Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-09-19, n. 201805459

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-09-19, n. 201805459
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201805459
Data del deposito : 19 settembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/09/2018

N. 05459/2018REG.PROV.COLL.

N. 01684/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1684 del 2018, proposto da
Azienda Usl Umbria n. 1, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati M R, L B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giovanni Corbyons in Roma, via Cicerone, 44;

contro

Comune di Montegabbione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato F M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia – anche appellante incidentale;

nei confronti

- Regione Umbria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Paola Manuali, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la sede della Regione Umbria in Roma, via Barberini, 11 – anche appellante incidentale;
- Comitato per il Diritto Alla Salute - art. 32 Costituzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Maria Letizia Romano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Andrea Cardinali, in Roma, via Bevagna, 46 – anche appellante incidentale;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Comune di Citta' della Pieve, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Massimiliano Bellavista, Andrea Maltoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domiciliato presso la Segreteria della III Sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. UMBRIA – PERUGIA, SEZIONE I, n. 00098/2018, resa tra le parti, concernente chiusura delle attività di carattere ospedaliero presso il presidio di Città della Pieve;


Visti il ricorso in appello principale della

AUSL

Umbria n. 1 ed i relativi allegati;

Visto il ricorso incidentale proposto dalla Regione Umbria;

Visti gli atti di costituzione in giudizio e ricorso incidentale del Comune di Montegabbione e del Comitato per il Diritto Alla Salute - art. 32 Costituzione;

Visto l’intervento in giudizio del Comune di Città della Pieve;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 luglio 2018 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli avvocati M R per sé e su delega di Paola Manuali, Letizia Romano per sé e su delega di F M, Paolo Sanchini e Andrea Maltoni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La controversia origina dalla delibera della Azienda USL Umbria n. 1, n. 227 in data 22 febbraio 2017, con la quale, a far data dal 1° marzo 2017, è stata disposta la chiusura di tutte le attività a carattere esclusivamente ospedaliero svolte presso il presidio di Città della Pieve - in sostanza, attività di ricovero di Medicina e Neurologia e attività di Pronto Soccorso (ed è stato approvato il piano attuativo per la riconversione dell’ospedale in una Casa della Salute, struttura sanitaria finalizzato alla cura di patologie cronico-degenerative legate all’invecchiamento della popolazione).

2. Il provvedimento è stato impugnato dinanzi al TAR Umbria dal Comune di Montegabbione, i cui cittadini, in ragione della vicinanza (circa 10 km), usufruivano prevalentemente del presidio di Città della Pieve.

Il Comune ha dedotto vizi di violazione degli artt. 32 e 97 Cost., dell’art. 3, comma 6, del d.P.R. 27 marzo 1992 e del documento Stato Regioni del 2 dicembre 1991 ad esso allegato, nonché della legge 241/1990, anche con riferimento alle figure sintomatiche dell’eccesso di potere.

In sostanza, ha lamentato: che non fosse stato chiamato a partecipare alle conferenze dei sindaci convocate sul tema della soppressione del presidio ospedaliero;
che, nel valutare la soppressione dell’ospedale, sarebbero state preferite esigenze di tipo burocratico/organizzativo a discapito del diritto alla salute dei cittadini;
che la decisione non considera che l’ospedale di Castiglione del Lago, destinato in base alla precedente delibera n. 506/2014 a svolgere le funzioni soppresse, sia inidoneo per l’impossibilità strutturale di ampliamenti dovuta al vincolo monumentale, mentre il presidio soppresso era sede di una stroke unit per la cura degli ictus di eccellenza a livello nazionale;
che non sia stata valutata la possibilità di mantenimento di presidi ospedalieri consentita per le aree disagiate dal punto 9.2.2. del d.m. 70/2015 e dal Patto per la salute 2014-2016, e che non venga assicurato il rispetto dei tempi degli interventi di emergenza-urgenza ivi previsti (la soppressione del pronto soccorso comporterebbe che i cittadini del Comune di Montegabbione possano essere soccorsi soltanto dopo lunghi tempi di percorrenza – anche oltre un’ora di sola andata - da parte delle ambulanze provenienti dagli ospedali più vicini).

