 2017, che non si discosterebbe dalla delibera n. 934 del 2014 richiamata nella lex specialis di gara e che non si applicherebbe ai servizi oggetto della procedura in corso. Ove si applicasse, sarebbe illegittimo.

Si è già argomentato in ordine alle ragioni di opportunità (verifiche in corso in relazione alla gestione uscente, peraltro svolta dalla Vivisol Napoli s.p.a.), di organizzazione e di buon andamento ed efficienza del servizio di cure domiciliari di I, II e III livello presso la Asl Na 2 Nord. Si tratta di garantire la perfetta funzionalità di un servizio che coinvolge un elevato numero di pazienti di una vasta area del napoletano, molti dei quali non autosufficienti e/o terminali, servizio che non può scontare le criticità legate, nel precipuo caso di specie, all’esternalizzazione.

Tale precisa volontà di internalizzare è stata disciplinata dal Regolamento approvato con le Linee giuda n. 589 del 5 giugno 2017, che in primo grado sono state impugnate unitamente all’atto introduttivo del giudizio.

Preme ancora al Collegio rilevare che la decisione di internalizzare è, come più volte si è detto, espressione tipica di una scelta di merito relativa a come meglio soddisfare le esigenze primarie degli utenti del servizio sanitario regionale, in un settore particolarmente delicato quale è quello delle cure domiciliari che coinvolgono per lo più malati terminali.

Tale scelta è sindacabile da questo giudice solo se manifestamente illogica e irrazionale, aspetti questi non evidenti nel caso in esame.

Non costituisce infatti profilo di illogicità che dovrebbe portare a dichiarare illegittima la scelta di internalizzare il servizio la circostanza che il blocco del turn over ha reso difficoltoso il reperimento del personale per effetto della delibera del Commissario ad acta per il rientro dei disavanzi nella Regione Campania n. 16 del 2019, che ha imposto una diversa programmazione per la Regione ed anche per la Asl Na 2 Nord, che ha visto bloccato il piano delle assunzioni, da riferire al solo numero degli immessi in servizio nell’anno 2004, in virtù dei vincoli imposti ancora dal Ministero dell’economia e delle finanze per le regioni soggette al piano di rientro.

Giova sotto questo profilo aggiungere che la gestione delle Cure domiciliari con il personale interno è solo una parte – sebbene di innegabile importanza – rispetto all’insieme delle componenti del servizio stesso, costituito anche dalla erogazione di prestazioni assistenziali, di farmaci e degli ausili.

Come si è detto, plurime sono le ragioni a supporto della decisione di non esternalizzare il servizio. Detti elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza nella sua connessione con gli altri.

Risulta pertanto anche per tale ragione non assecondabile il tentativo dell’appellante di far sostituire questo giudice alla scelta dell’Amministrazione sanitaria, contrastandone la decisione sul rilievo della non economicità, della non funzionalità e della impossibile praticabilità.

Si tratta di rilievi inammissibili proprie per la non manifesta irrazionalità e illogicità della decisione, che la rende insindacabile.

Giova aggiungere che, come correttamente affermato dal T, una volta dichiarata la legittimità del nuovo modello organizzativo di cui al regolamento del 2017, da realizzarsi mediante l’internalizzazione del servizio attese le criticità emerse, ogni motivo di doglianza proposto avverso gli stessi è inammissibile per carenza di un interesse concreto ed attuale alla relativa impugnativa da parte della società appellante.

8. Con ulteriore motivo è dedotta la contraddittorietà dell’operato dell’Amministrazione procedente rispetto alle statuizioni contenute nella sentenza n. 4325 del 2017, con la quale il T Napoli aveva respinto il ricorso proposto da alcune strutture accreditate, tra le quali il Centro di Riabilitazione Aias di Afragola avverso il bando della procedura aperta per l'affidamento, triennale, di cure domiciliari di I, II e III livello, prestazioni di cure delle lesioni cutanee e nutrizione artificiale domiciliare a favore dei relativi utenti, nonché, con atto di motivi aggiunti, avverso il provvedimento di ammissione alla medesima gara dell'Ati Vivisol Napoli s.r.l. - Icaro Consorzio Cooperative Sociali — Consorzio Italia Coop. Sociale oltreché i rispettivi provvedimenti di accreditamento.

Anche tale motivo è privo di pregio. Il Collegio ritiene infatti condivisibile la conclusione alla quale è pervenuto il T, che ha respinto il motivo sul rilievo che la sentenza si era limitata a riconoscere la legittimità e rimuneratività dell’impianto della procedura di gara in un contesto coordinato di assistenza domiciliare integrata basata sulla ripartizione, tra Azienda ed eventuale aggiudicataria, delle prestazioni, rispettivamente, sanitarie e di natura socio-assistenziali, senza alcuna valutazione in ordine alle carenze e disfunzioni attualmente esaminate.

9. Privo di pregio è anche il motivo con il quale si afferma che la sentenza è erronea laddove non ha rilevato la contraddittorietà dell’azione amministrativa derivante dalla prosecuzione, mediante proroga, dell’erogazione del servizio da parte dei Centri accreditati disposta con la deliberazione n. 1215 del 2017 fino alla conclusione dell’attuale procedura di gara.

Nessuna contraddittorietà è infatti rilevabile dal momento che nelle more dell’espletamento della gara bandita nel 2016 non poteva che procedersi con la proroga del servizio dei gestori pro tempore, salvo poi revocare la gara una volta accertate situazioni di criticità e incompatibilità che hanno reso necessario passare dal regime di outsourcing all’insourcing

10. Infine, le argomentazioni evidenziate nei punti che precedono portano alla reiezione anche dell’ultimo motivo

11. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c.. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati, infatti, dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.

12. In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello va respinto e va, dunque, confermata la sentenza del T Campania, sede di Napoli, sez. V, n. 6953 del 4 dicembre 2018, che ha respinto il ricorso di primo grado.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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