Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-11-17, n. 201505236

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-11-17, n. 201505236
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201505236
Data del deposito : 17 novembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01613/2015 REG.RIC.

N. 05236/2015REG.PROV.COLL.

N. 01613/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1613 del 2015, proposto da:
Srl Centro Direzionale Est, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. F L, A R, con domicilio eletto presso F L in Roma, Via G.G.Belli Nr 39;

contro

Comune di Caserta, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. F C, L P, con domicilio eletto presso F C in Roma, Via Panama N. 74;

nei confronti di

C M, A A, P P, A C, F D M, Salvatore Zullo, Enrico Umberto Maria Tresca, Giovanni Comunale, Francesco Apperti, Luigi Cobianchi, rappresentati e difesi dall'avv. Francesco Maria Caianiello, con domicilio eletto presso Angela Fiorentino in Roma, Via Ennio Quirino Visconti N. 11;
Eduardo Oliva, Domenico Maietta, Ferdinando Piscitelli, Saverio Russo;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. della CAMPANIA – Sede di NAPOLI- SEZIONE VIII n. 06734/2014, resa tra le parti, concernente approvazione proposte di edilizia residenziale sociale e di riqualificazione di ambiti urbani degradati e dismessi - riconoscimento del pubblico interesse;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Caserta e di C M e di A A e di P P e di A C e di F D M e di Salvatore Zullo e di Enrico Umberto Maria Tresca e di Giovanni Comunale e di Francesco Apperti e di Luigi Cobianchi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 settembre 2015 il Consigliere F T e uditi per le parti gli Avvocati Laudadio e Bellavia, per delega di Casertano e Perone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con la sentenza in epigrafe impugnata il Tribunale amministrativo regionale della Campania – Sede di Napoli – ha respinto il ricorso di primo grado, proposto dalla odierna parte appellante Centro Direzionale Est s.r.l.. volto ad ottenere l’annullamento della deliberazione del consiglio comunale di Caserta n. 80 del 21 ottobre 2013, con la quale non era stato riconosciuto pubblico interesse alla proposta definitiva, presentata dalla odierna appellante il 13 ottobre 2011 ed approvata dalla giunta comunale con deliberazione n. 57 del 29 aprile 2013, nell’ambito del programma di edilizia residenziale sociale e di riqualificazione urbana di cui alle deliberazioni della giunta regionale della Campania n. 231 del 6 febbraio 2008 e n. 396 del 6 marzo 2009, nonché della procedura selettiva indetta con d.d. dell’Area generale di coordinamento Governo del territorio della Regione Campania n. 294 del 3 luglio 2008.

L’ odierna parte appellante Centro Direzionale Est s.r.l..(che aveva altresì proposto petitum risarcitorio) era insorta avverso la detta delibera, prospettando plurime censure di violazione di legge ed eccesso di potere: in particolare si sosteneva che, nel discostarsi dall’orientamento assunto dalla giunta comunale con la deliberazione n. 57 del 29 aprile 2013, il consiglio comunale di Caserta, in difetto di motivazione (sulla scorta di considerazioni meramente politiche) non aveva adeguatamente valutato il ripudiato progetto di social housing, nonostante la sua rispondenza agli obiettivi di riduzione della tensione abitativa, sanciti dal legislatore nazionale (art. 11 del d.l. n. 112/2008), sottesi alla normativa regionale sul ‘piano casa’ (art. 1, comma 1, lett. c, della l. r. Campania n. 19/2009) e recepiti negli indirizzi programmatici nazionali, regionali e comunali (d.p.c.m. 16 luglio 2009;
deliberazioni della giunta regionale della Campania n. 231 del 6 febbraio 2008 e n. 396 del 6 marzo 2009;
deliberazione consiliare n. 55 del 18 luglio 2012).

Prescindendo dallo scrutinio delle eccezioni in rito sollevate dall’amministrazione originaria resistente, il T ha scrutinato il mezzo e lo ha respinto, previa sintetica ricostruzione del contesto normativo e procedimentale di riferimento.

Ha in proposito osservato che la Regione Campania, con d.d. dell’Area generale di coordinamento Governo del territorio n. 294 del 3 luglio 2008, aveva indetto la procedura selettiva delle proposte di interventi di riqualificazione edilizia e di edilizia residenziale sociale, in relazione alla quale la Centro Direzionale Est aveva presentato la propria ‘manifestazione di interesse’.

