Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-08-22, n. 202307908

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-08-22, n. 202307908
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202307908
Data del deposito : 22 agosto 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/08/2023

N. 07908/2023REG.PROV.COLL.

N. 04188/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4188 del 2020, proposto da
Wind Tre Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato G S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Tommaso Gulli n. 11;

contro

Comune di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati G L, A M, R M, E B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G L in Roma, via Polibio n. 15;

nei confronti

Consorzio Mm4, Spv Linea M4 S.P.A, Metropolitana Milanese S.p.A., Amat, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta) n. 02406/2019, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Milano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 giugno 2023 il Cons. M S e uditi per le parti gli avvocati Sartorio e Barbagiovanni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Si controverte sui costi legati al trasferimento di cavi WIND per evitare interferenze con la realizzazione di due stazioni della metro di Milano (in particolare: “Stazione Tolstoj” e “Stazione San Babila”).

Nella sostanza l’amministrazione comunale disponeva, con le note impugnate in primo grado, che WIND avrebbe dovuto provvedere alla c.d. “risoluzione delle interferenze”, rimuovendo ossia le reti e i cavi dai vecchi alloggiamenti per riporli in quelli nuovi appositamente realizzati, dal Comune stesso, nell’ambito del più ampio intervento effettuato sulla linea metropolitana di Milano (intervento rientrante nelle c.d. “Grandi Opere” ai sensi della legge n. 443 del 2001).

Di conseguenza, mentre a carico dell’amministrazione comunale restavano i costi della nuova infrastruttura di rete (cavidotti), le spese per il trasferimento delle reti stesse (cavi) dovevano essere poste a carico del soggetto gestore WIND (dunque senza alcun obbligo di rimborso da parte dell’amministrazione medesima).

Ciò in applicazione della convenzione del 23 novembre 1998 e del regolamento, ivi richiamato, approvato con delibera di Consiglio Comunale n. 76 del 27 luglio 1998.

In assenza di riscontro da parte di WIND, l’amministrazione comunale ordinava a quest’ultima lo spostamento degli apparati (reti) nell’area di sedime appositamente predisposta.

2. A questo punto, WIND proponeva ricorso dinanzi al TAR Lombardia che, tuttavia, rigettava il ricorso per le seguenti ragioni:

2.1. Non sussiste il difetto di competenza in capo al dirigente comunale che ha adottato i richiamati atti qui impugnati;

2.2. A norma della convenzione 23 novembre 1998 tra Comune e Wind, che richiama il regolamento comunale n. 76 del 27 luglio 1998, le spese di trasferimento delle reti sono a carico del gestore di telecomunicazione. Ciò anche in applicazione dell’art. 171 del decreto legislativo n. 163 del 2006, il quale fa salve questo tipo di pattuizioni;

2.3. I tempi concessi per il suddetto spostamento sono in linea con le procedure accelerate di cui alla legge n. 443 del 2001.

3. La sentenza di primo grado formava oggetto di appello per violazione dell’art. 93 del decreto legislativo n. 259 del 2003 nonché per falsa applicazione degli artt. 170 e 171 del decreto legislativo n. 163 del 2006. In particolare non si sarebbe tenuto conto del divieto, disposto dal citato art. 93, di porre a carico dei gestori oneri e prestazioni ulteriori rispetto a quelli espressamente previsti dalla norma stessa (ossia tassa o canone di occupazione di suolo pubblico, c.d. TOSAP o COSAP).

4. Si costituiva in giudizio l’appellata amministrazione comunale per chiedere il rigetto del gravame mediante articolate controdeduzioni che, più avanti, formeranno oggetto di specifica trattazione.

5. Alla pubblica udienza del 6 giugno 2023 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso in appello veniva infine trattenuto in decisione.

