Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-04-23, n. 201802408
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Testo completo
Pubblicato il 23/04/2018
N. 02408/2018REG.PROV.COLL.
N. 08773/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8773 del 2009, proposto da A D L, rappresentato e difeso dagli avvocati M S e M F I, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M S in Roma, via Acherusio 30;
contro
Comune di Bisceglie, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato D D, con domicilio eletto presso lo studio Enrico Giannubilo in Roma, v.le Pasteur 5;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) n. 01825/2008, resa tra le parti, concernente diniego rilascio permesso in sanatoria per vincolo cimiteriale e ordinanza di demolizione
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bisceglie;
Viste le memorie depositate dalle parti
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 aprile 2018 il Cons. Giuseppa Carluccio e uditi per le parti gli avvocati Antonietta Giannuzzi su delega di D D.
FATTO e DIRITTO
1.La presente controversia ha per oggetto uno degli immobili costruiti abusivamente nel Comune di Bisceglie, in zona di inedificabilità assoluta per vincolo cimiteriale, per il quale il sig. A D L presentò istanza per ottenere condono edilizio.
1.1. Il preavviso di diniego del 2005 fu motivato con l’esclusione della sanatoria ai sensi dell’art. 33 della l. n. 47 del 1985, rispetto ad opere edilizie senza titolo abilitativo costruite in zona già sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta di rispetto cimiteriale, ai sensi dell’art. 338 del r.d. n. 1265 del 1934.
1.2. Tutti i procedimenti avviati con l’avviso di diniego nei confronti dei numerosi proprietari di immobili costruiti nella zona di rispetto cimiteriale, che avevano presentato istanza sulla base dei tre condoni succedutisi nel tempo, furono sospesi, su impulso del Sindaco (nota 9 giugno 2005 al dirigente del settore tecnico del Comune e all’assessore competente), in esito agli interventi nei rispettivi procedimenti da parte dei privati. Questi avevano sostenuto la possibilità di una variante al P.R.G., per il recupero dell’intera zona abusiva, sulla base dell’art. 29 della l. n. 47 del 1985 e della modifica, apportata nel 2002, all’art. 338 cit.
1.3. La Giunta Comunale approvò la delibera n. 7 del 5 gennaio 2006, che concesse ai privati un termine (10 luglio del 2006) per la presentazione della proposta del piano di recupero (d’ora in poi PdR) ai sensi delle suddette norme; il dirigente tecnico provvide ad informarli.
1.4. Nell’imminenza della scadenza del termine, un Comitato denominato “il Recupero” con 46 aderenti, riferì di aver incaricato uno studio tecnico per redazione del PdR, chiese proroga del termine previsto; in alternativa, chiese la predisposizione dello stesso da parte del Comune, con disponibilità ad accollarsi l’onere di redazione. Seguirono vari incontri tra i privati e l’amministrazione.
1.5. Nei mesi successivi del 2006, il dirigente tecnico emanò il diniego di permesso in sanatoria per essere le opere abusive ricadenti in zona di inedificabilità assoluta ai sensi dell’art. 338 cit. e del vigente PRG. Con tale provvedimento, riepilogato l’intero iter del procedimento, si mise in evidenza che al Comune non era pervenuta alcuna proposta di PdR nei termini, ma solo la richiesta di proroga o, in alternativa, la richiesta di accollo della redazione da parte del Comune; richieste cui il Comune non intendeva accedere.
1.6. Nel luglio 2007 fu emanata l’ordinanza di demolizione, per opere abusive eseguite senza titolo abilitativo in zona di inedificabilità assoluta secondo PRG e il cit. art. 338.
2. Il ricorso al T.a.r. è stato proposto avverso il provvedimento di diniego e, con motivi aggiunti, avverso l’ordinanza di demolizione.
