Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2011-05-04, n. 201102659

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2011-05-04, n. 201102659
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201102659
Data del deposito : 4 maggio 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08956/1999 REG.RIC.

N. 02659/2011REG.PROV.COLL.

N. 08956/1999 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8956 del 1999, proposto dalla A.S.L./21 di Legnago, rappresentata e difesa dagli avv. Luigi Righetti e Rosaria Russo Valentini, con domicilio eletto presso Luigi Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, 5;



contro

GR MI CA, rappresentato e difeso dall'avv. Celestino Biagini, con domicilio eletto presso Celestino Biagini in Roma, via Belsiana 90;



per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE I n. 00305/1999, resa tra le parti, concernente NOMINA COMMISSIONE DI INDAGINE - RECESSO DAL RAPPORTO DI LAVORO

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 marzo 2011 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati Russo Valentini e Biagini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

Il dott. MI CA GR, già responsabile del Servizio di anatomia ed istologia patologica della U.L.S.S. di Legnago, con due ricorsi proposti al T.A.R. per il Veneto nel 1997 e 1998 impugnava le decisioni dell’Amministrazione, rispettivamente, di nominare una commissione di indagine sull’efficienza del Servizio da lui diretto, a seguito di lamentele dell’utenza (specialmente per ritardi ed anomalie nelle refertazioni), e indi, alla luce delle risultanze della stessa commissione, di recedere per giusta causa dal suo rapporto di lavoro.

L’Amministrazione sanitaria resisteva avverso entrambe le impugnative.

Il Tribunale con la sentenza n. 305 del 1999, riuniti i ricorsi, respingeva il primo di essi. Riteneva, infatti, che nulla impedisse all’Amministrazione, anche in assenza di un’apposita previsione normativa, di svolgere discrezionalmente ogni azione di accertamento e ricognizione sulla funzionalità delle proprie strutture. Il T.A.R. accoglieva invece il secondo gravame, ritenendone fondato il primo motivo, nella parte in cui denunziava la violazione della procedura stabilita dagli artt. 36 e 59 del C.C.N.L. 5\12\1996. Ciò sul rilievo, in sintesi, che la competenza ad accertare la responsabilità che dava (giusta) causa al licenziamento avrebbe fatto comunque capo ai servizi di controllo interno o ai nuclei di valutazione istituiti ex art. 20 d.lgs. n. 29\1993, sia quando si trattava di valutare ragioni di carattere disciplinare, sia per qualsiasi altro motivo attinente ai risultati conseguiti. Gli altri motivi a base del secondo ricorso venivano dichiarati assorbiti.

Avverso la pronuncia del Tribunale l’Amministrazione proponeva l’appello in epigrafe, con il quale deduceva l’erroneità delle argomentazioni che avevano indotto all’accoglimento dell’impugnativa avversaria.

L’interessato, a sua volta, proponeva appello incidentale, con il quale, oltre a riproporre i motivi finiti assorbiti, censurava la sentenza del T.A.R. nella parte in cui reiettiva del suo primo gravame.

La domanda cautelare proposta dall’Amministrazione appellante veniva in un primo tempo accolta. In dipendenza di risultanze successive il relativo provvedimento cautelare veniva però in seguito revocato, e l’interessato riassunto pertanto in servizio e reintegrato nelle proprie ragioni economiche per il periodo di allontanamento.

Le tesi delle parti durante la pendenza del giudizio venivano sviluppate e approfondite attraverso molteplici scritti.

In particolare, l’Amministrazione eccepiva la tardività dell’altrui appello incidentale, nella parte in cui proposto contro il rigetto del primo ricorso, e l’inammissibilità per novità di uno dei motivi con esso all’uopo articolati.

La difesa dell’appellato eccepiva invece, da ultimo, l’improcedibilità dell’appello principale, a causa di rinuncia tacita o, comunque, carenza di interesse alla sua decisione da parte della U.L.S.S..

Alla pubblica udienza dell’8 marzo 2011, sulle rispettive conclusioni di parte, la causa è stata trattenuta in decisione.

1 La Sezione deve preliminarmente disattendere l’eccezione di improcedibilità dell’appello principale opposta dall’appellato. Nessuna forma di acquiescenza, rinuncia tacita o carenza sopravvenuta di interesse è ravvisabile nel comportamento tenuto dall’Amministrazione sanitaria nelle more del giudizio, né segnatamente negli atti dalla medesima assunti dopo l’accoglimento, da parte di questo Consiglio, della domanda cautelare proposta dall’interessato. La -pur laconica- comunicazione di riassunzione a lui indirizzata costituiva, a seguito del nuovo provvedimento cautelare intervenuto, un mero atto dovuto, anche in riscontro alla diffida da lui intimata. Inoltre, la delibera di liquidazione degli arretrati allo stesso sanitario recava un’inequivocabile riserva di ripetizione all’esito del giudizio di appello, ove favorevole all’appelllante (punto 2 del dispositivo). Tantomeno potrebbe essere rinvenuta, infine, una condotta incompatibile con la volontà di proseguire nell’impugnazione, nel fatto di avere liquidato al sanitario il trattamento pensionistico sulla base dell’intera durata del periodo di lavoro, il che era ancora una volta del tutto coerente con la situazione venutasi a creare con la riconquistata esecutività da parte della sentenza del T.A.R. favorevole all’interessato.

2 Nel merito, la decisione appellata merita conferma con una motivazione, tuttavia, diversa da quella adoperata dal primo giudice.

3 Questi ha ritenuto fondata la denunzia di violazione della procedura stabilita dagli artt. 36 e 59 del C.C.N.L. 5\12\1996 sul rilievo, in sintesi, che la competenza ad accertare la responsabilità che dava (giusta) causa ad un licenziamento avrebbe fatto sempre capo ai servizi di controllo interno o ai nuclei di valutazione istituiti ex art. 20 d.lgs. n. 29\1993, sia quando si trattava di valutare ragioni di carattere disciplinare, sia per qualsiasi altro motivo attinente ai risultati conseguiti. Secondo il Tribunale, infatti, la nozione di “giusta causa” del licenziamento del dirigente avrebbe ricompreso “ sia ragioni di carattere disciplinare sia qualsiasi altro motivo, con riferimento ai risultati conseguiti, Ma in entrambi i casi l’art. 59 del C.C.N.L. in questione affida ai citati servizi di controllo interno o ai nuclei di valutazione istituiti ex art. 20 d.lgs. n. 29\1993 e art. 3