6. Tutto ciò premesso si rammenta ancora in punto di fatto che:

6.1. Nel territorio del Comune di Milano è stata stabilita la realizzazione della linea n. 4 della metropolitana, la quale costituisce una infrastruttura strategica secondo la legge n. 443 del 2001 (c.d. Legge Obiettivo);

6.2. La società concessionaria per la progettazione, costruzione e gestione dell’opera stessa è la “SPV Linea M4 Spa”, partecipata dal Comune di Milano e da altri soci privati scelti mediante procedura concorsuale;

6.3. I lavori di costruzione hanno necessariamente determinato lo spostamento di reti e cavi collocati a vario titolo nel sottosuolo cittadino. Tali impianti rappresentano dunque le c.d. interferenze, secondo quanto statuito dagli articoli 170 e 171 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (primo codice dei contratti pubblici), norme queste pienamente applicabili ratione temporis alla presente fattispecie;

6.4. La società appellante è titolare di una rete di telecomunicazioni in forza di licenza ministeriale ed ha stipulato con il Comune di Milano, in data 23 novembre 1998, apposita convenzione per la concessione del suolo, del sottosuolo e delle infrastrutture municipali.

7. Tanto ulteriormente premesso, la questione giuridica fondamentale posta all’attenzione del collegio nell’attuale controversia è quella dell’imputazione dei costi sostenuti dalla società di TLC per lo spostamento delle proprie reti a causa dei lavori, vale a dire i costi per la risoluzione delle interferenze, secondo il disposto dell’art. 170, comma 1, sopra citato. La ridetta questione, in altre parole, risiede nella individuazione del soggetto tenuto a farsi carico dei costi legati allo spostamento delle reti, spostamento dovuto come detto alla realizzazione di opere di rilevante interesse nazionale.

8. Nell’unico motivo di appello si denuncia la ritenuta violazione dell’art. 93 del decreto legislativo n. 259 del 2003 (codice delle comunicazioni elettroniche), così come confermato dalla norma di interpretazione autentica di cui all’art. 12 del decreto legislativo n. 33 del 2016.

L’art. 93 citato prevede in particolare al comma 1 che: “Le Pubbliche Amministrazioni, le Regioni, le Province ed i Comuni non possono imporre per l'impianto di reti o per l'esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge” . Al comma 2 prevede inoltre che: “Gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica hanno l'obbligo di tenere indenne la Pubblica Amministrazione, l'Ente locale, ovvero l'Ente proprietario o gestore, dalle spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche specificamente coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di ripristinare a regola d'arte le aree medesime nei tempi stabiliti dall'Ente locale. Nessun altro onere finanziario, reale o contributo può essere imposto, in conseguenza dell'esecuzione delle opere di cui al Codice o per l'esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, fatta salva l'applicazione della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, oppure del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, calcolato secondo quanto previsto dal comma 2, lettere e) ed f), del medesimo articolo, ovvero dell'eventuale contributo una tantum per spese di costruzione delle gallerie di cui all'articolo 47, comma 4, del predetto decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507” .

La norma di interpretazione autentica ratione temporis applicabile (art. 12, comma 3, del decreto legislativo n. 33 del 2016) prevede invece che: “L'articolo 93, comma 2, del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica possono essere soggetti soltanto alle prestazioni e alle tasse o canoni espressamente previsti dal comma 2 della medesima disposizione” .

Tale sistema normativo, a detta della appellante, escluderebbe che il Comune possa porre a carico dell’operatore di TLC le spese di spostamento delle interferenze, da sostenersi per consentire la realizzazione dell’opera pubblica.

09. La tesi di parte appellante, pur brillantemente esposta, non può essere condivisa per le ragioni che di seguito verranno partitamente esposte.

9. L’art. 93 del codice delle comunicazioni afferma che solo la COSAP/TOSAP è dovuta dagli enti gestori di reti di comunicazione elettronica, con esclusione di ogni altra tassa, prestazione o canone.

Trattasi dunque di “prestazioni coattive” di matrice pubblicistica, laddove nel caso di specie si controverte al contrario su “spese” di trasferimento degli impianti di rete, ossia su costi di esercizio di matrice squisitamente privatistica.