Successivamente, le “Linee guida e procedure attuative per la formazione di programmi di edilizia residenziale sociale e di riqualificazione di ambiti urbani degradati e dismessi”, approvate con deliberazione della giunta regionale della Campania n. 396 del 6 marzo 2009, avevano ripartito le fasi delle procedure selettive delle proposte di intervento in: - attività preliminare (esclusione delle pratiche non conformi all’avviso pubblico);
- prima fase (valutazione tecnico-ambientale-localizzativa);
- seconda fase (assenso dell’ente locale);
- terza fase (approfondimento ed analisi di qualità della proposta preliminare);
- quarta fase (elaborazione e validazione della proposta definitiva).

In particolare, con riferimento alla quarta fase (elaborazione e validazione della proposta definitiva), avevano stabilito che: “si dà avvio al tavolo di approfondimento con le amministrazioni comunali consenzienti ed i proponenti la manifestazione di interesse per la definizione della proposta preliminare planovolumetrica corredata da un piano economico-finanziario e da un cronoprogramma degli interventi … le conclusioni del tavolo di approfondimento, condivise e sottoscritte da parte dei partecipanti, saranno riportate nella deliberazione del consiglio comunale per le determinazione circa il riconoscimento del pubblico interesse”.

Sulla base di tali ulteriori direttive, la Regione Campania, con d.d. dell’Area generale di coordinamento Governo del territorio n. 376 del 28 luglio 2010, aveva indetto una nuova procedura selettiva delle proposte di interventi di riqualificazione edilizia e di edilizia residenziale sociale.

In relazione a quest’ultima, la Centro Direzionale Est aveva ripresentato il proprio progetto originario cui, con la gravata la deliberazione consiliare n. 80 del 21 ottobre 2013, era stata disconosciuta la valenza di pubblico interesse.

Il T ha innanzitutto manifestato adesione alla tesi per cui la motivazione dell'atto deliberativo collegiale potesse legittimamente essere desunta dalle opinioni espresse dai singoli componenti dell'organo deliberante.

Ed ha in particolare sostenuto che , le opinioni espresse dai singoli consiglieri comunali nel dibattito del 21 ottobre 2013, in senso convergente e sfavorevole al progetto elaborato dalla Centro Direzionale Est, avessero integrato, riguardate nel loro complesso e nella loro reciproca connessione, una sufficiente e perspicua motivazione del provvedimento impugnato.

In particolare, i rilievi mossi al progetto presentato, erano stati i seguenti: omessa ricognizione dell’effettivo fabbisogno abitativo della popolazione casertana;
mancata ponderazione di soluzioni ‘a volumetria zero’, ossia di recupero del già esuberante patrimonio edilizio esistente (ivi comprese le strutture militari in via di dismissione);
natura non degradata dell’area di intervento;
incompatibilità con i principi legislativi regionali di salvaguardia del suolo e con le esigenze di relativa tutela agricolo-ambientale;
rilevante impatto volumetrico delle opere progettate sul territorio;
incongruenza della previsione di un centro commerciale entro un comparto già adeguatamente servito da simili strutture;
scarsa socialità dell’iniziativa;
inosservanza delle linee guida enunciate nella deliberazione della giunta regionale della Campania n. 231 del 6 febbraio 2008, quanto, precipuamente, ai criteri di distribuzione ed assegnazione (in favore delle categorie meno abbienti) degli alloggi previsti in regime di edilizia sociale ad al loro sottodimensionamento rispetto a quelli previsti in regime di libero mercato;
onerosità del prezzo degli alloggi previsti in regime di edilizia sociale (circa € 2.000 x mq);
antinomia tra la vocazione residenziale del complesso immobiliare progettato e la destinazione di zona sancita dal vigente piano regolatore generale (D3, ‘servizi di interesse pubblico ed uffici pubblici e privati’;
E2, ‘attività produttiva agricola’;
F6, ‘attrezzature pubbliche di interesse comune’);
incongruenza dell’approvazione di una variante alla vigente zonizzazione, tenuto conto della prossima adozione del nuovo piano urbanistico comunale;
insufficienza della documentazione progettuale esibita (quanto, segnatamente, all’accuratezza grafica ed ai profili di risparmio energetico);
esiguità del valore della polizza fideiussoria prestata;
insussistenza, in capo al soggetto proponente, della proprietà sull’intera area di intervento;
genericità ed ambiguità della clausola della divisata convenzione urbanistica in materia di modificazioni planovolumetriche del progetto;
mancata regolamentazione degli oneri di urbanizzazione spettanti all’ente locale;
ritardo del soggetto proponente nell’elaborazione della documentazione tecnica;
dubbia erogazione del finanziamento regionale.