3. La Regione Umbria e l’

AUSL

Umbria n. 1 hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso, alla luce del carattere meramente esecutivo della delibera n. 227/2017 rispetto agli atti programmatori con i quali è stata decisa la soppressione del presidio, nonché per difetto di legittimazione attiva del Comune ricorrente, in ragione della sua appartenenza all’ambito territoriale della

AUSL

Umbria n.2.

4. Si è altresì costituito nel giudizio in primo grado, con atto di intervento ad adiuvandum in favore del Comune ricorrente, il “Comitato per il Diritto alla Salute - Art. 32 Costituzione”.

5. Il TAR Umbria, con la sentenza appellata (n. 98/2018), ha parzialmente accolto il ricorso, annullando in parte qua il provvedimento impugnato.

Dopo aver disatteso le suddette eccezioni di inammissibilità, ed aver, viceversa, ritenuto inammissibile per difetto di legittimazione l’intervento del Comitato (in quanto costituito ad hoc dopo la notificazione del gravame), il TAR ha ritenuto fondata l’impugnazione “limitatamente alle censure proposte avverso la disposta soppressione dell’attività di pronto soccorso”, giudicando infondate le altre censure.

A tal fine, il TAR, premettendo che l’organizzazione del servizio di pronto soccorso deve rispondere ad un nucleo irriducibile del diritto alla salute, per sua stessa natura insuscettibile di essere compresso o ridotto in forza di qualunque altra esigenza politico-amministrativa, tanto meno di carattere finanziario, ha affermato (punti 3.3. e 3.4.), con riferimento al d.m. 70/2015, “l’irragionevolezza di una applicazione della normativa nel senso di legittimare soppressioni e/o trasferimento definitivi di presidi di pronto soccorso che costringano l’utenza a rivolgersi a servizi il cui espletamento richieda un aumento dei tempi di percorrenza (andata e ritorno) oltre il limite di 60 minuti indicato dalla normativa (…) E ciò a maggior ragione nel caso di specie, in cui la conformazione oro-geografica e le condizioni di viabilità dell’intera zona, incidono negativamente e strutturalmente sulla effettiva percorribilità nei tempi prescritti dagli standard di emergenza/urgenza, soprattutto nel periodo invernale a causa delle prevedibili avverse condizioni climatiche”.

6. La sentenza è appellata dalla

AUSL

Umbria n. 1 e, nelle forme dell’appello incidentale, dalla Regione Umbria, mediante censure sostanzialmente coincidenti.

6.1. Si prospetta anzitutto che:

- erroneamente il TAR ha disatteso l’eccezione di difetto di legittimazione del Comune di Montegabbione, non essendo sufficienti a costituirla la vicinanza all’ospedale soppresso e la contribuzione dei suoi cittadini, tramite la AUSL n. 2 di appartenenza, alla spesa sanitaria della AUSL n. 1;

- parimenti erronea è la valutazione dell’eccezione di omessa e comunque tardiva impugnazione degli atti presupposti, con i quali da anni è stata definita la sorte dell’ospedale di Città della Pieve in senso conforme a quanto infine disposto con la delibera n. 227/2015, ma che non sono stati fatti oggetto di specifiche censure in primo grado.

6.2. Nel merito, si sostiene che:

- la sentenza appellata, nel censurare le modalità di funzionamento del servizio di trasporto dei pazienti di Montegabbione al più vicino pronto soccorso, conseguenti alla soppressione del presidio di Città della Pieve (in quanto si verificherebbe un aumento dei tempi di percorrenza, andata e ritorno, oltre il limite previsto dal d.m. 70/2015), sia incorsa in un equivoco di fondo, consistente nel confondere tra i servizi espletati dalle “Centrali Operative 118”, dalla “Rete territoriale di soccorso” e dalla Rete ospedaliera”, vale a dire dalle tre diverse articolazioni di cui si compone la c.d. Rete dell’emergenza-urgenza” (punti 9 ss. del d.m. 70/2015);