In altre parole: un conto sono gli “oneri impositivi” di cui alla richiamata disposizione del codice delle comunicazioni;
altro sono invece i “costi vivi” che le singole imprese di telecomunicazioni debbono sopportare al fine di spostare – per ragioni di prevalente interesse pubblico – i propri impianti e le proprie installazioni.

Una simile impostazione è del resto coerente con quanto contemplato dall’art. 171, comma 1, del decreto legislativo n. 163 del 2006 (primo codice dei contratti pubblici) a norma del quale gli enti gestori di strutture costituenti interferenze con l’opera pubblica devono cooperare con il soggetto aggiudicatore per consentire la realizzazione dell’opera stessa, pena la loro responsabilità patrimoniale in caso di ritardi.

Né si potrebbe invocare il parere n. 131 del 30 gennaio 2023 della prima sezione di questo Consiglio di Stato, atteso che in quella fattispecie si affrontava il tema degli “extracosti amministrativi” (ossia oneri impositivi di origine pubblicistica) consistenti a vario titolo in depositi cauzionali e contributi di scavo, laddove nel caso di specie si tratta di obbligo di spostare reti ed impianti in base ad un chiaro dovere di cooperazione di matrice legislativa (art. 171, comma 1, del decreto legislativo n. 163 del 2006).

Obbligo questo da cui scaturiscono determinate spese di gestione (dunque costi di esercizio di origine strettamente privatistica) la cui ripartizione è ben disciplinata, come più avanti si avrò modo di osservare, dallo stesso art. 171 (comma 5).

Non si tratta in altre parole di oneri finanziari imposti né tanto meno “richiesti” dalla PA (cfr. art. 12, comma 3, del decreto legislativo n. 33 del 2016 anche nella versione attualmente vigente) quanto piuttosto di spese che naturaliter scaturiscono da un preciso dovere di cooperazione, successivamente declinato nello spostamento delle reti, che scatta in presenza di opere di un certo interesse nazionale.

Condivisibile sul punto è anche la considerazione del giudice di primo grado secondo cui, mentre nell’art. 93 del codice delle comunicazioni si fa divieto di prevedere ulteriori oneri impositivi rispetto a quelli già previsti per legge in ipotesi di installazione dell’impianto, nel caso di specie si tratta di spostamento dell’impianto che non determina il sorgere di nuovi oneri impositivi ma, piuttosto, l’esborso di talune spese vive.

Dunque non si tratta di distinguere tra oneri ordinari ed oneri straordinari (cfr. pag. 8 atto di appello introduttivo) quanto piuttosto tra oneri amministrativi di installazione delle reti (di matrice pubblicistica) e spese legate allo spostamento dei cavi (di matrice privatistica). Non oneri richiesti o tantomeno imposti, ma costi da sopportare da parte di chi è tenuto a trasferire i propri impianti (reti) per dovere di collaborazione.

10. Pertanto, non si applica la norma speciale di cui al citato art. 93 del codice delle comunicazioni elettroniche ma, piuttosto, la disposizione superspeciale di cui all’art. 171, comma 5, del decreto legislativo n. 163 del 2006 il quale regola, più da vicino, proprio il tema delle interferenze con le grandi opere (la Metro di Milano era infatti così classificata).

Tale disposizione non risulta intaccata neppure dagli interventi interpretativi del suddetto art. 93 ad opera del decreto legislativo n. 33 del 2016 il quale esclude, all’art. 12 ratione temporis applicabile, “ogni altro tipo di onere finanziario” (cfr. pag. 7 atto di appello introduttivo) senza tuttavia mai citare il tema specifico delle “interferenze”: di qui la capacità dell’art. 171 a resistere anche rispetto a tali successivi interventi interpretativi.

