Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-03-25, n. 202402828
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Testo completo
Pubblicato il 25/03/2024
N. 02828/2024REG.PROV.COLL.
N. 00948/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 948 del 2021, proposto da C M e F S M, rappresentati e difesi dall'avvocato N P, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di Maratea, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato L M, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza n. 426 del 2020 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, Sezione Prima;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Maratea;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 marzo 2024 il Cons. E T e uditi per le parti gli avvocati presenti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’appello in epigrafe, C M e F S M hanno impugnato la sentenza n. 426 del 2020 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, che ha respinto il ricorso dai medesimi proposto per l’annullamento della determina del Comune di Maratea, Settore lavori pubblici urbanistica ed edilizia privata, n. 45 del 22 novembre 2017, recante il diniego di rilascio del permesso di costruire.
2. Più precisamente, l’anzidetto permesso di costruire era stato richiesto dai ricorrenti, odierni appellanti, con istanza presentata in data 11 febbraio 2008, con rifermento a un progetto che prevedeva la demolizione dei ruderi presenti sul terreno di loro proprietà, sito nel Comune di Maratea, località Cersuta, catastalmente identificato al foglio di mappa n. 19, particella n. 542, della superficie complessiva di 580 mq, e la conseguente ricostruzione mediante l’accorpamento delle volumetrie dei predetti ruderi per realizzare un fabbricato destinato a civile abitazione. Secondo la prospettazione degli appellanti, i ruderi in questione insisterebbero sulle particelle distinte al n. 543 (rudere di 33 mq), n. 544 (rudere di 25 mq) e n. 545 (rudere di 6 mq).
3. Le fasi rilevanti dell’ iter procedimentale possono essere sinteticamente riassunte nei termini che seguono: in data 22 giugno 2009, la Soprintendenza per i Beni Ambientali della Basilicata ha rilasciato l’autorizzazione paesaggistica; con nota prot. n. 16808 del 10 novembre 2014, l’allora responsabile del Settore urbanistica ed edilizia del Comune di Maratea ha espresso “parere favorevole” al progetto, quantificando il relativo contributo di costruzione; con atto prot. n. 24288 del 9 febbraio 2017, l’Ufficio regionale difesa del suolo ha positivamente valutato il calcolo strutturale. Successivamente, tuttavia, in data 21 giugno 2017, il nuovo responsabile del Settore urbanistica ed edilizia del Comune di Maratea ha eseguito un sopralluogo sull’area in questione, all’esito del quale è emerso che ciò che rimaneva dei ruderi non consentiva di pervenire all’individuazione delle reali dimensione degli stessi. Conseguentemente, veniva adottato l’impugnato provvedimento di diniego, motivato sulla base della circostanza che non vi era alcuna traccia del rudere indicato nella particella n. 545 e che non risultava possibile accertare le effettive dimensioni dei ruderi di cui alle particelle n. 543 e n. 544.
4. Il T.a.r. Basilicata, adito dai ricorrenti, ha disposto una verificazione volta a stabilire se i ruderi potessero considerarsi anteriori al 1967 e, in caso di ritenuta preesistenza, se lo stato e la consistenza dei medesimi ne consentisse la demolizione con conseguente accorpamento delle volumetrie per la realizzazione di un fabbricato destinato a civile abitazione. Il verificatore, Ing. B M, ha depositato la relazione in data 27 gennaio 2020, precisando che non era possibile accertare la preesistenza dei manufatti originari rispetto al 1967 e che, comunque, era incerta la consistenza degli stessi.
5. Il Tribunale, con l’impugnata sentenza n. 426 del 2020, ha respinto il ricorso, prescindendo dalla questione della mancata dimostrazione della preesistenza dei manufatti rispetto al 1967 e attribuendo dirimente rilievo alla circostanza che non erano state dimostrate le preesistenti dimensioni dei tre ruderi sopra menzionati. Il primo giudice ha, inoltre, ritenuto che dovesse trovare applicazione la nuova formulazione dell’art. 3, comma 1, lett. d) del D.P.R. n. 380/2001, come modificato dall’art. 30, comma 1, lett. a), del d.l. n. 69/2013, convertito nella l. n. 98/2013, rilevando, sul punto, come l’ipotizzato accorpamento del volume dei ruderi non avrebbe in ogni caso consentito di rispettare la preesistente sagoma, presupposto, invece, necessario per le zone soggette a vincolo paesaggistico, come quella in questione. Sotto un ulteriore profilo, ad avviso del T.a.r., l’autorizzazione paesaggistica rilasciata il 22 giugno 2009 doveva essere considerata inefficace, per la scadenza del periodo di validità quinquennale stabilito dall’art. 146, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004.
Infine, quanto al secondo motivo del ricorso introduttivo del giudizio, il T.a.r. ha osservato che i principi che regolano l’esercizio dei poteri di autotutela non risultano riferibili al ritiro degli atti endoprocedimentali, di per sé inidonei a creare affidamenti in capo al privato fino alla conclusione del procedimento amministrativo “ tanto più se, come nella specie, il precedente parere favorevole del 10.11.2014 risulta privo di alcuna motivazione ed era stato adottato senza aver effettuato alcun sopralluogo ”.
6. Avverso tale pronuncia, i signori Masucci e Miro propongono due distinti motivi di appello. Al riguardo, occorre fin d’ora precisare che non è stata formulata alcuna censura avverso la parte della sentenza in cui il T.a.r. ha ritenuto che l’accorpamento dei volumi, in ogni caso, non consentirebbe di assicurare il rispetto della preesistente sagoma, come previsto, per le zone soggette a vincolo paesaggistico, dal sopra richiamato art. 3, comma 1, lett. d) del D.P.R. n. 380/2001, come modificato dall’art. 30, comma 1, lett. a), del d.l. n. 69/2013, convertito nella l. n. 98/2013.
7. Con il primo articolato motivo di gravame, gli appellanti sostengono che la sentenza del T.a.r. Basilicata vada “ annullata in quanto resa in palese violazione dell’art. 3 del D.P.R. 380/2001 ”, dal momento che il primo giudice non avrebbe considerato una pluralità di elementi, indicati dagli appellanti alle lettere da “a” a “d” del primo motivo (cfr. pagine da 6 a 9 dell’appello).
In primo luogo, con la censura sub “a”, contestano la pronuncia sul presupposto che non sia stata presa in considerazione la circostanza che l’esistenza dei ruderi era “ attestata dall’atto di compravendita ” a rogito Notaio A D L del 20 maggio 2000, che – a loro avviso – farebbe fede