- in realtà, mentre il servizio svolto dalle centrali operative del 118 (basato su una dimensione regionale) non è stato minimamente intaccato dalla delibera n. 227/2017, secondo il d.m. 70/2015 il servizio di pronto soccorso può essere svolto esclusivamente in determinate tipologie di strutture ospedaliere ed in presenza dei presupposti indicati ai punti 9.2. ss. (tra cui, quelli concernenti i di tempi massimi di percorrenza), che nel caso del territorio di Città della Pieve e Montegabbione non sussistono (e che per l’ospedale di Città della Pieve non sussistevano nemmeno prima dell’adozione dei provvedimenti che ne hanno stabilito la riconversione);

- infatti, i tempi di percorrenza massimi previsti dal d.m. 70/2015 devono essere riferiti alla sola tratta dal prelievo del paziente all’arrivo al pronto soccorso più vicino, e risultano rispettati, nei confronti dell’ospedale di Castiglione del Lago e di quello di Orvieto (60 minuti, in quanto ospedali DEA di I° livello - spoke ) e del Policlinico di Perugia (90 minuti, in quanto ospedale DEA di II° livello - hub );

- vi è comunque contraddittorietà tra la pronuncia di reiezione delle censure rivolte alla chiusura dell’ospedale e l’accoglimento di quelle relative alla soppressione del servizio di pronto soccorso, posto che normativamente non può esistere un pronto soccorso senza la dotazione minima di reparti ospedalieri richiesta dal d.m. n. 70/2015.

7. Il Comune di Montegabbione ha proposto controricorso e appello incidentale, argomentando a sostegno della pronuncia di accoglimento, e riproponendo le censure disattese dal TAR.

7.1. Prospetta, a supporto della decisione di accoglimento in primo grado, che:

- gli atti presupposti alla delibera n. 227/2017 costituiscono atti meramente organizzatori e/o di indirizzo politico, che non hanno determinato la lesione del diritto alla salute dei cittadini di Montegabbione e non andavano pertanto impugnati;
comunque, non sono mai stati portati a conoscenza del Comune, il quale non è mai stato invitato a partecipare alle relative conferenze di servizi ed ha avuto contezza solo della delibera della ASL n. 1 n. 506/2014 – che è stata impugnata mediante uno specifico motivo di ricorso, nella parte in cui dispone l’assorbimento delle funzioni dell’ospedale di Città della Pieve da parte di quello di Castiglione del Lago (peraltro, detta delibera è divenuta illegittima per contrasto con il d.m. 70/2015, non possedendo l’ospedale di Castiglione del Lago i requisiti per essere mantenuto come ospedale sede di pronto soccorso);
in ogni caso, con la formula “tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti”, si è voluto impugnare tutti gli eventuali atti non conosciuti che avessero concorso all’effetto di determinare la chiusura dell’ospedale, per i motivi indicati nel ricorso;

- non vi è stata confusione o commistione tra la disciplina del Servizio 118 e quella del Pronto soccorso, in quanto il gravame è stato proposto proprio perché presso la struttura di Città della Pieve, dopo la riconversione, non potrebbero più essere svolte funzioni proprie del Pronto soccorso;
d’altra parte, anche la successiva istituzione a Città della Pieve di un Punto di Prima Assistenza, poi divenuto Punto di Primo Soccorso, oltre che non prevista dalla normativa (si tratterebbe in realtà di un Punto di Primo intervento, previsto dal punto 9.1.3. del d.m. 70/2015 in caso di dismissione dell’ospedale, ma soltanto a tempo limitato) non garantisce affatto l’attività di emergenza-urgenza relativa al trattamento dei pazienti con codici gialli e rossi;

- sia Montegabbione che Città della Pieve sono Comuni montani, inseriti in un Progetto pilota regionale riguardante “aree interne particolarmente disagiate”, e Montegabbione inoltre si trova a quasi 600 metri di altitudine, ha una temperatura media di 12,4 gradi e quasi 800 mm di precipitazioni medie annue, per cui è evidente che si tratti di un’area particolarmente disagiata, ai fini dell’applicazione del punto 9.2.2. del d.m. 70/2015 che prevede l’istituzione di presidi ospedalieri in deroga ai parametri ordinari;
tanto più che l’emergenza-urgenza sul territorio non è sufficientemente garantita attraverso le postazioni del 118;