La portata più ampia possibile ed omnicomprensiva della norma di interpretazione autentica si scontra, proprio per la sua estrema generalità, con la pressoché evidente peculiarità dell’oggetto trattato all’interno della disposizione di cui all’art. 171 del decreto legislativo n. 163 del 2006 il cui nocciolo duro (modalità di gestione e risoluzione delle interferenze) non è penetrabile da simili interventi normativi successivi.

La disposizione (si ripete superspeciale ) di cui al citato art. 171, comma 5, si rivela dunque in grado di resistere a tutti gli “urti normativi” che si sono rispetto ad essa succeduti. “Urti” che, giova ripetere, non hanno mai espressamente ed inequivocabilmente riguardato il tema delle interferenze degli impianti.

In questi esatti termini, il principio invocato dalla difesa di parte appellante secondo cui lex posterior genaralis non derogat priori speciali opera, sì, ma non nella direzione intesa dalla difesa stessa quanto, piuttosto, nel senso che nel caso di specie – e per il contenuto sostanzialmente rinvenibile nei rispettivi atti normativi – il carattere di maggiore specialità è senz’altro da annettersi all’art. 171, comma 5, del primo codice dei contratti e non all’art. 93 del codice delle comunicazioni.

Conferma testuale e sistematica di quanto sinora sostenuto è tra l’altro agevolmente ricavabile dall’art. 86, comma 2, del codice delle comunicazioni (Disposizioni relative a reti ed impianti), a norma del quale: “Sono, in ogni caso, fatti salvi gli accordi stipulati tra gli Enti locali e gli operatori, per quanto attiene alla localizzazione, coubicazione e condivisione delle infrastrutture di comunicazione elettronica” . Disposizione, questa, che ben si salda dunque con quanto previsto per fattispecie dello stesso genere dagli artt. 170 e 171 del decreto legislativo n. 163 del 2006.

11. Una volta stabilito che il regime applicabile è quello specifico sulle “interferenze” di cui al citato art. 171, comma 5, del vecchio codice appalti (decreto legislativo n. 163 del 2006), va allora considerato che tale disposizione prevede che le spese che scaturiscono dallo spostamento causa interferenza siano poste: in linea generale, a carico del soggetto che realizza la grande opera (nel caso di specie sarebbe stato il Comune di Milano);
in via eccezionale, ossia nell’ipotesi in cui siano intercorsi diversi patti tra le parti (comune e gestore), a carico del gestore medesimo.

Ed infatti: il citato comma 5 dell’art. 171 prevede al primo periodo che: “Le attività di collaborazione dell'ente gestore sono compiute a spese del soggetto aggiudicatore”;
all’ultimo periodo che: “Sono fatte salve le diverse previsioni di convenzioni vigenti tra soggetto aggiudicatore ed ente gestore”.

Ipotesi quest’ultima che nel caso di specie si ravvisa dal momento che la convenzione tra Wind e Comune di Milano del 23 novembre 1998 faceva espressamente riferimento, per gli aspetti non disciplinati e tra questi anche il tema degli eventuali trasferimenti di impianto, al regolamento del comune di Milano il quale stabilisce che tali spese siano sempre poste a carico del gestore (mentre le spese per la realizzazione della infrastruttura che ospita la rete è a carico del Comune).

Nel caso di specie, la convenzione è stata stipulata il 23 novembre 1998 ed all’art. 22 (“Disposizione finale”) prevede che i rapporti fra il Comune e l’operatore siano disciplinati “sulla base della normativa vigente ed in particolare del Regolamento che costituisce parte integrante del presente contratto ed al quale le parti fanno espresso rinvio per tutti gli aspetti non specificamente previsti o disciplinati”.

Il regolamento cui è effettuato il rinvio è quello comunale per la concessione del suolo, del sottosuolo e di infrastrutture municipali, approvato con deliberazione del consiglio comunale n. 76 del 27 luglio 1998.

Ebbene tale regolamento, all’art. 5.7, pone a carico del Comune gli oneri per le modifiche delle infrastrutture municipali, mentre ai sensi del successivo art.

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