2.1. Con motivi, che in via di illegittimità derivata sono riferiti anche all’ordinanza di demolizione, il ricorrente ha dedotto:
a) in riferimento all’art. 2, co 2 l. n. 241 del 1990, l’illegittimità dell’operato dell’amministrazione nell’avvio con ritardo del procedimento di diniego, a distanza di anni dalla istanza di condono, con conseguente affidamento nel buon esito dello stesso ingenerato negli istanti;
b) l’eccesso di potere, sotto il profilo della contraddittorietà del comportamento dell’amministrazione, la quale nel dare seguito alle proposte degli istanti in sede di intervento nel procedimento di diniego, ha: - da un lato, ingenerando affidamento nei privati, espresso la volontà di recuperare la zona abusiva costruita nella fascia di rispetto del cimitero, mediante un PdR in variante, ai sensi dell’art. 29 della l. n. 47 del 1985, in collegamento con le modifiche apportate nel 2002, all’art. 338 del r.d. n. 1265 del 1934, oltre che adottato iniziative in zone vicine (parcheggio, albergo, isola ecologica); - dall’altro, indicando un termine per la presentazione della proposta del PdR e ritenendo lo stesso, senza motivazione in violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1999, a carattere perentorio, si è così determinata alla emanazione del provvedimento di diniego;
c) violando, peraltro, il principio del contrarius actus , posto che, mentre la volontà di addivenire ad un PdR era stata espressa dalla GC, l’ordine di demolizione, che esprime la volontà dell’amministrazione di considerare il termine perentorio e di non accedere alle richieste di proroga fatte dai privati o, in alternativa, di redigere essa stessa un PdR, è stato emanato dal dirigente della ripartizione tecnica.
3. Il T.a.r. ha rigettato il ricorso sulla base delle argomentazioni essenziali che seguono:
a) secondo la giurisprudenza consolidata il vincolo di non edificabilità della fascia di rispetto, posto dall’art. 338 cit. è un vincolo legale assoluto ed inderogabile, a presidio di numerosi interessi pubblici, anche diversi da quelli propriamente urbanistici; vincolo indipendente dagli strumenti urbanistici vigenti e cogente anche in caso di contrasto con i medesimi;
b) pure costante è la giurisprudenza nel precludere il rilascio della concessione in sanatoria per i manufatti realizzati abusivamente in zona assolutamente inedificabile, senza la necessità di ulteriori accertamenti in ordine alla concreta compatibilità dell’immobile con i valori tutelati dal vincolo;
c) la tesi del ricorrente, secondo la quale la modifica all’art. 338 cit., quale introdotta dall’art. 28, co. 1. l. b) della l. n. 166 del 2002, legittimerebbe, in collegamento con l’art. 29 della l. n. 47 del 1985, la predisposizione di un PdR della zona abusiva nella fascia di rispetto, stante la previsione del vigente comma 5 del suddetto articolo, che attribuisce al Consiglio comunale, per l’attuazione di un intervento urbanistico e previo parere favorevole della ASL, il potere di ridurre la fascia di rispetto mediante l’autorizzazione all’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici, non è fondata perché:
I) la riduzione della zona di rispetto è un potere discrezionale del Comune;
II) oggetto della controversia sono i provvedimenti di diniego del condono e l’ordinanza di demolizione, e non il PdR, che non riesce a decollare;
III) la realizzazione dell’opera abusiva nell’area sottoposta a vincolo assoluto di inedificabilità è presupposto sufficiente ad imporre la conclusione sfavorevole del procedimento di sanatoria ai sensi dell’art. 33 della l. n. 47 del 1985.
d) qualora, come nella specie, venga in rilievo un vincolo assoluto e insanabile previsto dall’art. 33 cit., è esclusa la formazione del silenzio/assenso, il ché porta ad escludere qualunque rilievo all’affidamento;
e) tanto vale anche nei confronti del PdR, abbandonato dall’amministrazione per il decorso del termine previsto senza ulteriore motivazione, perché oggetto della controversia non è il PdR ma il diniego di sanatoria, anche a prescindere dalla mancanza di particolare conferenza del PdR rispetto ad opere abusive in zona di inedificabilità assoluta;
f) per escludere la violazione del principio del contrarius actus vale la considerazione che oggetto del giudizio sono i provvedimenti di diniego e di demolizione; soprattutto, è dirimente la circostanza che per la legittimità degli stessi è sufficiente che le opere abusive ricadono in zona di inedificabilità assoluta; ragione posta a fondamento