Era ben vero –ad avviso del primo giudice – che la determinazione circa l’interesse pubblico o meno di un progetto di social housing – prevista dalle Linee guida regionali a chiusura della quarta fase della procedura selettiva– non integrasse atto politico ( in quanto, pur provenendo da un organo di vertice del comune, investiva la localizzazione di un intervento edilizio, attività rientrante nella competenza amministrativa dell'ente) e pertanto, dovesse essere motivata e soggetta al sindacato giurisdizionale di legittimità.

Senonchè, neppure poteva affermarsi che ci si trovasse al cospetto di un atto vincolato da parte del Comune (anche in presenza di una dichiarazione di interesse strategico nazionale degli interventi di edilizia residenziale sociale e di riqualificazione urbana ai sensi dell’art. 11, comma 11, del d.l. n. 112/2008), non essendovi alcuna indicazione normativa in tal senso ed essendovi, quindi, spazio per la valutazione discrezionale dell'ente locale.

Ciò in linea con le generali competenze attribuite al comune in materia di governo del territorio e pianificazione urbanistica, le quali impedivano che, in mancanza di specifiche disposizioni legislative, fossero localizzati interventi edilizi di social housing, senza che su di essi si fosse espresso il comune.

Si era quindi in presenza di ampi margini di discrezionalità (tecnica e amministrativa) attribuiti all’organo consiliare deliberante: né erano ravvisabili macroscopici vizii di abnormità.

Le valutazioni compiute nel dibattito del 21 ottobre 2013 non rivestivano – ad avviso del T – portata meramente politica, ma attingevano svariati contenuti di ordine tecnico-amministrativo.

Non poteva pertanto praticarsi alcun indebito sconfinamento nel merito tecnico-discrezionale, giurisdizionalmente insindacabile.

Né poteva affermarsi che l’intervento proposto, siccome qualificato in termini di social housing, rispondesse di per sé, all’interesse pubblico;
ciò avrebbe svuotato di concreta incidenza il ruolo assegnato dalle Linee guida regionali all’organo consiliare comunale.

Neppure poteva sostenersi la contraddittorietà tra gli avvisi favorevoli espressi sulla proposta della Centro Direzionale Est dagli enti ed organi coinvolti nell’iter procedimentale (deliberazione della giunta comunale di Caserta n. 57 del 29 aprile 2013) e le contrarie conclusioni raggiunte dal consiglio comunale di Caserta nell’impugnata deliberazione n. 80 del 21 ottobre 2013: il consiglio comunale non era, infatti, un mero ricettore di determinazioni già irreversibilmente assunte.

Il mezzo è stato quindi integralmente disatteso.

La originaria parte ricorrente rimasta soccombente, ha impugnato la detta decisione criticandola sotto ogni angolo prospettico.

Ha in proposito sostenuto la tesi che la statuizione era frutto di un fraintendimento ed ha riproposto la tesi per cui l’operato dell’amministrazione intimata –avallato in via giudiziale- era errato e contraddittorio: ha integralmente riproposto la tesi prospettata nel mezzo di primo grado.

L’appellata amministrazione comunale ha chiesto la reiezione dell’appello perché infondato: il rigetto era ben motivato (e non certo frutto di una mera “spaccatura politica”), ed addirittura il mezzo di primo grado avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile, non censurando tutti gli elementi emersi nel corso della discussione consiliare e supportanti il diniego di approvazione (elementi, questi, e “ragioni ostative” emerse durante il dibattito, elencate alle pagg 11-19 della memoria).

Ha poi fatto presente che l’odierna appellante aveva –inammissibilmente- introdotto motivi di censura nuovi e diversi rispetto al mezzo introduttivo del giudizio di primo grado: ciò per contraddire le fondate eccezioni del Comune.

Tale condotta processuale aveva avuto luogo sia in primo grado (memoria della odierna appellante dell’8.9.2014) che alle pagg.

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