- poiché l’autoambulanza “medicalizzata” (ovvero, munita di autista soccorritore, infermiere e medico esperto nell’emergenza-urgenza), necessaria per i codici gialli e rossi, parte dall’ospedale sede di pronto soccorso, i tempi di percorrenza massimi previsti dal d.m. 70/2015 devono necessariamente essere calcolati come comprensivi di andata e ritorno;

- i tempi di percorrenza, calcolati da e per qualunque dei pronto soccorso di riferimento della zona (Castiglione del Lago, Perugia, Orvieto e Terni), sono superiori a 60 minuti;
le ambulanza site a Fabro Scalo, Città della Pieve e Passignano sul Trasimeno non sono “medicalizzate”, ma comunque, partendo da tali presidi (nonché dall’ospedale di Castiglione del Lago), non potrebbero essere rispettati i predetti tempi massimi rispetto alla frazione più isolata dal Comune di Montegabbione (Montegiove);

- non vi è contraddittorietà tra l’accoglimento e la reiezione delle altre censure, in quanto i presupposti (dotazione dei presidi ospedalieri necessari a supportare un pronto soccorso) richiesti dal punto 9.2.2. del d.m. 70/2015 non sono tassativi, posto che la disposizione utilizza l’espressione “orientativamente”, e comunque non devono essere già presenti affinché venga mantenuto un ospedale, potendo invece essere costituiti ex novo ;
in ogni caso, l’ospedale di Città della Pieve era dotato dei reparti indicati al punto 9.2.2.

7.2. Lamenta, riguardo alla reiezione delle altre censure, che:

- la pronuncia del TAR è erronea, nella parte in cui non viene disposta la riapertura dell’ospedale di Città della Pieve in quanto l’attività ospedaliera sarebbe garantita dal programmato aumento di posti letto presso l’ospedale di Castiglione del Lago, posto che, viceversa, detto ospedale risulta inidoneo ad accogliere ulteriori pazienti dato che non può essere ampliato a causa di vincoli di carattere architettonico-monumentale, e non possiede le caratteristiche di alcuna delle tipologie di presidi che possono ospitare un servizio di pronto soccorso secondo le previsioni del punto 9.2.1. del d.m. 70/2015 (ad esso necessariamente applicabili, non trovandosi in area disagiata);
ciò, come esposto, a differenza di quello di Città della Pieve, che era sede di una stroke unit per la cura degli ictus considerata di eccellenza a livello nazionale, ed era in regola con le previsioni regolamentari di cui al punto 9.2.2. del d.m. 70/2015;

- la chiusura dell’ospedale pievese appare tanto più illogica, giacché è avvenuta nonostante la Regione Umbria rientri già ampiamente nel parametro del rapporto posti letto accreditati SSR/abitanti (2,95 a fronte del limite di 3,7 previsto dal d.m. 70/2015).

8. Anche il Comitato per il diritto alla salute-Art. 32 Costituzione ha proposto appello incidentale.

8.1. Ha dedotto l’erroneità della pronuncia di inammissibilità del proprio intervento, sottolineando che possiede tutti i requisiti elaborati dalla giurisprudenza al fine di agire in giudizio come portatore di interessi diffusi (carattere non occasionale degli obiettivi di protezione dell’interesse dedotto;
adeguato grado di rappresentatività e stabilità durevole nel tempo;
area di afferenza ricollegabile al bene a fruizione collettiva che si assume leso), che non è un comitato “di comodo”, stante l’importanza e la diffusione della problematica affrontata, e che l’intervento in causa è sempre ammesso entro il limite previsto dall’art. 28, comma 2, cod. proc. amm.

8.2. Riguardo alla pronuncia di accoglimento, nonché alle censure di violazione del d.m. 70/2015 disattese dal TAR, ha prospettato argomentazioni del tutto analoghe a quelle dedotte dal Comune di Montegabbione.

9. E’ intervenuto ad opponendum , rispetto agli appelli di AUSL e Regione, il Comune di Città della Pieve, prospettando argomentazioni analoghe a quelle del Comune di Montegabbione e del Comitato suddetto (salvo quanto appresso precisato).

10. Tutte le parti hanno depositato memorie e memorie di replica.

11. Il Collegio osserva anzitutto che la decisione del TAR sull’inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum del Comitato appare condivisibile, in quanto conforme alla giurisprudenza di questo Consiglio, secondo la quale spontanei comitati o associazioni di cittadini possono ritenersi legittimati ad impugnare provvedimenti ritenuti lesivi di interessi comuni meno se (tra le altre condizioni) la loro attività si è protratta nel tempo e se, quindi, non si costituiscono in funzione delle impugnazioni di singoli atti e provvedimenti (cfr. in ultimo, Cons. Stato, IV, n. 1838/2018).

Il Comitato, nell’appellare, sostiene di possedere detti requisiti, e che, comunque, la legittimazione ad impugnare sarebbe diversa da quella ad intervenire.

Tuttavia, ciò che manca al Comitato, in relazione ai presupposti indicati dalla giurisprudenza - ed alla luce della circostanza che risulta costituito in data 12 giugno 2017, mentre il ricorso introduttivo è stato notificato il 24 aprile 2017 - è proprio la legittimazione attiva, vale a dire quella posizione soggettiva sostanziale che viene riconosciuta ad un soggetto esponenziale di interessi diffusi solo qualora siano ravvisabili determinate caratteristiche, indici di un radicamento nel territorio e di un collegamento con la collettività ivi insediata stabili ed organizzati.

Il gravame del Comitato non può pertanto essere ulteriormente considerato.

Può ribadirsi, peraltro, che, in concreto, la prospettazione in giudizio del Comitato non ha aggiunto nulla di sostanziale a quella del Comune di Montegabbione.

12. Possono quindi esaminarsi l’appello principale della AUSL n. 1 e quello, omologo, della Regione Umbria.

12.1. Il Collegio ritiene corretta la valutazione del TAR di insussistenza del difetto di legittimazione del Comune di Montegabbione.

Infatti, in un contesto organizzativo nel quale le cure possono essere fruite, a determinate condizioni, anche presso strutture diverse da quelle esistenti nella Azienda di riferimento del Comune di residenza, la ricomprensione in un diverso ambito territoriale del SSR non può condizionare la legittimazione ad impugnare gli atti che incidono sulla vita quotidiana e sul diritto alla salute;
tanto più in un caso come quello in esame, laddove la distinzione tra le ASL segue ormai i confini amministrativi provinciali, a prescindere da logiche funzionali basate sulla vicinanza e facilità di accesso.

Le circoscrizioni in cui è organizzato il SSR, pertanto, incidono sulla partecipazione necessaria ai procedimenti amministrativi relativi alle scelte di programmazione, eventualmente (come nel caso in esame) limitandola;
ma, una volta che queste siano state prese, non possono comprimere il diritto alla tutela giurisdizionale.

I rilievi della vicinitas e della potenziale contribuzione alla spesa sanitaria, sottolineati dal TAR, esprimono correttamente l’esistenza di una situazione soggettiva piena e non condizionata, in capo ai cittadini ed ai loro enti esponenziali, nei confronti dei provvedimenti che, conformando le opportunità di fruire dell’assistenza sanitaria, incidono in modo concreto sul diritto alla salute.

12.2. Condivisibile è anche la decisione sull’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo per omessa impugnazione degli atti presupposti.

In effetti, la sequenza di atti richiamata nelle premesse della delibera n. 227/2017 sembra dimostrare che la decisione di sopprimere i reparti ospedalieri e riconvertire, attraverso appositi interventi di ristrutturazione edilizia, il presidio di Città della Pieve in una struttura a prevalente vocazione territoriale volta all’erogazione di assistenza c.d. a lungo termine, risalga ad atti presupposti risalenti nel tempo.

In questa prospettiva, l’appellante principale ha evidenziato, in ordine cronologico: la delibera della ex USL n. 2 (poi confluita nell’ASL n. 1) n. 506/2014, concernente il “Progetto di riqualificazione dell’assistenza sanitaria dell’ambito distrettuale del Trasimeno” e la d.G.R. n. 808/2014, con cui detto Progetto è stato approvato;
la d.G.R. n. 212/2016, con cui è stato approvato il “Piano di riorganizzazione della rete ospedaliera regionale” in attuazione del d.m. 2 aprile 2015, il cui Allegato B individua un piano della rete ospedaliera articolato, per la

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